Legge di stabilità: dalle anticipazioni troppe ombre su Università e Ricerca
Di fronte all’emergenza non bastano misure spot. Le priorità sono un reclutamento vero (non su posizioni precarie!), finanziamenti e diritto allo studio.
Le anticipazioni di stampa, che ci auguriamo siano smentite dai fatti, descrivono una legge di stabilità con alcune luci ma ancora troppe ombre.
Se è positiva l’ipotesi di cancellazione del taglio al fondo di funzionamento ordinario previsto per il prossimo anno, non vi sono tuttavia investimenti significativi in un sistema che - al netto del recupero del taglio - si regge ancora sul blocco dei salari del personale docente e del personale tecnico amministrativo e il blocco del reclutamento. Lo sblocco delle retribuzioni e il rifinanziamento del sistema universitario nel suo complesso sono i passi necessari al consolidamento dell’esistente.
Troverebbe conferma il nuovo (ennesimo e inutile) torneo internazionale per 500 professori da reclutare con chiamata diretta degli atenei: "un gruzzoletto da spendere" sulla base della ridicola idea che l'eccellenza e la qualità possano prescindere dal funzionamento del sistema. Trovata dall’innegabile effetto annuncio, ma che non scalfisce la carenza di organico e aggraverebbe l’effetto di impoverimento di una parte delle università nel solco della attuale devastante modalità di attribuzione delle risorse.
Proprio questo piano straordinario stride con l’assenza d’interventi, ad esempio, sul diritto allo studio nonostante il dramma della costante riduzione degli immatricolati e il crollo del numero di studenti che possono accedere alle borse di studio dovuto alla riduzione progressiva del fondo nazionale per il diritto allo studio e della revisione degli indicatori ISEE.
La vera priorità ed emergenza è invece un piano straordinario di reclutamento rivolto agli attuali precari che consenta di recuperare le migliaia di posizioni perse in quasi 10 anni di tagli feroci (quasi 20000 docenti in meno) e di dare una prospettiva ai giovani ricercatori che da anni spendono energie in un’istituzione che non offre loro prospettive (su oltre 50.000 precari che negli ultimi 10 anni hanno tenuto in piedi la ricerca universitaria ne è stato espulso circa il 97%) e opportunità di carriera a chi da anni lavora in condizioni sempre più difficile. E’ quindi necessario rilanciare l’intero sistema universitario che ha perso quasi 80.000 studenti in 10 anni.
Giunge notizia di un piano di assunzioni per 1000 ricercatori di tipo “a” da sblocco del turn over: un reclutamento, cioè, su posizioni temporanee “senza tenure” che saranno, nei fatti, usate per tappare i buchi della didattica senza offrire ai nuovi ricercatori concrete opportunità per il futuro.
Lo sblocco del turn over per i soli ricercatori di tipo a è decisamente insufficiente: serve lo sblocco del turn-over per l’insieme delle cessazioni del personale universitario, un piano straordinario di reclutamento che vada ben oltre i 1000 posti (almeno 6000 all’anno per 4 anni) - aggiuntivo allo sblocco del turn over - di ricercatori rtdb “con tenure” e di professori associati per l’università e di per ricercatori a tempo indeterminato per gli enti di ricerca.
A sostegno di queste istanze e per chiedere un intervento credibile di rilancio della funzione pubblica dell’Università, la FLC CGIL, dopo aver promosso un’assemblea nazionale dalla quale sono scaturite richieste condivise, promuove, insieme ad altre realtà associative e sindacali universitarie, una mobilitazione del mondo accademico che metta in campo tutte le azioni necessarie a fermare il prossimo esercizio di valutazione VQR almeno fino a quando non sarà data una positiva risposta alle condizione drammatica del sistema universitario italiano.