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Lettera al Direttore del "Corriere della Sera" sul disegno di legge che istituisce la terza fascia del ruolo dei professori universitari

Lettera al Direttore del "Corriere della Sera" sul ddl che istituisce la terza fascia del ruolo dei professori universitari

15/12/1999
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Lettera al Direttore del "Corriere della Sera" sul ddl che istituisce la terza fascia del ruolo dei professori universitari (15/12/1999)

Egregio Direttore,

dopo aver letto l'articolo scritto da Angelo Panebianco ed apparso il 13 Dicembre u.s. sul giornale da Lei diretto con il titolo: "Il caso università, il governo ed il Polo. La sanatoria come ideologia" ho sentito il bisogno di commentare il contenuto di detto articolo e di inviarLe quindi questa lettera, non tanto perché sia pubblicata (credo che ciò sara impossibile, per ragioni di spazio, naturalmente) ma per farLe sapere che esistono negli Atenei italiani anche professori che non condividono affatto il modo di ragionare ed i giudizi contenuti nell'articolo in questione.

La prima ossservazione riguarda il merito del provvedimento legislativo aspramente criticato da Panebianco (e da altri illustri Professori universitari). Esso tenta di risolvere un problema che si è trascinato per 18 anni negli Atenei italiani: dare uno stato giuridico al ruolo dei ricercatori universitari.

Panebianco bolla questo tentativo come una "promozione sul campo" perché consente ai ricercatori di "entrare negli organi delle Facoltà modificandone gli equilibri interni".

A parte il fatto che promozione dovrebbe significare avanzamento nella carriera ed incrementi economici, entrambi esplicitamente negati dal provvedimento in oggetto, non mi sembra che la sola possibilità che vengano modificati gli equilibri interni degli organi accademici giustifichi l'appellativo di promozione. D'altronde, in alcuni Atenei italiani questa "promozione" è già in essere da diverso tempo, e ciò non ha affatto portato a sconvolgimenti e crisi degli organi suddetti.

La critica di Panebianco è essenzialmente puntata sul fatto che tutti i ricercatori godano di questa promozione: sembra di capire che soltanto i "validi e solidi sotto il profilo scientifico" dovrebbero usufruirne, dopo aver passato un concorso. Sarei d'accordo se: a) i concorsi promuovessero davvero i "validi e solidi sotto il profilo scientifico";

b) i concorsi fossero stati fatti secondo le cadenze previste dalla legge;

c) la limitazione riguardasse anche i già professori. D'altronde, le Facoltà hanno conferito compiti didattici per più e più anni alla maggior parte dei ricercatori, confermandone esplicitamente la validità didattica, ed i progetti di ricerca approvati da Dipartimenti e Comitati Scientifici a vario livello vedono inseriti reiteratamente i ricercatori, confermandone esplicitamente la solidità sotto il profilo scientifico. Di fronte a ciò, è possibile che si neghi ai ricercatori di entrare in organi dove si discute dell'organizzazione didattica e scientifica?

La seconda osservazione riguarda la capacità di tenuta delle forze politiche e parlamentari rispetto alle pressioni delle lobbies sindacali. A parte il fatto che, se fossi un personaggio politico od un parlamentare, mi sentirei un po' offeso dalle affermazioni contenute nell'articolo, che mi configura o come un "minus habens" nei confronti di un drappello di illustri illuminati o come un lestofante pronto a siglare accordi corporativi sottobanco, c'è da dire che i sindacati hanno sempre scritto nero su bianco ed esplicitato le proprie richieste, sicuramente da discutere, in tutte le sedi di confronto pubblico: e lo hanno fatto, su questo specifico punto, per 18 anni. Cos'ha impedito fino ad oggi la soluzione del problema? Mi viene il dubbio che altre forze, queste sì con lo stile tipico delle lobbies, abbiano "remato contro" approfittando delle posizioni ricoperte in seno alle istituzioni ed alle forze politiche, e che questo sia semmai la critica da muovere loro.

Infine una domanda: qual è la soluzione del problema per Panebianco e molti illustri professori? Se pensano che l'Università italiana possa continuare a funzionare e possa anzi migliorare con gli attuali assetti e regole debbono dirlo chiaramente: il problema dei ricercatori non esiste!

P.S. Ai tecnici laureati le funzioni didattiche sono state attribuite dai professori: oppure anche questa è stata opera dei sindacati?

Maurizio Romanelli

Professore Associato di Chimica-Fisica

Università di Firenze