Liberi e in-dipendenti, la Ministra Bernini sui ricercatori precari sbaglia su tutta la linea
Le parole della Ministra segnano uno spartiacque di arretramento rispetto all'avanzamento dei diritti delle ricercatrici e dei ricercatori precari nel nostro Paese.
In seduta congiunta le Commissioni Cultura di Camera e Senato, presso l'Aula della 4ª Commissione del Senato, hanno svolto l'audizione della Ministra dell'università e della ricerca, Anna Maria Bernini, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Tanti i temi affrontati nella relazione della Ministra, tra i quali il diritto allo studio e il reclutamento universitario hanno interessato in particolare il dibattimento che ne è susseguito.
Nella replica la Ministra ha dichiarato che serve una “riflessione” a dieci anni dall'applicazione della Legge 240/2010 in particolare sulla necessaria semplificazione della governance universitaria e rispondendo sull'applicazione della recente “riforma” del reclutamento ha sottolineato che il nuovo contratto di ricerca non entrerà in vigore e che verrà proposta una proroga dell'attuale assegno di ricerca, facendo riferimento alla libertà del ricercatore “chiuso” nel rapporto di dipendenza subordinata e nella sede del CCNL.
“Il ricercatore è libero o e dipendente? Dipendente da chi?” si è domandata la Ministra Bernini affermando altresì di non poter risolvere la questione in pochi minuti e dunque proponendo una proroga degli assegni con tanto di citazione “to make a long story short”.
Le parole e le intenzioni programmatiche che affiorano da questo passaggio segnano uno spartiacque di arretramento rispetto all'avanzamento dei diritti delle ricercatrici e dei ricercatori precari nel nostro Paese. Il dispiegarsi del nuovo contratto di ricerca attraverso un finanziamento necessario in Legge di Bilancio che possa trasformare tutti gli attuali assegnisti in un rapporto di tipo subordinato, eliminando il vincolo finanziario della spesa storica introdotto all'ultimo secondo dal Mef nel DL 79, dando gambe anche alla concorsualità “riservata” sulla figura dell'RTT nella fase transitoria, rimangono le misure urgenti e necessarie per dare risposte di dignità a migliaia di precari che a tutt'oggi popolano i dipartimenti e con il loro lavoro malpagato e senza diritti portano avanti il sistema di didattica e di ricerca nel nostro Paese, lottando alacremente con condizioni materiali fanalino di coda nel quadro dei sistemi europei tanto da subire l'emigrazione cognitiva oltre confine.
15.000 unità che percepiscono una retribuzione al di sotto di gran lunga del livello di conoscenze e competenze espresse e che versano i contributi in gestione separata, spesso sotto ricatto nella pur minima fruizione di alcuni istituti di tutela, completamente in mancanza di coperture relative a fabbisogni fondamentali di welfare e assistenza. Una componente significativa che avrebbe un’estrema urgenza di vedersi riconosciuti livelli di inquadramento adeguati su retribuzione e diritti contrattuali.
La FLC CGIL ribadisce che la vera libertà di ricerca sta nell'avanzamento dei diritti e del salario di chi lavora, nel riconoscimento del valore sociale dell'università, nella necessità di dare forza a chi ogni giorno innesta nel Paese elevati livelli di innovazione pur nell'esiguità dei fondi con meccanismi distributivi altamente iniqui.
Le ricercatrici e i ricercatori vogliono essere liberi dall'economia della promessa, dalla cooptazione e dalle paghe da fame con cui mantenere sé stessi e le loro famiglie.
Le ricercatrici e i ricercatori vogliono essere dipendenti da loro stessi e dalla loro professionalità attraverso il riconoscimento contrattuale e salariale dello Stato, per troppi anni assente.
La FLC CGIL è al loro fianco per far sì che queste risposte giungano definitivamente “for an eternal story of justice”.