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Università: ripartire dal Mezzogiorno.

Occorre rifinanziare FFO e piano straordinario assunzioni a Sud.

16/12/2015
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L'Italia è all'ultimo posto in Europa per numero di giovani tra 30 e 34 anni laureati (24%), e al Sud la percentuale scende ulteriormente di 5 punti: da questo dato drammatico parte l'analisi della FLC CGIL, che oggi, 16 dicembre, in un convegno sull'università ha chiesto proprio di "ripartire dal mezzogiorno".

Dal convegno è emersa in tutta la sua crudezza la situazione di "progressivo impoverimento" degli Atenei meridionali, che sempre piu' perdono studenti, docenti, fondi e posizioni nelle classifiche.

"L'assenza di una politica universitaria nazionale, unita a una forte riduzione dell'investimento pubblico e a un sistema di valutazione iniquo che influisce sui criteri per l'attribuzione delle risorse - dice la FLC CGIL - stanno producendo l'effeto di incrementare i già consistenti divari territoriali". Il sindacato cita tra l'altro la diminuzione dei docenti di ruolo (-18,3% nel Sud contro l'11,3% al Nord e il 21,8% al Centro) e la riduzione dei dottorati banditi (-38% al Sud contro il 19% di media in Italia). E cos+ via. La legge di stabilità, ha detto Gianna Fracassi, segretario confederale CGIL, contiene alcuni interventi per l'universita', ma non segna un'inversione di tendenza e particolarmente grave è "l'insufficienza di risorse per il diritto allo studio nonostante il preoccupante calo degli iscritti". Occorre quindi "arrestare la spirale del declino delle universita' meridionali con scelte immediate".

Innanzitutto "rifinanziare il Ffo (Fondo di finanziamento ordinario) e poi serve un piano straordinario di assunzione di docenti e ricercatori nel Mezzogiorno".

"Negli ultimi sette anni - ha spiegato l'economista Gianfranco Viesti - c'èstato un disinvestimento fortissimo nel settore universitario. Una scelta politica che non ha riscontri altrove. E' stato tagliato di tutto, dalle immatricolazioni ai finanziamenti. Abbiamo 7 miliardi di risorse per l'università contro i 26 della Germania".

"L'Italia non ha sostanzialmente una politica di diritto allo studio - ha aggiunto Viesti, citando le poche borse e l'aumento delle tasse - l'Italia sta tornando a un'università di classe, alla quale accedono soprattutto i figli di famiglie abbienti, a fronte di un diritto allo studio garantito dalla Costituzione". Il vero tema, ha detto infine Roberto Torrini, direttore dell'Anvur (Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca), e' quello delle risorse, che "si sono ridotte in misura draconiana e senza motivo, visto che erano gia' inferiori a quelle di molti altri Paesi europei. Un taglio del 20% delle risorse non sta ne' in cielo ne' in terra".