Università, revisione del pre ruolo: i rischi di un’accelerazione improvvida e pericolosa
Documento unitario intersindacale ANDU, ARTED, CISL UNIVERSITÀ, CNU, FLC CGIL, RETE 29 APRILE, UIL RUA, UNIVERSITÀ MANIFESTA.
Voci insistenti e convergenti, di diverse provenienze anche in ambiti istituzionali, ci dicono che i provvedimenti di revisione della 240 del 2010 sul pre ruolo universitario (DDL 2285, oggi in discussione in sede redigente alla Commissione cultura, istruzione e scienza del Senato), potrebbe conoscere un improvviso deragliamento e quindi accelerazione. Alcune norme, infatti, potrebbero essere presentate come emendamento ad altro provvedimento legislativo, forse un decreto legge, e trovare quindi una rapidissima approvazione nell’ambito delle norme collegate al PNRR. Un percorso che non solo chiuderebbe rapidamente i tempi, ma impedirebbe di fatto ogni seria discussione parlamentare (nel quadro di norme omnibus con diversissimi provvedimenti), introducendo una riforma universitaria per emendamento ad un decreto. Tale svolta procedurale cozza con svariati iniziali appelli di confronto con chi l’università la vive ogni giorno sin dal percorso della Camera e che ha visto nel passaggio al Senato lo svolgersi di confronti dove ogni realtà rappresentativa ha avuto la possibilità di esporre le nostre osservazioni e richieste durante incontri istituzionali e in audizioni.
Secondo alcune ricostruzioni, un destino simile sembrerebbe incontrare anche il provvedimento di revisione del DM 270/2004 (relativo agli ordinamenti didattici delle università), con un ancor più grave e pesante accelerazione, di fatto e forse anche di diritto con un’evidente e grave scorrettezza istituzionale, a fronte di un provvedimento ministeriale che ha incontrato una palese contrarietà di larga parte del mondo accademico ed anche un inedito pronunciamento negativo del CUN.
In ogni caso, esprimiamo qui estrema preoccupazione, a fronte di un’accelerazione ancora indefinita nel merito ma che potrebbe impattare significativamente, e negativamente, sulle università di questo paese. Abbiamo infatti espresso più volte le nostre valutazioni su ipotesi di revisione che rischiano di peggiorare l’attuale configurazione della legge 240 del 2010, non solo mantenendo in vita e anzi estendendo figure atipiche di lavoro di ricerca (come le borse di ricerca), ma anche allungando il già incredibilmente lungo periodo di inserimento nei ruoli universitari (attualmente pari a 12 anni, in alcune ipotesi al parlamento che potrebbe arrivare a 14 o persino 17 anni). Tutto questo senza porsi il compito di sgonfiare l’attuale bolla di precariato (decine di migliaia di precari di lungo corso, una generazione perduta nel rattrappimento dell’ultimo decennio delle risorse universitarie, gran parte dei quali in possesso persino di Abilitazione Scientifica Nazionale), con il rischio di gonfiarne in questi anni una ulteriore per gli ingenti finanziamenti PNR e PNRR.
A fronte di queste voci e di questo rischio, preventivamente, riteniamo importante ribadire al mondo accademico, al Ministero (e governo) e quindi al Parlamento la necessità che tale eventuale forzatura del percorso non solo non metta in discussione provvedimenti importanti (come l’intervento sui dottorati di ricerca), ma nell’inevitabile riscrittura della norma tenga conto di seguenti elementi per noi imprescindibili per un reale rilancio delle università italiane:
- la previsione esclusivamente di rapporti di lavoro con la piena applicazione di diritti, tutele e contributi, introducendo un’unica figura preruolo, definita nazionalmente e con autonomia di ricerca, ed eliminando quindi dall’ordinamento ogni contratto parasubordinato in contrasto con quanto previsto nella Carta Europea del Ricercatore (come borse, assegni, collaborazioni e altre forme di dumping contrattuale);
- una radicale riduzione della durata dei percorsi di immissione in ruolo, che non solo evitino di espandere la possibile permanenza nel preruolo, ma intervengano sostanzialmente sui tempi attualmente in vigore con la legge 240 del 2010, già evidentemente molto superiori a quelli previsti negli altri sistemi europei e non solo;
- la conferma di percorsi di tenure contenuti nella durata, che soprattutto permettano l’immissione in ruolo a tempo indeterminato sulla base di parametri oggettivi e omogenei a livello nazionale, con un passaggio esigibile da parte di ricercatori e ricercatrici in tempi certi e uniformi a livello nazionale;
- l’inserimento nel DDL di una reale normativa transitoria, che nel quadro di un reclutamento ordinario, ciclico e progressivo come dei piani straordinari attualmente previsti, individuino gli strumenti per permettere all’attuale bolla di precariato, come a quella in formazione sul PNRR, di esser progressivamente e rapidamente assorbite (sia attraverso risorse aggiuntive, sia prevedendo deroghe, vincoli e eventuali norme che si ritenessero necessarie), come avvenuto in questi anni negli Enti Pubblici di Ricerca (nei quali le pur importanti recenti conquiste sulla stabilizzazione non esauriscono il fenomeno e richiedono comunque ulteriori incisivi interventi normativi e contrattuali).
- Il riconoscimento del dottorato nel mondo del lavoro pubblico e privato, come titolo di alta formazione.
ANDU, ARTED, CISL UNIVERSITÀ, CNU, FLC CGIL, RETE 29 APRILE, UIL RUA, UNIVERSITÀ MANIFESTA