Convegno “Le prospettive dell'istruzione professionale in Italia”. Prima giornata.
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19:00
Gianni Milici, segretario regionale della Cgilscuola, chiude i lavori e da appuntamento a tutti a domattina.
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18:15
Prende la parola Domenico Pantaleo, segretario generale CGIL Puglia, per parlare di "Formazione e sviluppo regionale.
Possiamo registrare una perdita di competitività dell’apparato industriale, nel nostro Paese, dovuta a scarsa innovazione e scarsi investimenti sulla ricerca, frutto della politica del Governo Berlusconi tutto spinto sull’idea di una competizione basata sulla riduzione del costo del lavoro.
La conseguenza è la perdita di migliaia di posti di lavoro (in particolare nel Mezzogiorno) con dispersione di tante professionalità.
E’ necessario, quindi, un progetto di ri-orientamento professionale che accompagni l’adozione di politiche industriali che riqualifichi il nostro sistema industriale e produttivo.
L’attuale Governo affida al mercato e alla flessibilità senza regole la missione dello sviluppo. L’istruzione assume così un ruolo subalterno ai bisogni immediati delle imprese. Inoltre, le Regioni governate dal Centro-destra hanno attuato un decentramento dei servizi all’impiego con una logica di separatezza tra mercato del lavoro, funzioni della formazione e politiche di programmazione.
La Regione Puglia, in particolare, ha ‘riformato’ la formazione professionale, ma con l’unico obiettivo di ‘liberarsi’ dei formatori, senza operare scelte strategiche ed innovative. Non è stata, peraltro, perseguita l’integrazione tra scuola, formazione, università e ricerca. Tutto il sistema formativo è stato finalizzato all’inserimento lavorativo, dimenticando del tutto la formazione permanente e continua.
Contro tali logiche occorre riaffermare il principio che DIRITTI E FORMAZIONE sono un binomio inscindibile: valorizzazione delle risorse umane attraverso una formazione di qualità. A ciò va abbinata la qualità dei processi produttivi, abbandonando il modello basato su una bassa professionalità.
Un ruolo in tale direzione può svolgerlo una bilateralità che non assuma funzioni improprie, ma che serva a definire un progetto all’altezza delle sfide poste dal cambiamento.
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17:30
Giorgio Allulli, ricercatore dell'ISFOL, interviene su "La ricerca in atto sulla criticità del sistema".
Per inquadrare i problemi di cui si discuti vale la pena ricordare qui una recentissima novità: la proposta della Commissione UE al Consiglio dei Ministri della stessa Unione di definire 5 obiettivi molto concreti (standard) per lo sviluppo di sistemi di istruzione degli stati membri. Entro il 2010 si prevede di:
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dimezzare l’incidenza degli abbandoni precoci, passando dall’attuale 19% (media europea) al 9% (in Italia siamo attualmente al 29%);
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dimezzare lo squilibrio tra laureati in discipline scientifiche;
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fare in modo che almeno l’80% della popolazione tra i 25 e i 50 anni sia in modo del diploma di istruzione superiore (oggi l’Italia è al 46%);
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dimezzare la percentuale di quindicenni non in possesso di competenze linguistiche, matematiche e scientifiche (l’Italia è il terzo Paese dell’UE in una graduatoria di rischio);
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assicurare che almeno il 10% della popolazione in età lavorativa partecipi a percorsi di formazione permanente (l’Italia è ferma al 3%).
Il nostro Paese deve superare, in quest’ottica, alcune emergenze che riguardano il livello delle competenze di base e il livello di partecipazione complessiva ai percorsi formativi.
In più, per quanto riguarda la formazione professionale occorre che le imprese investano di più in formazione e che i Governi riconoscano un ruolo importante della formazione professionale accanto all’istruzione. La formazione profess., infatti, è stata vista come ripiego verso cui indirizzare gli alunni ‘deboli’ che abbandonano la scuola, dandole una funzione di avvio al lavoro senza prospettive di prosecuzione di percorsi formativi.
Eppure in questi ultimi anni le famiglie e gli studenti hanno creduto molto nell’istruzione professionale come canale che dà più chances: la qualifica per l’ingresso nel mondo del lavoro e/o la maturità anche in prospettiva della prosecuzione degli studi.
Occorre quindi legare i percorsi formativi a quelli dell’istruzione, ed esperienze positive in tal senso sono quelle condotte in Trentino, dove il successo formativo è, in generale, più alto che nel resto del Paese.
La Legge sull’obbligo formativo fino ai 18 anni è, in tal senso, un fatto positivo che l’attuale disegno di legge delega sulla riformna scolastica e gli altri interventi del Governo non sminuiranno, anche grazie al lavoro positivo che stanno svolgendo molti Enti Locali.
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17:00
E' il momento delle strutture.
Vengono illustrate le esperienze più significative di alcuni territori: prof. Alessandro Montaldi per il Piemonte, prof. Raffaele Giuffreda per la Lombardia, il dirigente scolastico Giovanni Carlini illustra le esperienze del Lazio e il dirigente scolastico Carlo De Santis quelle della Puglia.
Un accenno va fatto anche al positivo successo dell'iniziativa. I partecipanti sono quasi il doppio dei 150 previsti e questo dimostra non solo l'interesse, ma anche le preoccupazioni della categoria nei riguardi delle prospettive dell'Istruzione e della Formazione Professionale.
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16:30
La parola va al prof. Andrea Morrone docente dell'Università di Bologna.
Il prof. Morrone parte da un’analisi dei profili tecnico-normativi della Formazione Professionale e dell’Istruzione Professionale a partire dagli artt. 33, 34 e 35 della Costutizione arrivando a definire la Formazione Professionale come un nano tra i due giganti dell’Istruzione Professionale e del Mercato del lavoro
Per comprendere appieno il concetto di Formazione Professionale, però, occorre conoscerne l’evoluzione legislativa che parte da dall’antica legge Casati e passa dalla legge del 1931. Nell’ordinamento costituzionale repubblicano, poi, la Formazione Professionale è trasferita alle Regioni con competenza formativa di tipo tecnico-pratico. E’ fatta salva l’Istruzione Professionale che resta nell’ambito dell’istituzione scolastica nazionale. Si crea così una vera scissione culturale tra teoria e tecnica.
Una discontinuità si ha poi con le riforme Bassanini degli anni ’90 ed in particolare con la legge 59 del 97 e con il decreto 112 del 98: qui si offrono alcune rilevanti novità che tuttavia non superano la scissione concettuale cui si è accennato. La novità concerne, altresì, l’esaltazione del momento dell’Autonomia delle Istituzioni scolastiche.
Alle Regioni vanno solo competenze di programmazione: resta la scissione per una Formazione Professionale che deve comunque rifarsi ad una formazione marcatamente tecnica; si lascia ancora fuori l’Istruzione Professionale, un vero titolo di studio può essere attinto solo nell’ambito dell’istituzione scolastica.
Su tali ordinamenti che, comunque, non hanno cambiato molto, s’innesta la legge costituzionale di modifica del Titolo V. Questo crea un problema di assetto delle competenze in un vero e proprio dedalo di disposizioni.
L’art. 117 riserva allo Stato le norme generali regolanti l’Istituzione scolastica e lo Stato resta competente in via esclusiva anche rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni.
Vi è però un livello decisionale condiviso. E’ il caso della cosiddetta "competenza concorrente" . Situazioni normative analoghe riguardano, ad esempio, anche la materia della Sicurezza sul lavoro o l’Ordinamento delle Professioni.
Il sistema scolastico che ne esce è "complesso" e cerca di fodere i sistemi ad oggi non comunicanti della Funzione Professionale e dell’Istruzione Professionale. Ma come saranno strutturate tali materie sul piano legislativo?
Le tendenze ordinamentali che si possono cogliere, guardando ai due progetti del Ministro Moratti e del Ministro Bossi, anche se provenienti dalla stessa maggioranza appaiono schizofrenici. Per la Moratti il sistema scolastico è unitario e accentrato, magari anche a discapito dell’Autonomia.
Il progetto Bossi rappresenta, invece, una rottura della Costituzione sia rispetto al Titolo V che al progetto Moratti esaltando il regionalismo più spinto.
La storia della Scuola nel nostro ordinamento è stata sempre caratterizzata dal forte disordine normativo e attuativo: c’è stata sempre una scissione tra i contenuti del sistema e le strutture organizzative che gli corrispondevano. Ma oggi occorre un quadro unitario e, in ogni caso, sono in gioco valori fondativi di un ordinamento costituzionale che vanno codecisi e sottratti al volere di questa o quella maggioranza parlamentare
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16:00
La relazione introduttiva del Convegno spetta a Maria Brigida, componente della Segreteria Nazionale della Cgil Scuola
Nella società globale complessità, accelerazione e interdipendenza sono caratteristiche dominanti che investono anche i saperi.
C’è un deficit di formazione culturale nel nostro paese, per cui la cultura tecnico-professionale è storicamente sottovalutata e la tecnologia è considerata un paradigma opposto al sapere vero.
Va superata, quindi, ogni forma di gerarchia e divaricazione tra saperi umanistici, scientifici e tecnologici.
Nel nostro paese va costruito quindi nel sistema dell’istruzione un forte e autorevole comparto tecnico e professionale, con dignità culturale e valoriale.La scuola pubblica deve assolvere il ruolo che le attribuisce la Costituzione, in un contesto unitario.
Siamo, invece, in presenza di decisioni politiche che vanno in direzione diametralmente opposta.
Anzi la Legge delega prevede un avviamento precoce all’istruzione secondaria o alla formazione professionale. Si definiscono in sostanza tre canali: licei, form. Profess. e alternanza scuola-lavoro come offerta assolutamente residuale.
Il Disegno di Legge sulla Devolution in discussione in questi giorni al Senato, in poche righe, mette in discussione l’assetto dello Stato che noi oggi conosciamo e fa saltare il modello di stato sociale che le democrazie europee adottano, operando in direzione opposta al principio della pari opportunità.
In particolare, l’obbligo scolastico, oggi messo in discussione dal Governo, deve invece essere elevato ai 16 anni. Come dimostrato da studi approfonditi, una formazione troppo specializzata è negativa per il futuro dei giovani proiettati nell’attuale mondo del lavoro. Occorre sviluppare invece competenze diffuse e capacità critiche.
L’esperienza degli istituti professionali è significativa: gli studenti che vi si iscrivono sono sì proiettati verso il mondo del lavoro, ma hanno bisogno di essere accompagnati e sostenuti per non disperdersi ed entrare (se ci riescono) nel mondo del lavoro in situazione di "debolezza".
No, quindi, alla regionalizzazione dell’istruzione e di parte di quelle tecnica, che aumenterebbe la disparità tra le persone e squalificherebbe quegli insegnamenti ritenuti "più poveri".
"Nessuno sia schiavo" ha detto Rodari e pertanto va garantito a tutti l’uso di tutte le parole e il raggiungimento di una buona soglia di base per tutti. L’autonomia didattica e progettuale può servire a questo. I laboratori diffusi, attrezzati e tecnologicamente attrezzati diventano nella scuola dell’autonomia il luogo dove esercitare la didattica dei laboratori.
Vanno salvaguardate le specificità di alcuni indirizzi come, ad esempio, gli istituti nautici , con il loro specifico culturale storico e di lavoro, così come gli Istituti d’arte contro una volontà di licealizzazione spinta che farebbe perdere conoscenze e professionalità preziose.
La formazione professionale deve avere chiaro il suo mandato nell’ambito della sistema generale dell’istruzione. E l’integrazione è il percorso e l’obiettivo che rende possibile la positiva convivenza tra istruzione e formazione professionale, costruendo un sistema di regole nazionali condivise della formazione professionale.
Occorre una svolta delle politiche finanziarie, specie quelle basate sui tagli delle ultime due finanziarie, investendo su formazione e ricerca.
Per quanto riguarda i drop out, occorre sanare rapidamente l’assenza di attenzione sull’educazione permanente degli adulti e combattere la dispersione, oggi forte proprio nei primi anni della secondaria, evitando di costruire un indirizzo formativo esclusivo per quei ragazzi (come le intese firmate dal MIUR con alcune Regioni italiane per la sperimentazione del doppio canale di formazione). La scuola deve uscire dai suoi confronti tradizionali ma deve cercare i ragazzi dove sono, dove vivono, facendosi scuola-Paese.
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15:30
Prende il via nella splendida cornice del Castello Svevo di Bari il Convegno Nazionale "Le prospettive dell’Istruzione Professionale in Italia". Solo un lieve ritardo per l’inizio del lavori, nonostante il tempo inclemente.
Introduce i lavori Omer Bonezzi, presidente dell’associazione Proteo Fare Sapere. Dopo i saluti iniziali ha richiamato il contesto generale di attacco alla scuola pubblica attraverso la Legge Delega di riforma della scuola, la Finanziaria 2003 e la Devolution. Ha ricordato, inoltre, che domani, in occasione della Giornata del Disabile, Proteo con altre associazioni ha lanciato una campagna telematica per protestare contro la politica del Governo e della maggioranza che colpisce, attraverso la Finanziaria, in particolare le categoria più deboli.