Forum Mondiale per l'Educazione di Porto Alegre - Terza giornata

  • 14:00

    Nel pomeriggio il programma del Forum prevede la realizzazione, in contemporanea, di tavole rotonde, dibattiti, realizzati da diversi soggetti sociali e istituzionali, su svariate tematiche:

    - GATS (promosso dal Ministero dell’Infanzia del Belgio)

    Daniel Monteux nell’introdurre i lavori ha affermato che il negoziato vive una fase molto delicata e diseguale, visto la possibilità dei paesi ricchi di disporre al tavolo delle trattative di specialisti molto preparati, a discapito ovviamente dei paesi poveri, che non possono farlo.

    Si sta preparando un salto qualitativo a favore di un’apertuta totale verso la liberalizzazione dell’educazione, che avrebbe conseguenze molto negative, “disastrose”, in particolare per i paesi più poveri.

    Questo processo va fermato, non con interventi settoriali, ma con una grande mobilitazione sociale: ”vanno costruite iniziative locali di resistenza a questo processo. Le nostre differenze sono la nostra forza.”

    Jean – Marie Vanlathem ha aggiunto che, essendo l’educazione uno dei diritti fondamentali dell’umanità, è importante stabilire accordi tra lo Stato e le forze sociali (sindacati e associazioni di impresa) sul sistema pubblico dell’educazione.

    Il dibattito ha evidenziato la complessità di una problematica che va ulteriormente approfondita, date le differenze fra le varie realtà dei paesi e tra l’istruzione di base e quella superiore.

    - Scuola dell*Infanzia

    Nel suggestivo salone dell’Auditorio del Collegio Sevigné, Susanna Mantovani, docente dell’Università di Milano, ha relazionato ad un pubblico molto attento e coinvolto, le esperienze più interessanti dei nidi e della scuola dell’infanzia in Italia.

    Alla base di una realtà che ha avuto ampi riconoscimenti in tutto il mondo l’idea che la scuola dagli 0 ai 6 anni deve essere principalmente un luogo di socializzazione e di costruzione delle prime esperienze socio – cognitive e sociuo – affettive, in cui gli aspetti di apprendimento a carattere disciplinare restano in secondo piano. Esattamente l’opposto di quanto sta facendo l’attuale governo italian, che spinge per la precocizzazione degli apprendimenti e l’anticipazione della scolarità.

    Un richiamo, infine, al lavoro di team, quale elemento indispernsabile per la costruzione del progetto educativo che deve vedere anche una forte integrazione con il territorio e le famiglie.

  • 11:00

    Contributo:

    Al Forum Mondiale dell'Educazione il Consiglio Latinoamericano di Scienze Sociali (CLACSO) organizza uno degli eventi finalizzati alle proposte, un Colloquio sulle riforme educative a livello internazionali. Fra i numerosi relatori, un posto di rilievo e' assegnato a Katarina Tomasevski, croata, relatrice speciale alle Nazioni Unite sul diritto all'educazione. "Il diritto all'educazione e' simultaneamente un'indicazione del progresso e dei passi indietro che si fa compiere ai diritti economici, sociali e culturali nel nuovo millennio" afferma Tomasevski "E' un segnale di progresso che le Nazioni Unite abbiano voluto indicare questa questione come prioritaria attraverso la designazione di un Relatore Speciale nel 1998. Oggi si fa ampio riferimento da parte di ONU, singoli donatori e ONG ad uno sviluppo fondato sui diritti umani.
    Ma da questi discorsi non si e' ancora giunti ad un diritto all'educazione'. C'e' una percezione erronea e generalizzata che l'educazione equivalga al diritto all'educazione. (...) I diritti umani sono impegni governativi perche' non si materializzano da soli semplicemente dall'interazione delle forze del mercato, ne' dalla carita'. (...) In molti paesi in via di sviluppo i minori costituiscono la maggioranza della popolazione. E' chiaro che gli alunni delle scuole elementari non possono costituirsi in partito politico, farsi eleggere in parlamento o garantire bilanci adeguati per l'educazione. (...) Ci sono paesi in cui i genitori versano poche tasse semplicemente perche' guadagnano troppo poco.
    Anche il loro voto puo' non avere effetto sul modo in cui viene ripartito il bilancio quando c'e' poco da distribuire, una volta sottratti i servizi sul debito estero e le spese cui si da la priorita', per esempio quelle militari. Oggi sono quindi gli insegnanti che si trovano a dover lottare per i propri diritti e per il pagamento dei propri salari, per essere in condizioni di insegnare. (...) C'e' un crescente consenso globale sulla necessita' che tutti i bambini possano portare a termine la scuola elementare, mentre si ignora il diritto all'educazione secondaria e universitaria, che corrono il rischio di essere trasformate totalmente in un servizio che si compra e vende a tariffa. Ma i nostri dati indicano che e' proprio l'educazione secondaria, e non la primaria, la chiave per ridurre la poverta'. La Commissione Economica ONU per l'America Latina e i Caraibi segnala che i giovani che portano a termine l'istruzione secondaria hanno una probabilita' dell'ottanta per cento di sfuggire alla poverta', mentre nel novantasei per cento delle famiglie povere i genitori non hanno completato nove anni di scuola. L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riaffermato recentemente il nucleo degli impegni governamentali in relazione alla scuola primaria (gratuita, obbligatoria e di qualita'), ma li ha limitati ad un periodo di cinque anni. Ipotizzando che in media i bambini comincino la scuola a sei anni,, in questo modo completerebbero gli studi a undici anni, quando sono troppo giovani per lavorare e, a rigore, legalmente impossibilitati al lavoro. L'educazione funziona come un moltiplicatore.
    Negare il diritto all'educazione porta all'esclusione dal mercato del lavoro e all'adesione al settore informale (al lavoro nero). (...) L'aggettivo 'umano' rimanda al dovere di difendere i diritti di tutti perche' chi attenta al diritto all'educazione non rimanga senza risposte e senza oppositori".

    Contributo di Alessio Sutian

  • 08:00

    I° Conferenza, “La città e l’educazione”

    La Conferenza è stata aperta dalla relazione di Marina Subirats, docente universitaria di Barcellona e coordinatrice della rete delle città educanti.

    Di seguito alcuni punti centrali del suo intervento, seguito con grande attenzione da una platea di diverse migliaia di persone che riempivano il Palazzo dello Sport , sede dei lavori generali del Forum.

    “Il sistema educativo è l’unico elemento del sistema sociale che si occupa di trasmettere un’etica, perché non lo fa più la famiglia e non lo fanno più i media che trasmettono antivalori fino all’individualismo”.

    Contro il modello capitalistico di scuola, basato sulla cultura maschilista e dominante, dobbiamo avere la consapevolezza, ha proseguito la relatrice, che la scuola non è neutra ma è un terreno di battaglia politica in cui si confrontano opinioni differenti.

    Occorre un nuovo impulso etico che può dare la città, in quanto comunità, tenendo insieme la cultura scientifica e la cultura etica, basato sulla identità .

    Per fare ciò occorre sburocratizzare la scuola, rompere il dualismo tra apprendimento pratico ed apprendimento teorico e fare delle città dei luoghi educanti attraverso la riappropriazione degli spazi (“Bisogna insegnare ai ragazzi svantaggiati a conoscere e a muoversi con proprietà nella propria città”).

    Infine, occorre insegnare il senso di responsabilità: non esistono diritti senza doveri. Il senso di responsabilità si costruisce nel rapporto fra scuola e territorio.

    Occorre cambiare il modo di lavorare della scuola, superando la ripartizione in ore e in discipline a favore dell'insegnamento di nuovi valori democratici come la solidarietà e l'uguaglianza.

    Interviene, poi, nel dibattito Ramon Moncada dell'Università di San Paolo del Brasile che centra il suo ragionamento sulla necessità di “ pensare”” la città per imparare a convivere (Ï problemi della città sono i problemi del singolo cittadino). Si afferma in questo modo l'idea della città come luogo dell'utopia individuale e collettiva.

    Infine, nell'ultimo intervento Steve Stoer dell'Università di Porto (Portogallo) sottolinea come al concetto di cittadinanza attribuita, garantita dal contratto sociale che definisce diritti e doveri omogenei, occorra passare all'idea di cittadinanza reclamata.

    Si viene così a riconfigurare il contratto sociale attraverso la rivalutazione delle diversità ed il ripensamento degli attuali modelli di politica redistributiva. La cittadinanza reclamata è contro gli etnocentrismi e si definisce come un insieme di più identità; solo attraverso il riconoscimento delle differenze si consentono l'inclusione e la responsabilità individuale. La scuola pubblica è uno strumento importante per la realizzazione della cittadinanza reclamata se parte da un*idea plurale, attenta alle differenze, alla multiculturalità e si costituisce come comunità in cui i diversi soggetti hanno potere e assumono responsabilità.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

LEGGI LA NOTIZIA