Dalla Conferenza nazionale dei delegati sulla scuola

  • 17:00

    Le conclusioni di questa intensa giornata sono affidate a Giuseppe Casadio, segretario nazionale CGIL.

    Come diceva stamattina Missaglia, siamo sospesi fra un recente passato,denso di contraddizioni e di limiti, ma denso di idee e valori positivi e fecondi, e un futuro prossimo inquietante.
    Siamo pressati da molte domande sul nostro futuro, lo siamo noi, non come operatori del settore o come CGIL scuola, ma noi come cittadini che condividono questa fase storica.
    Parlando del nostro Paese, non è il travaglio della trasformazione, è il prevalere di tendenze speculative che consumano, impoveriscono, non trasformano.
    Basta pensare al settore dell’auto, della chimica, delle telecomunicazioni, a tanti altri settori ricchi di sapere e di tecnologia che già sono sulla soglia della scomparsa dal panorama produttivo italiano.
    Questa la ragione dello sciopero di febbraio: il declino, l’impoverimento dell’apparato produttivo.
    Ma così è anche per molte delle architetture fondamentali del nostro sistema civile: la struttura del welfare portata all’impoverimento, non certo alla modernizzazione.
    Il patto sociale che viene incrinato nelle sue ragioni, non nella sua modalità, l’individuo più solo, con meno protezioni.
    Declino qualitativo del profilo di coesione del nostro vivere civile, del modello di cittadinanza cui si ispira il vivere civile.
    Così è per le reazioni su scala globale, l’ipotesi di una guerra valutata con ragioni che non sono quelle vere: il controllo sul mercato del petrolio.
    In questo quadro ci siamo domandati se il nostro sistema di istruzione, anche così com
    ’è, è adeguato a fornire risposte.
    E ci siamo proposti di resistere ma insieme di ricercare un pensiero positivo.
    In questi ultimi tempi ci sono stati movimenti sufficienti in questo settore? Dobbiamo rispondere di no.
    Vogliamo provare come CGIL ad essere il motore, uno dei motori di un nuovo pensiero sui sistemi pubblici di trasmissione del sapere, uno dei centri, per rimettere in movimento, per ricominciare a produrre pensiero alto e forte.
    Quali saperi servono per la società verso cui andiamo.
    L’iniziativa di aprile, promossa insieme ai movimenti, è un fatto nuovo, anche nelle modalità. Non è consueto che la nostra confederazione partecipi a iniziative non solo e non prioritariamente promosse ai sindacati.
    Va costruita in questo modo, rivolgendosi a tutti i protagonisti, proprio per capire che tipo di formazione serve, per costruire o contribuire a costruire un pensiero forte e positivo.

  • 16:40

    OMER BONEZZI, Presidente Nazionale Proteo Fare Sapere
    L’intervento di Surian ha disegnato lo scenario delle contraddizioni in cui si dibatte la scuola. Vi è un mutamento di valori e di comportamenti frutto dell’ultima orribile ideologia del secolo scorso: il neoliberismo, che non rispetta gli uomini e produce danni gravi.
    Un esempio: la questione del copyright, che riguarda la tendenza a privatizzare, cioè a privare di conoscenze l’umanità.
    Significativa a questo proposito la decisione di India e Sudafrica, che hanno ritenuto di produrre le medicine anti-aids senza tener conto dei diritti delle case farmaceutiche.
    Non si tratta di mettere in discussione la legittima proprietà delle cose, si tratta però di combattere la tendenza aprivatizzare la conoscenza.
    E questo è un aspetto di una tendenza più generale, che comprende anche la tendenza per esempio alla privatizzazione della politica, che è in Italia, e non solo in Italia.
    Si privatizza perfino l’esercito: l’esercito spagnolo, non trovando volontari, li importa dall’Equador.
    La scuola è in questo contesto. La nostra scuola, nata nel periodo illuminista, doveva garantire a tutti il diritto all’istruzione.
    Oggi dobbiamo cominciare a rideclinare le nostre politiche sulla scuola.
    Con gli accordi commerciali GATS scuola e sanità saranno merci, le ricadute saranno drammatiche, dobbiamo esserne consapevoli.
    Si devono fare proposte – si dice – dobbiamo farle noi, CGIL e CGIL Scuola, e la prima è che vengano espunte da questi accordi sia la scuola che la sanità.
    E’ una questione di merito.
    La CGIL si occupa di diritti universali, l’istituzione scuola si occupa di un diritto universale, l’istruzione, questo è il filo rosso che lega la nostra confederazione alla scuola, questo il senso anche dalla manifestazione del 12 aprile.
    Vanno ridisegnati i caratteri dell’autonomia, che per noi non è mai stata – contrariamente a quanto si vuol far credere – aziendalismo.
    Autonomia scolastica era per noi ed è riconoscimento dell’etica della responsabilità, e flessibilità organizzativa per meglio rispondere ai bisogni.
    Questa scuola dell’autonomia si oppone naturalmente alla logica commerciale e neoliberista.
    Il nostro concetto è di scuola autonoma nazionale che guarda all’Europa.
    Voglio infine ricordare l’iniziativa di due giorni fa, la Giornata della Memoria, in cui il minuto di silenzio proposto dalle associazioni professionali e da alcuni siti telematici ha coinvolto oltre due milioni di studenti.
    Ci accusano di essere il sindacato del no, sull’art.18 come sulla riforma Moratti, ci accusano di assenza di proposte.
    Ma siamo di fronte a un attacco che distrugge la scuola, conformemente a quelle logiche neoliberiste.
    Per cambiare la scuola, e noi vogliamo cambiarla, bisogna prima di tutto difenderla.
    Ben difficile avanzare proposte in questo contesto, mentre altri vogliono distruggerti, è dagli altri, è dal governo che devono essere dati dei segnali di disponibilità al dialogo.
    Vengono invece dichiarazioni sempre più preoccupanti, come quelle di oggi di Berlusconi sulle sentenze della Cassazione.
    Di fronte a questa situazione la parola d’ordine: Resistere…resistere … non significa accettare una sconfitta.
    Significa avere la consapevolezza dei rapporti di forza, e usare forme di lotta adeguate a questi… e sapere che anche combattendo a mani nude contro la forza è possibile vincere.

  • 16:10

    Luisella De Filippi, Segreteria Nazionale CGIL Scuola.
    Nel processo di riforma costituzionale che va dalla Legge sul decentramento n°59 alla minaccia di devoluzione di Bossi si evidenziano forti contraddizioni di questo governo che, di fronte alla necessità di dar corso ai provvedimenti di decentramento già avviati, di fatto blocca il percorso mostrando il desiderio di imporre una stretta autoritaria e centralistica nonostante i proclami sulle varie libertà dai vincoli statali. Il Decreto Legislativo 112 ripartiva alle Regioni e ai Comuni funzioni che non sono incompatibili con la nuova legge 3 di modifica del titolo V della Costituzione, come invece tentano di dimostrare dichiarando dubbi di non conformità costituzionale con la stessa legge 3. In realtà entrano loro stessi in contraddizione quando con il disegno di legge La Loggia di attuazione della legge 3 si dice che continuano ad applicarsi le disposizioni del federalismo amministrativo in applicazione della legge 59. E così viene avocato al potere delle direzioni regionali il dimensionamento scolastico che sarebbe di competenza della pianificazione territoriale regionale. Si dichiara che il supporto organizzativo ai soggetti disabili deve far capo al Ministero pur avendo già trasferito i finanziamenti a Comuni e Province. Tutto ciò dimostra non solo la contraddittoria volontà di centralismo, smentendo la propaganda sulle libertà, ma anche la
    superficialità con cui si affrontano i processi di riforma suggerendo un’idea un po’ caotica di federalismo che suscita inquietudini e chiusure diffidenti per il rischio di messa in discussione di diritti e garanzie acquisite. Occorre far maturare la consapevolezza delle situazioni e dei processi che vogliamo favorire.La complessità e la radicalità del disegno culturale che si vuol mettere in atto attraverso le riforme, anche se attuato con procedure un po’ pasticcione, non ci permette di abbassare la guardia né rispetto la controparte né rispetto al nostro più stretto ambito di riferimento a cui vanno offerti gli strumenti sindacali della lotta oltre che gli strumenti di approfondimento che ci permettono di costruire un solido profilo alternativo al disegno riformatore.

  • 15:40

    Si prosegue con una serie di interventi.

    Pino Patroncini, Centro Nazionale CGIL Scuola.
    Stiamo discutendo di fenomeni che non sono solo nazionali. In Europa in questi mesi abbiamo avuto mobilitazioni e scioperi per cose analoghe. Ieri in Francia c’è stato un grosso sciopero della scuola. E’ la terza mobilitazione nazionale in tre mesi. Lo stesso è successo in Spagna a ottobre, novembre e dicembre. In Portogallo a novembre e dicembre. Da noi dal 18 ottobre al 12 aprile passeranno sei mesi, in cui facciamo se importanti come questa ma non una mobilitazione di massa.
    Sia chiaro: la manifestazione del 12 aprile va benissimo! Soprattutto perché è confederale e noi aspettiamo questa cosa da 30 anni, dal 1973 quando l’intervento confederale aprì quelle nuova stagione all’indietro della quale questo ministro vuole riportarci quando ripropone di reintrodurre lo stato giuridico.
    Ma avevamo un impegno con la categoria su tre punti: contratto, riforma e assunzioni in ruolo. Non sono ingenuo e capisco le giustificazioni ma abbiamo un dovere verso la categoria. La Cgil ha oggi più audience ma anche più responsabilità, quella che le deriva dall’essere l’unico soggetto credibile per una lotta.
    Allora il 20 febbraio la riforma va in aula. Possiamo permettere che ci sia l’idea che su ciò c’è nel paese un consenso passivo?Avremo il contratto? Non si sa, ma possiamo dare l’idea che non ci sia una lotta per conseguirlo? Abbiamo strillato contro le mancate assunzioni, ma possiamo dare l’idea che la Moratti può continuare a non assumere impunemente.
    Credo che abbiamo un credito da onorare.

  • 15:00

    Intorno alle 15 si è pronti a riprendere i lavori.

    Ad una prima serie di interventi segue la relazione di Alessio Surian, ricercatore dell’Università di Padova: “La scuola tra radici nel territorio e globalizzazione”.

    Le politiche in merito ai servizi pubblici e educative in particolare di Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e Organizzazione Mondiale del Commercio presentano una sostanziale coerenza di applicazione di principi neoliberisti (privatizzazione, liberalizzazione, deregolamentazione). L’impatto di questo “consenso di Washington” è evidente in almeno 17 paesi latinoamericani che, attraverso il meccanismo perverso della restituzione del debito/programmi di aggiustamento strutturale/gestione mercificata e manageriale dell’educazione hanno visto messo sotto accusa il ruolo dello Stato e, contemporaneamente, la realizzazione di un processo di decentralizzazione del finanziamento e una centralizzazione di curricolo/formazione/valutazione dell’educazione. I risultati sono particolarmente evidenti in Messico dove il Trattato di Libero Commercio è arrivato ad imporre modifiche al testo
    costituzionale in senso restrittivo rispetto alla responsabilità dello Stato nell’offrire opportunità educative. Il processo a cui si è assistito in questi anni non è quello di un semplice cambiamento nella gestione privatistica e finalizzata al ritorno individuale del settore dell’istruzione, ma anche ad un tentativo di cambiamento “culturale” per trasformare l’educazione da diritto sociale (garantito da un’educazione pubblica di qualità) a merce soggetta alle regole del libero mercato. In questa prospettiva è particolarmente urgente rispondere ai negoziati per l’inclusione dell’educazione (e di altri servizi sociali) fra i GATS (i servizi soggetti alle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio): le prossime scadenze riguardano la presentazione entro marzo delle piattaforme negoziali (gestite per l’UE in maniera opaca dal commissario Lamy) e la Conferenza ministeriale che dovrebbe finalizzare il negoziato a Cancan (Messico) a settembre. Significativa a questo proposito è la mobilitazione convocata dai movimenti studenteschi europei per il 13 marzo.

  • 13:30

    Si chiude qui la prima partedei lavori. Pausa pranzo per tutti.

  • 12:00

    Si passa al secondo intervento in programma. “Il sistema scolastico tra autonomia scolastica costituzionalizzata, devolution e sistema delle autonomie territoriali” a cura di Andrea Morrone, professore di diritto regionale all’Università di Bologna.

    Riforma del titolo V, disegno di legge delega Moratti e progetto di revisione costituzionale sulla devolution sottopongono l’istruzione e la scuola a sollecitazioni diverse e, per certi versi, opposte. La legge costituzionale numero 3 del 2001, lasciando immutati i valori costituzionali connessi all’istruzione (art. 33, 34), distribuisce la materia istruzione tra diversi soggetti: lo Stato, le Regioni, gli Enti Locali, le istituzioni scolastiche. Il modello sotteso alle disposizioni, nonostante i ripetuti e spesso complessi intrecci di competenze, è quello di un pluralismo delle autonomie (territoriali e non) nel quadro di valori nazionali condivisi, di cui tutore ultimo resta il legislatore nazio
    nale. Il disegno di Legge Delega Moratti, nel riordinare completamente il sistema scolastico, tende a separare la dimensione statale dell’istruzione (primo ciclo e sistema dei licei) dal sistema regionale (cui viene trasferita integralmente l’istruzione e la formazione professionale), ridimensionando, rispetto alle potenzialità del titolo V, l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Il progetto di devolution, presentato dal governo su iniziativa del ministro Bossi e già approvato al Senato, invece, recide il sistema nazionale di istruzione, perché affida all’autonoma iniziativa di ciascuna regione la disciplina dell’organizzazione scolastica e la gestione degli istituti. Il modello in questo caso è quello di un regionalismo fortemente differenziato che, stante le ambiguità del testo, si svolge senza unità e senza il concorso delle istituzioni scolastiche.

    Si prosegue con altri interventi. Tra questi quello di Fabrizio Dacremadella Segreteria Nazionale CGIL Scuola.

    La decisione della maggioranza di blindare la delega scuola apre una fase nuova della nostra iniziativa. Dovremo mettere in luce le grandi ragioni della nostra opposizione ad una politica scolastica che non risponde ai bisogni del paese. Innanzi tutto la scuola come spazio pubblico dove il diritto di ogni persona al sapere è messo al primo posto, oltre le omologazioni alla logica del mercato, in alternativa all’attacco del governo all’autonomia culturale e professionale della scuola pubblica. Nella scuola della Moratti la libertà di insegnamento è a rischio (censura libri di testo, assunzione per chiamata diretta degli insegnanti),l’autonomia professionale rischia di essere travolta, ad esempio, dalla spinta del familismo competitivo attraverso l’anticipo. Il declino economico e sociale del paese esige un sistema scolastico inclusivo, alternativo ai contenuti della delega scuola, che punti sull’innalzamento dell’obbligo scolastico, sulla continuità tra scuola dell’infanzia, elementare e media, sull’integrazione tra scola, formazione professionale e lavoro. Su questi temi è necessario intervenire nella prossima fase di attuazione della riforma attraverso il monitoraggio e la controinformazione sulle sperimentazioni in corso e promuovendo, insieme ai soggetti della società civile, vertenze e patti territoriali, con l’obiettivo di realizzare una rete di solidarietà a supporto delle scuole pubbliche autonome.

    Nel corso della mattinata di lavori abbiamo sentito anche il parere di alcuni delegati. Ecco che cosa ci hanno detto:

    Diana Cesarin -Segretaria nazionale MCE
    In questa fase le RSU hanno un compito delicato, quello di accompagnare la mutazione antropologica che la scuola dell’autonomia porta con sé.
    La mutazione che vede il passaggio da AUTOPERCEZIONE e attribuzione di un ruolo quasi impiegatizio, esecutivo e sempre più svalutato a un ruolo di insegnante e di professionalità
    docente come protagonista fondamentale della progettualità educativa organizzativa e gestionale della scuola dell’autonomia.
    Questocompito si ridefinisce in rapporto al ruolo sociale, costituzionale inclusivo della scuola oggi fortemente attaccato.
    E’ sempre più chiaro che i diritti degli insegnanti si possono definire e difendere solo in rapporto alla definizione e difesa e promozione del diritto all’struzione di ogni bambino e bambina.

    Filippone Giuseppe – RSU personale ATA – anni 60 – è un’occasione molto importante di approfondiment

  • 11:20

    Si passa al secondo intervento in programma. “Il sistema scolastico tra autonomia scolastica costituzionalizzata, devolution e sistema delle autonomie territoriali” a cura di Andrea Morrone, professore di diritto regionale all’Università di Bologna.

    Riforma del titolo V, disegno di legge delega Moratti e progetto di revisione costituzionale sulla devolution sottopongono l’istruzione e la scuola a sollecitazioni diverse e, per certi versi, opposte. La legge costituzionale numero 3 del 2001, lasciando immutati i valori costituzionali connessi all’istruzione (art. 33, 34), distribuisce la materia istruzione tra diversi soggetti: lo Stato, le Regioni, gli Enti Locali, le istituzioni scolastiche. Il modello sotteso alle disposizioni, nonostante i ripetuti e spesso complessi intrecci di competenze, è quello di un pluralismo delle autonomie (territoriali e non) nel quadro di valori nazionali condivisi, di cui tutore ultimo resta il legislatore nazio
    nale. Il disegno di Legge Delega Moratti, nel riordinare completamente il sistema scolastico, tende a separare la dimensione statale dell’istruzione (primo ciclo e sistema dei licei) dal sistema regionale (cui viene trasferita integralmente l’istruzione e la formazione professionale), ridimensionando, rispetto alle potenzialità del titolo V, l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Il progetto di devolution, presentato dal governo su iniziativa del ministro Bossi e già approvato al Senato, invece, recide il sistema nazionale di istruzione, perché affida all’autonoma iniziativa di ciascuna regione la disciplina dell’organizzazione scolastica e la gestione degli istituti. Il modello in questo caso è quello di un regionalismo fortemente differenziato che, stante le ambiguità del testo, si svolge senza unità e senza il concorso delle istituzioni scolastiche.

  • 10:45

    Tocca ora a Maria Brigida, Segreteria Nazionale della CGIL Scuola che affronta il tema del rapporto istruzione/formazione e mercato del lavoro. A fronte della necessità di elevare l’obbligo scolastico almeno a 16 anni di età, dobbiamo affermare con forza che questo diritto la scuola pubblica deve riconoscerlo a tutti, in modo particolare a coloro che da soli non sceglierebbero di andare a scuola né di rimanervi a lungo, garantendo a ciascuno il raggiungimento degli obiettivi formativi. Ma la scuola non può essere lasciata sola di fronte a queste sfide, deve aprirsi al territorio, ma anche il territorio deve riconoscere l’esistenza della scuola e deve assumere su di se quella parte dei compiti che messi in sinergia con la scuola possono garantire il reale esercizio del diritto all’istruzione. L’integrazione è passaggio ineludibile, quindi, ma occorre chiarire che non coincide con confusione: i diversi soggetti istituzionali hanno mandati chiari e definiti e solo dal riconoscimento reciproco di questi differenti mandati può scaturire quel circolo virtuoso in grado di affrontare e risolvere la vera emergenza sociale della nostra scuola che è la dispersione scolastica. Ma quando diciamo che l’elevamento dell’obbligo scolastico a 16 anni è un “must” (dover essere) dobbiamo contestualmente affermare nuove regole che vietino l’accesso al lavoro
    dei minori . Obbligo di istruzione, lotta contro i contenuti discriminanti e socialmente inaccettabili della Legge Delega Moratti non possono prescindere dal rifiuto dei contenuti della Legge Delega sul Lavoro, anche essa in discussione al Parlamento, che al contrario, riduce fino ad eliminare l’obbligo alla formazione esternanel contratto di apprendistato. Più sapere anche per l’esercizio del diritto alla formazione continua perché, come dimostrano le ricerche anche dell’ISFOL, la stragrande maggioranza dei lavoratori che ne hanno usufruito sono in possesso di un diploma o di una laurea. La coerenza fra la delega sulla scuola e quella sul lavoro è evidente ed è, quindi, altresì evidente, che comune deve essere la nostra battaglia, il nostro rifiuto. Per essere cittadini e lavoratori consapevoli e non sudditi occorre più sapere.

  • 10:00

    Un piccolo cambio di programma. Si lascia subito spazio agli interventi ed a prendere la parola è Gabriella Giorgietti, responsabile delle relazioni internazionali per la CGIL Scuola.

    Punto centrale della sua riflessione è come creare una cultura che possa fare da resistenza alle controriforme del Governo, resistenza che non significa mantenere lo status quo, ma resistenza che produca il cambiamento, che modifichi il modo di far scuola, partendo dalla consapevolezza che le proposte della Moratti possono essere anche gradite al sentire comune.
    Bisogna avere proposte anche radicali sulmodo di far scuola, su come vengono trasmessi
    i saperi, bisogna assolutamente affermare l’autonomia delle scuole, non burocratica ma come capacità di interagire con il territorio, ma anche ragionando su professionalità dei docenti e valutazione del lavoro delle scuole.
    Importante la manifestazione del 12, nella quale si incontranoil sindacato e l’associazionismo.
    Non dimenticare l’intreccio fra formazione di base e apprendimento per tutta la vita, settore colpito datagli pesanti.
    Internazionalizzare sempre di più le nostre forme di lotta, perché le problematiche sono comuni a molti Paesi governati dal centro-destra.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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