Valutando si impara - Prima giornata
-
19:00
Sull’uso dei test standardizzati e la loro dannosità parla Paola Bisegna, illustrando i risultati di una ricerca svolta da Alfie Kohn sulla situazione americana. Gli studenti negli Stati Uniti sono sottoposti a tipi di test inimmaginabili. Politici e uomini d’affari, sostiene Kohn, forse per rendere la vita più difficile ai ragazzi e ai loro insegnanti, incalzano affinché si innalzino i risultati dei test: alla fine questo metodo diventa il fine dell’attività scolastica a scapito di forme di apprendimento più significative. La ricerca di Kohn, spiega Bisegna, evidenzia chiaramente quanto poco ci dicano i risultati dei test e quanto sia dannoso un curricolo basato su di essi.
-
18:30
“La fine della società della competizione” è l’impegnativo titolo della relazione svolta da Armando Catalano, Responsabile nazionale dei dirigenti scolastici della Cgil Scuola. La competizione – ha esordito Catalano – intesa come modalità relazionale che prevede vincenti e perdenti, non è affatto una modalità naturale dei rapporti umani. E’ semmai un portato storico che, fatto proprio dalla cultura dominante, tende ad agire verso la perpetuazione dei rapporti sociali esistenti. In ogni campo delle attività umane, compresa quella scolastica, non raggiunge necessariamente risultati migliori della relazione basata, invece, sulla cooperazione e in generale sul lavoro “per” e non “contro”.
Nella scuola lo studio dei discenti, il lavoro dei docenti, l’attività complessiva delle istituzioni scolastiche, dalle poche ricerche condotte sul campo, risultano più efficaci, più gratificanti, in definitiva più produttivi del lavoro cosiddetto competitivo. La valutazione di questo complesso sistema deve tener conto di elementi non direttamente quantificabili e misurabili, quali la creatività, la socializzazione, i contesti che hanno una ricaduta anche sui risultati dell’apprendimento e sull’acquisizione della conoscenza. Non è la modalità competitiva che produce le pratiche migliori, ma è lo studio cooperativo tra gli studenti, il lavoro collaborativo fra i docenti e la messa in rete delle scuole. La valutazione, dunque, non per competere, ma per accrescere, tramite la sfida della cooperazione, la qualità dell’offerta formativa.
-
18:00
Emanuele Barbieri, dirigente del Miur, ha esaminato il percorso legislativo attraverso il quale negli ultimi tre anni è passata l’idea di valutazione, a partire dal regolamento dell’autonomia fino alla trasformazione del Cede in Istituto Nazionale di Valutazione fino all’attuale Invalsi. Con l’ultimo intervento del Ministro Moratti si sancisce un frattura con il lavoro precedente e la raccolta di una serie di materiali per la costruzione di un archivio docimologico.. In ogni modo l’Invalsi è sottoposto alla vigilanza del Miur e deve verificare il raggiungimento delle priorità strategiche indicate dallo stesso Ministero. Da questo punto di vista la soluzione attuale è un passo indietro rispetto a quanto indicato nel regolamento dell’autonomia. Barbieri trova infondato che i sistemi debbano essere cambiati a ogni cambio di governo, perché si perde qualcosa, in questo caso si arriva al paradosso che tra i decreti attuativi della legge Moratti ci sarà la costituzione dell’istituto di valutazione che in realtà esiste già. Dopo avere esaminato il progetto pilota svolto quest’anno, Barbieri si è soffermato sul senso della valutazione il cui fine è fornire gli strumenti per migliorare la qualità della scuola. Valutare, come è stato fatto dall’Invalsi, le conoscenze degli studenti e la qualità dell’offerta formativa è limitato perché la qualità del processo formativo dipende da molteplici variabili (dipendenti e indipendenti) che riguardano i contesti socio-culturali, familiari, la qualità degli insegnanti ecc. Tutte queste variabili vanno considerate perché servono alle scuole per l’autovalutazione e l’autovalutazione è indispensabile alle scuole per fare delle scelte. La partecipazione alta al progetto pilota, oltre 2.800 scuole, significa che c’è la voglia di valutarsi e confrontarsi.
-
17:30
Finisce qui la prima giornata dei lavori. Corriamo tutti a sentire i TG.
-
17:15
Interviene poi Giorgio Allulli, dell’Isfol, che esordisce accennando alle polemiche sulla valutazione. E’ di destra o di sinistra? E’ di sinistra perché permette di indirizzare a una soluzione i problemi che ci sono. Ricorda quanto abbia pesato un’assenza della valutazione nella storia della scuola italiana. E cita la recente inchiesta Ocse-Pisa, dove non solo l’Italia ma anche la Germania è finita male. Non è forse un caso che entrambi i sistemi non abbiano un sistema di valutazione? Al contrario nei paesi anglosassoni la valutazione di sistema è fondamentale. Dà luogo annualmente alla pubblicazione di indicatori e di indicazioni. Serve per decidere la qualità.
In Italia invece non si pubblicano neanche più alcunevalentino.jpg (23688 byte) statistiche: sugli alunni, mancano i dati sulle scuole non statali, non abbiamo i dati su chi abbandona durante l’anno, solo su chi abbandona tra un anno e l’altro. E oggi con l’autonomia sarebbe persino più logico chiedere alle scuole di rendere conto.
Ma oltre alla valutazione di sistema ci sono altre due valutazioni: quella di scuola e quella degli apprendimenti
Nella prima ci sono due modelli : quello inglese e quello nordico.
Il modello inglese prevede una valutazione esterna fatta da un apposito istituto (Ofsted) formato da ispettori per metà statali e per metà assunti appositamente con bando. Stanno due settimane nelle scuole e redigono un rapporto analitico e puntuale. Il referente più che il governo è la comunità locale. E’ però un modello molto oppressivo per i docenti. Non c’è dialogo tra ispettori e docenti. Così invece che miglioramenti ci sono processi reattivi.
Il modello nordico si fonda invece sull’autovalutazione, sulla capacità della scuola di fare autoanalisi e di determinare strategie di miglioramento. Anche la Francia fa qualcosa di analogo, ma in maniera più centralistica: obiettivo è dare le informazioni al centro statale. Comunque anche lì c’è una equipe esterna che interviene, la scuola però discute, può presentare le proprie controdeduzioni.
Infine c’è la valutazione degli apprendimenti. E’ una cosa che ha origine nel mondo anglosassone sulla base di test e cognitivismo. Si valutano 4 fasce di età, su test nazionali e si stila una vera e propria classifica delle scuole. La Francia fa una cosa più soft legata ai risultati medi delle maturità.
Naturalmente sono state introdotte misure compensative rispetto all’ambiente socioculturale. Si parla di valore aggiunto della scuola sullo standard medio dell’ambiente sociale. Ma questo diventa difficile e di scarso valore sui numeri piccoli e quindi inutile su singole scuole. In Italia non c’è tradizione, a parte la regione Trentino che lo fa dal 1991.
Comunque non si capisce ancora quale modello si vuole adottare in Italia. C’è anche un equivoco tra valutazione e certificazione.
-
16:15
Sulla valutazione di sistema e le ricadute sulla scuola interviene Gaetano Domenici, docente all’Università Roma Tre. Valutare, dice, significa soprattutto l’attribuzione di valore a fatti ed eventi in funzione degli scopi che il valutatore vuole perseguire. Secondo me tra gli obiettivi da raggiungere c’è formare nei soggetti capacità critica, formare alla cittadinanza e questo si dovrebbe tradurre in un sistema che mette il ragazzo in condizioni di scegliere quando ha già acquisito un bagaglio minimo di conoscenze che lo aiutano ad orientarsi. Questo può avvenire, ad esempio, a 16 anni. Se così fosse la valutazione di sistema dovrebbe verificare se tutti i ragazzi a quell’età siano stati messi in grado di affrontare quella scelta. La legge Moratti va nella direzione opposta, con una canalizzazione precoce e una caduta di fatto dell’obbligo formativo, dunque in questo caso la valutazione sarà un controllo fiscale degli apprendimenti e dell’operato della scuola. Domenici ha poi esaminato il progetto pilota sulla valutazione realizzato dall’Invalsi nel corso di quest’anno per dire la rilevazione con i test ha presentato dei limiti perché non sono state considerate tutte le variabili che intervengono nella relazione insegnamento-apprendimento che possono significativamente ribaltare il senso e il risultato. Anche sul portfolio delle competenze Domenici ha alcune riserve perché sarà mastodontico e renderà complicata la lettura dei dati, come si sa, spesso, troppe informazione equivalgono a nessuna informazione. Inoltre il portfolio può danneggiare il suo possessore perché potrebbe indurre il docente ad atteggiamenti precostituiti.
Se la valutazione è poi finalizzata alla concorrenza tra scuole, non va dimenticato che laddove questo è avvenuto, come nel Regno Unito, si è abbassata la qualità della scuola.
Allora, l’uso del test non può essere l’unico strumento, perché non ci permette di individuare competenze complesse. Meglio le prove semistrutturate, cioè la simulazione di casi in cui vanno trovate soluzioni: qui è possibile utilizzare anche competenze acquisite in modo non formale che non possono non valere. Non bisogna innamorarsi troppo delle procedure, i metodi vanno cambiati. La valutazione di sistema e l’autovalutazione è indispensabile per il lavoro formativo nella scuola dell’autonomia, per l’esercizio da parte della comunità del controllo delle risorse, per aiutare i decisori politici nelle scelte in campo scolastico e formativo. La valutazione di sistema deve infine monitorare la relazione tra tutte le variabili che intervengono nel processo formativo.
-
15:45
Anche Omer Bonezzi, presidente di Proteo Fare Sapere, nella sua relazione esprime preoccupazione per quanto sta avvenendo nel mondo. Passa poi a parlare della riforma Moratti e delle ragioni per cui la Cgil Scuola non la condivide, né nei presupposti né nella filosofia di fondo. E’ un progetto insensato che non si può gestire, anche perché non c’è stata alcuna volontà bipartisan da parte del Ministro. Andrà verificata inoltre la sua congruità costituzionale. Tra i decreti attuativi della riforma Moratti c’è il sistema di valutazione. Da come si è avviato il progetto sperimentale e da quanto risulta dalla legge il nuovo istituto, l’Invalsi, dovrà valutare gli apprendimenti e certificare le competenze. Bonezzi ha più di un dubbio sull’efficacia di un sistema in cui i docenti devono somministrare test di valutazione decisi da altri. Inoltre, l’Invalsi tende a occuparsi non di valutazione di sistema, ma di apprendimenti e lo farà dall’alto, quando questo tipo di lavoro è tipico del docente. Si è trovato un sistema che nonpresconlogo.jpg (39761 byte) tiene conto delle buone pratiche e del momento importante dell’autovalutazione. In questo modo non si aiutano i docenti a fare buone scelte, soprattutto sapendo che i test non funzionano. Bisogna stare molto attenti ai modelli usati per la valutazione: da evitare i modelli “rispecchiante” e “competitivo” che non hanno più senso. La valutazione deve essere promozionale e utile ed è uno strumento non un fine del fare scuola.
-
15:30
Una web cronaca che era sta preparata con cura, con attenzione e sollecitudine. Lo scoppio della guerra non poteva, ieri, permetterci di darle spazio. Oggi la pubblichiamo partecipando, anche se indirettamente, ai lavori che si svolgono a Paestum analizzando un tema la cui attualità è forte.
Nonostante la splendida giornata di sole e il tepore primaverile l’atmosfera è tesa e angosciata. Arriviamo a Paestum a piccoli gruppi, ci incontriamo in treno, alla stazione e poi in albergo. Prima ancora di dirci ciao ci interroghiamo “hai notizie?” “Ci sono state vittime?” L’attacco a Bagdad, la guerra è in cima ai nostri pensieri e tornerà prepotente in tutti gli interventi al convegno. Già il convegno…
Siamo qui per discutere di scuola, di qualità dell’istruzione, di sistemi di valutazione e siamo in tanti oltre 350. Successo insperato , quello di questa iniziativa, organizzata a Paestum in una giornata come quella odierna.
Paestum, Magna Grecia, terra dei saperi antichi, filosofici scientifici, matematici, luogo ideale dove riaffermare la continuità e la vitalità del pensiero, della cultura e dell’arte in un momento in cui di fronte alla ineluttabilità, voluta e ricercata di una guerra appena scoppiata non manca chi chiederebbe di buttare i cervelli all’ammasso.
La vita continua e la scuola deve andare avanti nella sua funzione di costruttrice di pace, come diranno molti, di presbandiera.jpg (27112 byte) formatrice di cittadini liberi e ricchi di capacità critica.
Lentamente la sala si riempie e intorno alle 15 e 30 Francesco Cormino, segretario regionale della CGIL scuola Campania apre i lavori, riflettendo proprio sulla situazione internazionale determinatasi con l’attacco notturno all’IRAQ. Di guerra e di pace si è sempre parlato a scuola, dice Cormino, e riporta un episodio raccontatogli da una maestra. Scrive in un tema una bambina: “Non conosco la pace, ma ho paura della guerra; Se scoppiasse la guerra ammazzerei tutti”. Questo esempio mette in luce l’importanza del ruolo dell’insegnante come mediatore e come produttore di pace attraverso un’attività di informazione e di decodifica dell’ambiguo linguaggio dei media. Solo con la pace gli esseri umani danno il meglio di sé. È perciò importante non limitarsi a condannare: occorre spiegare, parlare alla mente e al cuore degli studenti.
Tema del convegno è “Valutando si impara”. La valutazione è figlia di una consapevolezza che solo gli intelligenti riescono a prendere consapevolezza dell’ignoranza; valutare significa essere consapevoli dei propri limiti e lavorare per migliorarsi. La coscienza del proprio confine sospinge la cooperazione. Nella scuola dell’autonomia essa si traduce (deve)in cultura, modo di essere, mentalità. Quando si lavora in gruppo si ottiene il massimo per sé agendo per il meglio sia personale che collettivo.
La missione/professione degli insegnanti concilia due aspetti: etica e competenza. Prendersi cura del proprio lavoro senza che gli altri lo impongano. La logica delle circolari s-valuta. Al contrario noi scommettiamo su una figura di insegnante capace di riflettere su se stesso, sul proprio operato, di modificarlo e di innovare. In questa chiave la valutazione rimanda al suo significato etimologico: valorizzare, dar valore a ciò che stiamo realizzando.