Dal convegno "Scuola dell’infanzia ed elementare tra involuzione e cambiamento"

  • 17:50

    Conclude i lavori della giornata Enrico Panini segretario generale della Cgil Scuola nazionale.

    Considerato il protrarsi dei lavori – sottolinea - gli aspetti più importanti con l’impegno della Cgil Scuola di continuare il lavoro.

    Il Convegno ha avuto contributi di alto livello che ci hanno consegnato materiale per poter continuare ad affermare che un’altra scuola è davvero possibile!

    Aggiunge alcune considerazioni.

    La prima: abbiamo bisogno di “registrare” l’atteggiamento da tenere rispetto a questa legge: vi è infatti il rischio della sottovalutazione, perché i provvedimenti attuativi avranno effetto devastante fin dal prossimo settembre.

    La seconda: La legge c’è, questo non significa interrompere una battaglia e un impegno politico per affrontare le contraddizioni che essa contiene.

    Terza questione: riguarda il confronto che si aprirà sui decreti applicativi.

    Noi riteniamo sia imprescindibile aver chiari standard di qualità inderogabili:

    • numero bambini per classi

    • organico

    • condizioni concrete per poter far scuola

    • il tempo scuola.

    In conclusione riprende il tema della guerra: invita tutti a riprendere le buone pratiche ormai consolidati per educare alla pace: i tempi distesi, l’ascolto, la discussione, invita a stare vicini ai bambini. Le immagini della televisione pervadono, i bambini non vanno lasciati soli!

  • 17:30

    Dario Missaglia - segretario generale della Federazione nazionale della formazione e ricerca: Quale diritto forte delle nuove generazioni di stare nel diritto formativo in un sistema che sta consegnando i ragazzi alla famiglia, quando ci siamo detti che è lo Stato che ha il dovere di formare i cittadini?

    Questa è la domanda che gli rivolgiamo.

    Ricorda l’iniziativa organizzata in mattinata dalla Cgil sul tema della pace e dice che ognuno di noi si sente impegnato in prima persona su questo tema.

    Veniamo da molte manifestazioni che non sono state l’espressione di un folclore disarmato, sembrano addirittura un fatto pedagogico perché la piazza educa contro l‘individualismo, da queste manifestazioni sono banditi i ruoli da primo attore.

    Rispetto alla Legge di riforma abbiamo bisogno di fare una riflessione molto profonda, di andare oltre gli slogan del momento per due ragioni:

    la scuola non è consapevole della portata dei cambiamenti che questa legge prevede, o addirittura vengono rimossi i problemi dell’inserimento dei ragazzi con difficoltà di apprendimento con percorsi appositi per loro; l’altra ragione è perché soltanto riflettendo sulle esperienze che la scuola ha in atto, possiamo, ad ogni passo che questa legge produce, criticare e dire i nostri “no” a ciò che non va e costruire un’idea di riforma che non possiamo abbandonare, e che non può ridursi alla nostalgia per la legge Berlinguer.

    Alla promessa “meno tasso per tutti” bisogna spiegare alle persone che sicuramente un pezzo di società ci verrà tolto.

    Il sapere e la formazione diventa un diritto individuale, magari con l’aiuto di qualche Regione che con il buono-scuola favorisce la scelta individuale.

    Non dobbiamo dunque limitarci a ridicolizzare questa legge, perché rivela insidie. Dobbiamo, con gli strumenti che abbiamo, avendo chiara la tabella di marcia, non consentire lo smantellamento della scuola pubblica.

  • 16:50

    All’Assessore Maria Coscia si chiede di illustrare il progetto di continuità in atto nel Comune di Roma.

    L’Assessore esordisce dicendo che il lavoro fatto per la continuità mira a trovare e praticare soluzioni concrete di sezioni “ponte” tra asilo nido e scuole dell’infanzia.

    Oggi si assiste - dice - ad una spinta sulla sfera cognitiva da parte dei genitori, a discapito della sfera emotiva che invece è in sofferenza In educazione è allora importante lavorare per potenziare negli educatori la capacità di relazione.

    Si sta lavorando ad un protocollo d’intesa che prova a mettere in campo quelle sinergie che sono indispensabili per fare sistema, perché non solo nessuno può andare avanti da solo, ma perché con il Titolo V della Costituzione è stato sancito che la Repubblica è formata da Stato, Regioni, Enti locali, Istituzioni scolastiche autonome. Tutto questo richiede di fare sinergia, dobbiamo rappresentarlo a tutti i livelli, in primo luogo ai nostri cittadini più piccoli per una scuola di tutti e di ciascuno, per percorsi personalizzati che tengano conto del contesto, delle diverse situazioni dei nostri quartieri, considerando anche le nostre periferie una risorsa, favorendo il più possibile il pieno inserimento nelle nostre scuole.

    Come prima cosa, chi lavora con i bambini da 0 a 6 anni deve lavorare sulla continuità, tra nidi, infanzia ed elementare, in particolare negli Istituti comprensivi, e, come seconda cosa, lavorare sul biennio integrato negli istituti superiori.

  • 16:30

    A Paola Pozzi – assessore alla città educativa a Torino - chiediamo qual è il ruolo degli Enti locali in questa fase di attuazione della riforma della scuola.

    Le scuole sono componente essenziale ma non unico del sistema educativo in una città.

    Gli amministratori hanno il dovere di lavorare per prospettare un futuro per le città. Cosa saranno le nostre città tra 15 anni se non sappiamo cosa avviene oggi ai bambini che si formano nelle nostre città? Noi dobbiamo sapere se si educa o se si esclude!

    L’ente locale non è l’ente servente ma è colui che di scuola si occupa in prima persona, come soggetto responsabile.

    Siamo di fronte ad una riforma che strizza l’occhio alle famiglie e che mette in ginocchio l’ente locale.

    Oggi l’Ente locale è nell’impossibilità di programmare le risorse rispettando il patto di stabilità, il governo non ha messo un euro aggiuntivo per l’applicazione della legge; questo non è rispetto per gli enti locali.

    Ma qualcosa bisognerà fare. Laddove nascessero delle sezioni con bambini “anticipatari” perchè accolti, dovrà essere allora davvero il momento di fare sistema nell’interesse delle creature che ci hanno affidato.

  • 16:10

    A Simonetta Fasoli si chiede quale atteggiamento politico dobbiamo avere nei confronti di questi documenti.

    Dobbiamo entrare nel merito e “studiarli” come si studia un foglio di istruzioni quando si assume una medicina, perché se non si capiscono si rischia di ammalarsi sul serio.

    Dobbiamo de-costruire l’impianto e l’idea di scuola che c’è dietro.

    Questo permette di parlare della scuola media, con un passato con molte ombre, che ha vissuto il percorso verso l’unicità con molte difficoltà e problematicità.

    Il punto debole di queste Raccomandazioni si trova proprio nelle duecento ore aggiuntive: bisogna lavorare per qualificarle in modo che le attività laboratoriali siano inserite all’interno di un progetto di qualità della scuola.

  • 15:40

    Fabiana Fabiani presenta l’intervento di Mario Maviglia: rimane traccia nelle Raccomandazioni del percorso effettuato dalla scuola dell’infanzia?

    Mario Maviglia

    Condivide l’impostazione di questo convegno, perché è essenziale partire dalla propria storia per capire dove si sta andando, il percorso che vogliamo progettare.
    La scuola dell’infanzia ha una storia molto significativa, nello stesso tempo è una scuola molto variegata, con sacche di profonda depressione ma anche di eccellenza, connotata in modo molto diverso anche dal punto di vista organizzativo e gestionale: statale, degli enti locali, privata, paritaria.
    In questi ultimi anni ha avuto un grande impulso, specie dagli Orientamenti del ‘91 che rimangono un punto di riferimento importante.
    Ma è opportuno mettere in luce alcuni problemi che affliggono la scuola dell’infanzia.
    Molto può rimanere della nostra scuola, questo dipenderà dalle condizioni attuative, ma anche dalla nostra capacità di protagonismo, altrimenti significa cancellare la nostra storia se lasciamo subito il campo agli ultimi arrivati della pedagogia italiana, attenzione a non essere i primi noi ad abbandonare la nostra storia.

  • 15:00

    Cerini inizia il suo intervento affermando che la legge non può essere ignorata, ma è pur vero che la sua attuazione dipende da chi nelle singole scuole la applica.
    C’è stata una forte critica alla L.148 (i nuovi ordinamenti della scuola elementare che hanno introdotto i moduli) che è una riforma nata, però, dal confronto tra le diverse componenti implicate nel processo.
    Afferma che occorre analizzare ciò che è scritto nei documenti, con un approccio critico, perché le riforme non si possono fare senza ascoltare il parere dei docenti.
    Aggiunge critiche all’articolazione interna della scuola elementare definita nella legge. Perché per forza 940 ore per la scuola elementare come pubblicizza qualche rivista specializzata? Chi l’ha deciso? In quale sede?
    La legge indica la costruzione del minimo, noi dobbiamo lavorare per porre le basi per la buona scuola che vogliamo!

  • 14:45

    Fabiana Fabiani apre il pomeriggio ringraziando tutti per la partecipazione così ampia e attenta e dà la parola a Giancarlo Cerini, al quale chiede di esprimere un parere sui documenti allegati alla Sperimentazione.

  • 13:00

    G. Zunino introduce il contributo di Clotilde Pontecorvo chiedendo di aiutarci a far chiarezza perché vogliamo capire davvero quale scuola viene proposta in questi documenti. Si parla di studenti da 6 a 14 anni. Significa che i bambini da tre a sei anni non sono studenti e dunque la scuola dell’infanzia non è più scuola? Come mai, a fronte di una necessità di individuare standard di funzionamento qualitativo, si afferma che le ore di apertura potranno variare da 1000 a 1800? Quale idea di scuola dell’infanzia e quale idea di apprendimento?

    Clotilde Pontecorvo

    Parte da un fatto che definisce ovvio: se c’era una scuola che non andava toccata era proprio la scuola dell’infanzia. Dice di essere estremamente preoccupata di quello che questo disegno di legge potrà diventare per insegnanti non avvertiti, isolati, che ricevono questo testo come una Bibbia, senza spirito critico. Fare l’esegesi di questi testi può apparire un lavoro veramente pesante, perché scritti con affermazioni pericolose, come l’italiano in prima elementare, o il soffermarsi lungamente sul fenomeno della dislessia. Sarebbero da prendere e da buttare nel cestino. Dobbiamo però prenderci il compito di rendere il più possibile le persone avvertite sul contenuto di queste Raccomandazioni, soprattutto per la scuola elementare. Sono molto pericolose le indicazioni di carattere metodologico, siamo di fronte ad una didattica di Stato tesa a cancellare l’autonomia dell’insegnante, la centralità della funzione collegiale della programmazione. Per concludere invita a star attenti a cosa è legge e cosa non lo è, analizziamo con molta attenzione - dice - queste Raccomandazioni, che non sono la “Verità”, e dobbiamo aiutare gli altri che hanno meno possibilità di confronto, di raccordo e di rete per farne una lettura sensata e utilizzarli al meglio.

  • 11:45

    Giovanna Zunino ricorda a questo proposito che lo slogan del 12 Aprile per la difesa della scuola pubblica è “tu per pochi io per tutti”. Raccogliendo l’invito della professoressa Pojaghi e considerando che “il cartello” dei soggetti interagenti per la realizzazione della manifestazione del 12 Aprile è ampio, propone di modificare lo slogan in “Tu per pochi Noi per tutti”, dove il noi sta a significare la necessità di lavorare insieme. Registra il forte interesse delle istituzioni in questo momento in cui gli EELL devono comunque dare delle risposte a quei genitori che chiederanno di iscrivere anticipatamente i propri bambini. Per questo c’è molto bisogno confrontarsi, certamente per dire no all’impianto delle legge delega, ma anche per capire come lavorare per dimostrare che un’altra scuola è possibile. Per far questo occorre essere in grado di presentare ai genitori progetti altri che rendano possibili realtà educative in cui i bambini di età tanto diverse possano apprendere secondo i propri bisogni e i propri ritmi di apprendimento. Vanno valorizzati e potenziati i progetti in continuità. Quali raggruppamenti operativi negli anni ponte? Cosa vuol dire costruire un curricolo verticale?

    Questo chiediamo ad Agostino Frigerio.

    Nella nuova scuola non si parla di alfabetizzazione culturale, ma di anticipo. Sembra dunque implicita l’accezione di accelerazione. L’idea che nella scuola dell’infanzia ci sono i “più piccoli” fa pensare che si privilegi l’affettivo rispetto al cognitivo. Nelle Raccomandazioni per la scuola dell’infanzia si perde di vista il contesto in favore delle conoscenze e vi è una volontà di ulteriore frattura tra i vari ordini di scuola.Quali competenze devono allora essere garantite? Innanzitutto va detto che l’idea di competenza che è nei documenti allegati alla sperimentazione è molto diversa dall’idea di competenza contenuta negli Orientamenti del 91, nei Programmi del 85 e nei Nuovi Indirizzi Curricolari per la scuola di base (Commissione De Mauro). La negazione del curricolo che vi è nei documenti Indicazioni e Raccomandazioni è molto curiosa, perché emerge un’idea di curricolo incasellato in tabelle predefinite, centrato molto sulle discipline e sul passaggio tra predisciplinare e disciplinare, che nella scuola si era cercato di superare. Nelle Indicazioni inoltre la verifica e il controllo degli apprendimenti è uno degli elementi di valutazione del sistema e questo può voler dire che la valutazione diventa l’obiettivo della programmazione. E’ necessario inoltre cercare di controllare gli aspetti valutativi non solo nella scuola dell’infanzia ma anche nella scuola elementare, provare a identificare spazi di negoziazione in cui chiamare i ragazzi a rileggere il proprio percorso, rimettere in gioco l’aspetto di autovalutazione come momento qualitativo del processo di apprendimento.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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