Dal convegno "Scuola dell’infanzia ed elementare tra involuzione e cambiamento"

  • 11:00

    A Barbara Pojaghi si chiede di aiutarci a capire quale rapporto oggi deve essere tessuto tra istituzioni: la famiglia, la scuola, gli Enti Locali per superare la frammentarietà dell’offerta formativa sul territorio. La scuola ha la grande responsabilità di costruire una cultura di pace, che non è quella della competizione. La scuola stava cercando di superare il modello individualista con un non semplice processo verso la cooperazione; dobbiamo ricordarci che l’abitudine al fare insieme è difficile da costruire in chi è stato abituato ad un modello individualista. Dobbiamo chiederci, invece, cosa significa oggi cooperare. Cooperare è un’azione intelligente che richiede però alcune competenze quali: capire i propri limiti, riconoscere le altrui competenze senza entrare in competizione, ma integrando quelle competenze con le proprie, dunque consapevolezza dell’interdipendenza, abbandonando il delirio dell’onnipotenza individualistica. Conclude ribadendo che la scuola che non opera per il rispetto della convivenza civile e le pari opportunità di tutti i bambini, non va verso la costruzione di una cultura di pace.

  • 10:30

    A Paola Nicolini dell’Università di Perugia viene chiesto cosa succede ad un bambino quando deve rispondere a prestazioni che non sa assolvere ma, per rispondere alle aspettative dell’adulto, cerca comunque di dare attraverso un adattamento. I bambini possono avere gli strumenti cognitivi per produrre i prodotti che vengono richiesti. Si chiede se nella scuola che anticipa c’è la volontà di capire i processi. Riprende un autore che ha scritto negli anni sessanta, Eric Erickson, perché propone un modello di sviluppo per tutto l’arco della vita. Dice che tra i due e i quattro anni la conoscenza di sé ha bisogno di consolidarsi; quanto più i bambini saranno inseriti in contesti di ricerca tanto più saranno capaci di autoregolarsi, di conoscersi. Più i bambini sperimentano il successo, più possono assumere “iniziative”; viceversa l’insuccesso fa sorgere il dubbio e il senso di colpa. Far prevalere il senso dell’autonomia e dell’iniziativa su quello della vergogna e del dubbio significa far sì che il bambino possa raggiungere l’autocontrollo senza perdere la stima di sé. Un bambino di due anni e mezzo, inserito in un gruppo di bambini più grandi può non avere capacità di negoziazione che è invece presente in un gruppo di pari. Qui l’insegnante ritorna ad essere centrale per coprire quel buco nero che si forma quando i bambini non si sentono tra pari. A sei anni scatta una richiesta diversa, quella del profitto e della valutazione. Per fare questo il bambino ha bisogno di sapersi impegnare. Gli viene, infatti, chiesto di modificare il suo comportamento rispetto alla scuola dell’infanzia. Infatti, nella scuola elementare è privilegiato l’aspetto frontale dell’insegnamento, il rispetto delle norme è più rigido, in quanto determinante per il profitto e la valutazione.

  • 10:00

    G. Zunino - dalla presidenza del convegno - ricorda che, allegati alla Sperimentazione avviata in questo anno scolastico, ci sono documenti che rappresentano il vero attacco culturale alla nostra scuola dell’infanzia, elementare e media. Chiede a Susanna Mantovani di fornire un contributo al fine di aver chiari quali sono i contesti educativi che devono essere garantiti ai bambini per far in modo che l’anticipo non si trasformi per loro in una truffa.

    Susanna Mantovani, docente dell’università di Milano Bicocca,

    chiarisce subito la sua posizione che la pone decisamente in disaccordo con il metodo usato nella stesura della legge delega e con l’idea di bambino e di scuola che ne emerge. Non si ritrova però completamente negli interventi che l’hanno preceduta. Le Indicazioni per la scuola dell’infanzia sono povere, criticabili, ma nell’impianto non trova nulla di cui scandalizzarsi. Esprime invece forte preoccupazione per l’anticipo. Dietro all’anticipo non vede tanto un modello assistenzialistico, bensì un modello anticipatario. L’argomento fondamentale è invece creare i contesti di apprendimento in cui i bambini abbiano il controllo della propria attenzione. Questa visione accelerata del bambino e dell’apprendimento è la cosa che preoccupa di più. Ritiene debbano essere garantiti l’esplorazione, il gioco in un ambiente che stimola che ha provocazioni per lo sviluppo dell’intelligenza, del linguaggio, attraverso un’esperienza ricca in un contesto fortemente stimolante. C’è invece un’idea di competenza in cui bisogna il prima possibile mettere nella testa del bambino più informazioni. Per quanto riguarda il rapporto numerico adulto –bambini non dobbiamo pensare a qualcuno di minor livello con funzioni essenzialmente assistenzialistiche, che farebbe diminuire il rapporto ma non garantirebbe la qualità educativa. Pone al sindacato una questione: la legge dice che la scuola dell’infanzia è triennale. Si domanda: se il bambino entra a due anni e mezzo è obbligato ad uscire a cinque anni e mezzo? E poi: chi saranno i bambini che andranno alle elementari prima? Quelli che si iscriveranno dopo, usufruendo anche del posticipo, sono i bambini con difficoltà linguistiche e di apprendimento? Aggiunge due parole sulla sperimentazione: per conoscerne gli effetti reali ci vogliono alcuni anni, diffida di chi dice che va tutto bene senza avere dati. Per quanto riguarda la proposta del docente tutor non esprime contrarietà. Afferma di non aver mai amato i moduli, di aver visto spesso problemi di funzionamento. L’insegnante tutor individuabile nella sua responsabilità, ma nello stesso anche capace di costruire un gruppo compatto e coeso. Anche per la compilazione del portfolio non vi deve essere un’unica azione da parte del tutor. Si dovrebbe fare come nella redazione di un giornale: un redattore capo ma non un redattore unico. Nei documenti relativi alla scuola elementare c’è una forte contraddittorietà con i contenuti delle Indicazioni e Raccomandazioni per la scuola dell’infanzia. La contraddizione di fondo è quella riferita al rispetto dei tempi di apprendimento dei bambini che si autonega con l’inserimento anticipato alla scuola elementare, attuato con risorse che non vengono date, dando ai genitori l’idea che è meglio per il bambino andare più in fretta piuttosto che “crescere bene” .

  • 09:30

    Fabrizio Dacrema

    Occuparsi dei diritti dell’infanzia significa occuparsi della pace. La scuola ripudia la guerra esattamente come la Costituzione italiana, perché educare significa accoglienza, ascolto, attenzione, rispetto per l’altro. Ma recco i temi del convegno: la contro riforma Moratti annulla il modello inclusivo, nella secondaria c’è un canale che non ha pari dignità con il canale dell’istruzione, si abbassa l’obbligo scolastico per una canalizzazione precoce, una attenuazione della stessa idea di obbligo scolastico a differenza di tutti gli altri paesi che se ne guardano bene di diminuire l’obbligo scolastico: meno obbligo significa meno libertà, meno affrancamento dalle condizioni socio economico di appartenenza. Per la scuola primaria le scelte del Parlamento sono tre sostanzialmente:l’anticipo, l’articolazione interna di scuola elementare e media e la frattura tra queste. L’anticipo: Oggi siamo di fronte ad un modello triennale di scuola dell’infanzia che è un modello vincente. L’anticipo è una scelta sbagliata introdotta da altre ragioni. Nella scuola dell’infanzia questa proposta fa leva:

    • sull’assenza di servizi educativi per l’età da zero a tre anni. Rispondere a questa carenza con una soluzione a basso costo rende appetibile la proposta;

    • sulla spinta familistica di tipo competitivo: la corsa all’anticipo è sinonimo di successo.

    Molto più probabile l’operazione sui cinque anni e mezzo. Noi abbiamo sempre pensato agli anni ponte come una risorsa per la continuità, al contrario ora le distanze aumenteranno. Le future prime potranno essere formate con bambini che compiono i sei anni nell’arco di 20 mesi.
    Insegnante tutor: questa figura è prevista nelle Indicazioni Nazionali. Non è il maestro prevalente! Questo tutor è un’altra cosa: fa 18- 21 ore, è un tuttologo, responsabile unico del rapporto con i genitori, della valutazione, coordina gli altri insegnanti responsabili a rotazione dei laboratori. Rottura della continuità: una parola che né nella legge né nei documenti appare è “istituti comprensivi”. Questi invece ci sono (il 43% della scuola di base e sono fondamentali per potenziare la continuità che a sua volta potenzia il successo scolastico). Un’altra frattura c’è nella formazione degli insegnanti della primaria e secondaria: non più pari durata. Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo dire no a questo modello: le occasioni non ci mancheranno a partire dal 12 aprile. La regione Emilia Romagna si è già fatta avanti con una legge regionale: non prima dei quindici anni nella formazione professionale e generalizzazione della scuola dell’infanzia! Inoltre valorizza la scuola dell’autonomia assegnando e non “trattenendo” la quota regionale per l’offerta formativa.

  • 09:20

    Introduce il convegno Giovanna Zunino con una poesia di Gianni Rodari:

    CI SONO COSE DA FARE OGNI GIORNO
    LAVARSI, STUDIARE, GIOCARE,
    APPARECCHIARE LA TAVOLA A MEZZOGIORNO.
    CI SONO COSE DA FARE DI NOTTE
    CHIUDERE GLI OCCHI,DORMIRE,
    AVERE SOGNI DA SOGNARE,
    ORECCHI PER NON SENTIRE.
    CI SONO COSE DA NON FARE MAI
    NE ’DI GIORNO NE ’DI NOTTE
    NE ’PER MARE NE ’PER TERRA
    PER ESEMPIO LA GUERRA.

    (GIANNI RODARI)

    Occuparci di scuola è un modo per occuparci della pace - dice - c’è bisogno di lavorare insieme. La legge Moratti ora è una legge dello Stato: per essere attuata ha però necessità di decreti. La Cgilscuola ha consapevolezza che la scuola attuale deve essere cambiata, non è d’accordo però con il cambiamento previsto da questa legge, proprio per questo la definisce una “controriforma”.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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