Scuola elementare al bivio: scuola meno o scuola più?

  • 17:00

    E' finita. Un arrivederci a Palermo, giovedì prossimo.

  • 16:30

    Enrico Panini chiude una giornata densa di interventi dai contenuti di alto
    valore. Proprio di questo parla Enrico Panini nell'introduzione al suo intervento, spostando immediatamente l'attenzione dell'uditorio sulla scadenza del 29 novembre. Una grande manifestazione che vede le confederazioni unitariamente e i sindacati di categoria insieme, in piazza, a difesa e per lo sviluppo della scuola pubblica. Questa manifestazione si inserisce in un grande disegno rivendicativo delle Confederazioni che affrontano, anche, altre emergenze come il mezzogiorno, le pensioni e la Legge Bossi-Fini. "E' necessario partecipare ed essere a Roma quel 29 novembre - dice E. Panini - per sostenere la scuola pubblica come un valore irrinunciabile e per esprimere un fermo dissenso nei confronti della Legge 53. Per evitare che vengano spezzati i sogni dei bambini che scopriranno, purtroppo, troppo presto, di non essere uguali e di non avere le stesse opportunità, di vivere in una società descolarizzata e meno solidale. Per contrastare il disegno che vuole svuotare di risorse la scuola vuole uccidere il tempo pieno e il tempo prolungato. Si preferisce investire risorse preziose in spot e materiale pubblicitario che confonde i genitori pubblicizzando un modello di "scuola" che noi riteniamo nocivo per le famiglie e per i bambini. Nelle prossime settimane saremo ricevuti dalle Commissioni parlamentari che devono esprimersi sullo schema di Decreto legislativo attuativo della Legge 53 nella scuola dell'infanzia, elementare e media. La Cgil Scuola, in quell'occasione, chiederà una cosa semplicissima: il Decreto attuativo deve essere ritirato. Per questo dovremo informare correttamente la società del reale disegno di questo governo sull'istruzione. Fra poco tempo voteremo per il rinnovo delle RSu nelle scuole. Bene: sono già stati presentati due disegni di Legge che impongono lo Stato giuridico ai docenti e annullano le RSU. Avremo quindi un rapporto di lavoro deciso per via parlamentare, se passassero quelle proposte. Un bel passo indietro rispetto al processo di democrazia sindacale diretta che avevamo intrapreso negli anni scorsi. Cosa ci si può aspettare, del resto, da una compagine governativa che propone l'istituzione di una nuova festa il 9 novembre, giorno della caduta del muro di Berlino, alla stessa stregua del 25 aprile giorno della Liberazione? Non è con queste contrapposizioni che si crea un mondo più giusto. Noi sogniamo ben altro".

  • 15:30

    Il Prof. Frabboni inizia con un plauso agli interventi che provengono dalla
    scuola reale. La Scuola Elementare italiana, in particolare il Tempo Pieno, ha raggiunto posizioni riconosciute in sede europea.Gli indicatori di Bruxelles ci classificano sempre in zona play off, nonstante le attenzioni dei nostri Ministeri non siano corrispondenti!Ricorda che la scuola a Tempo Pieno ha prodotto una scuola militante di altissima qualità, tuttora funzionante. Mentre il governo della Destra sta cercando di smantellare tutti gli elementi di qualità del sistema. A Bologna, dove l’ente locale è un vero e proprio laboratorio della Controriforma, cominciano a scarseggiare i posti ai nidi, si smantellano le scuole materne comunali e le Aule Didattiche Decentrate…

    Definisce il progetto Moratti una Controriforma medioevale, mediocre dal punto di vista intellettuale, e classista. In una visione prospettica della scuola italiana, abbiamo vissuto un’Età dell’Oro, stiamo vivendo in un’Età del Bronzo (ma sarebbe ancor meglio dire di Latta) e auspica una nuova Età dell’Argento.La prima corrisponde alla stagione delle buone pratiche didattiche, identificabile con la nascita della scuola materna a nuovo indirizzzo (1969) e della scuola elementare a Tempo Pieno (1972): una scuola capace di respirare il tempo e le stagioni, di cambiarsi, migliorarsi, adattarsi alle richieste sociali e al progredire della scienza e della cultura. La seconda è l’attuale fase di stagnazione e regresso. Il Centrodestra ha voluto lavorare nel segno della discontinuità assoluta, della rottura rispetto al passato, con una furia abrogativa esemplare; si contraddistingue come l’età del rifiuto della scuola pubblica. L’Età dell’Argento speriamo inizi da domani! Intorno alla scuola si raccolgono ancora le passioni dell’impegno e della partecipazione di tanti; è un grande girotondo progressista di genitori, insegnanti e anche universitari. Punta a mantenere una scuola di alto profilo pedagogico e didattico. Ad esempio il nostro Tempo Pieno è il prodotto scolastico più esportato in Europa; dietro c’è ancora Don Milani: dare di più a chi ha di meno, garantire a tutti il diritto all’istruzione con standard formativi
    elevati.Di seguito elenca i punti di qualità di un sistema come il nostro, che la scuola italiana ha costruito, il berlusconismo sta annullando e insieme si potrebbero ricostruire:

    • L’autonomia, come motore della trasformazione. Autonomia intesa come libertà per le scuole, attenzione all’utenza reale, rapporto costruttivo tra POF e programmi nazionali, essenza della vera collegialità. (oggi annullata dallo Spoil System)

    • La relazione, l’ambiente educativo, quello che abbiamo più volte definito come “lo star bene a scuola”. E’ l’attenzione al “cuore”, attraverso la quale si apprende con saperi che durano di più. E’ l’ascolto, il dialogo, la cooperazione, l’accoglienza dell’altro, la cultura della pace. (nella scuola di Moratti non ce n’è traccia)

    • L’ambiente: il patto tra Scuola e le altre agenzie intenzionalmenteeducative; il Sistema Formativo Integrato, la costruzione di Aule Didattiche Decentrate. (oggi l’unico interlocutoreè la famiglia, con ruoli impropri)

    • La disciplinarità e l’interdisciplinarità. Mentre nella nostra tradizione pedagogica sono sempre state in guerra, ad esempio nel Tempo Pieno si è fatta una straordinaria saldatura, tra un lavoro disciplinare ricco delle conoscenze riproduttivee uno metacognitivo,quello delle “teste ben fatte” di Morin. (la personalizzazione è una scatola vuota, non è la ricchezza contenuta nell’individualizzazioneche tiene insieme la persona con le discipline e le abilità trasversali)

    • La valutazione. Quella triplice: iniziale, diagnostica; poi in itinere, formativa; poi finale, sommativa. (le formule INVALSI invece considerano solo l’ultima)

    Ci attende una grande sfida democratica: una scuola e una formazione che garantisca saperi per tutti.

  • 15:10

    Debora Minghelli lavora nel 7° circolo di Napoli, dove si sta sperimentando la "riforma" Moratti da settembre. Riferisce che hanno cercato indicazioni nei materiali forniti dal Ministero ma anziché risposte hanno trovato altre domande.All'interno del Collegio dei docenti sono sorti molti attriti nel ricercare i criteri per caratterizzare il lavoro dell'insegnante tutor; ma il vero buco nero è costituito dal ruolo dell'insegnante di laboratorio. Perché i laboratori non ci sono. Perché è un ruolo che mortifica gli insegnanti, di serie B rispetto a chi insegna a leggere e scrivere e si relaziona con i genitori.Un altro problema è costituito dall'anticipo. Nelle classi si notano le differenze, si vedono le difficoltà di quei bambini che, mortificati dalla fretta dei loro genitori, non riescono a tenere il passo dei compagni.Conclude dicendo: "Io mi sento un soldato dell'armata Brancaleone perché non c'è ponderazione nei cambiamenti. Questo riforma che io vivo in classe non mi piace."

  • 14:55

    Angela Pipitone, del coordinamento tempo pieno di Torino, propone la sua testimonianza. A Torino quella del tempo pieno è un'esperienza ormai consolidata da trent'anni, con il 56% delle scuole elementari a tempo pieno. Si tratta di un modello integrato nel territorio, dove lingua straniera ed informatica vengono insegnate da anni come progetto autonomo delle scuole. Un'esperienza che portato, fin dagli anni '70, alla fine del maestro unico, all'adozione alternativa al libro di testo, alla ricerca d'ambiente, all'apertura al territorio.Con questa "riforma" il tempo pieno muore. Perché il tempo pieno ha bisogno di tempo per l'attività didattica, per la crescita della personalità dei bambini e delle bambine. Ha bisogno di tempi distesi per poter dare a tutti i bambini la possibilità di rispettare i loro tempi, in modo che diventino effettivamente protagonisti del loro processo di crescita. Ha bisogno di tempo per rendere possibile la collegialità delle scelte. Ha bisogno della compresenza per rendere l'attività nei laboratori parte integrante del processo di apprendimento. La Legge 53 non favorisce nessuno di questi aspetti.

  • 14:40

    Si riprende. Quasi un record: solo 10 minuti di ritardo sull'orario previsto . Teresa De Santis è una maestra elementare nella scuola Arcobaleno a tempo pieno di Padova. La prima sua riflessione mette in risalto il particolare ruolo della maestra, donna quindi, che agisce in un ambiente, come quello della scuola elementare, in cui la presenza femminile nei suoi variegati ruoli, mamme, zie, nonne, è estremamente presente e possibili l'incontro e l'interazione. Il lavoro della maestra è vicino alla relazione di cura, il sottolineare l'essere maestra valorizza la relazione nell'apprendimento. Di questo non c'è traccia nella Legge 53, dove la figura della maestra è quella che insegna un po' di tutto; ma non è così, da sole non ci si può far carico di 25 alunni. Le maestre del tempo pieno hanno il vizio di pensare insieme, poi si prendono anche strade diverse ma a partire da una riflessione comune. Per questo un elemento fondante del tempo pieno è il team docente che vuol dire collaborazione, condivisione; in questo quadro anche i conflitti spingono a cercare sintesi da cui ripartire.Il tutor è un'altra cosa, è rapporto gerarchico, non c'è relazione vera con i bambini che passa anche attraverso il gioco ed il mangiare assieme. Anche tra insegnanti c'è tutoraggio: è passaggio di conoscenza, affidamento a chi ha più esperienza. Ed è tutt'altra cosa dal tutor della Moratti.I tempi pieni sono nati dalla volontà di genitori e insegnanti non come risposta al bisogno di assistenza ma come ricerca di qualità.Il movimento delle donne ha elaborato l'idea che a muovere le persone non è il bisogno quanto il desiderio; dobbiamo partire dal nostro desiderio, come maestre, di una scuola di qualità, dal desiderio di bambini e bambine e genitori di una società più giusta.

  • 13:00

    Dopo l'intervento di Antonio Giacobbi si sospendono i lavori che riprenderanno alle 14,30

  • 12:40

    Antonio Giacobbi, Segretario Generale Cgil Scuola del Veneto, affonta il tema del "tempo" come risorsa pedagogica: Ecco il suo intervento: "tra la nostra idea di scuola, di bambino, di apprendimento e quella della Moratti la distanza è
    enorme, incolmabile. Non vi sono mediazioni possibili.Tra gli elementi che mi portano a questa conclusione vi è la riduzione del tempo scuola e in particolare la prevista fine dell’esperienza del tempo pieno edel tempo lungo. Nonostante ciò che il Miur ha pubblicato come commento allo schema di decreto legislativo sulla scuola dell’infanzia, elementare e media, il testo degli articoli è chiaro: viene abrogato l’art. 130 del testo unico del 1994, l’unico articolo cioè in cui si parla del tempo pieno. Il ministro e i sottosegretari contestano la nostra lettura e dicono che non è vero. Hanno un solo modo di uscire dall’ambiguità: ripristinare l’art. 130.Difendiamo il tempo pieno e i tempi distesi di apprendimento perché essi fanno parte della nostra idea di scuola e di professionalità docente. Come scrive Galimberti, “non si dà apprendimento senza gratificazione emotiva”. Per questo non si dà apprendimento al di fuori di una relazione significativa, forte, carica di emozioni. Ma per questa relazione il tempo è una condizione essenziale anche se non sufficiente.Il tempo consente infatti l’ascolto, lo sguardo, la parola. Nella scuola dei tempi distesi anche gli insegnanti trovano condizioni migliori per la loro professionalità". (scarica la relazione nella versione integrale)

  • 12:30

    Agostino Frigerio, dirigente scolastico, oggi comandato alla SISS di scienze della formazione Milano Bicocca, afferma che il silenzio che c'è sui comprensivi nasconde ciò che il progetto di scuola di questo governo non intende dire.Vi è dunque un atteggiamento di disconferma che può essere così sintetizzato: i
    comprensivi esistono, rappresentano anche un esempio di organica razionalizzazione e, dunque, piacciono a Tremonti, ma i valori che portano non vengono riconosciuti. In particolare - continua- il progetto di scuola elaborato da Bertagna, non riconosce valore alla continuità, al tempo disteso per l'apprendimento, non cita il curricolo. Contrappone a questi concetti la frammentarietà, meno tempo scuola per tutti e viene proposta la personalizzazione.Eppure i comprensivi, anche laddove sono sorti come pura operazione amministrativa, hanno messo in moto interessantissime riflessioni tra gli insegnanti di scuole diverse, hanno smosso delle "monoliticità" sulle quali vale la pena di aprire un confronto.Nelle Indicazioni Nazionali la scuola ci appare divisa, frammentata e l'anticipo è l'emblema. Dietro l'idea di anticipo, al di là delle considerazioni politiche, vi è chiara l'idea che "a far prima ci si guadagna". Rispetto a cosa però non viene ben chiarito! E vi è anche un'idea che le scuole dei piccoli valgono poco e dunque prima si lasciano meglio è…Dietro a quest'idea si nasconde il fatto che nel progetto di scuola proposto dalla Moratti,si ritiene che siano le età a fondare i gradi scolastici. Questa è una falsità infatti non è il dato naturale dell'età che caratterizza la scuola, ma il progetto che gli insegnanti hanno pensato.A sostegno di questa tesiosserva che nelle Indicazioni Nazionali vi è un ritorno accentuato nei primi anni della primaria, alla strumentalità di base da far acquisire ai bambini. In questa enfatizzazione si nasconde la duplice idea della funzione attribuita alla scuola da questo governo: le buone pratiche e la strumentalità di base per molti, le eccellenze solo per alcuni, ossia per i già predestinati e/o predisposti.In queste considerazioni sparisce l'idea di curricolo. Ovviamente non l'idea di curricolo in auge vent'anni fa, ossia l'elenco degli obiettivi, bensì l'idea di curricolo che mette insieme la progettazione, le didattiche, i contesti, le conoscenze.Ed è invece proprio su quest'ultima idea di curricolo che, i Comprensivi in particolare, possono trovare palestre attrezzate per esercitarne l'attuazione, lavorando sugli anni ponte, per saldare la continuità e contrastare la frammentarietà.E' così che si può superare la nozione di competenza decontestualizzata, veicolata nelle Indicazioni Nazionali, un'idea di competenza collegata alle tabelle dell' interminabile elenco di obiettivi. Si tratta di appropriarsi, invece, del concetto di competenza veicolato da Saul Megnagi e che vede queste molto contestualizzate, appartenentialla storia di ognuno di noi e a ciò che la scuola ha saputo sviluppare ulteriormente a partire dalla nostra storia. Ed è proprio sull'indagare la nostra storia molto personale e sul garantire sviluppi contestualizzati che la scuola fa il vero laboratorio.C'è poi un'altra idea di continuità . Si tratta della continuità in orizzontale, che- dice- è tradita dal progetto di scuola contenuto nelle Indicazioni. Gli Enti locali hanno già rappresentato su questo punto il dissenso nei vari documenti proposti dall'ANCI. I genitori, o meglio la famiglia, come si dice nelle Indicazioni, sono in questo momento molto confusi. Frastornati da spot pubblicitari che purtroppo illudono e non dicono il vero. Si tratta allora di aprire con i genitori un vero confronto e "far vedere" ciò che la scuola reale e seria ha da offrire veramente e ciò che il governo dice che la nuova scuola offre. Da un sincero confronto emergerà che la scuola del governo rappresentata negli spot è la scuola del "far finta".

  • 11:45

    Orazio Colosio, presenta l'esperienza dell'Istituto comprensivo di Asolo. Gli istituti comprensivi, fin da subito si sono palesati come un modello organizzativo originale ed hanno evidenziato la possibilità di affrontare concretamente ed efficacemente alcuni nodi problematici della scuola di base italiana: primo tra tutti quello dell’unitarietà
    dell’insegnamento come condivisione, tra scuole di diverso ordine ma chiamate a intervenire sugli stessi allievi, di obiettivi da raggiungere, strategie e metodologie di lavoro, criteri e modalità di valutazione, pratiche educative.Gli istituti comprensivi, proprio perché inclusivi, sotto un unico cappello, di tre ordini scolastici (scuola materna, elementare e media), attraverso la pratica dei collegi dei docenti e delle commissioni di lavoro unitariehanno potuto, per la prima volta e concontinuità, far sedere al tavolo del confronto docenti che altrimenti avrebbero continuato a comunicare solo saltuariamente.La costruzione del curricolo verticale d’Istituto, quale percorso unitario necessario per accompagnare i bambini di tre anni della scuola materna fino all’ultimo anno della scuola media nello sviluppo delle loro competenze in ambito disciplinare, metodologico e socio-affettivo, è stato, in questi anni, lo sforzo continuo di numerosi istituti comprensivi, i cui collegi dei docenti hanno avvertito la necessità:

    ·di condividere alcuni presupposti educativi e le conseguenti pratiche didattiche per superare le eccessive discontinuità, altrimenti imposte agli alunni in situazioni di separatezza tra ordini di scuola;

    ·di dare sempre più fiato a una pratica di collegialità come indispensabile corollario per la trasformazione in gruppi di lavoro di quelle giustapposizioni di individui che troppo spesso rispondono alle definizioni di consiglio di classe o team di modulo.

    Purtroppo questo sforzo, che i ministeri precedenti all’attuale, considerando i comprensivi quali “laboratori per l’innovazione”, avevano supportato con appositi investimenti per la formazione e teorizzato nella C.M. n°227 del 30/9/99, dove nella parte relativa agli “Apprendimenti e competenze degli allievi: verso un curricolo verticale integrato” venivano esplicitate due idee fondamentali, e cioè:

    1.che l’istituto comprensivo è un sistema complesso ove interagiscono variabili curricolari, organizzative, metodologiche, professionali;

    2.che l’idea stessa di curricolo verticale consente di rimettere in discussione modelli di insegnamento rigidi, centrati in prevalenza sulla trasmissione di repertori informativi, per promuovere invece lo sviluppo di abilità procedurali (metodo di lavoro, saperi operativi, strategie di controllo dell’apprendimento) e competenze comunicative (padronanza di linguaggi, forme di espressione e di produzione culturale);

    non trova attualmente il sostegno del ministro Moratti, che nel suo testo di riforma e nelle indicazioni applicative accompagnatorie, non solo non dice una parola sugli istituti comprensivi, ma a mala pena richiama l’idea della continuità, centrandola soltanto sulla prospettiva dell’allievo che apprende (passaggio del portfolio da una scuola all’altra) e non anche sulla prospettiva complementare e necessaria dell’organizzazione didattica e dell’offerta formativa unitaria.Di più, la riaffermata separatezza ordinamentale tra scuola primaria (elementare) e secondaria di primo grado (media) sembra fatta apposta per sottolineare una relazione gerarchica tra i due gradi scolastici, laddove l’”ambiente verticale” dell’istituto comprensivo invita a riscoprire, giorno per giorno, le ragioni dello stare insieme tra soggetti diversi, senza perdere la propria identità, ma costruendo contemporaneamente una nuova prospettiva di lavoro proiettata verso il futuro.Gli istituti comprensivi hanno indicato una strada e fatto intravedere la possibilità di una organizzazione didattica più rispondente alle necessità formative dei bambini e dei preadolescenti italiani e pertanto se ne auspica lo sviluppo. Anzi, sarebbe bene che questo modello organizzativo fosse generalizzato su tutto il territorio nazionale. Va detto, però, che, allora, per rendere più fattivo il confronto tra i docenti e più efficace e significativo il loro lavoro, si dovranno necessariamente affrontare due questioni spinose:

    1.una riforma ordinamentale che metta sullo stesso piano, per quanto attiene l’orario di lavoro e il trattamento economico, tutti i docenti della scuola di base;

    2.l’introduzione delle due ore settimanali obbligatorie di programmazione anche per i docenti della scuola dell’infanzia e della scuola media.

    Senza queste due precondizioni, in molti istituti, i docenti, per un verso continueranno a guardare con diffidenza i colleghi ritenuti più “fortunati” perché appartenenti ad un ordine scolastico portatore di privilegi e, per l’altro verso, la progettazione e l’attuazione di forme di cooperazione sarà resa difficile dalla mancanza di tempo da dedicare al confronto.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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