Una scuola secondaria superiore pubblica di qualità è possibile
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17:30
Ora è proprio finita. Un arrivederci al 29 novembre. Seguiremo anche quell'evento con la nostra web cronaca. Ciao
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16:45
Ci avviamo al termine della giornata. A Enrico Panini, Segretario Generale della Cgil Scuola, il compito di tirare le conclusioni.
C’è una idea per cui la riforma avanza solo dove ci sono i decreti attuativi. Nella secondaria non ci sono, ma le cose vanno avanti in realtà più che altrove. La riduzione dell’obbligo scolastico in primo luogo. Ha fatto crescere l’esercito degli invisibili che non sono nè a scuola nè nella formazione professionale. E ce li ritroveremo come problema sociale alla prossima ristrutturazione, improvvisamente vecchi, questi ragazzi. Sta cambiando il volto della secondaria superiore. Basta vedere le intese che il governo ha sottoscritto con le regioni. E questa regionalizzazione che non è il decentramento delle decisioni ma la separazione delle cittadinanze. E il passaggio di tecnici e professionali alle regioni è deciso: non è deciso quando, ma solo per motivi tattici. L’effetto lo vediamo nelle iscrizioni come ci raccontava il compagno di Milano. E lo vedremo quando sarà più chiaro quando sarà chiaro a tutti che quelle iscrizioni avranno il bollino della serie B. Ha rilievo in questo processo la quotidianità di queste cose. E a questa quotidianità pesante dobbiamo rispondere con la quotidianità delle scuole autonome protette dalla Costituzione. E’ la quotidianità delle terza area, spazio curricolare non più garantito, cosa che non ha precedenti e su cui ci apprestiamo a sporgere denuncia alla Procura della Repubblica. Delle 18 ore la cui saturazione ha fatto saltare 7.000 cattedre. Mancano persino i soldi per un alberghiero sul lago di Garda. Abbiamo ufficiali giudiziari che sempre più spesso varcano le soglie delle scuole. E dall’altra parte abbiamo 100 milioni sottratti al fondo sociale. Questa legge è da cancellare. Perchè costituisce una delega troppo ampia. Chiede alla secondaria di sancire le differenze sociali non di collaborare a superarle. Fa una scelta di classe! E torniamo a parlare di programmi. Abbiamo avuto quelli dei tre ordini di base: se il buon giorno si vede dal mattino....! Persino verbi sbagliati oltre a frasi incomprensibili. C’è un problema di informazione su queste cose. Il MIUR fa la sua con spot, agende, inserti stampa. Noi non abbiamo la tv ma dobbiamo industriarci, Noi siamo la democrazia. Non la demagogia televisiva. E la dimostrazione solo le Rsu. Bisogna far votare. Una volta non ci credevano in molti, oggi abbiamo 5 6 7 liste per scuola. Questa è una dimostrazione di democrazia. Certo tra queste ci sono le liste gialle dell’ANP: un sindacato di presidi che magari arriverebbe anche a voler mettere le urne in presidenza, per controllare meglio! Mettiamole in fila tutte queste cose e ci rendiamo conto di dove ci vogliono portare: prima Storace con i libri di testo, poi le interpellanze, poi il telefono per denunciare gli insegnanti di sinistra, poi la risoluzione della commissione cultura e infine questa cosa della festa del 9 novembre in contrapposizione al 25 aprile. Ci risiamo: non “l’arte e la cultura sono libere e libero ne è l’insegnamento” ma la scuola e la cultura a fini di parte. Il 29 dobbiamo essere in molti in piazza per tutto questo, il 29 novembre è una manifestazione per la scuola pubblica!
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16:30
Marilena Fotia, del Liceo classico “Orazio” di Roma, propone ora la sua esperienza:
"In primo luogo viene denunciato l’effetto tranquillizzante di un certo modo di presentare il sistema dei Licei nei processi di riforma della Moratti. Si tende a far passare l’idea che i Licei vanno bene così come sono e che sostanzialmente non hanno bisogno di riforma, come se il tema del recupero di una cultura scientifica e tecnologica nel Classico, ad esempio, non rivestisse carattere di urgenza.Va affermata in ogni caso l’idea che al liceo non ci si iscrive a motivo della tipologia familiare, ma per il possesso delle attitudini che ne favoriscono la frequenza. L’intervento ha sottolineato l’importanza di alcuni valori da salvaguardare nella scuola pubblica. In primo luogo la laicità che è prerogativa della scuola pubblica e rispetto alla quale non sono possibili compromessi; ma anche
- l’attenzione ai ragazzi difficili e problematici che l’abolizione della L. 9 sull’obbligo scolastico ha abbandonato a se stessi,
- la salvaguardia dell’autonomia compromessa dalla riduzione pesantissima delle risorse per il funzionamento e per la formazione, che sta mortificando le scuole più innovative non più in grado di assicurare un’offerta formativa di qualità (al Liceo “Orazio” ad esempio, si è dovuto ridimensionare attività laboratoriali di grande momento).
Un’ultima annotazione: sugli esami di stato voluti dalla Moratti (presidente unico per scuola e commissioni costituti dagli insegnanti della classe) - che di fatto preludono all’abolizione del valore legale del titolo di stato - si registrano fatti che non possono essere taciuti. Riguardano alcune scuole private del Meridione dove un numero elevatissimo di studenti salta per “meriti” l’ultimo anno. La mancanza di controlli verso queste forme aberranti di fare scuola rappresenta una spia eloquente di come a questo governo stia a cuore la scuola privata nei cui confronti non si è capaci di intervenire neanche in situazioni paradossali."
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16:00
Omer Bonezzi, Presidente nazionale dell'Associazione Proteo Fare Sapere, affronta l'argomento: "Professionalità docente tra la Legge Moratti e stato giuridico degli insegnanti"
"Un passaggio drammatico è stato quello dell’art.29 del CCNL precedente. Dopo le vicende ad esso legate è uscito un libro su una ricerca fondamentale attuata dallo IARD.: si chiama “Insegnanti Oggi” . Vi si scopre che questa categoria non ha un’unica rappresentazione professionale di sé, ma ne ha sette. Si scopre anche che, a seconda del clima e del momento, coloro che avevano ideato una o l’altra ipotesi di riconoscimento professionale facevano riferimento a una di queste identità professionali. E’ evidente che se si fa leva solo su una di queste, tutte le altre si coalizzano e bloccano il processo, ed è quello che è accaduto. Il fallimento di qualsiasi nostra ipotesi era scritto nelle troppe rappresentazioni che la categoria aveva di sé. E non era neppure risolvibile in quel contesto. Tutte le operazioni che sono state fatte negli anni 90 erano operazioni che andavano nella direzione di ammodernare il sistema, ma non erano il tentativo di ridefinire senso e funzione della scuola nella società della conoscenza. Nessuno di noi si poneva il problema se la scuola era il luogo in cui si vendevano delle conoscenze/ merci, dei metodi, delle conoscenze brevettate, o se era il luogo dove si garantiva la democrazia (perché democrazia vuol dire accesso a tutta la conoscenza). Scegliere questo nuovo punto di vista significa ridare un senso al nostro lavoro, molto più profondo e forte; significa aderire a una sorta di movimento internazionale che dice che non tutto è mercificabile. Ma quale idea di professione viene avanti da parte dell’attuale governo. Dopo il contratto sono usciti due DDL: il 4095 e il 3414 che cercano di esplicitare cosa si pensa del contratto e della funzione docente. La 4095 è di una parlamentare, Angela Napoli, di AN, che si muove nell’associazione nazionale presidi, l’altra proposta è di FI e dell’UDC. Se a questi disegni aggiungete l’altro articolo della legge Moratti in cui si fa obbligo all’insegnante di usare i criteri, i metodi, gli strumenti di valutazione dell’INVALSI - quando questo prima era di proprietà dell’insegnante, anzi ne era una condizione essenziale se non altro per valutare, calibrare, fare - noi ci troviamo di fronte a un “dimagrimento” della funzione. Che idea di professione salta così fuori? Il docente è un signore solo, possibilmente senza collegio dei docenti e senza rappresentanza sindacale; è un signore che non decide del proprio destino professionale, tant’è che viene regolamentato dalla stato giuridico; è un signore che è organizzato in maniera gerarchica e competitiva; è un signore di cui non si sa come verrà reclutato, quale sarà la sua formazione in ingresso, perché è dal percorso formativo che si definisce un’identità professionale. Quanto alla riproposizione dello Stato giuridico degli insegnanti va richiamato che esso vuol dire che noi non siamo più responsabili del nostro destino. Perché noi oggi con le nostre organizzazioni sindacali - di cui a volte siamo malcontenti, ma che comunque ci rappresentano - abbiamo una relazione bilaterale che fa sì che siamo in grado di dire, come per esempio nell’ultimo contratto, che l’autonomia scolastica conta e che è sulla base di questa che costruiamo un’identità professionale e un’organizzazione del lavoro. Sul codice deontologico va detto che un conto è un codice deontologico autogovernato, come proponiamo noi; un conto è un’operazione come quella proposta dalla compagine governativa, in cui il codice deontologico è la foglia di fico per espropriare i docenti da qualsiasi idea di autogoverno. Va infine sottolineato che nella proposta della Napoli di AN la contrattazione in sostanza viene ridotta alla sola moneta e vengono abolite le RSU di scuola. Credo che dovremmo avere, rispetto a questi disegni di legge, la capacità e il diritto di indignarci. Rispetto all’interrogativo della costruzione di una nuova carriera, noi dobbiamo preliminarmente gridare ad alta voce che il sistema di reclutamento deve essere pubblico, collettivo non affidato alle singole scuole e deve legarsi ad una formazione iniziale chiara. A noi convince l’attuale modello formativo di insegnante, che ha certo bisogno di essere aggiustato, ma che è il risultato di oltre dieci anni di lavoro: .un docente - quello a cui noi guardiamo - ricercatore, cooperativo, inserito a pieno titolo nella futura società della conoscenza.
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15:35
Si prosegue con un'altra testimonianza. E' Luciano Rutigliano, docente del Liceo artistico Leon Battista Alberti di Firenze a proporcela:
“Se c’è una scuola in cui l’idea stessa della separazione tra sapere teorico e attività pratica non ha senso, è proprio l’artistica, sia per la natura propria dell’arte sia perché proprio adesso siamo arrivati a concepire il lavoro sia nel liceo che nell’istituto d’arte come manualità colta. Così come non avrebbe senso una riduzione oraria dalle attuali 39 ore settimanali a 27. Il rischio sarebbe che i laboratori vadano nell’area facoltativa o che ci vadano gli indirizzi. Una siffatta forma che mettesse gli istituti d’arte nel settore professionale bloccherebbe l’evoluzione di queste scuole, e quindi è decisivo che essi siano considerati un tutt’uno con i licei. Insomma, è decisivo quale strategia si vuole assumere. E la situazione è delicata perché solo nel quinquennio è garantita una preparazione completa. A ciò si aggiunge l’esigenza che non siano messe in discussione le risorse per garantire i progetti su dispersione e abbandono e sull’inserimento degli alunni stranieri. A Firenze c’è molto fermento su queste cose ma c’è anche molto disorientamento e occorre un’azione decisa per far sì che le cose assumano una direzione precisa.
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15:20
E' ora Domenico Chiesa, Presidente nazionale CIDI, ad affrontare il tema "l'impostazione duale della scuola secondaria superiore è antistorica e iniqua"
Due domande. La prima: che cosa farebbe uno Stato, mettiamo la Prussia, in piena Rivoluzione industriale (a metà dell’Ottocento), se dovesse costruire il suo sistema di istruzione e formazione? Sicuramente penserebbe ad una canalizzazione precoce. La seconda domanda: che cosa dovrebbe fare uno Stato, mettiamo l’Italia, agli albori del terzo millennio, nella società della conoscenza che chiede più sapere per tutti? Sicuramente elevare il percorso dell’ obbligo di istruzione, almeno fino a 16 anni! E invece oggi nel nostro Paese si demolisce il sistema scolastico attuale per costruire due sistemi: quello dei licei – rispolverati nella loro purezza gentiliana – e quello dell’istruzione e della formazione professionale (si dice di equivalente valenza formativa), finalizzati all’acquisizione di una qualifica. La legge 53 guarda infatti a una scuola arretrata, vecchia e inutile. Il problema oggi è come garantire a tutti i ragazzi il compimento di quel processo conoscitivo che può avvenire solo nella scuola e non prima dei 16 anni. Certo, tenere a scuola tutti i ragazzi fino a 16 anni è una impresa titanica, per questo motivo per la scuola ci vuole un grande investimento e ci vogliono risorse. Fino a 16 anni non c’è alternativa, e non ci sono scorciatoie. E’ importante allora ragionare del biennio - un biennio unitario, centrato sulla formazione culturale-, perché è l’unico modo possibile per guardare realmente ad una equivalente valenza formativa, nella prospettiva dell’obbligo a 18 anni. Vorrei fare una sottolineatura, l’attuale Titolo V della Costituzione prevede che il sistema dell’istruzione sia materia concorrente, non prevede che il sistema dell’istruzione professionale vada alle Regioni. Non sono neppure d’accordo con chi sostiene che nella scuola superiore ci sia un eccesso di sapere disciplinare/astratto, quello che semmai è in eccesso è l’ incapacità di utilizzare le discipline in modo formativo per i ragazzi. Infine ritengo sia dannosa l’idea, che ancora sussiste, del primato della cultura letteraria-storico-umanistica rispetto a quella scientifica e tecnologica. E’ ancora lontana la possibilità di costruire percorsi culturali, equivanti formativamente, fondati sulla cultura scientifica e tecnologica. L’idea di scuola dell’attuale maggioranza di governo sta nell’incrocio di tre “anime”. La prima, la scuola come terreno di tagli e di risparmi consegnandola ad mercato. La seconda, la scuola come strumento di “conservazione”. La terza, la fine della scuola come Istituzione per trasformarla in un fatto privato, quel che si dice: “un servizio a domanda individuale”.
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15:10
Questa è una testimonianza portata da un docente lombardo, Silvano Guidi dell'I.P.C Frisi di Milano :
"Insegno in un istituto professionale di Quarto O
ggiaro, quartiere " a rischio" della periferia milanese. Mi interessa mettere a punto tre questioni: la saturazione a 18 ore degli orari, l’abolizione dell’organico funzionale e la soppressione dei progetti. Infatti, siamo di fronte non a un preciso disegno ma a cambiamenti parziali che modificano in maniera molecolare il modo di lavorare. Per fare un esempio, in un istituto tecnico della provincia la saturazione a 18 ore ha determinato il passaggio da 1560 ore a 1630 di lezione e una riduzione delle ore a disposizione da 120 a 48, bloccando sia la possibilità di svolgere attività di orientamento e contatti con gli Enti Locali, sia l’utilizzo delle supplenze.L’abolizione dell’organico funzionale sperimentata in 15 scuole della provincia ha comportato la riduzione di 150 cattedre e un forte ridimensionamentoe la scomparsa totale delle attività indirizzate al miglioramento dell’offerta formativa.I progetti, che sono stati drasticamente ridotti, erano destinatisoprattutto alla lotta alla dispersione e all’integrazione degli alunni stranieri: si è passatida 207 progetti nel 2001 a 60 quest’anno, a fronte di una richiesta in crescita di 326 progetti.Un ulteriore effetto delle notizie riguardo alla possibile regionalizzazione dell’istruzione tecnica e professionale è lo spostamento delle iscrizioni verso i licei. Mentre in Italia il rapporto è 33% iscritti ai licei e 66% iscritti nell’istruzione tecnica e professionale, in Lombardia è 30% a 70% ma se se si mettono a confronto le province “povere” (Sondrio, Lodi) con quelle “ricche” (Varese) i licei sono nelle prime intorno al 25%, a Varese al 36%. Appare dunque superflua qualsiasi altra considerazione rispetto agli effetti che la riforma determinerà in questo campo.Ultima cosa, trattandosi di Lombardia non si può tacere il buono scuola sperimentato qui prima che altrove e i cui benefici sono andati per l’80% alle scuole private.
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15:00
Dopo la pausa per il pranzo si riprende con Claudia Pratelli, responsabile
nazionale UDS. "Gli studenti non sono in vendita": questo è il titolo del suo intervento:
"Vi porto il saluto delle studentesse e degli studenti dell’UdS.Sabato 29 Novembre con la manifestazione nazionale studentesca che abbiamo promosso e che confluirà nel corteo di cgil cisl e uil ci riprenderemo lo spazio e la voce per denunciare l’attacco violento che questo Governo ha scagliato contro la scuola pubblica. Riteniamo una provocazione che la Finanziaria scelga la scuola come capitolo privilegiato di tagli e che, contemporaneamente , trovi 100 milioni di Euro, aggiuntivi rispetto a quanti già previsti, per chi frequenta le scuole private. Un Governo che decide di non investire sull’istruzione pubblica crea nuove emarginazioni e disuguaglianze, decide consapevolmente di non investire sul futuro. Saremo in piazza soprattutto, però, per rivendicare gli spazi di partecipazione e di democrazia nelle scuole: per chieder diritti per gli studenti. Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una terribile ondata repressiva che investito le nostre scuole: dalla circolare di De Gennaro, alle telecamere nascoste nelle scuole all’attacco alle assemblee d’istituto. E’ evidente il tentativo di restringere gli spazi di democrazia.Noi pensiamo che la scuola sia il luogo primo in cui affermare la cultura dei diritti, della partecipazione e dell’impegno. La scuola deve saper valorizzare le occasioni di confronto fra gli studenti perché centrali per la formazione della coscienza critica."
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14:00
Si sospendono i lavori. Perchè non andare in giro, tra i presenti, per "rubare"
le prime impressioni? Ecco cosa ci hanno detto:
Claudio e Patricia, Bari, docenti scuola media superiore e formatori.
"L’iniziativa è stata per noi molto utile, in particolare la relazione introduttiva. Abbiamo così potuto reperire materiali utili ed interessanti per improntare anche la formazione per i colleghi e le future RSU. La scuola secondaria è, a Bari, paralizzata dal punto di vista delle strutture. Lì, in quel contesto, la riforma Moratti “investirebbe” una scuola già assediata da problemi sociali dilanianti, come ad esempio la devianza minorile a cui si lega l’abbandono scolastico. Pensiamo con preoccupazione all’impatto che il “doppio canale” di istruzione può avere in questo contesto sociale profondamente disgregato. Già ora la differenza fra gli istituti tecnici e i licei è enorme, figuriamoci dopo la riforma! Chi fermerà le “emorragie” dagli istituti tecnici di alunni e docenti? E il liceo, come si connoterà? Di sicuro sparirà la qualità della formazione. Come faremo a continuare il lavoro, come finora abbiamo fatto, sulla cultura e la pratica della legalità nelle nostre scuole del Mezzogiorno?"
Marilena Fotia, liceo Orazio Roma
"Considero incontri di formazione come questo positivi per riflettere su cosa è possibile fare per difendere la nostra scuola pubblica ed in particolare l’autonomia. Iniziative di questo tipo ci permettono di comprendere meglio il quadro e il contesto in cui sono inseriti alcuni piccoli provvedimenti apparentemente innocui. Mi riferisco, ad esempio, alla questione dell’esame di stato e della commissione interna. Messi insieme questi provvedimenti depotenziano il servizio pubblico. Ritengo che la manifestazione del 29 novembre è la prima importante occasione per dare un segnale politico forte e allargare il consenso. Sarà necessario poi iniziare una riflessione su cosa vuol dire “scuola pubblica di qualità”, anche rivedendo aspetti deboli della riforma Berlinguer e potenziandone altri: il biennio di orientamento, l’organico funzionale. E’ ormai necessario ricostruire un progetto di scuola contro questo processo di demolizione."
Ah... giusto, è ora, anche per i nostri intervistati di andare a mangiare. Buon Appetito!
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13:20
Ecco l'ultimo intervento. Prende la parola Vittorio Cogliati Dezza, responsabile nazionale Legambiente Formazione, che affronta questo tema: "La scuola tra la società della conoscenza e l'economia della conoscenza".
cogliati.Sviluppa il tema della scuola tra la società della conoscenza e l’economia della conoscenza. Sostiene che il disegno della riforma Moratti è molto coerente e tutti i provvedimenti adottati (Circolari, Decreti, Documenti)sono organici al tentativo di mettere al passo la nostra scuola col QTO, l’organismo Mondiale per il Commercio. Nel senso che sono dentro ad una logica di mercificazione della conoscenza che è dietro l’operazione di smontaggio della scuola pubblica. L’anima della riforma Moratti la si coglie soprattutto in scelte come quella dei Piani personalizzati, dei processi di privatizzazione, del controllo politico e sociale del sistema. L’operazione Moratti ha dietro di sè una dimensione pedagogica che è enucleabile in due principi:
- la separazione della dimensione educativa (sostanzialmente ascritta alle famiglie) dalla dimensione istituzionale che è propria della scuola (che vede in tal modo ridotti i suoi spazi). La negoziazione del curricolo del ragazzo tra la famiglia-cliente e il docente-mediatore ne costituisce esemplificazione,
- la valutazione come attività “assoluta” in quanto decontestualizzata, che assume l’apprendimento come un fatto personale/individuale.
Tale operazione può incontrare anche il consenso della categoria perchè pubblico riesce a parlare al suo “ventre molle”. Da ciò la necessità di mettere al centro della nostra attenzione e riflessione - e quindi di partire da - i problemi veri, come ad esempio l’analfabetismo vecchio e nuovo del nostro paese. L’ultima parte dell’intervento viene dedicata allo sviluppo di una idea di conoscenza che possa essere alla base di un sistema moderno di istruzione.