Una scuola secondaria superiore pubblica di qualità è possibile

  • 12:45

    Dall'Università di Bergamo a quella di Roma 1. E' ora il Prof. Pietro Lucisano ad affrontare il tema: "Equità ed efficacia del sistema di istruzione tra competenze statali e regionali". Non possiamo definire la legge 53 come riforma, per i valori positivi che la parola evoca. Ma nemmeno controriforma, perché anche questa implica serietà e sistematicità. Il termine più appropriato sarebbe “deforma”, che in latino vuol anche dire devastazione, perché il dato dominante è il disordine, la sconnessione, l’asimmetria: si può andare a scuola mezzo anno prima, ci sono corsi più lunghi e più corti, ci saranno lucisano.jpg (37885 byte)insegnanti spot ecc. La “deforma” non solo toglie forma, ma toglie sostanza, personale e risorse alla scuola, la impoverisce. E questo avviene perché le decisioni vengono assunte senza riferimento alla logica, di ragione critica. Si parla di equità e di pari dignità dei percorsi. Di solito si pensa che in Italia la statalizzazione della scuola, che storicamente avvenne perché non tutti comuni ce la facevano a sostenere la spesa scolastica, abbia significato uniformità nell’offerta scolastica. Niente di più sbagliato il percorso che porta a rimuovere gli ostacoli e le differenze è incompiuto e incompleto. La spesa dello stato copre a livello nazionale il 78% della spesa scolastica e quella degli Enti locali il 22%, ma se si va a vedere si scopre che nel NW lo stato copre il 73% nel NE il 69% e nel sud l’86%. Ma se vediamo i valori assoluti vediamo che nel NE quel 69% corrisponde a 8,67 milioni di vecchie lire per alunno e nel sud l’86% corrisponde a 8,17 milioni. Gli Enti Locali contribuiscono ad accentuare queste differenze, così uno studente del nord est riceve dagli enti locali una cifra tre volte superiore ad uno studente meridionale. E questo non avviene perché gli amministratori meridionali sono meno attenti alla scuola, ma solo perché sono più poveri. Alcuni anni fa la percentuale della spesa per l'istruzione sulle spese degli enti locali era omogenea al nord e al sud, oggi che gli enti locali del sud stanno diventando ancora più poveri la percentuale di spesa è minore: si sa che quando lnon ci sono soldi saltano per prime le spese non obbligatorie, e, tra queste, quelle la scuola. Si pensa a segmentare l’insegnamento. Ma in Italia la Scuola ha cercato di rendere sempre meno evidenti le differenze di opportunità tra tipi di scuola e tuttavia ancora oggi i risultati non sono soddisfacenti. Lo dimostra un grafico della stessa inchiesta Ocse-Pisa. E dimostra anche che i paesi a doppio canale hanno una grossa varianza di risultati nelle prove spiegata appunto dalle differenze tra scuole, mentre in quelli con sistemi più equi la differenza nei punteggi nelle prove è spiegate in modo maggiore da differenze tra gli individui all’interno delle stesse scuole. L’Italia nella classifica dei paesi più equi è in basso, anche se Belgio e Germania stanno peggio. Ma Questi due paesi di fronte a questi dati si stanno interrogando su come riformare i loro sistemi e migliorarli, mentre l’Italia si attrezza per conquistare il primo posto tra i paesi più iniqui. Un canale più lungo, uno piu' corto, uno che consente tutti gli sbocchi, uno che no. Le passerelle sono solo un palliativo che del resto c'è sempre stato l’esame di ammissione quando si passa da un corso di studi all’altro. Quanto alle qualifiche, la mia esperienza anche di amministratore regionale, mi dice che i primi a non volerle sono i datori di lavoro. E lo fanno per non assumere lavoratori che poi devono pagare come qualificati. Anche in tema di flessibilità ho i miei dubbi. Mi fa venire in mente uno che si piega, mentre la posizione dell'uomo è quella eretta e anzi la scuola doveva proprio insegnare a stare eretti, in tutti sensi. Non mi convincono le tesi dei buonsensisti. E non solo per il merito ma anche perchè sembra quasi che condividano l'operato del governo attuale perchè fa il lavoro sporco del taglio alla spesa sulla scuola. E dico allora che non bisogna lasciare spazio a discorsi ambigui se si vuole il credito per tornare a governare. E di ambiguità oggi ce ne è tanta, come ci insegna chi dice che la guerra è uno strumento di pace.

  • 12:00

    Si riprendono i lavori con l'intervento del Prof. Mauro Ceruti, dell'Università di Bergamo, che affronta il tema: "Il nesso tra sapere e cittadinanza nella società globale".
    ceruti.jpg (27845 byte)"Rispetto alla scuola, in questi ultimi anni, si è affermato un atteggiamento difensivo: il compito delle istituzioni scolastiche sarebbe quello di gestire, con dignità e anche con coraggio, una sorta di ritirata. Lo scenario connesso a un tale atteggiamento è abbastanza chiaro: per tutti, ma in particolare per i bambini e gli adolescenti del nostro tempo le opportunità di socializzazione, e ancor più le stesse opportunità cognitive si sono enormemente incrementate e diversificate e sono ormai fuori uscite da ogni ambito che la scuola possa mai pretendere di controllare o recintare. Questo ambito prima era il tutto o il quasi tutto dell’esperienza formativa e cognitiva dello studente. Oggi diventa soltanto una parte, forse nemmeno la più importante. Si pone dunque la domanda: quale è la divisione del lavoro più opportuna da instaurare tra le varie esperienze formative e cognitive dei giovani? Si conclude che alla scuola non resterebbe altro che assicurare un nucleo generale di contenuti comuni, sul quale ognuno poi costruirebbe il proprio percorso e la propria individualità. Ne derivano così dicotomie rigide e fuorvianti del tipo: la scuola dovrebbe rinunciare ad essere agente di socializzazione e limitarsi allo sviluppo di competenze ben definibili e precisabili. Mi sembra tuttavia che questo scenario sia compatibile con conclusioni assai differenti quanto al senso dell’impresa collettiva. In realtà gli stimoli cognitivi fin dalla nascita sono estremamente differenziati ed eterogenei e tendono a crescere. A dire il vero, oggi, per acquisire singole competenze e tecniche non vi è molto bisogno dei contesti scolastici. Lo può notare chiunque abbia a che fare con le performances informatiche o musicali di molti adolescenti. Di contro, alla scuola dei nostri giorni si apre l’enorme compito di filtrare e di interconnettere esperienze differenti, eterogenee, squilibrate. Questo è un compito che si definisce anzitutto in negativo: ciò che non si può fare piuttosto che ciò che si deve fare. La scuola può risultare all’altezza di ridefinirlo in termini strutturati e positivi ? Perchè possa esserci una possibilità di affrontare costruttivamente questa sfida, bisogna anzitutto aver chiaro che l’eterogeneità dell’esperienze cognitive ed emotive a cui oggi sono sottoposti i singoli individui, i singoli discenti è un punto di partenza ineliminabile e ineludibile. Se vogliamo determinare nuclei comuni di contenuti da trasmettere e da replicare collettivamente, questi possono derivare solo da costruzioni intersoggettive, che si fanno nel corso di un indeterminato processo di comunicazioni e di aggiustamenti reciproci e non già sulla base di ipotesi predeterminate su quali siano i tratti staticamente essenziali dei saperi e degli individui. Ma se è aperta questa scommessa per riformulare il senso dell’istituzione scolastica, ecco che essa si traduce per sua stessa natura in un impresa epistemologica. La sfida è quella di elaborare filtri e interconnessioni tra saperi e tra esperienze cognitive di per se stessi indomabili (spesso anche da parte dei loro stessi creatori). Fra i compiti critici per l’istituzione scolastica, possiamo individuare come uno primario l’elaborazione di una nuova forma di cittadinanza adeguata alle fitte relazioni tra locale e globale tanto caratteristiche oggi della condizione umana."

  • 11:50

    Piccola pausa. Le presenze superano le più rosee previsioni.
    Siamo costretti ad aumentare le dimensioni della sala per permettere a tutti di potersi sedere. Si tratta di oltre 200 persone che hanno risposto all'invito della Cgil Scuola e di Proteo Fare Sapere.

  • 10:50

    Eccoci alla prima relazione, quella introduttiva, affidata a Maria Brigida segretaria nazionale della Cgil Scuola. "La scuola secondaria superiore vive una delle stagioni più confuse della sua storia. Il nuovo millennio è iniziato con due leggi di “riforma” formalmente approvate dal parlamento, l’una contraddetta dall’altra. Da qui l’ incertezza, lo smarrimento dei docenti. Vengono ripercorse brevemente le vicissitudini della scuola superiore, che non ha mai conosciuto una vera stagione di riforme. In seguito la relazione
    considera sinteticamente le decisioni assunte da questo governo o che stanno per abbattersi sulla scuola superiore. Queste ultime sono ricondotte alla legge n. 53. Di questa si in dicano i titoli degli elementi che fondano quella che viene definita una vera e propria devastazione della scuola secondaria superiore:

    1. diminuzione durata dell’obbligo scolastico

    2. istituzione didue sistemi, liceale da una parte e dell’istruzione e formazione professionale dall’altra

    3. presupposta regionalizzazione del secondo sistema, di durata per giunta più breve del primo

    4. conseguente gerarchizzazione dei percorsi e delle discipline

    5. un percorso di alternanza scuola lavoro, “interamente dedicato”.

    La riflessione successiva affronta il tema della qualità che va rivendicata per garantire una scuola pubblica all’altezza del suo compito. Scuola di qualità– sottolinea la relazione -vuol dire innanzitutto garantire nei fatti e nella sostanza il diritto all’istruzione a tutti e a ciascuno; e garantirlo nell’accesso, nella permanenza nel sistema di istruzione, riducendo i tassi di abbandono e di dispersione, nel risultato.La parte conclusivaripropone il modello di scuola a cui la CGIL scuola guarda; il modello di una scuola

    ·pubblica

    ·nazionale,

    ·finalizzata alla formazione culturale dei cittadini

    ·unitaria

    ·orientante almeno nel biennio iniziale.

    Ed è per questo che si rendono indispensabili:

    ·la volontà politica di realizzarla

    ·le risorse, finanziarie, strutturali e professionali

    ·la condivisione sociale degli obiettivi da raggiungere

    ·una cura e un’attenzione costante alla formazione professionale dei docenti.

    (scarica la relazione nella versione integrale)

  • 10:40

    A Stefano De Caro, Segretario generale Cgil Scuola del Lazio, spetta il compito di poregere i saluti della Cgil Scuola. "E’ questo il quarto di sei
    appuntamenti organizzati per affrontare, grado di scuola per grado di scuola, il processo che la legge 53 mette in moto nella scuola. Un processo che vede la nostra contrarietà non in termini ideologici, ma nel merito. Siamo di fronte ad un provvedimento che è un attentato alla scuola pubblica, un attentato che si collega ad altri attentati alla convivenza civile come quelli portati alla previdenza o alle regole del mercato del lavoro con la legge 30. Si tratta di misure che hanno il segno della precarietà per docenti ed ata. Che hanno il segno del destino segnato per docenti e alunni.Viviamo nella disinformazione totale rispetto al merito di queste misure. Per questo è importante che ci siano momenti come questo, che aumentino anche queste occasioni per ragionare e disgelare."

  • 10:30

    Si comincia: Fabiana Fabiani, Presidente di Proteo Fare Sapere Lazio, introduce i lavori. "Siamo di fronte ad un provvedimento che ha il senso della frantumazione della struttura formativa e delle esperienze precedenti. E a maggior ragione questo può dirsi per la scuola secondaria superiore, la quale, pur non avendo avuto una riforma complessiva, aveva avuto una serie di interventi riformatori. Basta ricordare l’esperienza dell’istruzione professionale di stato riformata globalmente col passaggio in ordinamento del progetto 92 e innovata col progetto 2002.Oggi ci troviamo di fronte alla separazione netta tra il percorso liceale e l’istruzione e la formazione professionale. Dei licei si dice che saranno la scuola della “teoria” e ciò implicitamente lascia intendere che il resto sarà il luogo dell’istruzione addestrativi. Si scomoda per giustificare ciò la scuola di Aristotele. Ma Aristotele divideva la cittadinanza in schiavi addetti al lavoro e cittadini liberi impegnati nella contemplazione.Insomma si vuole una separazione netta tra attività pratiche e attività teoriche. Si scorda invece il tema della contemporaneità che è invece quello attuale. E questo sfocia nella polivalenza, che è l’esigenza dei tempi odierni.Si torna in realtà alla riforma Gentile che gabellava la propria efficienza sulla filosofia delle poche scuole ma buone. In altre parole si riducono radicalmente gli spazi di istruzione.

  • 10:00

    Come era immaginabile i lavori inizieranno più tardi. Il traffico impedisce l'arrivo del pubblico e dei relatori.Si prepara il materiale. Simona aiuta il Prof. Lucisano a preparare la proiezione delle diapositive con il video proiettore

  • 09:00

    Eccoci a Roma. Tutti si aspettano il sole da Roma ... Non è così. Nella notte quasi una bufera e, come ben sanno i romani in questo caso, l'indomani per muoversi nella città è un problema. Questo giustifica l'arrivo alla spicciolata dei relatori e del pubblico che, comunque, immaginiamo sarà numeroso. Proseguendo nell'analisi del sistema scolastico italiano di fronte ai cambiamenti proposti dalla Legge 53, ecco il turno della scuola secondaria
    superiore, questo, dopo aver già discusso della scuola dell'infanzia a Firenze, della scuola elementare a Venezia e degli ATA a Palermo. Ci spiace per una defezione comunicataci pochi minuti fa: Miriam Mafai, editorialista de "La Repubblica" è stata male durante la notte e non potrà essere presente. Peccato! Utilizzeremo la sua disponibilità in un'altra occasione

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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