La formazione professionale: dalla frammentazione di oggi... a sistema domani

  • 17:00

    Conclusioni
    Enrico Panini, Segretario Generale Cgil Scuola

    Ha esordito ringraziando tutti gli intervenuti e i relatori e richiamando le ragioni del convegno che si ricollegano ad un filone di ricerca che non da oggi impegna la Cgil Scuola sui temi della formazione professionale. Ha affermato altresì che l'obiettivo anche per la nostra organizzazione è quello della costruzione di un sistema qualificato di formazione professonale, ed ha rilevato le gravi diffcoltà in cui questa formazione versa nel nostro Paese. Difficoltà che non permettono di parlare di un sistema vero e proprio quando piuttosto di subsistemi regionali. La situazione attuale - ha richiamato - è il risultato non solo di una arretratezza storica ma anche di sbagli del precedente governo: il riferimento è agli accreditamenti e ai risultati negativi da questo prodotti. Da ciò la necessità di cambiare rotta. Ha affermato inoltre che la Cgil Scuola non è in nessun caso disponibile a subire le scelte di questo governo anche a motivo della filosofia che lo anima, che è quella di un disinvestimento sulle politiche di formazione e di istruzione. La legge Moratti è espressione di tale logica. Questa legge non convince per molti aspetti: in primo luogo per la riduzione dell'obbligo scolastico che obbliga alla scelta tra due sistemi contrapposti all'età di dodici anni e mezzo; in secondo luogo per l'introduzione del sistema duale, nonostante l'indagine PISA abbia dimostrato che questo sistema non porta a risultati accettabili sul piano della formazione complessiva dei giovani; in terzo luogo per la sovrapposizione tra scuola e formazione professionale, con i rischi evidenti per entrambi i sistemi (aumento degli abbandoni e fuga verso l'istruzione liceale). Quello che si impone oggi è la sfida della qualità dellistruzione e della formazione che nasce dall'intreccio e dalla contaminazione tra sapere e saper fare, tra conoscenza, competenza e lavoro. Ha accennato ancora al valore delle intese tra le regioni e il Ministero, rilevandone i limiti e le ambiguità a partire da alcune nozioni chiave, come quella di integrazione, e dalla frammentazione dell'offerta formativa. Ha indicato infine alcune direzioni di lavoro:

    1. completare l'indagine presentata in mattinata nell'intervento di Scozzaro per una verifica compiuta di quanto sta avvenendo nel sistema;

    2. definire con Cisl Uil e Confederazioni un quadro di richieste sulla base dei risultati dell'indagine che permetta un confronto di merito con gli altri interlocutori istituzionali;

    3. richiedere al MIUR un confronto sull'intero sistema del secondo ciclo, evitando interventi settoriali che non permettono di cogliere l'intero quadro di riferimento.

    Ha concluso richiamando le questioni contrattuali aperte e definendo l'attuale situazione inaccettabile; sia perché i contratti integrativi non sono ancora partiti sia perché non si è ancora avviata la trattativa per il rinnovo contrattuale, nonostante le sollecitazioni delle Organizzazioni sindacali.

    "Lo sviluppo del nostro Paese passa per la qualità di un vero sistema di formazione professionale".

  • 16:50

    Al prof. P. Lucisano, Università La Sapienza di Roma, viene chiesta una riflessione sul rapporto tra formazione professionale alta e l'università, cioè come vede questo rapporto in qualità di docente universitario e di ex assessore.

    Se l'universita "funziona" bene non c'è alcun bisogno di integrazione con la formazione professionale; il master oggi è un sistema per farsi pagare oltre l'orario, per insegnamenti che sono già compresi nel corso di laurea. Rispetto agli IFTS, dà un giudizio negativo in quanto i ragazzi che provengono dalla formazione professionale ottengono crediti universitari che poi non sono spendibili perché non danno diritto ad iscriversi all'università.
    Formazione superiore non significa necessariamente che i corsi debbano durare un numero di ore "esagerato". E' necessario puntare sulla formazione per il lavoro e nel lavoro, attraverso un forte raccordo con il mondo produttivo.

  • 16:40

    Al dott. N. Abundo è stata posta una nuova domanda:

    "Alle Regioni si chiede come sostenere il diritto dell'utenza ad una formazione di successo insieme alla tutela dei diritti dei lavoratori rendendo esigibili i loro contratti"

    Ha parlato delle regioni e dei loro compiti, esprimendo il convincimento che difficilmente potranno arrivare a soluzioni unitarie e omogenee nelle varie questioni.
    Ogni regione parte dai bisogni dei propri cittadini e quindi le convergenze possono essere trovate solo con regioni che presentano gli stessi problemi.
    D'altra parte non si può dire alle regioni quel che devono fare. Tuttavia vanno messi in atto tutti gli sforzi per coinvolgere tutte le realtà
    Per definire un quadro omogeneo di interventi l'impegno principale dovrebbe essere quello dello Stato.
    Va anche tenuto presente che è difficile muoversi tra le non risposte del Governo e le differenti posizioni delle varie regioni.

  • 16:30

    Anche al dott. B. Gandini.è stata posta una domanda precisa.

    "Gli enti di formazione come pensano di trasformare il personale da risorsa sconosciuta a risorsa da mettere a disposizione del Paese?"

    Il personale dell'istruzione professionale non è di serie B, basta vedere il ruolo che assume nei confronti di quei ragazzi che non restano nella scuola. Ciò non toglie che bisogna cambiare la cultura dell'orientamento e quindi formare anche chi lo fa. Riteniamo che una parte della legge sul doppio canale sia interessante anche se bisogna vedere come sarà attuato nei decreti, lo riteniamo comunque un riconoscimento del lavoro che si fa.

    Il percorso triennale da noi presentato è culturalmente e professionalmente ricco di opportunità per i giovani.

  • 16:20

    Al dott. C. Gentili è stata rivolta una precisa domanda:

    "Qual è il ruolo che secondo Confindustria un sistema di formazione deve giocare per lo sviluppo del nostro Paese anche alla luce del recente accordo con Cgil Cisl e Uil?"

    L'accordo del 19 giugno 2003 è solo una ripresa del discorso interrotto negli ultimi anni. Un accordo che sostituisce il ruolo dei partiti rispetto al sociale. Bisogna ricordare che le imprese italiane che investono nella formazione sono il 23%, siamo la cenerentola in Europa la cui media è al 57%. I Paesi dove la formazione è più avanzata sono quelli dove le imprese investono di più. La formazione deve partire dalle esigenze dei lavoratori e non in funzione degli investimenti. Solo con una collaborazione tra parti sociali ed aziende può cambiare la formazione professionale, una formazione che valorizzi tutti i campi superando l'istruzione duale.

  • 16:10

    dott. A. Francioni, Direttore Generale Isfol
    E' opportuno dividere la risposta in due parti.
    L'Isfol è stato riformato, è costituito dal Ministero del Lavoro, dal Ministero dell'Istruzione, dalle regioni. L'Isfol è stato configurato come il crocevia dei tre enti insieme alle parti sociali. C'è un interesse del Governo che Isfol coordini un quadro nazionale delle problematiche delle regioni.
    Il mondo della formazione professionale non sempre riesce a recepire le problematiche. Le lamentele presenti sono giuste, ma la memoria storica è diversa, dalle regioni deve venire una proposta operativa concreta, nell'ambito del sapere quotidiano. Bisogna creare una strategia sul territorio a cui legare il fondo sociale europeo e il sistema professionale.

  • 16:05

    Stefano De Caro, Segretario generale Cgil Scuola Lazio, riepilogando il punto di vista espresso dagli inerlocutori pone una seconda domanda al dott. Francioni:

    " Quali possono essere i punti più qualificanti per sostenere meglio un sistema della Formazione?"

  • 16:00

    prof. P. Lucisano, Università La Sapienza di Roma

    Sono necessari i due sistemi formativi (scuola e FP). La scuola deve ripensare se stessa perchè è necessario puntare non sulla “memoria” ma sui “processi che portano alla conoscenza e al sapere”.
    Do un giudizio negativo sulla FP in base alla esperienza scuola/lavoro della Calabria. Do anche un giudizio negativo sulla legge 53. La formazione professionale deve diventare sistema per garantire un’offerta formativa certa in qualità e in quantità. Ciò significa chiarezza nelle scelte in merito alle risorse finanziarie (regionali, fse), ai tempi, ecc.
    Le regioni debbono fare di più.
    Occorre dare certezza alle riunioni del coordinamento delle regioni (in merito alle presenze, ai poteri ecc.). Il coordinamento dovrebbe elaborare una proposta su come gestire, finanziare e garantire un sistema (regionale) all’interno di un quadro nazionale di riferimento. Se non organizziamo ed elaboriamo un sistema ci avviciniamo pericolosamente alla fine della FP.

  • 15:45

    dott. G. Casadio, Segretario Nazionale Cgil
    Ha invitato ad affrontare le questioni della formazione professionale in una ottica di sistema e ha ridefinito gli elementi di integrazione delle specificità rispetto al sistema di istruzione. Ha ribadito che non possiamo non fare i conti con la rilevanza dello sviluppo dei saperi ai fini dello sviluppo economico del Paese. Il problema principale riguarda la discrasia tra questi obiettivi e punti fermi e la situazione attuale della FP.
    L'FP è un segmento di formazione non solo variegato, ma anche ricco e qualitativamente rilevante. Ma non è sistema, e se non lo diventa i rischi sono forti per lo sviluppo del Paese. Lavorare a questo obiettivo significa assumere un approccio armonico e impegnarsi per l'evoluzione del quadro normativo sollecitando un pragmatismo forte degli attori istituzionali.

  • 15:30

    dott. C. Gentili, Direttore Scuola e Formazione Confindustria
    Bisogna partire dall’Europa, da ciò che ci chiede l’Europa. L’Europa riafferma la componente professionalizzante. Ciò significa fala finita col dogma di Frascati: “Extra schola nulla salus”, vale a dire tutti a scuola fino a 16 anni per una formazione culturale generale. In Italia si critica la riforma in nome di uno spostamento in avanti dell’orientamento, e invece l’orientamento va precoizzato. In Francia lo ha scoperto la sinistra (J.L. Melenchon). Il problema non è: o scuola o formazione. L’una deve aprirsi all’altra. Certamente la lettura bertagnesca della riforma Moratti autorizza l’enfatizzazione dell’aspetto duale. Bisogna scegliere tra il modello francese o quello inglese. In Francia ci sono Licei Generali, Licei Tecnici e Licei Professionali. In GB c’è educazione general, educazione vocational e infine vocational-training. Vanno individuate soluzioni aperte. Ai poli produttivi devono corrispondere i poli formativi. Non bisogna arroccarsi. Probabilmente non sarà questo governo a gestire l’attuazione di questa partita, quindi meglio attrezzarsi per farlo. Inoltre è giusto certificare le competenze conseguite attraverso il lavoro, come se fossero conseguite attraverso lo studio. Questa sì che è cultura del lavoro.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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