La formazione professionale: dalla frammentazione di oggi... a sistema domani
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15:15
dott. B. Gandini, Presidente Nazionale FORMA
Il sistema esiste dal 1978 quando è stata fatta la legge e si è rafforzato con l’accordo tra stato e parti sociali del 1997. La legge 53 non va demonizzata. Il doppio canale della legge 53 prende spunto dall’obbligo formativo di Berlinguer. Il tentativo è quello di dare risposte diversificate a esigenze diversificate. L’obbligo formativo supera l’obbligo scolastico e oggi si riconosce valore educativo alla
FP. Il principio è che alla scuola vada la teoria alla FP la pratica. Ma la FP ha bisogno di risorse. Il fondo sociale europeo da solo non costituisce una garanzia. Per l’accreditamento vanno riviste le regole. Siamo però di fronte a un paradosso: nelle regioni che hanno più bisogno di FP la FP non c’è.
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15:00
dott. A. Francioni, Direttore Generale Isfol
La riforma Moratti non introduce un sistema duale. Pensarlo è una interpretazione approssimativa. Anche Berlinguer prevedeva una pluralità di percorsi. Il nodo è l’orizzontalità della formazione.
L’altro nodo è la formazione lungo tutto l’arco della vita che comprende anche i lavoratori occupati.
La cosa importante è costruire filiere che intersecano pezzi diversi dell’educazione.
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14:45
dott. N. Abundo, Coordinamento delle Regioni per la Formazione e il Lavoro
Raccolgo gli interrogativi che sono emersi negli interventi di questa mattina e che riguardano la posizione non tanto delle singole regioni ma piuttosto del sistema regionale nella sua interezza e la formazione professionale.
Il primo elemento da considerare è che con la riforma del titolo V le regioni assumono ruolo primario rispetto alla formazione, ruolo fino ad oggi ricoperto dallo Stato. Questo significa però acquisire un sistema al quale è necessario dare regole e valenze, da un lato condivise ma dall'altro rispettose dell
e peculiarità dei territori. Molto è stato fatto ma è altrettanto evidente che molto deve ancora essere fatto. La più recente verifica di metà percorso sull'utilizzo dei fondi comunitari ha riconosciuto al nostro Paese risultati positivi, sia sul piano qualitativo che su quello metodologico. In particolare la Commissione Europea riconosce all'Italia la capacità di muoversi secondo il metodo della concertazione. Dico questo per ribadire che attualmente ci si sforza di operare in collaborazione con tutti i soggetti coinvolti nel sistema della formazione, quindi anche con le forze sociali. Rispetto alla scarsezza di informazioni riguardo all'andamento di spesa destinata alla formazione e alle politiche a favore dell'occupazione mi permetto di ricordare che i nuovi regolamenti comunitari hanno introdotto sistemi di verifica e monitoraggio costanti - i Comitati di Sorveglianza - nei quali le forze sindacali sono presenti. Direi forse che non si tratta tanto di mancanza del dato quanto di migliorarne la capacità di lettura. Sforzo che può essere fatto insieme man mano che il processo di devoluzione andrà completandosi.
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14:30
Tavola rotonda
Stefano De Caro, Segretario generale Cgil Scuola Lazio, coordina la Tavola Rotonda riprendendo alcuni passaggi della relazione introduttiva della mattina e pone a tutti gli ospiti una domanda che racchiude le ragioni del nostro convegno.
" Cosa ne pensate delle riflessioni di questa mattina, soprattutto rispetto all'esistenza di un sistema non frammentato di Formazione Professionale, autonomo?"
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13:30
Wolfango Pirelli, segretario regionale Cgil Scuola Lombardia
In Lombardia siamo passati da 80 a 1.300 enti di FP dopo il riassetto della Giunta Formigoni, anticipatore della Legge Moratti. In questa marea di soggetti, molti non hanno requisiti di qualità, alcuni casi sono addirittura al limite della legalità.
La sperimentazione avviata dalla Giunta rompe con le migliori esperienze FP realizzate nella nostra regione negli ultimi anni. Prima della legge Moratti la FP era un soggetto multiforme che dava risposte articolate, era capace di “interfacciarsi” con le diverse istituzioni sul territorio e realizzare “buone pratiche”. In una parola era un sistema, sia pure imperfetto.
L’attuale situazione del “mercato a tutti i costi” non ha alcuna attenzione alla qualità, interessata com’è di più alla quantità al fine di utilizzare tutti i fondi europei. Alla fine si è sancito quello che temevamo di più: la cesura tra istruzione e formazione.
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13:00
Alessandro Pazzaglia, segretario regionale Cgil Scuola Toscana
Nella nostra Regione esiste un testo unico su formazione, orientamento, istruzione che è stato approvato nel 2002 e fa riferimento alla legislazione nazionale avviata nel ’96 con l’Accordo sul lavoro. I pilastri di questa politica si muovono sul principio dell’apprendimento per tutto l’arco della vita, compresa l’età scolare. Nel 2003, forti dei principi di fondo della normativa regionale, in Toscana abbiamo tentato di porre rimedio all’abolizione dell’obbligo scolastico in seguito all’abrogazione della legge 9/99. La sperimentazione toscana, quindi, non è andata nella direzione indicata dalla legge Moratti. Una particolarità della Toscana è che tra i numerosi enti accreditati (sono 861, di cui molti privati) vi sono 150 scuole superiori e 3 università. Poiché molti degli enti accreditati hanno scarse risorse professionali, le scuole hanno accresciuto i rapporti con la FP, attivando collaborazioni con altri soggetti e lavorando sulla formazione di base, sull’apprendistato, sull’IFTS, sull’Eda. Il rischio può essere che si arrivi ad un inglobamento della FP nell’istruzione, e questo non va bene. Il nostro obiettivo è l’integrazione tra sistemi.
Un’altra particolarità è che la Regione assegna dei voucher ai lavoratori, i quali possono spenderli in diverse azioni formative – dal corso per l’informatica a corsi post-universitari – sia nella regione che fuori, anche all’estero. Quello che si è riscontrato è che hanno richiesto e usato questi voucher le persone con più elevati strumenti culturali. Un’altra interessante esperienza è quella dei “circoli di studio”, piccoli gruppi autogestiti nei quali all’autorientamento si affiancano anche moduli più strutturati. Anche da noi si è riscontrato che trova uno sbocco professionale più facilmente chi è più qualificato e accede alla formazione e alla qualificazione chi ha una buone istruzione di base.
Per quanto riguarda il personale nella nostra regione c’è una grossa frammentarietà di collocazione contrattuale. Prevale il contratto del commercio, questo significa che la maggior parte dei lavoratori del settore non sta nel Ccnl di scuola e formazione.
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12:40
L’intervento di Enza Albini, segretaria regionale della Cgil Scuola Sicilia, che all’ultimo momento è stata trattenuta in sede, è letto da Giovanni Lo Cicero, responsabile regionale della FP per la Cgil Scuola.
La Sicilia, come regione autonoma, ha la potestà legislativa in tanti ambiti già dal 1949. La formazione professionale ha attraversato negli ultimi 20 anni momenti di crisi di grossi enti gestori, tanto che sono in vigore alcune norme di tutela del personale e dell’occupazione. Solo negli ultimi anni la regione
riesce a lavorare meglio nell’ambito delle azioni comunitarie. In Sicilia lavorano nella FP oltre 6.500 persone (a tempo indeterminato) che operano quasi tutte nei 50 enti “storici” (gli enti sono complessivamente 103). Questo personale è stato interessato in buona parte dalla riqualificazione professionale. A questa operazione però non ha corrisposto un aumento qualitativo dell’offerta regionale, che è più orientata sulla quantità. In questo settore manca un efficace “governo” da parte della regione più preoccupata di procedure burocratiche che di obiettivi: una pratica che favorisce i clientelismi, anche perché i criteri per l’accreditamento presentano maglie molto larghe. Non mancano le risorse economiche, anzi, ma resta molto frammentario il quadro degli interventi, scarso il rapporto tra l’offerta degli enti e i bisogni del territorio, assente il coordinamento dell’istituzione pubblica (la Regione). In Sicilia, poi, il protocollo tra Regione e Miur sulla FP ha sancito la separazione definitiva tra istruzione e formazione.
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12:10
Prende la parola Pino Patroncini
La formazione professionale in Europa è molto varia e disomogenea, ma si possono a grandi linee individuare alcuni fenomeni. Esiste quasi ovunque una formazione professionale più scolastica simile alla nostra istruzione professionale di stato e una più informale simile alla nostra formazione professionale regionale o convenzionata. Quest’ultima invece ha quasi ovunque l’esclusiva sulla formazione del personale adulto.
In molti paesi europei l’apprendistato è una formazione in alternanza tra scuola e lavoro, ne consegue che in Europa il ruolo della scuola è più presente nella formazione professionale attraverso forme di integrazione. Inoltre in Europa la formazione professionale subentra nelle scelte dei ragazzi a 16 anni, tranne 4 paesi dove subentra a 15, anche se in alcuni (Germania, Austria, Spagna) i percorsi sono di fatto determinati prima. Solo in Italia subentra a 14 anni.
In Germania si risolve nell’alternanza scuola-lavoro, dove la parte scolastica è piuttosto rigida. In Francia non è diffusissima visto che il campo è coperto soprattutto dai licei professionali. In Gran Bretagna non è facile tracciare un confine netto tra istruzione generale, istruzione professionale e formazione professionale vista l’estrema varietà del sistema, la pluralità dei soggetti che operano in campo scolastico e la forte autonomia delle scuole. In Spagna la formazione professionale ha praticamente l’esclusiva della preparazione tecnico-professionale.
Ovunque il Ministero conserva un ruolo forte nella definizione di obiettivi, curricoli, durata dei corsi, mentre la gestione del personale ha soluzioni molto diverse a seconda dei paesi.
Conclusione: la riforma Moratti non è in linea con il resto d’Europa per l’età di ingresso nella fp, né per la separazione rigida tra la scuola vera e propria e la formazione professionale regionale, né per l’organizzazione delegata alle regioni e nemmeno per la gestione del personale.
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11:40
Roberto Pettenello del Dipartimento Formazione e ricerca della Cgil interviene su “La formazione professionale tra l’Europa e il mercato del lavoro”.
Il ruolo della formazione professionale è cresciuto enormemente nella strategia dell’Unione europea da quando il Trattato di Amsterdam ha reso chiaro il nesso tra una forza lavoro più competente e qualificata e una nuova occupazione. Nonostante la crisi economica internazionale degli ultimi tempi e le politiche di molti governi più interessati al contenimento dei costi che allo sviluppo delle risorse umane, gli obiettivi e un ruolo più forte dell’istruzione e della formazione professionale e permanente restano centrali nella strategia inaugurata a Lisbona nel 2000.
Le linee per l’occupazione che ogni Stato deve declinare in Piani nazionali; le risorse del Fondo Sociale europeo che devono essere utilizzati in linea con quegli obiettivi, pur dovendosi incrociare e
spesso scontrare con gli orientamenti di alcuni governi, come quello italiano, ci danno delle opportunità che anche il mondo della FP deve saper cogliere, sulla base di alcuni spunti.
a) grande attenzione agli obiettivi fissati dal Consiglio di Lisbona, che tutti rimandano a politiche intergrate tra FP e istruzione
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l’85% dei 22enni deve completare entro il 2010 l’istruzione superiore in Europa
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il tasso medio di abbandono in Europa deve divenire inferiore al 10% entro il 2010.
b) Una grande attenzione al livello regionale, dove l’SNS con la CGIL e con CISL e UIL deve provocare interventi regionali sulla FP che usino sinergicamente le risorse europee, regionali e nazionali.
c) Un ruolo di coordinamento nazionale, che faccia conoscere esperienze più interessanti a livello territoriale e riprenda il filo dell’integrazione tra sistemi che può costituire una forte alternativa alla legge Moratti e rafforzare sul serio un ruolo della FP che, muovendosi su più ambiti - dalla formazione per i giovani alla formazione continua - recupera un peso più forte e di qualità nella formazione del nostro Paese.
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11:20
Prende la parola Giusto Scozzaro.
La formazione è un diritto universale, un tratto della libertà e dell’autonomia della persona, non è un
optional imposto dal mercato. In questa distinzione sta la soluzione dell’ambiguità di cui si carica il concetto di “società della conoscenza”. Quando il 25% dei ragazzi che vanno a scuola non raggiunge il diploma, appare chiaro quanti di loro vivono con disagio e disinteresse l’esperienza scolastica. La soluzione a questo fenomeno non è la L. 53/03: essa infatti non si pone il problema del recupero della motivazione all’istruzione affinché “non uno di meno” raggiunga un risultato. Al contrario essa introduce un meccanismo che seleziona, limitandosi a certificare la situazione.
La formazione professionale può essere una risposta positiva a questo fenomeno, una formazione cambiata e rinnovata, non più un addestramento fondato sul nozionismo o sullo “scolasticismo”, ma un segmento formativo a cui si applicano curricoli modulari e percorsi personalizzati attraverso un’organizzazione flessibile e figure innovative.