Frammenti di vita vissuta: dalla manifestazione di Roma del 26 marzo

  • 11:00

    Sono le 11,00 e viene data la parola a Luigi Angeletti, non prima di affermare che alla manifestazione hanno partecipato non meno di 80 mila persone. Angeletti ripercorre le tappe che hanno portato allo sciopero generale. Riafferma l’orgoglio di un sindacato forte e credibile che non si nasconde dietro interessi corporativi. “La verità – ha detto – è che siamo tutti più poveri. I pensionati, ma anche le famiglie, hanno visto falcidiato il loro reddito. Tutto questo per delle responsabilità precise di una politica economica sbagliata”. Bisogna cambiare politica economica, non cambiare le pensioni i cui conti sono in equilibrio. Vero è che per finanziare le imprese e (speriamo di no) le squadre di calcio si vuole fare cassa tagliando proprio le pensioni. A fronte di una diminuzione del costo del lavoro (30% in meno rispetto alla Francia e alla Germania) si ha una perdita di competitività dei nostri prodotti. “Bisogna produrre prodotti di qualità e per questo servono investimenti nella formazione e nell’istruzione. - così ha continuato- Invece questo non avviene. Si vuole tagliare sui servizi, scuola e sanità, e non si guarda ai 200 miliardi di euro di evasione fiscale: lì bisogna incidere. Abbiamo bisogno di una scuola pubblica di qualità. Abbiamo bisogno di investire sul lavoro e sui lavoratori. Il governo deve ascoltarci. Deve capire che governare non significa “comandare”. L’intervento si conclude con un forte impegno per l’unità sindacale di cui, in ultima analisi, è lo stesso paese ad avere bisogno.

    E’ finita. Corro a cercare un taxi, i mezzi riprenderanno a funzionare alle 13,00. Dal palco parte la musica, molti dovranno restare in attesa della ripresa dei servizi, si è pensato a far loro un poco di compagnia. Il cielo ci aiuta. E’ comparso il sole

  • 10:30

    Sono le 10,30. Lascio la mia postazione. Il cielo minaccia pioggia.
    Decido di accelerare e raggiungere piazza del popolo. Ci arrivo tagliando la strada. Dal palco sono già iniziati gli interventi. La piazza è già piena. Mi infilo sotto il palco gremito. Riesco a seguire una parte dell’intervento di Stefano Bianchi, Segretario Generale del Lazio, che riesce a coniugare le motivazioni dello sciopero generale con la particolare crisi attraversata dal Lazio. Proprio per questa crisi, per la quale esistono responsabilità precise della Giunta Storace, nel Lazio, lo sciopero è di 8 ore e non di quattro come nel resto d’Italia. Precisa la sua analisi e precise le sue richieste per il Lazio. Servono infrastrutture materiali e immateriali, servono investimenti sulla ricerca e nell’innovazione, altrimenti non si potrà affrontare il calo delle esportazioni che nel 2003 ha toccato il 6% in meno rispetto all’anno precedente. Da Stefano Bianchi viene urlato un secco NO alla riforma Moratti per l’Università che blocca le immissioni in ruolo e precarizza sempre di più il rapporto di lavoro. “Occorre una riqualificazione dei servizi essenziali” ha detto “in un Regione che ospita il cuore amministrativo di un’intera nazione. Ma soprattutto occorre più lavoro e sicurezza nel lavoro”. Piccolo annotazione impertinente: in un passaggio del discorso viene detto “piove sul bagnato”. Proprio nel medesimo istante inizia a piovere a dirotto sul pubblico che stoicamente decide di stare sotto l’acqua. Le battute si sono sprecate e lo stesso oratore si è fermato un attimo, esibendo un minimo di autoironia che non guasta.Prima di dare la parola a Stefania Vannucci della Cisl, viene comunicato dal palco che l’adesione allo sciopero nel Lazio ha superato l’80%. Siamo ormai alla fine della mattinata.

  • 09:30

    Stavo facendomi spiegare il funzionamento degli strumenti (mi avevano preso per un giornalista serio) quando, alle 9,30, è partito il corteo. In fondo a Piazza Barberini non ci si fa caso, si è ancora indaffarati a raccogliersi dietro i propri striscioni. Comincio a dare uno sguardo, molti sono ancora stesi per terra. Ecco: questo è quello dell’UDS e UDU che recita ”Universitari e studenti difendono i saperi dall’arroganza dei potenti”. Mi scontro con un manifestante, chiedo scusa e mi soffermo a
    leggere il cartello che orgogliosamente sosteneva: “Berlusconi non è il mio Presidente”. Concordo, non è manco il mio. Un gruppo comincia ad issare un’altro striscione. E’ quello del Ministero dell’Ambiente che porta questo slogan “Per un’ecologia del diritto”. Certo che la protesta è un ottimo stimolante per la fantasia. Chi si esalta è un gruppo di donne che sottolinea un problema politico molto forte. La politica economica di questo governo tocca, intimamente, la vita di ciascuno. Quella dei lavoratori come quella delle famiglie. In ossequio al Presidente del Consiglio che ha indicato la via maestra della gestione familiare in una recente trasmissione televisiva, hanno provato declinare i consigli elargiti in quella trasmissione. Ecco,
    quindi, la storia di donna Rosa che, massaia intelligente e acuta, per fare la spesa e risparmiare, gira per l’intera città. Alla fine, non è riuscita a risparmiare ma, in compenso, le è mancato il tempo per cucinare. Quindi niente pranzo e … attenzione: niente sesso perché troppa la stanchezza. Questo il finale: “Donna Rosa, massaia assai operosa, più si danna e più non osa rimproverarsi qualche cosa, Lei ha capito (la boriosa) che l’inflazione non si dosa con le scelte di donna Rosa”. Lascio le massaie e mi infilo nel corteo. Sono già le 9,40. Noto molti striscioni di scuole e coordinamenti dei genitori a difesa del tempo pieno. Non ho tempo. Corro in testa la corteo. Qualche piccola maledizione: per fare le ultime cronache ho dovuto correre non poco lungo i cortei. Va bene, sarà tutta salute. Un cartello simpatico : “Berlusconi è un vero mago, fa volare i prezzi e fa sparire i reati”. Sorrido e proseguo. Arrivo a Trinità dei Monti. Fiatone. Vedo la testa del corteo e un imponete servizio d’ordine riconoscibile dalle pettorine gialle. All’interno dello spazio “protetto” una miriade di giornalisti, fotografi e cineoperatori. Non riesco a distinguere i personaggi politici e sindacali, giusto Fassino per il suo fisico particolare e Bertinotti che veniva intervistato in quel momento (non sarò mai un giornalista, c’è niente da fare). Ma ecco che riappaiono le massaie. Al gruppo di “Donna Rosa”se ne aggiunge un secondo. Guanti di gomma, bigodini, battipanni, grembiuli in un’esplosione di “mise” improbabili e provocatorie. Un loro coro, perfettamente in tono, recitava: Un solo sogno nel cassetto, Berlusconi nel… cassonetto, con relativo accompagnamento musicale di pentolame
    vario. Di certo, al di là del colore, la sottolineatura del rifiuto di questa visione delle donne che sembra trasparire dalla politica di questo governo. Il ritorno “all’economia domestica” come materia d’insegnamento nella scuola media è abbastanza eloquente. Le nostre “massaie” non ci sono sembrate d’accordo e non l’hanno, certo, mandato a dire. Passa il furgone della Funzione Pubblica della Cgil. Gli altoparlanti sparano “Sono fuori dal tunnel (del divertimento). Molti apprezzano e la buttano sull’aerobica: danzano, camminano e agitano le bandiere (anche questo fa bene alla salute). La mia posizione, nella porzione della scalinata che porta alla Chiesadi Trinità dei Monti, mi permette di verificare l’espandersi del corteo, ormai dalle dimensioni di tutto rispetto. Passa lo striscione del Ministero Pubblica Istruzione, quello del San Camillo, gli operatori del 118
    con i loro giubbotti fosforescenti, lo striscione del Bambin Gesù, lo striscione delle cooperative sociali. Tantissime le bandiere della Funzione Pubblica della Cgil. Poi, ecco la scuola. Lo striscione che mi è più piaciuto? Questo: “La scuola pubblica è per tutti, per i belli e per i brutti”. Vedo passare lo striscione del coordinamento genitori-insegnanti del IV municipio che recita: Difendiamo la scuola pubblica e il tempo pieno.

    Durante il corteo incontriamo il Segretario Generale del Sindacato Università e Ricerca della Cgil. Gli chiediamo la relazione tra lo sciopero di oggi e le motivazioni dei lavoratori dell'università e della ricerca. " Siamo dentro a questo sciopero in modo forte - ci dice - C'è un pezzo diriforme che stiamo subendo che ha connessioni emblematiche con le lotte generali. In particolare il Decreto sullo stato giuridico che modifica la natura istituzionale della ricerca, la sua missione. La motivazione è quindi persino più forte di quella della scuola. Al centro di questo sciopero c'è il paradigma ideologico su cui si va reggere il welfare, le reti di protezione, la modellistica istituzionale. L'Università ci sta pienamente: è in gioco la sua natura." Gli chiediamo anche un parere sul processo di unificazione col sindacato scuola. "E' una grande operazione. - ci risponde - La Cgil ha capito prima degli altri che la conoscenza è il tema del futuro. Noi dovremo dare a settori finora troppo attenti a se stessi una operatività concreta trasversale. Speriamo di essere all'altezza. Speriamo di saper gestire un'operazione ambiziosa, che va gestita senza ancoraggio al passato ma guardando al progetto. Come quando ci si innamora!"

  • 08:30

    Questo è quello che pensavo stamani a Roma. Solita doccia e caffè veloci per essere puntuale alle 8,30 in Piazza Barberini. Non ho trovato ancora tanta gente. I romani sono poco ansiosi di fronte agli appuntamenti, un popolo abituato a vedere e a conoscere di tutto, un bagaglio culturale da disillusi che riesce ad entusiasmarsi solo per le cose veramente importanti. Questi particolari sui romani mi venivano raccontati da un compagno incrociato per caso in mezzo alla folla e che mi rassicurava sulla riuscita della manifestazione. Ora vivo i momenti più simpatici, almeno dal mio punto di vista. Se devo raccontare un corteo mi piace partire da qui. C’è sempre la stessa atmosfera fatta di attesa, ricerca spasmodica di un amico, un compagno, di un gruppo, di un punto di ritrovo. Negli organizzatori sempre la stessa tensione: “Andrà tutto bene?”, tensione che si scioglie man mano che passano i minuti nel vedere la piazza riempirsi, la folla crescere, la musica esplodere e l’allegria serpeggiare, finalmente. Ecco: questi sono i momenti della fantasia. Quella curata fin nei minimi particolari con giorni di lavoro e quella efficacissima improvvisata sul momento. Che dire di quell’improbabile gruppo musicale “Canta Napoli” che ho visto prepararsi in piazza? Troppo curioso, non ho resistito. Allora: alcune ragazze, non esattamente delle pin up, precedevano i musicisti. Gonna rossa con due strisce dorate sul fondo della gonna lunga ai piedi. Camicia bianca e minuscolo grembiule bianco davanti. I musicanti
    un poco più pretenziosi. Giacca e cravatta azzurra (i colori del Napoli?), pantaloni bianchi e … strumenti incredibili i cui nome… beh! Io ci ho provato a chiederlo ma non so se riesco a “scrivere” i loro nomi correttamente. Oltre alle trombe e tamburi, anche tricchetracche e bughdibu. Il suono nell’insieme era invece estremamente allegro e godibile. Ma come si fa ad estrarre della musica da un secchio per la vernice cui si collega un tubo per il camino e un piatto gigantesco attaccato allo stesso tubo ad imitazione del padiglione del trombone? Loro ci sono riusciti. Simpatici anche i palloni. No! Non erano quelli della Cgil Scuola, Si trattava di palloni bianchi di circa
    un metro di diametro su cui erano stampate le facce di Berlusconi, Fini e Tremonti. Per tutti un unico commento: “palloni gonfiati”.

  • 07:30

    Accidenti. Sembra una congiura. Ma dove sono quelle belle giornate di marzo che ricordavo? Perché alle ultime manifestazione cui partecipo, piove sempre. Quella del 28 febbraio penso che sia stata da guiness dei primati. Pioggia, vento e grandine, alternate casualmente a spruzzate di sole e di nevischio. Oggi, per cambiare, grigio poco invitante. Nuvoloni neri minacciosi. Insomma, ancora la metafora della situazione politica attuale: si prepara tempesta.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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