I lavori nei settori della Conoscenza

  • 17:00

    I lavori vengono conclusi da Enrico Panini segretario generale della FLC Cgil.

    "La discussione di oggi è stata di assoluto rilievo e si colloca nel quadro delle iniziative di presentazione del programma della conoscenza.

    Il nostro percorso, che è partito il 19 ottobre e si concluderà il 10 e l’11 marzo con la Conferenza di organizzazione, ha visto il coinvolgimento di tante strutture con oltre 100 ore di discussione e anche il contributo di oltre 50 competenze esterne.

    Un lavoro di qualità oltre che di quantità che sarà socializzato con oltre 30000 persone che costituiscono il numero di navigatori che giornalmente in media visitano il nostro sito.

    Con questa serie di iniziative vogliamo dimostrare di essere un soggetto autonomo capace non solo di dispiegare il massimo del dissenso e del contrasto rispetto alla politica del Governo ma anche di stare al merito delle questioni con la nostra identità di sindacato nuovo.

    La FLC non è non sarà mai una semplice sommatoria di categorie.

    Il seminario di oggi dovrà essere ripreso con ulteriori approfondimenti in modo particolare su tre punti:

    1) legare sempre più la contrattazione alla specificità riconducibile ai settori della conoscenza.

    2) prestare sempre più attenzione ai fenomeni sociali che riguardano i settori della conoscenza.

    3) Ripensare il modello di contrattazione in considerazione del fatto che oggi il precariato è fenomeno strutturale. La situazione è molto diversa dal passato quando le periodiche immissioni in ruolo producevano la soluzione del problema.

    Vanno quindi affermati all’interno del contratto meccanismi che garantiscano pari diritti e pari dignità per questo personale.

    Dovremmo aprire inoltre il capitolo relativo alla rappresentanza e al modello contrattuale, per individuare il modello sindacale più idoneo per rappresentare questa complessità.

    Il 18 marzo i lavoratori pubblici sciopereranno per il rinnovo del contratto. In particolare per il settore della ricerca e della dirigenza scolastica manca l’atto di indirizzo,

    Mentre per i comparti dell’università, delle accademie e della scuola deve essere rinnovato il secondo biennio.

    Al momento non esistono le condizioni per la chiusura dei contratti in quanto è prevalsa la scelta di premiare gli interessi dei redditi alti attraverso la manovra fiscale di riduzione dell’Irpef. In tal modo sono venute a mancare le risorse necessarie (tra il 5 e l’8%) anche per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego.

    Sciopereremo anche contro i provvedimenti del Ministro Moratti e contro la precarizzazione.

    In modo più marcato rispetto al passato, per le nostre professioni dobbiamo rilevare una limitazione che attiene alla libertà del loro esercizio. In questa direzione vanno letti tutta una serie di provvedimenti come il commissariamento degli Enti di Ricerca, il provvedimento sullo stato giuridico dei docenti universitari e dei docenti della scuola.

    Infine nella discussione di oggi due punti non sono emersi con la dovuta forza e mi riferisco in modo particolare:

    -alla dispersione del patrimonio professionale dovuto alla mancata programmazione di un piano di assunzioni e di formazione professionale che assumerà dimensioni drammatiche in previsione del fatto che nei prossimi anni andrà in pensione circa il 50% degli attuali addetti.

    -Ai livelli retributivi della manodopera intellettuale che sono i più bassi del mercato e che impediscono il ricambio professionale.

    In considerazione del fatto che la conoscenza e il sapere sono il volano dello sviluppo e della coesione sociale del nostro Paese siamo convinti che le politiche retributive debbano essere centrali e rappresentare una priorità delle politiche contrattuali".

  • 14:30

    Ad Adriana Timoteo, Segretaria nazionale della FLC, il compito di introdurre i lavori del pomeriggio sul tema: “la contrattazione del lavoro nella Conoscenza: tra aspettative dei lavoratori e qualità della formazione”.

    Si deve mettere in evidenza, afferma Adriana, la fase difficile che il mondo della conoscenza sta vivendo, un mondo lacerato dai provvedimenti di questo Governo, dai processi di privatizzazione, dai tagli dei finanziamenti, dalle riduzioni degli organici, dal blocco delle assunzioni. Se non si considera il contesto nel quale ci muoviamo è difficile anche affrontare il tema delle aspettative dei lavoratori e della qualità del lavoro prodotto (non solo formazione, ma anche conoscenza).

    Abbiamo discusso lungamente ed in più momenti prima di affrontare questo seminario, quali aspettative hanno i lavoratori? Se pensiamo al prossimo sciopero del 18 marzo, diremmo: il contratto. Certo, i lavoratori vogliono il contratto, ma non solo questo. Nei dibattiti affrontati è emersa una grande volontà da parte dei lavoratori di condizioni di lavoro che consentano di fornire un servizio di qualità. Si vuole soprattutto “lavorare bene”, ed è questo che viene ostacolato da ciò che dicevo in premessa. Nei contratti noi cerchiamo di creare la possibilità che ciò avvenga, sottolineiamo le esigenze degli utenti, delle amministrazioni, accettiamo anche dei vincoli formalizzandoli, che non sarebbe necessario neppure scrivere nel testo contrattuale (basti pensare solo ai codici disciplinari), ma esistono ben altri scogli che non consentono una piena resa positiva del lavoro svolto. Quali sono i limiti principali? Uno senz’altro è la precarizzazione del rapporto del lavoro, sempre più estesa (20% nella scuola, 50% nell’università e nella ricerca), che spezza l’organizzazione del lavoro, impedisce la costruzione di una esperienza professionale che fornirebbe risultati migliori, nega il diritto ai lavoratori ad una formazione continua, e quindi il conseguente arricchimento professionale. Un altro limite è costituito dalle esternalizzazioni, fenomeno sempre più diffuso ed altrettanto nocivo, in quanto deresponsabilizza i lavoratori, rendendo confusi i centri di responsabilità e frantumando le filiere lavorative. Ci sono poi gli aspetti legati fortemente alla contrattazione. Pensiamo ad esempio al comparto della ricerca: il quadriennio 94-97 vede due contratti separati tra tecnici ed amministrativi e ricercatori e tecnologi, chiaro segnale di uno spezzettamento dell’organizzazione del lavoro, con una separazione dei due settori che il contratto successivo (1998-2001) non è ancora riuscito a colmare. Pensiamo all’università, dove esistono i docenti non contrattualizzati e il personale tecnico-amministrativo regolato dalla contrattazione. Qui l’organizzazione del lavoro spesso è difficile per la distanza che esiste tra le norme che regolano i rapporti di lavoro di queste categorie.

    Noi chiediamo sempre, e sempre ci viene negata, la contrattazione sull’organizzazione del lavoro. Il timore dell’Aran di interferire con le potestà regolamentari delle amministrazioni ci impedisce di dare un forte contributo, quale noi vorremmo, affinché la qualità delle prestazioni venga resa al meglio. La centralità dell’organizzazione del lavoro per avere i migliori risultati nella formazione, nella ricerca, in tutte le nostre istituzioni, non può essere negata. Discutendo l’organizzazione del lavoro riusciamo a rendere veramente protagonisti i lavoratori, a superare quelle frantumazioni che esistono per motivi storici, o per le forti differenze delle regole cui ciascuna figura è sottoposta. Abbiamo discusso a fondo su quali sono i punti di attrito che si riscontrano tra i lavoratori e che impediscono, talvolta, di ottenere buoni risultati; come sono i rapporti tra personale ata e docenti della scuola o delle accademie e conservatori, i rapporti tra docenti universitari e personale tecnico-amministrativo negli atenei, i rapporti tra tecnici e ricercatori degli enti di ricerca. Abbiamo verificato che se c’è un processo di pieno coinvolgimento delle varie figure, tanti problemi si superano, perché ciascuno sente che tutti sono coinvolti a raggiungere determinati obiettivi, tutti si sentono responsabili dei risultati che si registreranno. E sono queste le vere aspettative dei lavoratori: riconoscimento del ruolo, della professionalità, per un lavoro migliore, di qualità.

    Marco Broccati, vice Segretario generale della FLC, presenta i partecipanti alla tavola rotonda e sottopone tre temi agli interlocutori.

    Al prof. Mario Ricciardi, componente del Direttivo dell’ARAN, pone il problema sul fatto che negli anni ’90 si è mutato il quadro delle regole della contrattazione nei settori pubblici, che doveva avvicinarsi allo schema della contrattazione nel privato. Invece esistono tante fasi burocratiche che rallentano e complicano il processo contrattuale (e ne è un esempio il comportamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha trattenuto 4 mesi fermi i contratti siglati prima di rilasciarli). Quali sono le possibili analisi e soluzioni che tali problemi aprono?

    Il prof. Ricciardi, afferma che la domanda merita una risposta politica, oltre che tecnica. E’ evidente che un sistema contrattuale che non funziona, o funziona male e a rilento, nuoce tanto ai lavoratori quanto all’amministrazione. Il sistema negoziale, oggi definito nel Dlgs 165, ha funzionato bene per un certo periodo: se penso, per esempio, alla scuola non posso che sottolineare come la contrattazione abbia svolto un ruolo importante in termini di sostegno e accompagnamento dell’autonomia scolastica. A ripensarci compiendo un’impresa titanica, come è quella di spostare dal vecchio Ministero di Viale Trastevere e dai Provveditorati poteri e competenze verso le scuole; la contrattazione ha spostato un vecchio sistema di relazioni sindacali nelle scuole, ha creato strumenti come la RPD o le funzioni strumentali, insomma ha reso possibile praticare l’autonomia che considero l’unica vera riforma. Non che non ci siano state debolezze e forse qualche errore ma oggi quel meccanismo è completamente inceppato. Senza voler enfatizzare il passato o demonizzare il presente voglio ricordare che i contratti precedenti si sono chiusi sulla base di un accordo politico, oggi invece ad un deficit di risorse evidente corrispondono scelte discutibili sul dove indirizzare le risorse, cioè scelte politiche. C’è un problema di risorse, quindi, cui si somma un problema di relazioni sindacali che prima hanno permesso di condividere, con le parti sociali, le scelte riformatrici. Tutto questo ha effetti anche sulla qualità delle scelte negoziali. Come si fa, per esempio, a parlare di qualità della prestazione sanitaria quando il contratto interviene sulle prestazioni nei fatti effettuate tre anni prima?

    Oggi il sistema della contrattazione rischia la dissoluzione perché qualcuno pensa che sia più facile aggirare il confronto scegliendo la strada legislativa, perché si tende a depotenziare il contratto nazionale, per esempio nel dibattito sul federalismo,

    Non mi preoccupano i cambiamenti condivisi, è preoccupante il decadimento: dallo sfinimento della contrattazione nessuno trae guadagno.

    A Vincenzo Bavaro, Docente di Diritto del Lavoro, Broccati rivolge la seguente domanda: “Le buone regole non bastano se non sono accompagnate dalle buone pratiche. Ad Esempio, Moratti sta spegnendo l’autonomia tagliando le risorse. In questi ultimi anni si è fatto un uso “disinvolto” della contrattazione ed esiste una situazione contraddittoria sul piano della legificazione e contrattualizzazione. Come colmare i vuoti che si creano in tale situazione disordinata?

    Il prof. Bavaro afferma che parlare del lavoro della conoscenza è parlare del paradigma del lavoro salariato. Difficile è il rapporto tra legge e contrattazione, ed è cambiato negli anni, però si può creare un rapporto corretto nel lavoro della conoscenza. Esiste un parallelismo tra pubblico e privato: chi è il ricercatore? Ci sono differenze di status. C’è un eccesso di legificazione ed un eccesso di contrattazione. La trasformazione della figure del ricercatore universitario in una figura contrattualizzata, individuerebbe immediatamente la tipologia del lavoratore co.co.co.. Occorrerebbe una legge che definisca lo statuto giuridico per chi fa ricerca ed anche per chi è docente. Nel contratto vanno a costruirsi le distinzioni, ad esempio utilizzando lo strumento della meritocrazia.

    A Fulvio Fammoni, Segretario nazionale della CGIL, viene posto il problema che la professione “docente” e la professione “ricercatore” ora si trovano in una situazione confusa, in quanto non è chiaro come deve essere la formazione iniziale, quale deve essere il percorso per tali professioni. Spesso si collega giustamente il precariato alla scarsa qualità. In tale contesto come si approccia la legge 30?

    Fammoni, riferendosi a quanto detto in mattinata sostiene di non condividere che ad un cambio di legislatura non si possa “ripartire da capo” cancellando quanto precedentemente legiferato. A volte si può e si deve, purché una forza politica che si candida a governare, assieme a quanto vuole cancellare dica anche cosa vuole proporre in sostituzione.

    Nel merito di quanto posto dalla domanda a lui rivolta sostiene che le proposte: innanzitutto, di merito anche sui questi temi derivano dall’idea complessiva che si ha della società e dal modello di sviluppo economico e sociale. Nella scuola il modello si sta alterando, risponde pari pari alla filosofia della legge 30: precariato, taglio delle risorse, degli organici e la conseguente gerarchizzazione, le esternalizzazioni, il blocco della contrattazione. Questa è la filosofia che sta alla base della legge 30. E questo denuncia la scarsa considerazione del ruolo del lavoro intellettuale, legando il ruolo del “produttore della conoscenza” dal rapporto con la società.

    Sul ruolo della contrattazione: al contrario di quanto avveniva in passato, oggi si sono chiusi quasi tutti i contratti del privato con risultati superiori all’inflazione programmata. Non è avvenuto nel settore pubblico dove c’è in atto un evidente tentativo di cancellare il principio della privatizzazione del rapporto di lavoro. Quando si vuole definire per legge ciò che invece il contratto dovrebbe decidere, così come quando si vanifica l’autonomia scolastica non erogando le risorse, questo principio si mette in discussione.

    Alcune domande vengono poste dai partecipanti al seminario.

    Gianna Cioni chiede quali sono le materie da delegare alla legge e quali vanno inserite nei contratti, fermo restando che l’ordinamento professionale non materia di legge.

    Un’altra domanda viene posta da Paola Poggi che richiede delle soluzioni a fronte di un sistema contrattuale che non funziona, per cui nessuno risponde sulla mancata attuazione del contratto.

    Massimo Mari pone la domanda relativa la rapporto della legge 30 nel pubblico impiego e nel privato, anche in relazione alla certificazione riguardante la qualificazione del rapporto di lavoro.

    Il prof. Bavaro sostiene che i criteri di valutazione che riguardano esclusivamente contenuti propri del rapporto di lavoro non possono che essere affidati alla contrattazione. Bisogna comprendere quanto avanzerà il processo di privatizzazione. La certificazione, invece, dimostra il processo di depauperizzazione dell’università che viene distolta dai suoi compiti istituzionali.

    Fammoni afferma che l’accordo del 23 luglio va modificato, un elemento, ad esempio, è la questione della vacanza contrattuale. La CGIL è decisamente contraria alla certificazione tanto che non partecipa a nessuna commissione istituite appositamente presso la Direzione del Ministero del Lavoro.

    Il prof. Ricciardi, sottolinea che c’è sicuramente un problema di aggiornamento delle regole: il protocollo del 23 luglio 93 aveva ottimisticamente previsto una rigorosa tempistica della contrattazione, ma le regole pattizie hanno valore e funzionano in quanto le parti le condividono. La vera sanzione, purtroppo, è che il sistema non funziona e tutte le parti ne soffrono, anche i privati, che si trovano a distribuire aumenti salariali senza punti di riferimento reali. Per quanto riguarda le legge 30, l’unica università finora autorizzata alla certificazione è quella di Modena. Richiama l’attenzione su un punto delicato oggi nel Pubblico Impiego: l’aumento del numero di COCOCO che, dopo il parere della Corte dei Conti a sezioni riunite, che stranamente consente di attivare quei rapporti di lavoro senza limiti e per coprire posti di organico, rischia di esplodere. Segnala l’inizio di un confronto sulle prestazioni coordinate e continuative nel pubblico impiego, mentre ritiene opportuno riflettere sul lavoro somministrato.

    Su tre questioni di fondo occorre ragionare per trovare le soluzioni: blocco degli organici, ideologia della liberalizzazione, utilizzazione dei lavoratori precari.

  • 10:50

    Inizia la tavola rotonda sul tema “Il valore sociale del lavoro nella conoscenza: la nuova sfida per lo sviluppo”. Conduce e coordina la discussione Rita Candeloro per la segreteria nazionale FLC Cgil.

    Rita ricorda il lavoro fatto fin qui negli incontri preparatori del seminario, con la complessità di tenere insieme pezzi e comparti molto diversi e con regole nel lavoro molto diverse. Un punto c’è in comune ed è la finalità dei rispettivi lavori, e cioè quello di incrementare ed incentivare i saperi e la conoscenza dei cittadini se è vero, come è vero, che questa è oggi la vera ricchezza di un Paese. Quello che manca in tutti i pezzi e comparti è il riconoscimento del valore sociale di questi lavori nel campo della conoscenza e della ricerca e quindi della sua valorizzazione in terreni di investimenti. Conciliare la qualità del servizio con la piena autonomia professionale e organizzativa e nella ricerca didattica è uno degli elementi da indagare ed approfondire. Al dott. Oliva chiede quali sono gli effetti del contesto attuale, molto deprivato, sulla valorizzazione e riconoscimento sociale del lavoro nella Conoscenza.

    Attilio Oliva, Vice presidente della Luis, riconosce che Cgil e Confindustria sono gli attori che prendono più sul serio la tematica della conoscenza del Paese. Siamo in una competizione internazionale, abbiamo un ritardo storico, rischiamo di essere schiacciati. Oggi c’è una crisi reale che si vede anche nel mondo della formazione. Le ricette sono:

    1) una buona concorrenza ben regolata che protegge i lavoratori dagli abusi e significa confronti tra scuole anche per arrivare a collaborare;

    2) il fattore tempo: occorre decidere, in tempi ragionevoli, cosa che nella scuola non è avvenuta, in particolare sui sistemi di governance che non esiste nelle scuole e sono nelle università solo dei patteggiamenti;

    3) meritocrazia intesa come rispetto di chi fa più e meglio, con ricadute su stipendi e riconoscimenti e questo in particolare nei livelli alti e nelle modalità di reclutamento.


    Partendo dalla considerazione che il tema della conoscenza, citato ripetutamente dal dott. Oliva, e della privatizzazione è uno dei temi caldi a livello europeo con orientamenti e giudizi molto diversificati, Rita sottolinea che in Italia sono in atto tentativi forti di “neocentralizzazione” nel campo della scuola, università e ricerca. Sono in discussione provvedimenti legislativi sullo stato giuridico che tendono ad escludere il reclutamento pubblico, fatto che rappresenta la negazione dell’autonomia, della libertà di insegnamento e della laicità del sistema e l’eliminazione della contrattazione. Con questa premessa, viene chiesto a Michele Gentile del Dipartimento settori pubblici della CGIL il parere della CGIL sulla Direttiva Bolkestein e sui disegni di legge del governo.

    Michele Gentile del Dipartimento settori Pubblici della CGIL, si ricollega alle affermazioni del dott. Oliva e afferma che le istituzioni della Conoscenza non sono aziende e, regole, obiettivi e finalità non sono quelle dell'azienda. Alla competitività contrapponiamo efficacia, alla fretta decisionale si contrappongono gli obiettivi delle istituzioni pubbliche ed il sistema della partecipazione. Il Dirigente Scolastico non è sostituibile con l'imprenditore come vuole questo governo che ha programmato la riduzione dei livelli della conoscenza attraverso la terziarizzazione, la precarizzazione, le proposte di riforma sullo stato giuridico dei docenti scolastici ed universitari. Alla meritocrazia contrapponiamo il passaggio dal modello ministeriale al modello delle autonomie, dal modello della legge a quello della contrattazione. La direttiva Bolkestein introduce criteri che non migliorano "il pubblico" ma lo rendono residuale, abbatte i diritti dei lavoratori, introduce una concrrenza sleale che non è più competitività. La CGIL è contraria a considerare le istituzioni della conoscenza come aziende, è contraria all'abbattimento dei diritti, è convinta che si debba valorizzare il ruolo sociale dei lavori della Conoscenza.


    A questo punto la domanda che scaturisce è: "Ma i diritti dei lavoratori da un lato e la qualità del servizio, possono essere regolati dal mercato?". La domanda viene rivolta ad Emanuele Barbieri, esperto di politica scolastica, che sottolinea come la sfida lanciata dal dott. Oliva sia seria, perché seria è la riflessione che la competizione mondiale richiede.

    Si chiede qual è l’approccio necessario per stabilire il cambiamento di cui abbiamo bisogno, sostenendo che è sbagliato fare trasposizioni meccaniche dei modelli degli altri paese europei.

    Per esempio, il sistema finlandese può vantare una cultura diffusa, non ha grande richiesta di fare l’insegnante e, non ultimo, c’è una differenza di clima che induce comportamenti più riflessivi. Le forme di reclutamento per scuola, che là sono possibili, da noi indurrebbero comportamenti clientelari dannosi. Ciò che caratterizza le culture degli altri paesi non è trasferibile alla cultura del nostro Paese.

    La prima riflessione da fare è che non basta, per migliorare, fare ingegneria istituzionale, l’esperienza degli ultimi anni è esemplare.

    I fattori di efficacia del nostro sistema non sono più di tanto riconducibili alla strutturazione dei sistemi. I problemi che dobbiamo affrontare sono più seri di quelli ordinamentali.

    L’introduzione del fondo d’istituto, voluta da questa organizzazione, non va nella direzione dell’egualitarismo.

    Occorre capire i processi reali che possono incentivare la qualità, uno di questi è la professionalità dei docenti. Ci sono degli sprechi che potrebbero meglio essere utilizzati. Il rapporto medi alunni docenti che da noi è piuttosto basso, va letto nel suo significato reale. Quando poi si critica l’eccesso di certificazione degli alunni portatori di handicap, non ci si preoccupa poi di qualificare gli istituti professionali che ne accolgono la maggior parte.

    Invece si fanno riforme al buio senza intercettare i problemi veri.

    Definiamo gli obiettivi che sono relativi al diritto della persona a formarsi per tutta la vita e sono le competenze da costruire per la vita e per il lavoro e torniamo alla scuola: il problema non è riconducibile agli organi collegiali.

    Accettiamo il terreno della valutazione, ma l’instabilità dei docenti è un elemento di mortificazione che non giova alla qualità.

    I cambiamenti ordinamentali devono passare per processi di sperimentazione. Non si rovina il primo ciclo che funziona egregiamente e non si cambia il secondo ciclo al buio.

    Occorre molta attenzione ai processi reali e al personale che ha un compito più difficile che in passato. Bisogna favorire per i docenti formazione iniziale, formazione in servizio e valutazione. Per la dirigenza poi è sbagliato il sistema di reclutamento che privilegia l’anzianità.

    L’esasperazione del bipolarismo deve finire, abbiamo bisogno di una dirigenza imparziale e competente, e di una scuola che valuta i processi che mette in atto.

    Si può ancora dedicare qualche minuto ad una reciproca replica.

    Michele Gentile sottolinea come il sistema pubblico viene attaccato. Una società fondata sullo sviluppo ha bisogno di un sistema che aumenti la qualità del lavoro e delle istituzioni.

    La precarietà ha un nesso diretto con la qualità dei servizi, c’è un nesso tra qualità dei servizi e la qualità del lavoro, la competizione non è riduzione dei costi. Si deve fermare la precarizzazione e le eventuali esternalizzazioni che sono un attacco ai servizi pubblici.

    La Conferenza di Programma della FLC serve a definire gli obiettivi del sistema della formazione nel suo complesso e della ricerca.

    Attilio Oliva osserva di aver notato alcune possibili convergenze.

    1) sulla governance che deve includere partecipazione senza arrivare al blocco;

    2) sulla dirigenza ma anche dei punti da approfondire.

    Qualità ed efficacia devono includere confronti tra scuole diverse, tra scuola ed università.

    Meritocrazia implica autonomia, burocratizzazione e porta a valutazione e premi nel rispetto di contratti che tengano conto dei problemi.

    Eliminare sprechi, razionalizzare e investire di nuovo nella scuola e comunque nel pubblico.

    A Barbieri l’ultima replica. Riferendosi alle dichiarazioni del governo circa l’aumento della spesa pubblica del 5% all’anno, si chiede come mai ci siano tagli in tutta la pubblica amministrazione sugli organici. In realtà si spostano risorse per il personale alle consulenze esterne. Se si chiedono sacrifici bisogna avere chiaro il punto di approdo, si riorganizza la spesa se c’è un ragionamento serio, oggi non è così! Molti argomenti dovrebbero essere affrontati, come ad esempio il ruolo degli Enti locali. Occorre fare alleanze perché la politica da sola non ce la fa.

  • 10:15

    La relazione di Fabrizio Dacrema del Dipartimento Formazione e Ricerca CGIL, dopo aver intrecciato il seminario di oggi con il percorso della Cgil, ha analizzato le caratteristiche salienti dei lavori nell’età post-fordista che sono le caratteristiche dei lavori che si sono esplicati da sempre nella scuola, dell’università e della ricerca. Ha sottolineato che il programma per la conoscenza individua nell’autonomia e non da nuovi modelli ingegneristici il grimaldello per realizzare un processo di riforma che abbia efficacia.

    Esaminate le caratteristiche peculiari dei lavori della conoscenza, la relazione ha approfondito i tratti distintivi dell’autonomia professionale, sottolineando come le politiche governative mirino alla mortificazione delle autonomie (di quelle professionali, di quelle funzionali e di quelle istituzionali).

    La proposta alternativa della Cgil si fonda invece sul lavoro e sulla sua valorizzazione, focalizzando l’impegno su alcuni nodi che vanno approfonditi e sviluppati.

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  • 09:50

    Ad Alessandro Pazzaglia, Segretario generale FLC Cgil della Toscana, il compito di aprire i lavori: "Il convegno di oggi si colloca all’interno di una serie di iniziative che nel mese di gennaio e febbraio, come FLC e Cgil nazionale, abbiamo realizzato in varie città italiane per analizzare alcuni aspetti della proposta programmatica presentata alla Sapienza di Roma il 19 ottobre del 2004.

    L’analisi della proposta programmatica ha coinvolto il gruppo dirigente della FLC, le RSU, una parte significativa degli iscritti, si sono sviluppati incontri e confronti con i movimenti, in alcuni casi con i partiti e con le Istituzioni pubbliche al fine di alzare l’attenzione sui temi della conoscenza, ricevere tutti i contributi possibili e dare senso e fondamento democratico alla nostra proposta su scuola, formazione, università e ricerca che sarà compiutamente presentata a Roma il 10/11 Marzo nella Conferenza di programma. Oggi affronteremo il tema dei lavori nei settori della conoscenza. Per affrontare tale tema mi sembra opportuno introdurre tre considerazioni.

    La prima considerazione è che il ruolo della conoscenza oggi è fondamentale. Non si può guardare al futuro se non si parte dalla constatazione che lo sviluppo degli apprendimenti, dei saperi, delle conoscenze è una necessità.

    La seconda considerazione è che l’uso e la destinazione delle risorse della conoscenza non sono neutri.

    La terza considerazione è che i luoghi della produzione, creazione e trasmissione della conoscenza devono operare nella dimensione pubblica, con assunzione di responsabilità diretta dello stato.

    In tale contesto fondamentale diventa il lavoro nei vari settori della conoscenza, negli asili nido, nella scuola pubblica e privata, all’università, nella ricerca, nelle esperienze della formazione professionale, dell’educazione degli adulti, dell’educazione permanente.

    Oggi, nel nostro paese, lo status e il ruolo che di fatto sono riconosciuti ai lavoratori dei settori della conoscenza sono di gran lunga inferiori rispetto a quello che dovrebbe essere.

    Per i lavoratori della conoscenza c’è una condizione di lavoro caratterizzata da un profondo disagio, dove l’elemento del precariato e della riduzione dell’organico in tutti i lavori e in ogni settore comincia ad avere dimensioni molto preoccupanti. Per tali lavoratori c’è scarso riconoscimento professionale, scarso riconoscimento economico, scarso riconoscimento sociale.

    C’è quindi una necessità non più rinviabile di porre un freno a tale processo di destrutturazione e di svalorizzazione del lavoro e creare le condizioni per un’inversione di tendenza. Questo seminario e la prossima Conferenza rappresentano, ciascuno per la sua parte, un’occasione importante.

    Scarica relazione integrale

  • 09:40

    Rossano Rossi Segretario della CGIL Toscana porta i saluti di benvenuto a nome della segreteria.
    Per ribadire l’importanza della conoscenza e del diritto allo studio cita alcuni dati dall’ultimo libro di Tullio De Mauro che mostrano il ritardo estremo del nostro paese nella diffusione dell’istruzione rispetto a tutte le medie europee.
    Come sorprendersi quindi se anche la media dei cittadini che leggono giornali è inferiore alla metà di quella dei paesi europei?
    Questo mostra quanto sia importante la difesa dell’istruzione soprattutto a fronte della riforma Moratti che punta a ridurre in tutti i campi l’istruzione e differenziarne l’offerta per classi sociali.
    Dopo un adeguato percorso di istruzione arriva anche formazione al mondo del lavoro: ed è importante ribadire “anche”.
    In Toscana si è cercato di porre rimedio al disegno Moratti con la legge 32 e il Patto per maggiori e migliori lavori sancendo il principio del diritto alla formazione tutto l’arco della vita.
    Inoltre come Cgil Toscana esprime una valutazione positiva rispetto all’unificazione del Sindacato Scuola e Università, due sindacati da sempre in prima linea non solo nelle lotte attinenti la categoria, ma anche in quelle generali.

  • 09:30

    Il lavoro nella scuola, università e ricerca, si caratterizza oltre che per le "specifiche capacità professionali" per la natura sociale e le finalità formative dell'attività concretamente svolta e va allora valorizzato anche quale strumento principe per la la tutela degli interessi generali del paese e dei diritti di cittadinanza. Dei lavori nei settori della Conoscenza si occupa il seminario di oggi a Firenze.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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