Piccoli passi verso grandi diritti-Le proposte della CGIL per le politiche dell’infanzia

  • 16:40

    Le conclusioni dei lavori sono affidate a Guglielmo Epifani, Segretario generale della CGIL.
    "Il convegno di oggi si inserisce a pieno titolo dentro la proposta della Cgil. E’ un tema rilevante per le famiglie, per i bambini, per i lavoratori, ma si svolge nell’indifferenza della società.
    La relazione di Morena Piccinini è stata costruita con un lungo lavoro e uno stretto rapporto con le categorie e i territori. Essa assume il tema delle politiche per l’infanzia come prototipo dei guasti dell’azione governativa che è stata caratterizzata dalla natura ideologica del programma e dall’incoerenza tra questa natura ideologica e i risultati pratici ottenuti; da tale incoerenza è risultato di conseguenza un suo sostanziale fallimento.
    Il fallimento porta a due guasti: il permanere dell’impianto ideologico e il fatto di dover ripartire da zero, essendo le risorse state sperperate nel frattempo.
    Il problema oggi è più grave e più profondo. Rimarrà un solo provvedimento: la detraibilità delle spese per gli asili nido privati: intervento che è a sostegno di pochi, a favore del privato, a vantaggio dei redditi medio-alti.
    L’angolo di visuale che assumiamo noi è quello della soggettività del diritto di ogni bambino/bambina. La battaglia per i diritti completa qui il suo cammino. Questo ci consente di mettere ordine nei rapporti tra bambino/famiglia/rete dei servizi: assumere la soggettività dal punto di vista dei bambini significa riconoscere che se i servizi liberano le donne verso il lavoro, questo viene tuttavia in seconda battuta, dopo il riconoscimento del diritto dei bambini ad avere spazi di crescita e di socialità.
    La domanda sociale di servizi tende a crescere, mentre l’offerta di servizi non corrisponde alla domanda, soprattutto in alcune aree del paese. La battaglia per ampliare i servizi incrocia anche lo sviluppo del paese. Non solo i servizi producono più ricchezza per il paese rispetto all’industria, ma l’industria stessa cresce attraverso i servizi e anche attraverso i servizi legati alla persona. Il reddito più alto è dei paesi che investono di più nelle politiche per l’infanzia. Non c’è sviluppo se insieme non si usa la leva dei servizi pubblici come leva per la crescita.
    C’è uno stretto rapporto tra diritti e domanda sociale e bisogna riportare il problema dei servizi all’interno delle scelte di politica economica e sociale. O si ricostruisce la filiera qualità dell’offerta-diritti degli operatori, o si determina un cortocircuito per cui o si avrà meno offerta, oppure i lavoratori avranno meno diritti (niente contratto, aumento delle forme anomale di lavoro).
    Che fare, allora?
    Il tema di oggi rientra tra le priorità del lavoro della Cgil in vista del nuovo congresso.
    Alla discussione ci sono quattro obiettivi: lotta alla precarietà, patto fiscale per recuperare risorse per i servizi, anziani non autosufficienti e politiche verso l’infanzia 0/6 anni.
    Non c’è contraddizione: si tratta di tenere insieme il primato dei beni fondamentali delle persone e lo sviluppo del paese.
    Abbiamo la responsabilità di essere un soggetto attivo nella trasformazione delle politiche per ricordare, al centrodestra e anche al centrosinistra, che nel nostro paese c’è un problema di risorse, ma c’è anche un problema culturale.
    Le vere priorità sono i diritti delle persone e lo sviluppo del paese, perché si deve crescere non lasciando per strada nessuno."

  • 16:30

    Angela Nava, Presidente nazionale del Coordinamento Genitori Democratici: “Pare sia emerso un antagonismo fra insegnanti e genitori, sicuramente frutto anche del familismo alimentato dalle politiche di questo Governo.
    Dobbiamo costruire, invece, una nuova alleanza, costruita su basi nuove, fra operatori e genitori.
    Proviamo a partire da un da una considerazione: quando i genitori consegnano i loro figli alle scuole dell’infanzia (sottolineo questa definizione, anche i bambini ora rifiuterebbero quella di asilo), lo fanno con un mandato importante, in un luogo dove il bambino impara le regole del vivere sociale.
    Tutto questo sarà possibile se ci sarà un salto culturale con nuove regole, magari poche, ma chiare e condivise.

  • 16:20

    Anna Teselli - ricercatrice IRES - Presenta uno studio svolto dall'IRES, realizzato all'interno del programma di lavoro CGIL sui servizi per l'infanzia. Obiettivo principale è stata un'analisi della disponibilità informativa istituzionale' su questa tematica. In un'ottica ricognitivo-esplorativa., si sono, quindi, ricostruite le fonti ad oggi utilizzabili a livello nazionale e si è ri-verificata la ben nota frammentarietà ed incompletezza delle informazioni, soprattutto di natura quantitativa, sui servizi per l'infanzia, così come evidenziato anche dalle attività datate realizzate dall'Istituto nazionale di Statistica.

    Scarica la relazione integrale
    Scarica i lucidi

  • 16:00

    Carlo Podda, Segretario Generale Funzione Pubblica CGIL, inserisce l’incontro di oggi nel quadro di discussione sul contratto dei dipendenti pubblici, non giunto ancora alla firma, e stigmatizza gli apprezzamenti negativi espressi da esponenti governativi sui lavoratori pubblici.
    Secondo Podda, il lavoro pubblico ha un valore sociale, è garanzia dei diritti di tutti i cittadini della repubblica.
    Dopo 4 anni di resistenza a queste politiche governative, siamo più poveri, nel pubblico impiego ci sono più precari, meno diritti, meno qualità, meno occupazione. È inaccettabile un’ulteriore riduzione come condizione per la sigla dell’accordo contrattuale. Se non si fanno i contratti pubblici, sono a rischio anche i rinnovi nel settore privato.
    Se il governo ha privilegiato l’arricchimento individuale contrapponendolo al sistema dei diritti, oggi questo progetto è fallito per la capacità di resistenza della Cgil e della società civile. C’è un’attenzione nuova allo spazio pubblico e al sistema pubblico.
    I beni sociali devono essere beni pubblici per essere una garanzia per tutti i cittadini.
    Dobbiamo definire una nuova proposta che contenga:
    1. un’idea di servizi sociali non come risposta a domanda individuale, ma come investimento per il futuro
    2. un’inversione di linea sui nidi aziendali: pensare a nidi territoriali aperti alle aziende e per cui si chiede il contributo alle aziende
    3. una difesa del reddito delle persone attraverso l’allargamento della fruizione dei servizi.
    È possibile così difendere i diritti dei cittadini insieme a quelli dei lavoratori delle categorie pubbliche.

  • 15:45

    Filomena Trizio, Segretaria regionale CGIL Puglia, ha detto che per analizzare la situazione della Puglia è necessario tenere ben presente alcuni fattori generali: la logica asolidale di questo Governo; il taglio significativo alla spesa sociale; la destrutturazione sistematica della scuola pubblica (un esempio è la sostituzione dell’obbligo scolastico con il diritto/dovere).
    Questo porta al rischio di un “tritasassi” generazionale, in cui i bambini sono l’anello più debole e silente.
    C’è, infatti, una vera e propria emergenza infanzia e, quindi, trova valore la “vertenza infanzia” che stiamo portando avanti in Puglia.
    Il rischio è ancora più concreto guardando il nostro spaccato, un osservatorio caratterizzato, da sempre, in modo negativo sul sociale. La spesa è marginale, poco organizzata e non coordinata. Le strutture e i servizi per l’infanzia ne portano i segni. La Puglia, infatti, insieme all’Abruzzo, perde strutture: ben 38 nidi di cui 31 pubblici.
    Non cresce la scuola dell’infanzia ne viene generalizzata, anzi, è attivata quasi ovunque con orari ridotti che l’avvicinano alla pura assistenza. E aumenta la risposta di “arrangiamento” da parte delle famiglie o della sostituzione con il privato per rispondere alle proprie esigenze. Ecco perché la Puglia si è adeguata alla logica del “bambino Abarth” cui faceva riferimento Enrico Panini, o a quella del parcheggio. Ecco da dove nasce il successo delle iscrizioni con l’anticipo: più di 4.000 in questo anno e oltre 3.000 per il prossimo. Un dato preoccupante se associato alla mancanza di un ruolo da parte delle istituzioni. Prima fra tutte la Direzione Regionale che ha avuto bisogni di due diffide amministrative per fornirci i dati degli anticipi e ha parlato poi di semplici “uditori”.
    Pur in questo quadro, abbiamo lavorato e qualche goccia nel mare sono state le positive esperienze di Taranto e Brindisi.
    Abbiamo intensificato le tappe, contando anche sul cambio al vertice della Regione, rilanciando le nostre proposte: un osservatorio della Regione, un piano dettagliato di risorse, una definizione di standard di qualità e dei criteri per il ruolo del privato.
    Occorre, quindi, costruire relazioni e alleanze con il territorio e tra gli operatori e le famiglie.

  • 15:30

    Lalla Spione, FP Cgil della regione Piemonte, ha detto che parlare di vertenza infanzia in presenza di uno sciopero generale dichiarato da il segno dell’importanza che la Confederazione da a questa proposta culturale.
    Va ora avviato un percorso di leggi regionali che forniscano garanzie di qualità, professionalità del personale, sviluppo organizzativo e culturale, rapporto stretto con le famiglie.
    I nidi aziendali, ad esempio, devono realmente essere aperti al territorio, sempre nelle prerogative contrattuali dei lavoratori, il cui contratto di riferimento dovrebbe essere quello degli EE.LL., che risulta maggiormente vicino alla professionalità richiesta a questo personale.
    Va, quindi, valorizzato il ruolo degli enti locali nel governo dei nidi, vanno coniugati: i deiritti dei bambini, i bisogni delle famiglie, le risorse disponibili, le garanzie per i lavoratori.
    E’ sempre più indispensabile che la vertenza infanzia diventi un tema sempre più confederale, come dimostra questo convegno, e non resti un tema delle sole categorie coinvolte.

  • 15:00

    Alfredo Hoyuelos – componente rivista Infanzia- dottore europeo di ricerca all’Università pubblica di Navarra. Presenta il percorso storico delle leggi educative spagnole a partire dalla fine del franchismo. E’ del 1990 la legge del partito socialista che, raccogliendo consenso nel paese, afferma il diritto all’educazione fin dalla nascita. Questa legge, con una ideologia molto progressista, non riesce ad essere operativa perché priva di finanziamenti. L’altra debolezza di questa legge è rappresentata dal fatto che gli operatori che interagiscono con i bambini da zero a tre anni hanno livelli di riconoscimento diversi: prevede le maestre e le assistenti.
    Con il governo Aznar nel 2002, arriva una nuova legge che abroga la legge del 1990, nega il diritto all’educazione fin dalla nascita e lascia un vuoto legislativo soprattutto per i servizi educativi da zero a tre anni. Per quanto riguarda il tre-sei prevede un curricolo funzionale alla preparazione alla scuola elementare.
    Nel 2004 con il governo Zapatero si ferma l’applicazione della legge del 2002 e il governo predispone una bozza di legge sulla quale chiede partecipazione. Alla discussione partecipano molte associazioni, sindacati, ricercatori, mondo della cultura. Attualmente il governo ha elaborato una proposta di legge che: - riafferma il diritto all’educazione del bambino fin dalla nascita; - prevede un curricolo specifico per i bambini da tre a sei anni. Non sono certamente “tutte rose e fiori”: ci sono infatti alcuni punti di debolezza:- il nido sarà ancora un servizio a domanda individuale e non si assicura una gestione pubblica; - non prevede standard di qualità di riferimento come invece prevedeva la legge del 1990; - è ancora prevista anche la figura dell’assistente; - è prevista l’istituzione di sezioni aggiunte per i bambini da zero a sei anni usufruendo delle strutture già esistenti di scuola elementare. Questo potrà significare nessun investimento specifico per gli asili-nido.
    Con riferimento ai 40 obiettivi di qualità definiti dalla Rete per l’infanzia della Commissione Europea, oggi alcune associazioni di sinistra rivendicano per la nuova legge 6 punti fondamentali: una unica Amministrazione responsabile della pubblica istruzione (sia al ministero centrale che nei governi regionali) per evitare deresponsabilizzazione politica rispetto ai diritti dei bambini; la definizione dei livelli essenziali che i servizi devono erogare per garantire ai bambini il diritto alla qualità educativa; risorse certe per l’educazione infantile, non inferiori all’1% del P.I.L.; un controllo del rispetto della qualità educativa erogata; una formazione iniziale di carattere universitario per tutti gli insegnanti e l’abolizione della figura dell’assistente, una formazione in servizio garantita e obbligatoria; la definizione del concetto di qualità educativa non in astratto, ma condividendo una discussione ed un confronto tra i soggetti della comunità.
    Termina presentando una sequenza di immagini che illustrano una esperienza educativa vissuta da due bambine in un nido comunale di Pamplona per rappresentare come, anche a due anni, si può fare cultura.

  • 14:45

    Rita Soccorsi, Segretaria FP Cgil Emila Romagna, spiega che il percorso del sistema integrato 0-6 anni realizzato in Emilia Romagna, pur manifestando dei sintomi preoccupanti, possiede dei punti cardine: ruolo dei comuni, valorizzazione, sinergia fra gli operatori e i genitori, continuità di un percorso educativo nido-scuola dell’infanzia.
    Una carenza di risorse e una mancata attenzione ai cambiamenti demografici e sociali ha creato il formarsi di liste di attesa, costringendo le amministrazioni a statalizzare alcune scuole dell’infanzia comunali per riversare le risorse sui nidi.
    Si è cercato di rispondere alle nuove esigenze, offrendo anche servizi diversi (non solo nidi) esternalizzandoli ma cercando di integrare le esperienze.
    La regione ha comunque dei capisaldi: legge 1/2000, legge 2 e legge 12, che riconoscono ai nidi l’appartenenza ai servizi educativi.
    Politicamente si sono fatte delle scelte: aumento delle offerte pubbliche del territorio; difesa del pubblico, sinergie tra sistema statale e comunale, con standard e contenuti condivisi.

  • 14:30

    Carla Daldin, Flc Cgil regione Veneto, riferisce la sua esperienza di insegnante di scuola dell’infanzia. Attraverso gli Orientamenti del ’91, le sperimentazioni Ascanio e Alice, questa scuola ha maturato un’idea del proprio ruolo come centrale e specifico nella formazione delle persone.
    Una scuola che, riconoscendo i bisogni, li trasforma in diritti. Una scuola che è da un lato luogo di incontro on i saperi e dall’altro è palestra dove sperimentare le relazioni con gli altri.
    I provvedimenti Moratti demoliscono questa idea di scuola costruita con tanta fatica, con conseguente rischio di perdita i identità e ritorno all’assistenzialismo. Tra le cause di questo c’è una ridotta attenzione pubblica alle politiche dell’infanzia che ha anche avvalorato gli anticipi dei bambini di due anni e mezzo.
    Le esperienze in tal senso che sono avvenute in questo anno scolastico, al di la di quel che le norme prescrivono e senza alcuna regola, hanno dimostrato non solo le difficoltà ma anche l’impossibilità di inserire proficuamente i bambini anticipatari.
    Lavorare invece sulla continuità tra scuola dell’infanzia e primaria potrebbe essere molto più produttivo.

  • 13:10

    Enrico Panini, Segretario generale FLC Cgil, chiude la mattinata rallegrandosi per l’ottima iniziativa a sostegno dei diritti dei bambini, ed esprimendo, nel contempo, forte preoccupazione per il fatto che siamo in presenza del mancato rinnovo del contratto dei lavoratori di questi servizi.
    Oggi questo governo mette in discussione il diritto alla contrattazione: CGIL, CISL, UIL non ci stanno e, a seguito di questi fatti gravi, hanno proclamato lo sciopero.
    Questa di oggi è una iniziativa importante perché è promossa -sì- dalle categorie FLC e FP, ma è promossa dalla Cgil ed ha l’obiettivo di mettere in campo le emergenze e le priorità per il nuovo governo. Dopo il malgoverno del ministro Moratti troveremo le macerie : non c’è più rispetto dei tempi di apprendimento dei bambini non c’è rispetto del valore di contesti educativi che in serenità educano.
    L’infanzia è diventata luogo di consumo: da questo governo sono state date risposte di tipo consumistico, risposte pur che siano.
    Nessun riguardo alla qualità educativa, il bambino è considerato merce, i servizi educativi un mercato, all’interno del quale sono state date pochissime risorse al pubblico, si è, invece, sperperato danaro nel privato.
    I bambini sono portatori di diritti non di ideologie di accatto, serve un quadro di regole preciso perché la qualità dell’istruzione non può avere deroghe né deleghe.
    Oggi non vi è più attenzione ai diritti dell’infanzia, ma si fa l’occhietto alle famiglie e ai “bambini abarth”.
    L’anticipo quanta ansia nasconde? Ansia percepita bene dalle maestre che quotidianamente affrontano le fatiche della relazione con i genitori sempre più ansiosi sempre più soli.
    Oggi, rispetto all’infanzia, registriamo un diverso approccio nel sociale: occorre con cognizione di causa entrare nella modernità del nostro sociale. IL tempo dell’infanzia deve essere garantito : il gioco, le cure devono essere garantiti dalla scuola perché sottendono agli apprendimenti.
    Chi governa al ministero dell’istruzione, dei bambini non gliene importa nulla : a fronte della proposta dell’anticipo nessun investimento! Nessuna regola! Alla domanda: - cosa avete fatto per i bambini che già frequentano?- è stato detto, dal Direttore Regionale della Puglia che i bambini di due anni e mezzo, se presenti a scuola, da considerarsi UDITORI!!!
    Registriamo però che in assenza di regole e condizioni, in assenza di ridefinizione dei parametri, in assenza delle Intese, in assenza della contrattazione prevista dall’art.43 del Contratto, i bambini di due anni e mezzo sono già nella scuola dell’infanzia. Il problema sociale è sotto i nostri occhi ed è grande. Dobbiamo rivendicare le condizioni e le risorse affinché questi bambini non siano considerati invisibili!!!!
    Rivendichiamo regole per la qualità, rivendichiamo una forte responsabilità del pubblico perché i servizi educativi e la scuola dell’infanzia devono essere governati dal pubblico.
    E il lavoro degli operatori che in questi servizi, ogni giorno, con professionalità si relazionano con fatica -perché la relazione comporta fatica- con i bambini, ma anche con i loro genitori, con i nonni, deve essere riconosciuto per il valore pedagogico, ma anche per il valore sociale che esprime. Se così non sarà assisteremo ad una fuga verso luoghi di lavoro di minor peso rispetto alla fatica relazionale da reggere e più considerati socialmente. Il lavoro di educazione ed insegnamento che si fa nei nidi è nelle scuole dell’infanzia è molto. Necessità di tempi di compresenza, di tempi per la progettazione, per la documentazione e questo va riconosciuto senza riserve e non va visto come una rivendicazione corporativa, ma come la garanzia di condizioni per poter far bene il proprio lavoro e garantire qualità educativa.
    Garantire qualità educativa nella prima infanzia significa garantire democrazia in un paese. Noi non vogliamo sognare la qualità educativa, sognando la democrazia. Con determinazione lavoriamo affinché qualità educativa e democrazia non sia un sogno ma la realtà. I bambini ed il paese di questo hanno bisogno.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

LEGGI LA NOTIZIA