"Autonomia/Autonomie: le scuole nella società della conoscenza" - Seconda giornata

  • 16:30

    Il segretario generale della FLC Cgil Enrico Panini conclude questa due giorni di approfondimento e riflessione con un intervento ricco di spunti e suggestioni. Panini ringrazia i partecipanti e gli organizzatori e il Comune di Napoli che ha dato il proprio contributo all’iniziativa.

    Panini afferma che parlare di autonomia è un guardare avanti, al futuro. La legge Moratti non è compiutamente una legge dello stato perché è stata sconfitta sul piano del consenso sociale e del consenso nelle scuole. L’attuazione della Legge si basa non tanto sui contenuti ma sul taglio di risorse sia economiche che di organico. L’autonomia non è stato un strumento per dire no a priori, ma una scelta di campo in difesa della qualità della scuola. La conflittualità espressa in questi anni e che è ancora in campo non è stata un fatto corporativo ma ha rappresentato una testimonianza di un impegno civile in difesa dei diritti.

    Riprendendo l’intervento del prof. Vertecchi, Panini ribadisce come l’”utopia” da lui richiamata è un bene importante: il sapere deve essere inteso come strumento per il superamento delle differenze.

    Il sapere nel mondo della conoscenza è un indispensabile elemento di tenuta della democrazia. La politica della Moratti non è stata e non è una parentesi, ma è il paradigma di una espressione più “alta” di un modo di vedere il mondo tipico del neoliberismo.

    Se oggi le scelte della Moratti non sono passate è anche merito di tanti uomini e donne e del nostro sindacato. Anche il “movimento” che si è espresso in questi anni non è un fatto contingente, ma rappresenta un punto di vista importante che esprime partecipazione e responsabilità. Per quanto ci riguarda noi continueremo ad essere i campo per sostenere le ragioni e le motivazioni della società civile.

    Il Ministro Moratti è prevedibile nelle affermazioni che coprono le pesanti scelte che mette in campo e negli annunci mediatici. Quando la Legge Finanziaria del ministro Tremonti è stata predisposta con i tagli alla scuola statale e i “regali” alla scuola privata, il ministro non ha opposto nessuna resistenza. Di fronte a tale comportamento la Moratti dovrebbe trarre le conseguenze e dimettersi.

    Panini ribadisce la convinzione che la legge Moratti va cancellata, tale affermazione è espressa con chiarezza anche nel documento del XV Congresso della Cgil. E’ emblematico che il documento congressuale si intitoli “Riprogettare il paese: lavoro, saperi, diritti e libertà.”

    La legge Moratti è una legge non emendabile. Siamo fermi sul bisogno di ridiscutere fino in fondo il sistema scolastico. Il tema dell’autonomia è di forte attualità e non deve passare l’idea che sia un costo teso a giustificare il ritorno alla centralizzazione. Chiederemo a chi governerà di non continuare ad accanirsi sulle scuole con la burocrazia e l’aumento delle attività; di eliminare l’autoritarismo per andare verso una gestione condivisa. Riteniamo, infatti, indispensabile che si intervenga sulla rete esterna e non sulle scuole. Crediamo che più che promettere riforme complessive sia necessario scegliere interventi prioritari, ed investire sull’autonomia delle scuole anche incrementando gli organici e le risorse economiche necessarie.

    Nella parte finale del suo intervento ha ricordato che lo sciopero generale del prossimo 25 novembre, che per la scuola sarà dell’intera giornata, è contro i tagli della Legge Finanziaria che riguardano tutti i settori ed in particolare la scuola, per la quale non sono previste risorse per i rinnovi contrattuali, gli enti locali, la cultura. Inoltre, la scuola sciopera anche per chiedere il rispetto dell’accordo contrattuale sottoscritto nel mese di settembre.

    Abbiamo l’orgoglio, ha sostenuto Panini, di lavorare perché il nostro futuro possa vedere affermati i diritti al sapere ed alla democrazia.

  • 15:45

    Dal POF al bilancio partecipato di scuola questo è il titolo della impegnativa comunicazione di Franco De Anna, Ispettore Tecnico del MIUR, la cui idea centrale è stata articolata a partire dall'analisi delle possibili interpretazioni dell'autonomia e delle loro implicazioni:

    1) autonomia funzionale e strumentale;

    2) autonomia costituzionalizzata come declinazione della sussidiarietà.

    Il punto di approdo è sintetizzabile nella nozione di Bilancio Sociale come strumento di rendicontazione, da intendere come processo che includa anche i risultati ottenuti e gli effetti prodotti.

    L'ultima parte della comunicazione declina per la scuola la scelta strumentale della comunicazione sociale che è dentro il princio della rendicontazione.

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  • 15:15

    Nella sua comunicazione Simonetta Fasoli, Vice Presidente di Proteo Fare Sapere Nazionale, si sofferma sull’idea di equità in educazione, accostata a quella tradizionale di eguaglianza: l’equità è l’uguaglianza possibile nelle società complesse, caratterizzate dalle differenze.

    Delinea quindi sinteticamente un sistema educativo equo, identificandolo nei due aspetti dell’eguaglianza delle opportunità e dell’equivalenza degli esiti.

    In quest’ultimo si colloca l’autonomia scolastica nella sua duplice attività di mediazione: quella interna (scelte organizzativo-didattiche) ed esterna (azioni progettuali integrate nel territorio).

    Ipotizza, infine, la possibilità di un Piano dell’offerta formativa territoriale in cui le azioni perequative, andando oltre i soli provvedimenti amministrativi, si collocano al punto di intersezione del progetto pedagogico-didattico e del progetto sociale.

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  • 14:45

    La relazione introduttiva della quarta sessione è affidata a Maria Brigida, Segretaria nazionale della FLC Cgil che, in avvio del suo intervento, ricorda come fra i nove punti della proposta Programmatica della FLC Cgil l’autonomia costituisce lo scheletro intorno al quale potrebbe costruirsi il nostro modello di sistema di istruzione, alta formazione e ricerca nel nostro paese. L’autonomia è la via di uscita dalla dicotomia tra il burocratico centralismo ministeriale e il tentativo di ridurre le istituzioni formative a servizi a domanda individuale.

    La FLC e la Cgil tutta ritengono la conoscenza elemento costitutivo del processo di ricostruzione del Paese. E’ necessario garantire il diritto all’istruzione a tutti. E’ un cambiamento radicale che ha bisogno di un percorso con modifiche anche rispetto al processo che si avvia. Più volte negli ultimi 50 anni si è cercato di mettere mano al sistema di istruzione con leggi di riforma globale. Tentativi tutti falliti per le più svariate motivazioni, non ultimo la Legge 30 del 2000 sul riordino dei cicli di berlingueriana memoria, perfezionata sul versante legislativo ma mai attuata per i ritardi nell’emanazione dei provvedimenti necessari, ma soprattutto perché la nuova maggioranza di centro destra ha deciso la sua cancellazione.

    La stessa Legge 53/2003 potrebbe “morire” (come noi chiediamo e ricerchiamo) per le stesse motivazioni precedenti. La sua attuazione non è compiuta, mancano passaggi formali, in assenza dei quali, nel rispetto della normativa vigente è stato possibile non attuarla pienamente. Oltretutto, mettere mano a tutto il sistema di istruzione ha prodotto un paradosso: la nuova normativa ha rischiato di intaccare i pezzi migliori della nostra scuola (in particolare quella dell'infanzia ed elementare). L’unico obiettivo raggiunto è stato quello di accentuare il carattere selettivo della nostra scuola, soprattutto di quella superiore ma, grazie al grande movimento di contrasto che si è manifestato, la piena attuazione della Legge 53/2003 è ancora ferma al palo.

    Noi riteniamo, così come abbiamo dichiarato nella nostra Proposta programmatica, che un nuovo governo (auspichiamo di sinistra) debba cambiare metodo di approccio nei confronti di una nuova riforma per la scuola. Riteniamo che la scuola debba essere pubblica, laica, inclusiva, che promuova culturalmente le persone. Una scuola valorizzata per il suo ruolo costituzionale, diffusa sul territorio, dove sia presente continuità fra ordini e gradi diversi, obbligo elevato fino a 18 anni, risorse finanziarie e di personale.

    L’autonomia scolastica si colloca dentro un quadro di altre autonomie, ma è diversa da quella degli enti pubblici territoriali, essa è di tipo funzionale, di grado inferiore a quella universitaria che ad esempio permette anche l’assunzione del personale. Una scuola del territorio deve essere anche in sinergia con le altre autonomie che vi vivono e non può essere considerata come un contenitore in cui scaricare compiti e responsabilità di altri ambiti. Le problematicità intorno all’autonomia esistono e bisogna ancora lavorarci: l’autonomia implica un profondo cambiamento culturale e professionale nell’esercitare la funzione docente. L’autonomia non è scendibile dalla democrazia, dal modo attraverso il quale le scuole autonome assumono le decisioni.

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  • 14:30

    Aprendo i lavori del pomeriggio Gilda Ricci Presidente di Proteo Fare Sapere della Campania, riprende le conclusioni del prof. Vertecchi affermando che occorre fare nostra la sua provocazione sul facile impatto della comunicazione di massa

  • 14:30

    QUARTA SESSIONE " I NODI"

  • 13:15

    PAUSA

  • 12:30

    Riferendosi emblematicamente alla Gran Bretagna e alla Francia, il prof. Benedetto Vertecchi , docente dell'Università La Sapienza di Roma ,ne ha ricavato due modelli: uno attento alle esigenze di alfabetizzazione (originato non a caso nell’area dei Paesi protestanti) e l’altro di tipo “utilitaristico” presente nei paesi in cui il sistema scolastico è stato trainato da trasformazioni economiche. In ogni caso, il quesito fondamentale riguarda (come ci dice Piaget) gli effetti di medio-lungo periodo dell’azione formativa della scuola. Rispetto a questo aspetto, si pone una questione: quanto dobbiamo pensare in termini additivo/cumulativi e quanto invece è utile procedere “per sottrazione”, partire cioé da un profilo desiderato e andare a ritroso per stimare gli esiti nei diversi strati della popolazione. Sotto questo aspetto, il quadro in Italia ha evidenziato una evoluzione negativa: fino a qualche anno fa si registrava una certa compattezza dei dati, che in questi anni si sono invece “sgranati” nella fascia bassa della distribuzione, lasciando sostanzialmente immutata la fascia alta. Segno che il modello di riferimento non è più solidale ma non è neanche competitivo. Per procedere a valutazioni di sistema non c’è bisogno di fare rilevazioni nelle scuole: si possono utilizzare con risultati significativi elementi induttivi (ad esempio, i dati di tiratura dei giornali) che riflettono i profili culturali degli adulti. Dobbiamo, in definitiva, interrogarci sulle dinamiche di conservazione e di accrescimento delle competenze di lungo periodo; guardare non solo “dentro” ma anche “intorno” alle scuole. Tenendo conto che le forme di comunicazione volte all’apprendimento e quelle di comunicazione di massa utilizzano modalità opposte e che la comunicazione di massa, passando al di sotto della soglia minima del patrimonio culturale, è più forte in quanto più diretta e immediatamente efficace. In questo contesto, cè bisogno di scelte politiche in cui le nostre valutazioni siano attivate per un’educazione regolata da elementi di utopia. L’educazione stessa è infatti un “non luogo”, nel senso che prefigura quello che al momento non c’è e non si muove nel campo delle contingenze. L’attenzione alle fenomenologie del contingente che abbiamo visto in questi anni va di pari passo con il rapido deterioramento e con la perdita veloce delle competenze.

  • 11:45

    Il prof. Gaetano Domenici, Docente dell'Università di Roma 3, sottolinea l’obiettivo di innalzare la formazione della popolazione italiana al più alto livello possibile. Le indagini recenti ci forniscono dati preoccupanti sugli esiti e sulle capacità del sistema formativo di dare queste risposte. Ci sono differenze enormi sul territorio che, nonostante l’autonomia, non sono state colmate. L’autonomia deve essere strumento per adeguare l’offerta in modo da raggiungere una base conoscitiva comune. Le scelte di questo governo hanno acuito le differenze non valorizzando a sufficienza le opportunità offerte dall’autonomia. La nostra deriva terzomondista deriva dallo smantellamento sistematico del sistema di formazione e ricerca. Un sistema di valutazione scolastica scientificamente fondato e democraticamente accettato è uno strumento indispensabile per l’autonomia. Gli strumenti della valutazione cambiano con il contesto storico e con il ruolo sociale assegnato alle strutture formative oltre che dalle ricerche docimologiche. L’autonomia deve essere uno strumento atto ad adeguare continuamente l’offerta formativa in funzione delle caratteristiche della platea per “individualizzare” (non personalizzare) i processi di insegnamento in funzione del raggiungimento di obiettivi unitari per tutti. Una scuola che perpetua le differenze iniziali è inaccettabile. Il prof. Domenici presenta poi alcune schede nelle quali illustra lo stato dell’arte della normativa scolastica, universitaria e della ricerca, sulla valutazione a partire dal 1998 anche per evidenziare le differenze sostanziali tra la politica del centro-sinistra e quella dell’attuale governo. Si è passati da strumenti condivisi, democratici e cooperativi a strumenti subìti. L’esigenza di fondo è che la valutazione sia un metodo che fornisca informazioni utili per il miglioramento del sistema è possibile solo attraverso campioni certificati e con metodologie strumenti condivisi. In particolare è necessario sentire le scuole, ultimamente inascoltate, che possono e devono fornire input utili alle agenzie di valutazione affinché i risultati possano poi essere riutilizzati dalle scuole stesse.

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  • 11:10

    La prof.ssa Isabella Filippi, legge il documento preparato dal prof. Romei e presenta alcuni grafici esplicativi, dai quali emergono nodi problematici: anzitutto i significati sottesi alla parola valutazione, che mettono in allarme perché rimandano a giudizi, provocando reazioni di difesa e negazione della sua legittimità; a seguire, si invocano criteri oggettivi, assumendo atteggiamenti fuorvianti, perché valutare significa attribuire valore, processo che non può che essere soggettivo.

    Ovviamente, non è corretto parlare di valutazione senza considerarla come fase di una azione complessiva di controllo e, se così concepita, nasce il problema di individuare i risultati attesi, le modalità di verifica, l’attribuzione di valore agli esiti.

    Solo a queste condizioni, la valutazione diventa un essenziale strumento di gestione, un meccanismo attraverso il quale valutato, valutatore e organizzazione imparano dall’esperienza, abbandonando esercizi moralistici o efficientismo fine a se stesso e, al contrario, presupponendo la fiducia reciproca e la volontà di rinforzare comportamenti e strategie funzionali alla esplicazione del servizio reso dalla scuola nella sua autonomia.

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