Uscire dall’emergenza quotidiana. Un progetto per la Formazione professionale

  • 13:00

    Mara Sbragaglia,Responsabile Formazione Professionale Lazio.

    Vi aggiorno sulla situazione della F.P. nel Lazio: situazione moltovariegata con molteagenzie formative che operano prevalentemente nelle province e soprattutto nel Comune di Roma. Temo, però,che vi sia un latente conflitto traqueste due istituzioni sulla partita dichi si debbaoccupare prevalentementedella F.P. soprattuttoseRoma sarà riconosciuta come area metropolitana.

    Le crisi dei nostri enti sono gestibili e sotto controllo, anzi ci sono anche margini disviluppo con l’assunzione,nel comune di Roma, di 28 precari. prevalentemente formatori, idem a Tivoli 60, Albano 15, con l’assorbimento anche di 48 operatori (crisi Ial).

    Tutti però lavorano prevalentemente nell’obbligo formativo. Gli operatori complessivamente sono un migliaio, 500a tempo indeterminato, 500 contratti atipici. Da segnalaremolti con il CCNL della funzione pubblica.

    Sul documento ho preferito avviare una discussione softconsiderandoquesto convegnocome buonpunto di partenza.

    Siamo d’accordo sulla proposta di cambiare passo ma chiediamo che vengano cambiatistile di comunicazione e l’ordine delle priorità del documento.

    I formatori del Lazio prima lavoravano sulla formazione continua. Coni bandi FSE e la svolta sull’obbligo , la Regione ha investito molto sulla riqualificazioneper avviare la sperimentazione triennale. I formatori hanno cosìriscoperto un ruolo strategico sulla dispersione ecco perché,prima diritornare al passato, vi chiediamo dinon prescindere dall’esperienza vissuta.

    Ci vuole però il comparto unico, e un nuovo accreditamento su tutte le macrotipologie formative.

    Consiglio anche di rivedere lo stiledi comunicazione riguardante la fase di transizione: parlaredi ammortizzatorisociali quando si ha come principale obiettivo il rilancio del settoreè sembrato agli operatorunaevidente contraddizione.

    Dobbiamo, quindi, governare meglio il processo di transizione altrimenti rischiamo che ilavoratorinon ci capiscano con conseguenze pesantissime sulla buona riuscita del progetto.

  • 12:50

    Nando Di Lauro, Responsabile Dipartimento Formazione e Lavoro della CGIL Lombardia.

    La proposta contenuta nel documento è da considerarsi in elaborazione; per questo nel seminario di oggi è importante definire le criticità della proposta e non limitarci alla sola approvazione o meno. Rispetto al riposizionamento della Formazione Professionale è importante evidenziare le seguenti problematiche:

    • i tempi ristretti rispetto al diritto di scelta delle famiglie;

    • l’orientamento delle famiglie verso percorsi che potrebbero portare ad un reddito aggiuntivo in un periodo piuttosto breve;

    • necessità di accogliere i diversi stili cognitivi dell’utenza;

    • importanza che il progetto sia condiviso da più soggetti;

    • vincolo della titolarità regionale in previsione di un sistema di F.P. che noi vediamo nazionale;

    E’ d’obbligo:

    • sia un’integrazione con il mondo del lavoro che può avvenire attraverso l’apprendistato (aumento delle ore di formazione);

    • che un riconoscimento del sistema di F.P. come unico sistema titolare nel rilascio della qualifica al 3° anno.

    E’ importante leggere e valutare le varie esperienze territoriali/regionali: in Lombardia la sperimentazione triennale ha avuto successo sia per l’alto numero delle iscrizioni sia per il recupero della dispersione scolastica.

  • 12:40

    Giovanni Lo Cicero, Responsabile Formazione Professionale Sicilia.

    La crisi del settore è sempre più grave ed il avoro sempre più precarizzato. La CGIL ha messo in campo iniziative di elaborazione e di proposte, fino a quella odierna, che apprezzo perché si fa carico di una svolta nelle politiche formative. Anche se, viste dalla prospettiva che ne offre la mia regione, le problematiche sembrano essere in controtendenza: in Sicilia si assume spendendo soldi che aumentano l’indebitamento pubblico, il presidente Cuffaro si vanta di essere riuscito a rimanere nell’obiettivo 1 e di avere avute confermate perciò ingenti risorse dall’UE, è contento quindi che la Sicilia sia rimasta nell’area del sottosviluppo. Ma queste risorse andranno ad alimentare – con il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro che il Governo regionale si appresta a varare, il peggio di quanto preveda la legge 30 declinato in salsa clientelare siciliana, con un forte abbattimento di diritti e con l’introduzione per legge dei contratti regionali – ossia delle gabbie salariali.

    D’altra parte, nel paese, la CGIL, la CGIL scuola prima e la FLC dopo, hanno condotto una azione di contrasto alla legge 53, per i suoi contenuti discriminatori ed antidemocratici, che portavano alla separazione sociale riproponendo la concezione duale dell’istruzione, quella dove i giovani appartenenti alle fasce più abbienti che aspirano a mantenere il ruolo di classe dirigente e che possono aspirare alle scuola ed alla formazione universitaria, e dove i giovani provenienti dalle fasce meno abbienti e disagiate possono aspirare a diventare operai, che devono essere culturalmente subalterni e che devono solo essere consumatori, senza facili possibilità di mobilità sociale. Un modello conservatore e teso ad una rappresentazione sociale cristallizzata.

    L’esatto opposto della “scuola per tutti e di ciascuno” che aveva ispirato la istituzione della scuola media unica, cancellando la vergognosa separazione tra quella scuola media precedente – intesa come un preginnasio – e l’avviamento professionale.

    Per questo è necessario lavorare per restituire la Formazione Professionale al ruolo di formazione al lavoro, formazione nel lavoro, formazione lungo tutto l’arco della vita. Questo impone una riflessione vera sul ruolo e sulle prerogative della formazione professionale, che in questo paese non si è mai veramente sviluppata fino in fondo, e quindi non ha favorito la definizione di un ruolo con prerogative esclusive che rendano veramente di pari dignità il sistema della formazione professionale, come il rilascio delle qualifiche professionali che non dovrebbero essere più delegate anche ad altri sistemi. L’innalzamento dell’obbligo a sedici anni prima ed a diciotto poi previsti dal programma della FLC e dalla CGIL comportano necessariamente una revisione delle norme che regolano l’accesso al lavoro, che regolano l’apprendistato e degli ordinamenti scolastici, in particolare quelli della secondaria superiore e della istruzione tecnico e professionale.

    Perché se si vuole dare reale risposta ai bisogni del mercato del lavoro ed ai fabbisogni formativi delle imprese, c’è la necessità di modelli più agili che solo la Formazione Professionale può garantire.

    Mentre la scuola deve garantire una formazione di base strutturata e durevole, che favorisca l’innesto di nuovi saperi, che saranno utili nella cornice del mondo globalizzato e policentrico che si va delineando. Per queste ragioni il Documento che discutiamo oggi segna una netta demarcazione.

    In esso è manifestata una attenzione della nostra organizzazione tutta – categoria e confederazione – una attenzione strategica, che vuole guardare al futuro e che si interroga compiutamente sui problemi posti, anche se a non tutte le questioni è in grado di dare risposte esaustive. Su alcune e importanti questioni anzi, esso appare deficitario: prima tra tuttequella del personale.

  • 12:30

    Claudio Treves, Responsabile delle politiche lavoro CGIL nazionale.

    Dobbiamo essere consapevoli che ci sono contraddizioni tra il dire e il fare anche nella legge finanziaria: ad es. nella legge ci sono impegni sul lavoro di qualità ma al contempo anche sullamobilità lunga.

    Sempre nel contesto del dibattito sulla finanziaria è indecente poi la proposta sull’apprendistato spacciandole richieste delle impresecome richieste per elevare la qualità dell’offerta formativa quando in realtà l’unico obiettivo è la riduzione dei costi.

    C’erano anche grandi aspettative sul ruolo delle Regioni. La Cgil si era illusa che dopo il passaggio di 16 regioni al Centrosinistra fosse possibile realizzare una certa omogeneità nel proporre un modello alternativo alla Legge Moratti confermata nel convegno di Modena, dove era emersa una richiesta esplicita d’intervento su formazione e lavoro e apprendistato. Tutti d’accordo, ma poi la logica del socialismo èpassata in una sola regione con unlodevole intervento sul lavoro nero in Puglia, questa lodevole intervento però non ha avuto invece alcun sbocco sull’apprendistato.

    Sulla partita F.P. e sulla nostra proposta di costituire un sistema nazionale, determinante sarà il ruolo che assumeranno le regioni e quale sarà il livello di interlocuzione con le stesse.

    Altri due passaggi comportano criticità: il repertorio delle qualifiche e il meccanismo della certificazione delle competenze.

    Determinante sarà anche il Tavolo che partirà a gennaio con il Governo con l’avvio di una discussione per rimettere a posto le regole del lavoro,se si concretizzerà buone nuove potrebbero arrivare anche per la Formazione Professionale ma non dobbiamo nasconderci le difficoltà. La CGIL intende andare avanti ma Confindustria, Cisl e Uil non paiono disponibili.

    Altro obiettivo è scorporare l’intervento sul contratto a termineper esigenze specifiche, passaggio obbligato se vogliamo fissare criteri certi sul concetto di stabilità ed instabilità del rapporto di lavoro, ma anche sulla c.d. tipicità e atipicità nel diritto del Lavoro.

    Una volta chiarito il concetto di stabilità e della qualità del rapporto di lavoro, lo sbocco naturale quindi li può apriri il ragionamento soglia ammortizzatori sociali per i lavori della F. P.

    Da affrontare è anchelo snodo tra rapporto di lavoro e formazione soprattutto se si realizza l’obbligo scolastico a 16 anni. Se così sarà possibile discutere in termini più costruttivi sui contenuti dell’apprendistato valorizzandone gli aspetti più professionalizzanti rispetto a quelli riguardanti le competenze trasversali, oltre a ciò significa che è possibile tornare a discutere la durata stessa del rapporto di apprendistato rispetto a quello attuale. Se si compongono tutti questi tasselli sarà poi più facile far ripartire la discussione sul riposizionamento della F.P.

    Accolgo poi le preoccupazione sulle riqualificazioni nella transizione, qualsiasi transizione comporta una riflessione sulle competenze acquisite e da acquisire. La CGIL su questo aspetto non si farà trovare impreparata.

  • 12:20

    Claudio Cattini, Dipartimento formazione e ricerca Emilia Romagna.

    La F.P., nella nostra regione, opera in tutte le macrotipoligie formative, quindi se vogliamo fare sistema bisogna dare a tutte le agenzie formative lo stesso obiettivo, la stessa mission e questa non può che essere principalmente la formazione continua.

    C’è una crisi generalizzata nella F.P. anche in Emilia ma non è solo una crisi di tipo economico finanziario ma soprattutto di mission. Infattigli Enti e le agenzie formative hanno progressivamente abbandonato quella chedoveva rimanere la loro principale mission e cioè la formazione continua.

    Adesso la situazione si complicaperchè anche se calano le risorse FSE e 236, in realtà le risorse potenzialmente a disposizione si triplicano; il problema è come vengono intercettate. Se, con lungimiranza, gli Enti e le Agenzie formative fossero rimasti a presidiare la formazione continua adesso partirebbero in una posizione di vantaggio, purtroppo non è così, quindi sono altri i soggetti, specie di emanazione datoriale che faranno la parte del leone.

    Anche sui diplomi di qualifica e sugli attestati di qualifica bisogna aprire un dibattito. Io sonofavorevolesul fatto che specie questi ultimi vengano rilanciati. A maggior ragione, quindi, sulla partita attestati diventa una scelta obbligata la sfida per realizzare un sistema nazionale della F.P.

    Voglio poi sottolineare alcuni aspetti positivi emersi dal laboratorio Emilia sulla F.P.

    Mi riferisco in particolare alla sperimentazione sull’integrazione. I risultati raggiunti sono eccellenti in particolare sui progetti nella istruzione professionale che hanno affrontato di petto tutte le problematiche legate ai drop aut ed agli immigrati, pertanto con successi significativi rispetto al contenimento della dispersione.

    Altra esperienza da valorizzare è la campagna avviata sui contratti di riallineamento di altre categorie per l’applicazionedel CCNL della F.P. Abbiamo posto le condizioni perchè tutti gli enti che fanno formazione partano tutti con le medesimi condizioni di lavoro. Anche questa è un strada da perseguire per gettare le basi per un sistema nazionale .

    La nostra esperienza ci insegna che dove girano soldi sulla formazione là ci sono sempre e prevalentemente le agenzie formative datoriali. Loro fanno il loro mestiere ma noi troppo accondiscendenti….Puntiamo su quella mission per il rilancio e di una F.P. di qualità.

  • 12:10

    Claudio Arcari, Responsabile Formazione Professionale FLC Cgil Lombardia.

    Il documento è stato il primo argomento affrontato dalla neonata struttura di comparto.

    Questo “ragionamento”,però, si è collocato all’interno di un conclamato stato di crisi della F. P. La rappresentazione simbolica di questacrisi è la Sperimentazione triennale non a caso quasi esclusivamente delegata, per la sua attuazione, al sistema della Formazione professionale Lombardo.Si è, quindi, creato un “disequilibrio”a tutto vantaggio di una sola parte del sistema, un “disequilibrio” reso ancor più evidente dal fatto che nella nostra regione, contemporaneamente, entravano in crisi oltre 900 aziende presenti in svariati e strategici settori produttivi.

    E ‘ a partire da questo momento che numerosi Enti hanno cominciato a denunciareconsistenti problemi di tenuta occupazionale e la necessità di riqualificare le competenze possedute dai propri operatori.

    E’ partendo da questi presupposti che si è sviluppata l’analisi del documentodella CGIL e della FLC sulla Formazione professionale.Ma attenzione, se quasi tutti dicono di condividere la proposta del documento in prospettiva, molti sollevano però perplessità sulla effettiva realizzazione, in tempi ragionevoli, della stessa.

    Anche all’interno del dibattito nella struttura di comparto, abbiamo dovuto registrare diverse tipologie di posizioni sul documento(tra l’altro riscontrabili anche in molte assemblee) che potremmo così sintetizzare:

    • il formatore “conservatore” che pur condividendo la proposta si rifiuta di mettersi in discussione perché ritiene che il suo unico utilizzo possibile sia quello nella prima formazione (dal punto di vista anagrafico e professionale è quasi sempre un formatore a fine carriera);

    • il formatore “missionario” che pur dichiarando di sposare appieno la proposta della CGIL, ci avvisa però che è fermamente convinto che una delle mission qualificanti della formazione professionale sia la lotta alla dispersionee al disagio, in particolare della fascia d’età 14-16 anni, e che è diffidente sul fatto che il sistema dell’Istruzione sia in grado di gestire il successo formativo una volta innalzato l’obbligo scolastico;

    • il formatore “disilluso” che ha mal digerito il riposizionamento “forzato” e quasi totalizzante sulla prima formazione(denunciandone al contempo l’inadeguatezza) in quanto ritiene che questa non sia affatto la funzione principale della formazioneprofessionale ma che ha accettato comunque di riqualificarsi in tal senso in attesa che la situazione cambi come prospetta la CGIL;

    • ed infine il formatore “garibaldino” che non solo sposa convintamene la nostra proposta ma che dice a chiare lettere che è l’unica propostasensata per far uscire la Formazione professionale dal “pantano” in cui si trova soprattutto nella nostra regione ( dal punto di vista anagrafico e professionale è unformatore ancora molto lontano dalla pensione che prima di diventare fisso ha passato un lungo periodo di precariato e che, in questa ultima fase, ha visto anche messo in discussione il suo posto di lavoro).

    In ogni caso tutte le tipologie sopra descritte hanno bisogno di rassicurazioni sul fatto che la Formazione professionale rimanga in vitae “regga” come sistema a se’ stante.

    Non c’è però alcun dubbio che proprio la nostra regione si candida ad essere il “laboratorio” idealeper verificare ed esperimentare lo scontro e l’integrazione fra modelli possibili di istruzione e formazione professionale.

    Risulta chiaro che evocando e affrontando questi temi si entra nel merito della missione del primo biennio della scuola secondaria superiore che si appresta a diventare finalmente obbligatorio.

    Piena scolarità deve significare che nella scuola ci sono tutti, cioè tutte le possibili differenze, non affrontabili con una proposta monocorde. Orientamento, rafforzamento di motivazione, capacità di rispondere ai diversi stili cognitivi, mix tra “sapere” e “saper fare”: queste sono le cose da assicurare, per tutti.
    E’ su questi ultimi argomenti che dobbiamo registrare parecchi “distinguo”,

    Non sarà certo sfuggito al livello nazionale che Forma, alla fine di ottobre, ad Areseha lanciato la campagna in difesa della sperimentazione triennale e dell’espletamento dell’obbligo d’istruzione anche nella Formazione professionale.
    Ciò nonostante anche nella nostra regione si sta allargando il fronte di chi, per risolvere il problema della dispersione scolastica, ritiene che l’unica risposta non può essere quella di affiancare alla scuola come è oggi una parallela offerta di formazione professionale: non solo ci andrebbero in pochi (lasciando inevaso il problema generale), ma quella offerta dovrebbe caricarsi di ampie valenze culturali stravolgendo l’identità e la specificità della formazione professionale.
    Nella nostra struttura di compartosi è comunque convenuto che i percorsi biennali unitari e articolati di istruzione e orientamento siano realizzati con la titolarità e la responsabilità degli istituti autonomi di istruzione superiore, anche con l’apporto delle istituzioni autonome della formazione professionale regionale per attività di laboratorio ed altre iniziative di supporto,sottolineando la necessità che queste siano debitamente certificate e che perseguano gli obiettivi standard del biennio di istruzione fissati dal MPI.

    Si è anche convenuto che le attività di alternanza abbiano inizio dal terzo anno di studi e/o formazione.

    Oltre a ciò,al termine dell’obbligo di istruzione dovranno esserecertificate le competenze acquisite dallo studente, in ordine a standard comuni e obiettivi di indirizzo definiti e periodicamente aggiornati dal MPI, che dovranno costituire crediti per la prosecuzione degli studi o per l’accesso alla formazione professionale o all’apprendistato.

    Si è voluto anche ribadire che:

    • al termine dell’obbligo di istruzione non viene rilasciata alcuna qualifica e che questa debba divenire, progressivamente, esclusiva prerogativa della formazione professionale.

    • il giovane può esercitare attività lavorative, incrementate da attività di studio e formazione, solo dopo aver compiuto 16 anni.

    • fino ai 18 anni sono vietate attività lavorative che non siano incrementate anche da attività di studio e formazione.

    Infine le qualifiche rilasciate a 17, 18 e 19 anni ed oltre, corrispondenti ai livelli 2, 3 e 4 ed oltre dell’European Credit Transfer System, debbono essere connotate da un giusto ed equilibrato livello di istruzione. A tal fine saranno necessari opportuni accordi in sede di Conferenza Unificata.

    Considerazione finale:

    In Lombardia non vorremmo che mentre ci si scontra su cosa sia o debba fare la Formazione professionale, nel frattempo quel poco che è rimasto della Formazione Professionale in alcune regione si squagli come neve al sole.

    Secontinueranno ad esserci gravissimi ritardi, da parte delle Regioni e delle province, nelle erogazioni degli acconti e dei saldi delle attività formative già svolte e rendicontate o già avviate(in qualche caso riferite a progetti chiusi da 4 o 5 anni) il “sistema” verràsvuotato progressivamente.

    Chiediamo quindi alla CGILdi fare presto. Il rischio è che uno degli interlocutori fondamentali per vincere la scommessa di un nuovo sviluppo possibile , il sistema della Formazione professionale di questo Paese, arrivi a quella scommessa in una situazione gravemente compromessa.

    In gioco non ci sono solo posti di lavoro, ma l’intera credibilità di questo sistema nei confronti dell’utenza e dell’intera cittadinanza.

  • 12:00

    È l'intervento di Mara Cecchini, CGIL Toscana, ad aprire il dibattito nel quale saranno presentati alcuni contributi specifici.

    In Toscana sono stati rimessi in discussione sia l’accreditamento sia il sistema di Formazione Professionale, su questi fatti la valutazione non è positiva, nella Commissione tripartita che deve rivedere l’accreditamento la CGIL è stata la sola a condurre la battaglia per l’obbligo della applicazione del contratto. Nessuna delle altre parti sociali ha seguito la CGIL. È positivo però che la CGIL abbia iniziato tale battaglia, rompendo con il precedente tradizionale silenzio confederale. La discussione è aperta sulle competenze, e si avverte la mancanza di un quadro di riferimento nazionale.

    Ribadisco però che la titolarità della tematiche formative è affidata dal titolo V della Costituzione alle regioni, e perciò un sistema nazionale può nascere solo dal confronto tra le regioni e con lo Stato, ma a partire dalle regioni, dalla lettura del territorio e delle sue specificità. In Toscana le attività sono date in appalto per il 50%, a bando per il 25% e utilizzando il sistema dei vaucher per il restante 25% . Anche sui fabbisogni formativi si deve dire che essi sono il frutto della contrattazione tra le parti sociali, in rapporto dialettico. Anche formazione continua ed apprendistato vanno ripensati, devono durare meno ed essere rapportati alle fasce di età dei destinatari, modellandoli sulle politiche del lavoro che ogni regione mette in campo.

    Per finire, è necessario che anche nella scuola, in quel 20% del curricolo messo a disposizione dalla autonomia per l’arricchimento dell'offerta formativa, vanno introdotti percorsi di integrazione con la cultura del lavoro di cui la formazione è portatrice, perché la scuola ha bisogno di “iniezioni sostanziose di robe esterne”.

  • 11:30

    Proseguono i lavori e Giusto Scozzaro, Responsabile Nazionale FP, prende la parola.

    L’iniziativa di oggi aggiunge un altro tassello al mosaico per una proposta sulla formazione professionale nel nostro Paese.

    Abbiamo cominciato a parlarne il 16 marzo del 2004, poi il 25 ottobre del 2005, nel congresso nazionale della FLC e della Cgil ed oggi ne parliamo con una proposta articolata elaborata dalla FLC Cgil e dalla Cgil.

    Sulla formazione professionale facciamo scelte coraggiose, e noi riteniamo importanti, per rilanciare un settore caratterizzato da uno stato di precarietà irreversibile; abbiamo deciso di buttare il sasso nello stagno per rimescolare l’acqua che sta imputridendosi.

    Con il nostro progetto vogliamo riposizionare la formazione professionale in questo Paese perché pensiamo che oggi la sua mission deve essere un’altra, votata al lavoro e alla professionalizzazione dei lavoratori, all’educazione degli adulti.

    Non è più il tempo di rivalità, di gerarchie del sapere, di riproporre ideologiche concorrenzialità.

    La nostra proposta punta quindi a dare un ruolo e una identità alla formazione professionale e con esso valorizzare i lavoratori.

    Il processo che intendiamo avviare deve avere una sua gradualità perché la situazione data ècomplessa ed articolata e quando si pensa a cambiamenti strategici, noi come sindacato, non possiamo che pensare anche alla situazione concreta dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

    La nostra proposta parla ai lavoratori perché chiede certezza delle risorse, strutture formative stabili e di qualità, il riconoscimento della professionalità e un piano nazionale di qualificazione per gli addetti. Proponiamo la definizione e il riconoscimento dello status professionale attraverso un piano nazionale per la certificazione delle competenze e delle conoscenze maturate.

    La definizione di un sistema nazionale, spinge verso un contratto unico di comparto che ricomprenda le diverse tipologie di formazione e i servizi per l’impiego.

    Chiediamo di aprire un confronto con le Regioni sulla revisione della normativa sull’accreditamento e sulle risorse da destinare alla formazione professionale.

    Scarica la relazione integrale

  • 11:00

    La relazione introduttiva è affidata a Fabrizio Dacrema, Coordinatore del Dipartimento Formazione e Ricerca della CGIL.

    "La CGIL e la FLC CGIL con l’iniziativa odierna proseguono il percorso avviato con la definizione del programma della conoscenza e presentano una proposta per potenziare e qualificare la formazione professionale.

    È una proposta che si pone due obiettivi essenziali:

    • far uscire il settore dall’attuale situazione di difficoltà e di residualità rispetto al sistema di istruzione mediante la costruzione di un sistema della formazione professionale dotato di identità propria e finalizzato alla formazione al lavoro e nel lavoro;

    • rispondere al bisogno del paese di elevare le competenze professionali della popolazione e di accrescere la qualità del lavoro per sostenere lo sviluppo economico e sociale.

    Il sistema che proponiamo è finalizzato alla formazione per l’ingresso al lavoro e nel lavoro, deve dare certezza, stabilità e qualità alla formazione professionale per rispondere ai bisogni espressi dalle attività di formazione continua e permanente: formazione continua, educazione degli adulti, qualifiche di alto livello, IFTS, apprendistato rappresentano i nuovi campi di azione.

    Le scelte necessarie per costruire il sistema della FP riguardano la governance (livello nazionale e regionale), istituzioni formative stabili, professionalità specifiche, risorse certe e stabili.

    Il primo passo per realizzare il sistema della formazione professionale prospettato consiste innanzitutto nel superare l’attuale stato marginale e residuale della formazione professionale nei confronti dell’istruzione.

    L’avvio della progressiva attuazione di questa proposta, oltre alla condivisione di tutti gli attori coinvolti in questo complesso processo e alla conseguente definizione degli atti necessari, esige l’urgente definizione di un preciso piano di fattibilità che preveda le necessarie gradualità."

    Scarica la relazione completa

  • 10:45

    L'apertura dei lavori è affidata a Stefano De Caro, Segretario Generale FLC Cgil Lazio, che ringrazia gli invitati e sottolinea l'attenzione che la CGIL scuola prima e la FLC oggi dedicano al settore. Quella di oggi è un'ultima tappa per costruire un sistema nazionale.

    Comunica l'assenza di Enrico Panini, per irrinviabili motivi. Il Segretario Generale della FLC Cgil ha inviato una lettera ai partecipanti nella quale sottolinea l'importanza dei nostri lavori per raccogliere gli ulteriori contributi che dal dibattito emergeranno.

    De Caro traccia i contorni della nostra proposta e il riposizionamento della formazione professionale nella filiera della conoscenza.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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