Donne della conoscenza e pari opportunità

  • 16:40

    Dopo un breve dibattito Joelle Casa conclude i lavori del convegno.

    Scarica la versione integrale delle conclusioni .

  • 16:15

    Gabriella Giorgetti, dell’Ufficio Internazionale della FLC Cgil propone alcune riflessioni sui temi in discussione.

    E’ molto importante riaffermare il principio delle “ quote”. L’ultima ricerca dell’Unicef sullo “Stato delle donne e delle bambine nel mondo” dimostra, infatti, la stretta connessione tra una migliore condizione femminile e la presenza delle donne nelle istituzioni.

    E’ molto importante mantenere viva la memoria delle lotte delle donne per l’acquisizione di diritti, libertà e riconoscimenti, perché questi non sono scontati, né acquisiti una volta per tutte. Il rischio è che le “figlie” pensando che sia tutto già raggiunto finiscano per tornare indietro.

    L’educazione. Occorre lavorare nell’orientamento scolastico per un migliore raccordo tra scelte di studio e sbocchi lavorativi: è un problema centrale per le donne.

    Ma è anche importante che nelle scuole aumentino gli insegnanti uomini. Non è solo un problema economico, ma anche culturale. La figura docente è ancora vista come “figura materna” e non come una professione.

    Va aperta una riflessione sulla violenza nelle scuole, che è anche violenza di genere contro le docenti, avvalendoci delle riflessioni e delle buone pratiche avviate in altri paesi.

  • 16:00

    Interviene Ersilia Mazzarino, presidente di Proteo Fare Sapere della Sicilia.

    Dopo avere illustrato i compiti e le finalità dell’Associazione Proteo Fare Sapere, ci intrattiene con un brillante intervento ricco di aneddoti e di citazioni letterarie. L’uditorio ne è affascinato.

    Che un convegno sulle donne si svolga in luogo dove 400 anni fa si bruciavano le streghe è davvero una nemesi storica.

    Mazzarino parla della Sicilia, dove essere donna è stata una condizione di subalternità per un tempo più lungo rispetto ad altre aree d’Europa e la storia dell’emancipazione e della liberazione più tormentata. In Sicilia ci sono tantissime donne imprenditrici, ma non bisogna farsi ingannare dai numeri, perché tantissime di loro sono solo dei prestanome dei mariti che possono scaricare su di esse le operazioni più ardue senza correre rischi in prima persona. Ma Mazzarino non nasconde anche i poteri che donna esercitava all’interno della famiglia, anche ricorrendo a qualche astuzia. Racconta che sua nonna comandava e decideva tutto, facendo credere al marito che le scelte discendessero da lui.

    Il problema più importante per le donne è liberarsi dal virus della sottomissione. Nei suoi 38 anni di insegnamento, di cui 18 in un magistrale tutto femminile, si è resa conto quanto sia difficile scardinare dalla testa delle ragazze il pensiero maschile, i modelli introiettati. D’altronde nella scuola anche i curricoli sono concepiti al maschile. Per questo vanno ricostruiti anche i saperi e la loro finalità. Perché le ricerche più importanti nascono per scopi militari? Rovesciare una cultura tutta al maschile significa ispirarsi a un Etica della pace che significa ascolto e tolleranza (anche se questa parola ha un sapore paternalistico quindi è meglio reciprocità).

    Anche la chiesa discrimina le donne, forse le teme, altrimenti non le terrebbe lontano dal gohta della gerarchia.

    Infine ha voluto ricordare che i convegni non sono una conclusione, ma l’inizio di qualcosa.

  • 15:45

    Prende la parola Enza Albini, segretaria confederale della Cgil Sicilia, che ricorda il percorso formativo politico che l’ha portata dalla scuola ai vertici del sindacato di categoria (Cgil Scuola e Cgil FLC) fino all’attuale incarico confederale. Albini dice che le donne hanno fatto tanti passi avanti, ricorda sua madre, donna votata solo alla famiglia e sua figlia che fa il medico e vive senza strappi il rapporto tra vita lavorativa e vita professionale. Ma non basta. In Sicilia la precarietà è donna. La politica è ancora chiusa alle donne. La segreteria confederale della Cgil Sicilia ha pari numero di donne e uomini, è vero, ma nessuna Camera del Lavoro è diretta da donne. Nonostante nella Cgil funzionino le “quote”.

    Non basta perché i modelli maschili sono consolidati. Le donne non votano per le donne. Le donne che hanno raggiunto buone posizioni lavorative trasmettono modelli maschili. Albini ha ricordato il disagio di essere stata la coordinatrice di un organismo fatto da uomini che – sia pure senza intenzione – mal digerivano di essere diretti da una donna.

    Il problema più importante non è conciliare la nostra vita di donne con il lavoro e il sociale, al contrario, cambiare i tempi per permettere anche agli uomini un diverso e migliore sistema di vita. La differenza di genere non significa una diversa intelligenza, un’intelligenza emotiva come dice qualcuno. L’intelligenza è intelligenza, le nostre differenze riguardano la sensibilità, l’allargamento delle prospettive, i bisogni.

  • 15:30

    Marta Scarpato, consulente dell’Internazionale dell’Educazione* per le pari opportunità e i diritti delle donne. La sua relazione ha per titolo “Azione congiunta delle donne oltre i confini nazionali per una politica più efficace sulle pari opportunità”.

    Le donne europee, e le italiane non fanno eccezione, sono in piena evoluzione e crescita. Sono senza dubbio una delle componenti più dinamiche della società. Negli ultimi 50 anni hanno modificato in modo radicale comportamenti e attitudini, modalità di approccio della realtà, modi di pensare e di agire. E continuano a cambiare, influenzando in modo determinante lo sviluppo della società europea.

    Il lungo cammino delle donne alla conquista del diritto ad un’educazione di qualità, senza stereotipi sessisti, che comprende l’accesso a carriere e a lavori considerati fino a non molto tempo fa prettamente “maschili”, ha giocato e continua a giocare un ruolo determinante. Pero, il cammino da percorrere è ancora lungo e d’altra parte la storia ci insegna che le conquiste fatte vanno difese. Ci sono ancora, “tetti di cristallo” che resistono al cambiamento. Tuttavia, in un mondo sempre più globalizzato, pensare di poter risolvere questi problemi agendo esclusivamente a livello nazionale è sempre meno realista.

    Da qui la decisione adottata dalle organizzazioni che aderiscono alla Internazionale dell’Educazione - IE -
    di creare la Rete paneuropea delle lavoratrici dell’educazione e della conoscenza.

    * L’Internazionale dell’Educazione-IE/EI è la federazione sindacale internazionale che rappresenta 30 milioni di lavoratori e lavoratrici dell’educazione e della conoscenza suddivisi in 384 organizzazioni in 169 paesi. Circa il 70% dei membri che vi aderiscono è costituito da donne e quindi la IE è una delle associazioni con il più alto numero di lavoratrici aderenti.

    Scarica la relazione integrale.

  • 15:00

    Santo Inguaggiato apre la sessione pomeridiana del convegno e dà lettura di un messaggio inviato da Enrico Panini, segretario generale della FLC Cgil, trattenuto a Roma da sopraggiunti impegni sindacali.

    “Carissime compagne e cari compagni, signore e signori invitati,
    oggi non sarò presente ai lavori di questo seminario perché il Ministro della Pubblica Istruzione ha convocato i segretari generali dei sindacati del comparto scuola per affrontare alcune delicate questioni che riguardano l’attuazione della Legge Finanziaria per il 2008.

    Durante l’incontro i sindacati di categoria porranno questioni aperte da troppo tempo (dalle risorse per il contratto alle questioni relative alle immissioni in ruolo) alle quali va data soluzione in tempi rapidi, senza ulteriori ritardi.

    Per intenderci sulla natura dell’incontro: da oggi si potrebbe aprire, se gli esiti dell’incontro con il Ministro saranno insoddisfacenti, una fase di conflitto.

    Questa mia lettera non nasce solo da una forma di rispetto e di attenzione per ognuno di voi.

    Nasce dalla consapevolezza che con l’iniziativa di oggi per il nostro sindacato riprende, dopo quasi vent’anni dall’ultima occasione, un lavoro sui temi e politiche delle donne e per le donne.

    Una questione non solo di straordinaria centralità sempre, ma tanto più centrale in un periodo come quello che stiamo attraversando, contrassegnato proprio da un attacco a tutti i temi principali che riguardano le donne, il loro corpo, i loro sentimenti.

    Basti ricordare il referendum sulla procreazione assistita, e lo scontro che lo ha accompagnato, fino ad arrivare ai giorni nostri con l’impegno della maggioranza ad affrontare il tema dei Pacs, poi declinati in versione molto riduttiva in DICO e sottoposti ad ulteriori e continui attacchi da parte della gerarchia cattolica.

    L’aggressione in atto alle donne, ma vorrei dire ad un intero impianto legislativo e sociale, è una tendenza di lungo periodo, non rappresenta un fatto tattico.

    Dietro all’attacco alla legge 194, tra la fine del 2005 e l'inizio del 2006, o dietro lo scontro sui PACS c’è un attacco alla dimensione laica dello Stato, ad uno Stato che rispetta le convinzioni delle persone e che non interferisce con le scelte personali.

    E sulla laicità dobbiamo avere più coraggio.

    Esiste un nesso importante fra laicità e libertà, soprattutto di pensiero.

    Infatti, lo Stato laico regola la convivenza civile fuori da precetti confessionali di qualunque tipo proprio perché i cittadini sono tutti uguali di fronte alla legge, la quale non interferisce sui comportamenti e le scelte personali dettate dall’adesione a questa o a quella fede.

    E’ necessario mettere al centro del nostro agire questo principio, principio che purtroppo nel dibattito politico troppo spesso è mortificato e sostituito da un presunto scontro di civiltà.

    Vedo in questo grumo di problemi aperti pienamente coinvolti i nostri settori ed i nostri lavori.

    Siamo coinvolti perché le nostre relazioni sono con persone che costruiscono la loro identità e come tale essa non può che essere plurale. Scuola, università, arte, da un lato, e ricerca, dall’altro, possono essere quei luoghi nei quali si alimenta e cresce una dimensione aperta e di confronto.

    I luoghi della cultura sono il bacino più proficuo per dare continuità a tali azioni. Perché i luoghi della formazione, in particolare, sono lo specchio della società multiculturale e multi religiosa.

    Da qualche tempo è in corso un attacco contro il cosiddetto relativismo etico.

    Giulio Gioriello, un filosofo della scienza, scrive “Appare evidente come lo scontro oggi in atto sulla presunta dittatura del relativismo sia uno scontro filosofico sul senso e sulla portata della scienza, della riflessione critica, della tolleranza politica, della scelta morale. Le poste in gioco sono il futuro della ricerca, la possibilità di esercitare qualcosa come la filosofia, definendo le ragioni del vivere civile e le stesse condizioni dell’etica. (…) La questione non riguarda tanto l’abusata contrapposizione tra fides e ratio , quanto quella tra fallibilismo e infallibilismo, tra una verità che non pretende di salvare neanche sé stessa e una verità che promette salvezza a chiunque vi si sottometta, tra una ragione che misura la propria gratuità e finitezza senza aver nostalgia di un fondamento e una ragione che nell’imposizione del fondamento trova il proprio segno e la propria giustificazione”.

    L’avversario della laicità non è la religione, perché lo Stato laico non ha una ideologia, ma il suo valore è grande perché è un ordinamento volto a garantire la libertà dell’uomo in quanto soggetto di diritti uguali e cittadino partecipe di una comunità associata.

    L’avversario della laicità è l’uso politico della religione in nome di presunti valori da imporre agli altri. Parlo dei cosiddetti “atei devoti” ma anche di una parte della chiesa che si sente assediata da una modernità di cui vede solo degenerazioni e propone a un mondo che ha smarrito i vecchi punti di riferimento etici e culturali l’anacronistica necessità di schierarsi con una parte o con un’altra.

    Siamo coinvolti perché facciamo ricerca, lavoriamo con la cultura, contando sulla libertà di ricerca e di insegnamento; questo è il nostro fondamento.

    C’è, quindi, una dimensione dell’insegnare e del fare ricerca che attiene strettamente ai valori e alle scelte di fondo della nostra Costituzione, all’etica della collettività che in ogni caso, anche inconsapevolmente, trasferiamo ad altri.

    Gli argomenti del seminario di oggi e l’intenzione di riaprire una iniziativa sui temi delle donne si muovono con piena consapevolezza del contesto nel quale ci troviamo e del ruolo che dobbiamo svolgere come Federazione Lavoratori della Conoscenza.

    Ma altre questioni si affacciano immediatamente: le donne nel sindacato, le donne nei nostri luoghi di lavoro, le donne che studiano, ecc.

    Insomma, avremo molte altre occasioni per incontrarci.

    Buon lavoro ed un grazie alle compagne ed ai compagni della Sicilia per aver accolto la nostra richiesta di svolgere qui a Palermo questa iniziativa e per la competenza che sanno esprimere in ogni occasione”.

  • 14:00

    I lavori vengono sospesi e riprenderanno alle ore 15,00.

  • 13:45

    L’intervento conclusivo della mattina è affidato a Italo Tripi, segretario confederale della Cgil Sicilia.

    Pur essendo per altri impegni arrivato quando i lavori erano già in corso, manifesta grande interesse, e ritiene che sarà informato esaurientemente degli interventi precedenti da Santo Inguaggiato ed Enza Albini. Auspica che per tutti i lavori – anche per quelli dell’impegno politico e sindacale – si possano ridefinire i tempi – più vivibili – al femminile, e si riallaccia all’intervento di Luigina De Santis sulla riforma delle pensioni e le sue conseguenze per le pari opportunità. Il tema della riforma delle pensioni è stato recentemente affrontato dal sindacato con il governo, il cui approccio è soltanto legato ai costi. Tripi ritiene, al contrario, che la questione non vada affrontata solo dal punto di vista economico, ma anche sotto il profilo della tenuta dello stato sociale. Ci sono tante persone non giovanissime, ma non ancora in età da pensione, che si trovano talvolta senza lavoro perché licenziate e non più facilmente occupabili. Ricorda la battuta di D’Alema sulla possibilità di andare in pensione a cinquantasette anni, affermando il suo disaccordo, perché, se vi sono lavori come quello della politica e quello del sindacato che si fanno perché piace farli, certamente vi sono lavori usuranti per i quali non è possibile pensare a tempi sempre più prolungati, e deve necessariamente essere prevista una differenziazione. Manifesta e conferma l’interesse della CGIL per le tematiche della tutela delle donne – che significa tutela per tutti. Sul tema della violenza di genere, e della violenza più in generale, ricorda che il problema della violenza non è solo un problema di organizzazione della società, ma soprattutto un problema di affermazione di una cultura del rispetto per la vita. Osserva che proprio in questo palazzo, sede un tempo dell’inquisizione, venivano condannate al rogo le streghe, oggi si può tenere una assemblea di donne che discute della condizione femminile e delle pari opportunità. Tale progresso rimanda certamente all’impegno di molti, ma anche alla capacità del movimento di produrre risposte in termini di crescita culturale. Oggi la forza che ci viene dall’esperienza rimette il nostro destino nelle nostre mani più di quanto non si possa pensare, e , riferendosi all’azione del sindacato, riafferma la sua funzione importante di confronto immediato e diretto nel trasformare gli obiettivi in punti di vertenzialità, non solo prendendo atto dei problemi, ma approntando soluzioni.

    In ordine al tema paneuropeo della cittadinanza attiva, ritiene necessario il confronto e l’elaborazione di quanto sulla strada della parità viene fatto negli altri paesi. Nel confronto con la Spagna, che – a quanto viene detto – nell’arco di due anni supererà l’Italia per il PIL, riflette sulla natura di tanto dinamismo, che oltre che economico è certamente culturale, e che deriva dallo scongelamento della società spagnola dopo il lungo periodo del franchismo, quando si sono affermate linee di pensiero democratiche di sviluppo sociale.

    Tripi conclude affermando che le donne hanno molto da dire su come la società debba crescere, ricorda come a questa crescita è dovere di tutti concorrere, ma che chi viene da una condizione di discriminazione ha il primo dovere di intervenire in maniera determinata e determinante per la propria promozione.

  • 13:30

    Anna Maria Pepi, Presidente Comitato pari opportunità dell’Università di Palermo, nel suo intervento ci informa che questo CPO è uno dei primi nati nelle università, infatti è stato costituito nel 1987. Come ogni Ateneo ha la sua autonomia anche ogni CPO ha una propria autonoma configurazione. In linea generale essi sono strumenti e meccanismi di protezione che aiutano lo sviluppo individuale. Il lavoro del CPO dell’Università di Palermo lavora su diverse direttrici. La dottoressa Pepi ne ha illustrate alcune. Prima di tutto prevenire con azioni positive le discriminazioni sul lavoro (anch’esse una violenza) e le conseguenze che possono avere sulla salute fisica e psichica. Proprio per approfondire il discorso sulla salute il CPO ha una convenzione con il Policlinico. Ancora, il CPO lavora sul mobbing e sulle misure per prevenirlo. Molto importante è l’attività che svolge nel campo della formazione, con l’organizzazione di corsi formativi specifici sulla cultura di genere e con interventi nei corsi per i neoassunti.

    Una importante conquista di questo CPO è la costituzione di un asilo nido dentro l’università che ospita 40 bambini tra 1 e 3 anni, perché la politica delle pari opportunità deve andare di pari passo con le politiche della famiglia.

    In prospettiva il CPO dell’università di Palermo intende impegnarsi per un maggior raccordo tra tutti i soggetti che si occupano a vario titolo di pari opportunità.

  • 13:15

    Laura Restuccia, ricercatrice dell’Università di Palermo e componente del CUN prende la parola, ringraziando gli organizzatori per l’opportunità datale oggi di offrire il suo impegno e di suo lavoro di neo eletta al CUN, in particolare per ciò che potrà fare nella direzione delle pari opportunità. Soprattutto per modificare il modello culturale della discriminazione, che pur non essendo formalmente presente nella organizzazione della Università, nei fatti permane come retaggio. Infatti le percentuali di donne che occupano posti manageriali sono nel nostro paese nettamente inferiori a quelle di altri paesi europei. Le ragioni di ciò, ampiamente esplorate nel corso degli interventi della mattina, fanno si che ci sia un blocco reale verso lo sviluppo delle carriere delle donne, anche nell’ambito universitario. A tal proposito, cita un accordo sottoscritto dalla CRUI per le pari opportunità, che non ha sortito grandi effetti, e l’esempio stesso del CUN, dove su 58 consiglieri soltanto 9 sono donne, e nessuna impegnata in posti apicali delle professioni di cui sono rappresentanti. Le consigliere hanno prodotto un documento nel quali richiedono di essere investite di responsabilità e di esercitare ruoli rappresentativi – accolto dal Presidente del CUN – ma Restuccia esprime il timore che ciò non sia poi reso possibile dagli stessi numeri. Manifesta comunque l’impegno nel CUN, il cui ruolo è propositivo, oltre che consultivo, per sviluppare iniziative nella direzione delle pari opportunità, della formazione degli insegnanti, della offerta di servizi – ricorda l’asilo istituito presso l’ateneo palermitano – ma anche nell’indirizzare la formazione delle donne verso quelle carriere tradizionalmente “maschili” e che anche oggi non molto partecipate dalle donne. Rinnova la propria disponibilità a farsi portatrice delle istanze femminili in seno al CUN, chiedendo il sostegno ed il contributo di tutti, nella direzione della attuazione degli impegni per le pari opportunità.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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