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Pasquale Calaminici, docente CTP Torino, concentra il suo intervento sull'esperienza di "Polis".

"Il sindacato piemontese ha sostenuto in questi anni una sperimentazione promossa dai CTP della regione in relazione al problema, drammaticamente urgente per il nostro paese, di elevare il livello di istruzione e formazione della popolazione adulta: si tratta della sperimentazione che va sotto il nome di “progetto Polis”.

Non è qui possibile, per ovvi motivi di tempo, illustrare tutte le caratteristiche di questo progetto. Mi limiterò a richiamare, brevemente, gli aspetti e quindi le ragioni che hanno indotto il sindacato piemontese a sostenere tale sperimentazione (che sono anche state esposte in un documento unitario CGIL CISL UIL):

  • in primo luogo l’obiettivo generale, che è quello di costruire un modello di intervento in grado di favorire la partecipazione di un vasto pubblico di adulti.

    È un dato ormai ampiamente acquisito che portare un gran numero di adulti in formazione, specie se si tratta di persone con bassi livelli di cultura e di scolarità, significa affrontare uno dei nodi più problematici dell’EdA: la scarsa propensione di questo pubblico ad esprimere una domanda di formazione.

    Pertanto, un modello strutturale che si voglia ipotizzare per il rientro in formazione della popolazione adulta, e in particolare finalizzato all’acquisizione di un titolo di studio di secondo grado, non può limitarsi a rispondere alle esigenze già maturate (non può bastare, ad esempio, mettere a catalogo dei corsi); la grande sfida da affrontare, il vero obiettivo da assumere, è far emergere la domanda di formazione (e quindi attivare strategie più complesse, da individuare sperimentando modalità operative nuove rispetto a quelle tradizionalmente praticate (ad esempio rispetto a quelle praticate nei percorsi serali degli istituti secondari di secondo grado).

    È nella enunciazione di questa ottica complessiva (nella quale viene posto al centro il problema della domanda debole) che il sindacato piemontese individua nella sperimentazione Polis una “naturale evoluzione” dell’esperienza delle 150 ore.

  • il secondo ordine di questioni che hanno indotto il sindacato piemontese a prestare una particolare attenzione alla sperimentazione Polis riguarda proprio la strategia, le specifiche modalità operative poste in atto per il raggiungimento dell’obiettivo generale prima richiamato.

    Tali modalità discendono direttamente da indicazioni contenute nell’Accordo Stato-Regioni del 2 marzo 2000 (che rimane, ad oggi, il documento istituzionale che presenta il disegno più compiuto, e in larga parte condivisibile, del costruendo sistema di educazione degli adulti nel nostro paese):

- realizzare “un modello formativo centrato sulle condizioni di partecipazione degli iscritti”.

- “prevedere il riconoscimento di crediti ai fini della riduzione del percorso scolastico”, riconoscendo “competenze acquisite anche all’esterno delle agenzie specializzate nell’istruzione e nella formazione”

- puntare su una offerta formativa integrata, basata su una programmazione territoriale.

Sono indicazioni che implicano:

  • il passaggio da un’ottica basata sulla centralità delle istituzioni formative ad una basata sulla centralità dei soggetti adulti in formazione;

  • puntare sul “radicamento nella realtà territoriale delle iniziative di istruzione e formazione in età adulta” (OM 455/97).

In sintonia con queste indicazioni, la sperimentazione Polis adotta un modello di intervento che presenta le seguenti caratteristiche:

  • Stretto rapporto col territorio

    Un CTP, operando come “luogo di lettura dei bisogni, di progettazione, di concertazione, di attivazione e di governo delle iniziative di istruzione e formazione in età adulta” (O.M. 455/97) avvia rapporti con le altre agenzie formative presenti nel proprio territorio (in primo luogo i Centri di Formazione Professionale e gli Istituti di Istruzione Secondaria Superiore), con le Amministrazioni locali (Assessorati alla formazione e alla cultura di Comuni e Comunità Montane, Centri per l’impiego), con i rappresentanti del mondo del lavoro e dell’associazionismo. Qui si decide il pubblico di riferimento, l’indirizzo scolastico da proporre, il tipo di orientamento professionale (eventuale qualifica), etc.Questo lavoro di concertazione porta, di norma, alla sottoscrizione di una Convenzione nella quale vengono formalizzati gli impegni che i soggetti partecipanti assumono per realizzare e dare continuità al progetto.

  • Flessibilità e lavoro in rete

    Per favorire la partecipazione del vasto e vario pubblico adulto presente in un determinato territorio, l’offerta non può essere rigida e definita una volta per tutte, deve poter variare e riadattarsi rapidamente, non ripetersi sempre uguale. La stesura dei progetti, fatta in rapporto alle esigenze delle singole realtà territoriali non avviene, però, in modo disarticolato, perché essa ha alla base “linee generali condivise” a livello regionale, frutto di un vero e proprio lavoro in Rete.

  • Innovazione strutturale e metodologica

    Viene previsto un percorso più breve rispetto a quello degli attuali modelli praticati dai serali della secondaria superiore per il semplice motivo che una durata di cinque anni mal si concilia con gli impegni e i vincoli imposti dalla vita adulta.La relativa riduzione della durata del percorso trova un ulteriore elemento di legittimità nella assunzione di un modello didattico di tipo “processuale”, orientato a far assumere ai soggetti in formazione responsabilità diretta nella gestione del proprio processo di apprendimento. Da qui la particolare importanza attribuita alla fase di accoglienza. L’educazione degli adulti è vista prima di tutto come orientamento e sviluppo di capacità di autodirezione.

    L’essenziale è mettere gli adulti in condizione di compiere delle scelte, di avere consapevolezza dei propri bisogni formativi, delle proprie difficoltà/capacità di apprendimento, di trovare forti motivazioni (soprattutto implicite), di sapersi orientare. I percorsi formativi, anche discretamente lunghi, sono necessari perché questa consapevolezza non si raggiunge in quattro e quattr’otto. Non si può però cadere nell’estremo opposto: i percorsi molto lunghi di per sé non garantiscono il raggiungimento di queirisultati.

    Quindi il problema non è solo quello di ridurre i tempi. Si tratta di sperimentare modalità che ricerchino un equilibrio tra tempi modi e finalità.

    Le principali innovazioni introdotte nella struttura dei percorsi(tre segmenti; sbocchi intermedi; modularità; crediti) sono sinteticamente rappresentate nello schema descrittivo dei percorsi formativi, in allegato.

  • Integrazione come elemento strutturale

    Una delle condizioni che possono favorire la partecipazione del pubblico adulto è la realizzazione di un intreccio tra competenze direttamente spendibili nel lavoro e nella vita quotidiana e competenze inerenti ambiti più generali del sapere. Ciò postula la necessità di un solido rapporto tra scuola e formazione professionale. Perciò il modello assume l’integrazione come elemento strutturale dei percorsi.

    I tre segmenti descritti nello schema allegato vanno a costituire (indicativamente)un monte ore complessivo tra le 1800 e le 2000. L’ipotesi di base è che in questo monte ore vi sia, tra formazione e istruzione, un rapporto di 1 a 3. Conseguentemente anche il peso finanziario dei progetti è distribuito, in linea di massima, in tale proporzione.

  • La sperimentazione dei percorsi Polis, dove è stata realizzata, ha mostrato di saper sollecitare una domanda di formazione che, pur corrispondendo a bisogni reali, rimaneva allo stato di latenza (dati sulla sperimentazione). Da essa si possono ricavare indicazioni concrete circa le potenzialità e l’efficacia di una iniziativa che assume come elemento strutturale il raccordo tra sistemi diversi e con la realtà territoriale.

  • Un’ultima considerazione riguarda il ruolo del Sindacato. …."

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