Gli altri e noi: la sfida dell'educazione interculturale (Seconda giornata)

  • 17:00

    Morena Piccinini, Segretaria nazionale della CGIL, nel concludere i lavori, ringrazia i partecipanti per il lavoro prodotto che sarà determinante per le scelte e le iniziative future.

    "Ci ha fatto piacere la presenza del Ministro Ferrero e della sottosegretaria De Torre, ma ci dispiace l’assenza del Ministro Amato. Ad Amato avremmo voluto dire che molti nostri compagni oggi non hanno potuto essere presenti perché impegnati nell’emergenza del rinnovo dei permessi di soggiorno. Abbiamo dato la nostra disponibilità a collaborare a questa attività, ma siamo letteralmente sommersi. Vogliamo con questo sottolineare che ancora una volta prevale la logica “lavoristica” della Bossi-Fini come ieri ci ha ricordato Manconi. Per noi non c’è solo il lavoro e il tempo di lavoro, ma l’intera vita, la famiglia e la società. Ci vuole un salto culturale, si devono cambiare le modalità e le strutture. Ci sembra che ci sia ancora molta sottovalutazione e sottostima. Se il Ministro Ferrero ci ha parlato di una previsione di 300.000 ingressi all’anno, non ci spieghiamo perché nei documenti e nelle stime ufficiali si parli ancora di solo 150.000. Significa sottostimare la questione in tutti i campi, dalla casa, alla scuola fino alle pensioni. Dobbiamo partire dai numeri giusti e dalla convinzione che gli immigrati vengono nel nostro paese per viverci, con le loro famiglie, e non solo per lavorarci. Per questo c’è bisogno di strutture adeguate. In particolare va valorizzato l’intreccio tra la formazione degli adulti e quella dei loro figli: non dobbiamo pensare solo alla conoscenza della lingua, ma anche alla cultura e alla cittadinanza. Non sono sufficienti i microprogetti, ci vuole una piena responsabilizzazione del “pubblico” che con le scuole, le associazioni, il volontariato costruisca un progetto vero. Un altro tema su cui intervenire è l’elevato divario tra i bambini presenti e quelli che frequentano la scuola: c’è un problema di lavoro nero, di sfruttamento e di abbandono. Le istituzioni devono interagire per intercettare e conoscere il fenomeno per poter agire sulle cause.

    Nella proposta unitaria inviata al Governo, che ci auguriamo resti in carica, per l’apertura dei tavoli di confronto, uno dei punti fondamentali è l’investimento sulla ricerca, la formazione e la conoscenza. Per rinnovare il patto sociale il primo tema deve essere la formazione. In questo senso non ci si può più basare sul volontarismo professionale, pur importante. Ci vuole un grande lavoro per mettere in rete le esperienze. Questo compito spetta anche al nostro sindacato e lo abbiamo avviato con questo convegno: dobbiamo passare dall’emergenza alla prospettiva.".

  • 16:35

    L’intervento di Enrico Panini, Segretario generale della FLC

    “Una premessa. Abbiamo fatto un lavoro importante. In un momento delicato (non solo in relazione alla fase politica) sul versante della convivenza democratica, abbiamo zoomato su un problema importante mettendo insieme punti di vistadiversi: quello della categoria e quello della confederazione; quello di chi il problema lo affronta sul piano teorico e quello di chi si confronta nel concreto.

    Pubblicheremo i materiali ma già in questi giorni, grazie alla pubblicazione in tempi quasi reali sul nostro sito web dell’andamento dei lavori e degli interventi, una platea virtuale di 30mila persone ha potuto assistere ai nostri lavori.

    Due frasi importanti. La prima. Dopo il disastro di New Orleans, il quotidiano la Repubblica pubblicò un articolo con questa affermazione: “Stiamo camminando su una crosta sottilissima di civiltà”.

    Potremmo dire la stessa cosa del tema di oggi.

    L’inserimento di alunni e alunne nelle classi e nei corsi serali ha subito un’impennata, con un incremento di 50/60mila unità ogni anno. Stiamo raggiungendo livelli europei. A costoro dobbiamo aggiungere gli “invisibili”, coloro che sono ai margini, nella clandestinità, in situazioni di sfruttamento.

    A far fronte, nelle scuole c’è stato un grande volontariato professionale; si sono affrontati e data soluzione a molti problemi.

    Nonostante qualcuno abbia messo in atto una campagna diffamatoria nei confronti degli insegnanti e delle organizzazioni sindacali, bisogna ricordare che già nel 2000 Cgil, Cisl e Uil affrontarono i problemi legati ai forti processi migratori, stanziando risorse e strumenti appositi. Nel contratto di lavoro si definirono gli interventi per le aree a rischio. Risorse, cioè, che erano di tutto il personale vennero indirizzate ad interventi di settore di cui non tutto il personale avrebbe beneficiato. Si riconosceva, tuttavia, che quegli interventi dovevano essere prioritari.

    Un’altra riflessione riguarda quella che a me sembra la fine del volontariato professionale. Del resto assistiamo ad una progressiva riduzione degli organici. Come sta in rapporto l’accoglienza con la riduzione dell’organico, mi riesce inspiegabile.

    E sono spesso le situazioni più sensibili e più esposte ad andare in crisi. Se si tratta di scegliere se formare classi con 35 alunni o tagliare un progetto, è il progetto ad essere tagliato. Vedo un meccanismo che va in crisi per la frattura tra affermazioni di volontà e i fatti poi concretamente agiti.

    E allora “Che fare?”. Occorre innanzitutto che Ministero per la solidarietà sociale, della pubblica istruzione, le organizzazioni sindacali aprano un tavolo di confronto per dare risposte condivise.

    Le norme sono importanti, ma ci sono tante buone piccole regole cui fare riferimento.

    Per l’autonomia scolastica è senz’altro essenziale un’assunzione di responsabilità, riguardo le iscrizioni, gli inserimenti ecc, ma va definita anche un’ordinarietà del funzionamento delle scuole.

    Le buone pratiche vanno messe in rete. Non si può ricominciare sempre tutto daccapo perché c’è una scuola sapiente in campo che ha bisogno della disseminazione di buone pratiche. E non perché ci deve essere un unico modello di riferimento.

    C’è inoltre un problema che riguarda la laicità della scuola italiana. La laicità è un grande elemento di accoglienza.

    Riguardo le indicazioni nazionali, si favoleggia di una commissione per l’elaborazione di questo documento. A me piacerebbe che il ministero, insieme ad una nota sui libri di testo che dovrebbero essere coerenti a quel che le scuole fanno, dicesse che nelle nuove indicazioni ci saranno anche queste parole: globalità, accoglienza, cittadinanza.

    Se le Indicazioni Nazionali annesse al decreto 59 definiscono il colonialismo come una “concorrenza fra gli stati”, come possiamo coniugare con questo tutti i ragionamenti che in questi giorni abbiamo fatto qui?

    Partire da globalità, accoglienza, cittadinanza; assumere un punto di vista che tiene dentro gli immigrati ci aiuta a cambiare il nostro punto di vista e ci mette in condizioni di parlare a chi entra nel nostro paese e a chi c’è già.”.

  • 16:15

    Prende la parola Letizia De Torre, sottosegretario del Ministero della Pubblica Istruzione, che interviene in sostituzione del Ministro Giuseppe Fioroni.

    Il sottosegretario ha illustrato i 5 punti di un documento sull’integrazione degli alunni stranieri nella scuola, stilato dal Ministero della pubblica istruzione.
    1) la formazione dei Dirigenti cominciando dalle scuole a rischio
    2) l’estensione del numero di docenti che hanno una competenza in una lingua straniera
    3) l’estensione e il rafforzamento dei CTP
    4) la costituzione di un comitato scientifico che sta lavorando alla qualità della convivenza, sulle famiglie immigrate, sui curricula. La costituzione di una consulta delle associazioni che hanno lavorato al problema. Un comitato tecnico interno al ministero
    5) l’apertura di un confronto con i paesi europei che aiuti a definire il modello.

    E’ importante poi la politica abitativa, le azioni di concerto con il ministero dell’interno.
    E’ positiva la corresponsabilità educativa di tutti i soggetti sociali e istituzionali, la loro convergenza sul territorio produce interventi più efficaci.
    La scuola ha il compito di realizzare l’incontro delle culture di cui beneficerà prima di tutto la nostra cultura.

  • 15:50

    Prende la parola il Ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero che annuncia che il Governo sta lavorando al superamento della "Bossi-Fini" ed è quasi pronto un progetto di legge delega.

    Ferrero precisa che quando si parla di intercultura il problema non è solo dell'immigrato, ma anche nostro: comporta reciprocità. Gli italiani sembrano avere dimenticato il loro passato di emigranti e anche su questa rimozione passa la facile propaganda della destra che fomenta la guerra tra poveri. Non dobbiamo dimenticare che l'immigrazione non nasce solo dal bisogno dei diseredati dei paesi poveri che premono verso i paesi ricchi, ma c'è una richiesta del nostro mercato del lavoro. L'assistenza ai nostri anziani è affidata a uno stuolo di donne immigrate, spesso clandestine. Nel mercato del lavoro non c'è concorrenza, non c'è guerra tra poveri. Il primo passo di una politica di integrazione è l'allargamento del welfare, l'accesso ai servizi essenziali. I diritti sociali e civili vanno garantiti dallo Stato a tutti i cittadini, senza eccezioni, così si evitano le guerre tra poveri e la diffusione del razzismo. Sono i ceti più deboli che temono di essere danneggiati dall'emigrazione, non gli altri. E però l'emigrazione non va scaricata su di essi. Ma non è giusto, ad esempio, che le politiche sulla casa siano gestite dalla rendita fondiaria. UNa politica dell'inserimento evita i ghetti e toglie fiato al razzismo.

    Una delle condizioni per fare sentire l'immigrato parte di una comunità è l'accesso alla lingua italiana. I corsi devono svolgersi anche in sedi non istituzionali, ad esempio, con un accordo con le moschee.

    La formazione , insieme alla lingua, è un altro elemento della cittadinanza. In questo il governo vuol chiamare in causa la responsabilità sociale delle imprese nella formazione. Attraverso microfinanziamenti si pensa anche alla collaborazione del volontariato.

    Si sta anche studiando la costituzione di un fondo per i minori non accompagnati.

    Ferrero ha detto anche che in Italia serve una legge sulla libertà religiosa. Bisogna evitare che le comunità si chiudano e si costruiscano identità esclusive. Una comunità si chiude per difendersi da un ambiente ostile. E invece essere italiano deve significare vivere sullo stesso territorio, parlare la stessa lingua, condividere le stesse regole costituzionali e soprattutto richiamarsi a un'identità plurale. Le identità uniche, infatti, non si confrontano, provoano le guerre civili.

  • 15:30

    La tavola rotonda del pomeriggio si svolgerà con alcune defezioni. I Ministri Amato e Fioroni sono assenti per sopraggiunti impegni di Governo (nel pomeriggio si vota la fiducia al Governo Prodi) e il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani per motivi di carattere confederale.

    Kurosh Danesh, coordinatore del Comitato nazionale immigrate/i della Cgil, introduce i lavori del pomeriggio, chiarendo che il motivo che ha portato la Cgil e la FLC ad organizzare il convegno di oggi è nato durante la prima conferenza sull'immigrazione che la Confederazione ha promosso nel maggio del 2005. Allora c'era un governo di centro destra, c'era (e c'è ancora) la Bossi-Fini: era necessario dare segnali della necessità di cambiamento. Durante i lavori di quella conferenza abbiamo dato degli indirizzi, indirizzi che sono stati ripresi dal programma dell'Unione. Anche gli indirizzi del nuovo governo, che ci auguriamo possa continuare, hanno manifestato una condivisione rispetto quanto da noi rappresentato verso un cambiamento della legislazione. Per la Cgil è diventato adesso urgente fare un ragionamento sul modello di società. Per un sindacato sarebbe stato naturale partire dal mercato del lavoro, abbiamo invece preferito partire dalla persona. Ieri e oggi abbiamo aperto una riflessione sul modello di società sotto il profilo dell'interculturalità.

    Alla tavola rotonda partecipano il Ministro della Solidaretà Sociale Paolo Ferrero, il Sottosegretario alla Pubblica Istruzione Letizia De Torre, Enrico Panini Segretario generale della FLC e Morena Piccinini, segretaria nazionale della Cgil.

    Morena Piccinini nel suo intervento di apertura ha ricordato che la questione dell'immigrazione non è un fenomeno transitorio, porta una nuova "normalità". Per questo va favorita la partecipazione degli immigrati e delle loro famiglie alla vita sociale: va rimodellato il welfare state, perché l'immigrato non è solo un lavoratore, ma una persona che ha una famiglia. La formazione è fondamentale per l'inserimento lavorativo e una nuova dignità del lavoro, ma anche per offrire alla persona capacità e sicurezza nel dialogo con gli altri e il paese ospitante. La scuola e i luoghi di lavoro sono i posti dell'incontro e della convivenza, per questo è da qui che devono partire progetti di integrazione.

  • 13:30

    I lavori vengono interrotti e riprenderanno alle ore 15.30 con la tavola rotonda nella quale verranno proposti ai partecipanti gli interrogativi e le riflessioni scaturiti dalla discussione dei gruppi di lavoro.

  • 10:30

    Si apre adesso la sessione dei gruppi di lavoro del convegno.
    I partecipanti si suddividono nelle tre sale per discutere su altrettante tematiche.

    Il gruppo di lavoro denominato Il ruolo della scuola è coordinato da Elio Gilberto Bettinelli, Dirigente scolastico attualmente in servizio presso l’Università Bicocca di Milano, ed Elisabetta Micciarelli, Pedagogista in servizio presso il Centro Studi dell’Ufficio Scolastico Regionale delle Marche.

    I temi in discussione in questo gruppo sono complessi e si richiamano alla laicità e alla interculturalità della scuola pubblica, che è chiamata a farsi carico delle nuove diversità di cui sono portatori gli alunni di altri paesi.

    I temi in discussione nel gruppo sono introdotti da una breve presentazione dei coordinatori.

    Il gruppo di lavoro denominato Formazione degli adulti è coordinato da Roberto Pettenello , del Dipartimento Formazione e Ricerca della CGIL, e Beatrice Tanno , Segretaria FLC Cgil di Roma Centro. L’ingresso dei lavoratori immigrati nei percorsi formativi è un fatto di civiltà e riguarda non solo i diritti delle persone, ma anche l’insieme della qualità del lavoro.

    I temi in discussione nel gruppo sono introdotti da una breve presentazione dei coordinatori.

    Il gruppo di lavoro denominato Politiche formative sul territorio è coordinato da Fabrizio Dacrema, del Dipartimento Formazione e Ricerca della CGIL, e Saul Meghnagi, Presidente dell’ISF.

    Come riprogettare il territorio per favorire atteggiamenti interculturali capaci di percepire la differenza come valore? Come garantire uguali opportunità nell’esercizio dei diritti di cittadinanza? Come favorire l’accesso ai servizi per tutti? Quali politiche sono necessarie per rafforzare la coesione sociale? Come evitare il prevalere delle paure e delle ansie? Come diffondere luoghi e spazi di inclusione e evitare marginalità ed esclusione?

    Queste alcune delle domande poste dai coordinatori del gruppo nella presentazione che introduce la discussione.

  • 10:10

    Viene data la parola al professore Massimo Livi Bacci – Senatore dell’Ulivo che parlerà di “immigrazione: dati, proiezioni, prospettive future sulla società italiana”.

    Il Senatore apre il suo intervento con una panoramica su quelle che sono le prospettive della società italiana con il contributo delle nuove immigrazioni e la loro cultura.

    Il fenomeno dell’immigrazione in Italia è recente, da solo una generazione è presente nel nostro Paese, non abbiamo ancora fatto tesoro delle esperienze positive che si sono avute in questi anni.

    Spesso si ha la sensazione che sia un fenomeno, non governato e non governabile; è un fenomeno in forte ascesa sono circa tre, quattro milioni i non italiani che vivono nel nostro Paese, evento di cui non siamo certi nella misurazione. Negli ultimi dieci anni si è avuto un incremento di circa duecentomila persone l’anno, cifra simile a quella degli Stati Uniti, paese fortemente aperto all’immigrazione e di antiche tradizioni. Insieme alla Spagna e alla Grecia siamo il Paese con maggiore presenza di immigrati.

    In alcune zone del nostro Paese è una presenza di massa, le nascite di stranieri in certi territori è fortemente alto e molto presto influirà sulle presenze anche nelle scuole.

    Perché questo fenomeno è in rapida crescita? C’è un forte divario tra il nord e il sud del mondo; distanza assoluta sia in campo economico sia in crescita di natalità.

    In Francia e in Germania, ad esempio, si hanno ottocento, novecento mila nascite all’anno, in Italia ne abbiamo circa cinquecento, seicento l’anno. La popolazione giovane autoctona diminuisce negli anni, si crea un vuoto nella società, in quella che produce e viene coperta dall’immigrazione che sarà così maggiormente stimolata.

    Un’economia particolare, un fortissimo sommerso di circa il 17% dell’economia nazionale porta che il 20% della forza lavoro è irregolare. Dobbiamo riconoscere che dove ci sono questi fattori la domanda di lavoro straniero purtroppo ha una richiesta maggiore. Occorre prosciugare il sommerso solo così non ci saranno forme di irregolarità; abbiamo ancora forme di attività che hanno bisogno di molto lavoro manuale: agricoltura, edilizia, turismo, assistenza alla persona. Abbiamo un settore familiare poco assistito dalle strutture pubbliche, un welfare debole rispetto ad altri Paesi, c’èun’alta domanda di lavoro domestico sostitutivo, si richiede un welfare forte per permettere alle donne di lavorare, condizione che permette alla famiglia di avere un tenore tale da poter fare famiglia. Il forte sommerso, il welfare debole, economia legata al lavoro di bassa qualificazione, bassa mobilità della persona sono le condizioni che hanno maggiormente incentivato l’immigrazione. L’economia, i nostri sistemi di vita influiranno molto rispetto al numero di nuovi immigrati. La scommessa più importante è sulle generazioni, successive, queste si attendono una società aperta, una mobilità sociale. La scuola, la cultura saranno la chiave di volta perché le seconde generazioni non rappresentino gruppi di conflitto, ma si integrino in modo aperto. Integrazione che va guidata con norme, indicazioni nazionali che permettano agli enti locali di interagire per una migliore inserimento.

  • 09:45

    La prima comunicazione della giornata su “immigrazione ed educazione” è affidata a Francesco Susi, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre, che sostiene come il tema si presti a divagazioni retoriche.

    L’immigrazione è un fatto recente rispetto ad altri paesi europei; data da qualche decennio. Ma si è perso tempo: è utile affrontare studi sulla letteratura scientifica di altri paesi, è utile che le Università studino l’offerta didattica fino a elaborare la laurea per mediatori culturale, ma c’è un gran bisogno di ricerche empiriche.

    Una di queste è stata condotta anni fa proprio da Susi e altri collaboratori su commissione della Cgil. Riguardava docenti e allievi italiani di scuola elementare e scuola media di alcune grandi città: Milano, Bologna, Roma, Bari. Fu svolta con pochi mezzi e forse con qualche difetto metodologico, per cui non si possono enfatizzare i risultati. Oggi è in corso una nuova ricerca per verificarne la validità.

    Da quella ricerca è emerso che gli operatori scolastici, particolarmente i docenti, di fronte ai fenomeni migratori si sentono lasciati soli, non ricevono una formazione adeguata, non hanno sussidi didattici. Denunciano però un grande spreco, perché la scuola ha saputo affrontare le immigrazioni, ma le esperienze non vengono documentate né messe in circolo.

    Per quanto riguarda gli allievi, dalla ricerca è emerso che il loro atteggiamento verso i compagni “stranieri” cambia con il passaggio dalla scuola elementare alla media.

    Sono state formulate due ipotesi per spiegare questo fatto. La prima sta nello statuto delle due scuole, nella differenza fondativa fra le due scuole. Nella scuola elementare sono infatti ammessi tutti i linguaggi, mentre nella media è la lingua italiana l’unico linguaggio consentito.

    La seconda ipotesi è più pregnante e consiste nell’affermazione che col crescere dell’età, gli alunni italiani sono meno disponibili verso gli stranieri, perché dall’extra scuola vengono messaggi di indifferenza anche quando non si giunge ad essere xenofobi, o intolleranti, o razzisti. Il messaggio interculturale della scuola viene annullato dal mondo esterno (famiglia, mezzi di comunicazione, gruppo dei pari…).

    Questo per dire che l’educazione interculturale riguarda tutti. Le risorse che sono disponibili vanno investite sugli italiani.

    Kurt Lewin, costretto al sorgere del nazifascismo a emigrare negli Stati Uniti, asseriva che le relazioni fra i gruppi sono relazioni “di fronte” e che perciò bisogna studiare entrambi i gruppi. I problemi della minoranza sono in realtà i problemi della maggioranza. I problema dei neri è in realtà unproblema dei bianchi. È un problema di comunicazione, di relazioni.

    Jean-Paul Sartre, dopo la seconda guerra mondiale, in “Antisemitismo”affermava che se l’ebreo non fosse esistito, l’antisemitismo lo avrebbe inventato.

    In Polonia oggi non vivono più ebrei, ma l’antisemitismo è tuttora molto radicato.

    Se il problema dell’immigrazione è un problema di relazioni fra “noi” e “loro”, bisogna interrogarci su “noi” e su “loro”.

    Che cosa sappiamo degli stranieri? Nulla.

    Non conosciamo nulla, nemmeno l’esatta entità, della più antica comunità presente in Italia, quella ebrea.

    Non sappiamo nulla delle religioni, nonostante la grande rilevanza che ad esse viene assegnata.

    Nei programmi scolastici non c’è nulla della cultura di miliardi di persone: cinesi, indiani…

    Oltre a questa non conoscenza, abbiamo tra la nostra popolazione anche delle rimozioni.

    Non appartiene alla memoria degli italiani il fatto che sono stati essi stessi dei migranti. Si calcola che vivano oggi fuori dall’Italia circa 60 milioni di persone di origine italiana. Quasi la stessa entità di quelli che vivono in Italia.

    La seconda rimozione riguarda il colonialismo. L’avventura etiopica e i mezzi adoperati sono sconosciuti nella loro reale portata e hanno dato origine ad aspre polemiche sulla stampa (famosa quella tra Del Boca e Montanelli).

    Altra rimozione riguarda l’antisemitismo. Le leggi razziali del ’38 erano perfette.

    Se dunque l’immigrazione è un problema di relazioni, bisogna definire strategie per conoscere chi arriva e perché gli italiani conoscano se stessi.

    Per concludere una citazione di padre Balducci: “ Noi viviamo in un’età planetaria, ma con una conoscenza neolitica”.

  • 09:30

    Vai alla Web cronaca della prima giornata

    Riprendono i lavori del nostro Convegno che vengono introdotti da El Akkioui Moulay, Segretario Nazionale della FILLEA che sottolinea come i cardini dell'integrazione debbano avvalersi di una parola chiave qual è: "convincere" nel senso di vincere insieme per l'affermazione dei diritti di cittadinanza. Bisogna saper distinguere senza mai separare, saper unire senza mai confondere.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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