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Questa prima giornata si conclude in plenaria con i resoconti dei gruppi di lavoro.

Paolo Saracco, ricercatore INFN, riferisce sui lavori del primo gruppo tematico “ Urgenze e aspettative per la ricerca pubblica”. Elenca le osservazioni comuni a tutti gli interventi:

  1. il problema delle risorse è ormai una questione politica Ci si chiede se il governo abbia chiaro che cosa la ricerca può essere per il paese? Gli atti del governo sono stati tanto confusi da far pensare ad una visione troppo simile a quella del precedente governo. Esempi di ciò sono il PRIN, i cui fondi non sarebbero reali ma presenti nella finanziaria solo virtualmente così come altre risorse che sembrano non esistere quando devono essere distribuite. Ma anche la distribuzione dei fondi solo per progetti: quand’anche fossero dati, questo non risolverebbe i problemi esistenti negli enti di ricerca e la scelta di questo tipo di assegnazione dei fondi come unico o troppo prioritario metterebbe in discussione il sistema pubblico di ricerca che ha prima di tutto bisogno di fondi pluriennali per l’attività ordinaria;

  2. quindi, la domanda da fare ai ministri è se vogliono che esista un sistema pubblico di ricerca;

  3. anche la distribuzione dei fondi regionali o di altro tipo rischia di essere basata su lobbies e non assegnata in modo condiviso e trasparente;

  4. modalità di individuazione degli organi di governo: al livello degli istituti o delle strutture deve esserci piena partecipazione, per cambiare chi da troppo tempo le dirige. Anche i precari finché sono tali devono poter partecipare.

Ci sono stati poi interventi specifici su ambiente, ENEA, politica spaziale.

Si è fatto inoltre presente l’urgenza di affrontare il problema della ricerca ed innovazione nel settore della prevenzione e sicurezza del lavoro che deve affiancarsi all’attività di controllo e contrasto.

L’elemento comune di tutti gli interventi è la richiesta che il governo agiscavelocemente e che si ricostituisca l’Assemblea della Scienza e della Tecnica come luogo di partecipazione della comunità scientifica.

C’è stata anche una discussione sulla ricostituzione dell’INFM e l’esigenza di valorizzare il CNR e liberarlo dal suo stato attuale.

Ci sono stati 25 interventi.

Quanto manca in questa sintesi è contenuto nella relazione introduttiva di Gianna Cioni.

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Giorgio Poggio, tecnico del CNR, riferisce sui lavori del secondo gruppo " Problematiche del lavoro di ricerca oggi"
che è stato introdotto da Francesco Lenci, ricercatore CNR.

Ci sono stati 16 interventi da praticamente tutti gli enti presenti.

Gli interventi hanno messo in evidenza alcuni punti che di seguito vengono richiamati.

  1. Autonomia degli enti che è messa fortemente in discussione da due fattori fondamentali: la carenza dei finanziamenti istituzionali e l’organizzazione degli enti.La carenza dei finanziamenti costringe i ricercatori a lavorare su progetti i cui obiettivi sono indicati da terzi; non consente il rinnovo della strumentazione di istituti e laboratori e di fatto impedisce il lavoro di quanti non accedono a progetti esterni. L’aspetto comunque più grave della carenza di finanziamenti è che impedisce di sviluppare la ricerca di base che è fondamentale per il miglioramento culturale complessivo e prerequisito per lo sviluppo tecnologico del paese. L’organizzazione degli enti, derivata dai provvedimenti di legge degli ultimi anni, è caratterizzata dall’eccesso di gerarchizzazione, dall’assenza di strumenti di valutazione e di democrazia interna. Siamo inoltre in presenza di vertici di enti che, in virtù delle leggi vigenti, sono praticamente onnipotenti e spesso incompetenti. Ci sono modelli organizzativi (vedi CNR) largamente burocratizzati e che prevedono strumenti in conflitto fra di loro. In collegamento all’organizzazione degli enti vogliamo sottolineare come siamo in presenza di un’organizzazione del lavoro spesso carente e che il rinnovo contrattuale, oltre che prevedere aumenti salariali, dovrebbe introdurre meccanismi di formazione e qualificazione professionale collegati a strumenti che premiano la professionalità.

  2. Si rende assolutamente necessario un piano nazionale di ricerca a carattere triennale che definisca i settori strategici sui quali investire. In assenza di questo la mancanza di programmazione, l’assenza di democrazia interna e la presenza fortissima del precariato sono destinati ad aumentare con grave danno per l’intero sistema.

  3. Per quanto attiene il problema del precariato occorre sottolineare come nella stragrande maggioranza degli enti senza questo tipo di personale non sarebbe stata possibile alcuna attività di ricerca. Il personale precario oltre che essere male utilizzato (laureati impiegati come tecnici) spesso viene usato dalle direzioni delle sedi contro i ricercatori presenti. Occorre porre fine a questa situazione, le cui caratteristiche quantitative sono ben note, chiedendo al governo un piano straordinario di assunzione dato che gli attuali “precari” hanno abbondantemente i requisiti per l’accesso alla carriera. Nel futuro occorrerà evitare il riprodursi dell’attuale situazione mettendo in campo strumenti formativi e la programmazione di piani d’assunzione che consentano agli enti di utilizzare al meglio l’investimento formativo messo in campo.

  4. Personale tecnico. Occorre bloccare il processo di depauperamento di queste figure professionali degli enti perché soprattutto nelle discipline scientifiche sperimentali queste figure professionali risultano essenziali per il prodotto di ricerca all’altezza delle necessità. Anche in questo caso occorre mettere in campo i processi formativi collegati ad adeguati piani d’assunzione.

  5. Personale amministrativo. Occorre evitare il gonfiamento delle strutture centrali a discapito delle sedi periferiche anche a fronte di maggiori impegni di lavoro assegnati alla periferia. Ad evitare pericolosi conflitti tra ricercatori e personale amministrativo occorre sburocratizzare al massimo gli enti e questo consentirebbe agli amministrativi di svolgere il proprio lavoro in sostegno all’attività di ricerca e al personale ricercatore di dedicarsi completamente alla propria attività.

  6. Trasmissione di conoscenza. Occorre prevedere strumenti che consentano ai ricercatori di uscire dall’”isolamento” in cui attualmente si trovano facendo conoscere la loro attività rendendola in tal modo fruibile dal sistema socio economico.

  7. Modello di sistema. Sarebbe estremamente necessaria una legge che intervenisse sull’intero insieme degli EPR e che facesse chiarezza sulla missione degli enti e sui loro statuti. Sapendo che questo è un obiettivo difficilmente raggiungibile chiediamo al governo di portare avanti con speditezza il disegno di legge delega in discussione alla Camera per permettere perlomeno agli enti vigilati dal MUR di modificare gli attuali assetti organizzativi.

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Claudio Franchi, ricercatore precario dell’università, riferisce sul terzo gruppo tematico su “ Reclutamento e carriera nella ricerca” che è stato introdotto da Marinella Petrocchi, ricercatrice precaria del CNR.

Informa che ci sono stati 30/40 interventi molto accesi alla fine dei quali c’è stata una sostanziale convergenza ed il gruppo ha discusso a partire da alcuni prerequisiti comuni:

  1. occorrono fondi, lo sblocco delle assunzioni e l’eliminazione di ogni vincolo sul personale.

  2. occorre una programmazione pluriennale.

  3. il Governo deve decidere di mettere in pratica l’affermazione che continua ad essere ripetuta che la ricerca è strategica per il Paese.

Sono intervenuti lavoratori di Enti di Ricerca differenti che hanno problemi diversi. Si è convenuto sulla necessità diarrivare ad elementi comuni per tutti gli enti e simile all’università per permettere la mobilità.

Si è discusso, inoltre:

  1. sulla necessità o meno dei concorsi;

  2. sulla necessità di valutare chi fa le scelte per il reclutamento;

  3. sulla responsabilità di chi negli enti ha fatto crescere il precariato.

Da oggi il percorso per l’accesso deve essere unico con un rapporto di lavoro a tempo determinato tipo tenure track. Tutti gli altri rapporti di lavoro devono sparire.

La stabilizzazione oggi proposta non basta: deve essere applicata in modo più ampia e vanno incluse tutte le tipologie di lavoro precario.

Le due linee attraverso cui il reclutamento dovrà concretizzarsi saranno le stabilizzazioni ed i concorsi.

Comunque finché i precari saranno presenti negli enti dovranno avere diritti e voce.

I tempi sono un fatto fondamentale: vogliamo tutto e subito!

I precari stanno aspettando.

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