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Interviene Padre Valerio in rappresentanza della Caritas, un organismo della Chiesa cattolica che si pone l'obiettivo di educare la società alla carità, al senso di solidarietà verso il prossimo.

Prima di iniziare il suo intervento, ringrazia tutti i partecipanti non solo per l'opportunità che gli è stata data di portare il suo contributo, ma anche, e soprattutto, perché attraverso l'iniziativa di oggi, può comprendere meglio il mondo della scuola, delle sue difficoltà e delle enormi potenzialità degli insegnanti italiani.

È stato particolarmente colpito anche dall'intervento dello studente senegalese del Liceo di Catania. La sua esperienza gli ha fatto capire ancora una volta quanta strada ci sia da percorrere per una piena integrazione delle persone migranti.

Con il suo intervento, spiega, vuole condividere con noi una propria esperienza personale. Oggi, prosegue, abbiamo parlato di scuola, della scuola come agente formativo che pone in essere percorsi educativi e didattici che propongano la piena integrazione del diverso, dallo straniero al disabile. Si domanda: “oggi nella società italiana la scuola può essere considerata l'agenzia formativa prevalente per i giovani?” Si riferisce ai modelli culturali e sociali veicolati dalla televisione, ai valori che essa presenta alle nuove generazioni. Determinante, spesso, è la costruzione mediatica delle emergenze. Pensiamo all'emergenza dei rom nei mesi scorsi.

Anche a Catania è presente una comunità rom, distribuita su diversi campi. La Caritas catanese si è occupata del campo nomadi della Zia Lisa. Per fare integrazione è necessario partire dagli ultimi tra gli ultimi. Se si riesce ad integrare il bambino rom, sarà più semplice integrare altre etnie. Ma per integrare bisogna difendere i diritti e proporre doveri. Chiarisce meglio: “se voglio difendere il diritto all'istruzione dei bambini rom, devo anche impegnare i genitori a mandarli a scuola e non ad elemosinare”. Si tratta di equilibri estremamente delicati.

Al campo nomadi della Zia Lisa c'erano circa 20 ragazzi in età scolare, poterli mandare a scuola è stata un'impresa difficile. È vero che le scuole sono aperte ma non sempre sono accessibili a tutti. Da subito sono sorti i problemi, la scuola di riferimento sul territorio non era pronta ad accogliere tutti i ragazzi rom. Si è ovviato il problema distribuendo i ragazzi su 7 scuole diverse in considerazione anche del fattore età. Poi si sono dovute superare le difficoltà operative: prendere i ragazzi dal campo nomadi e accompagnarli nelle diverse scuole; cercare di porre in atto una mediazione culturale perché molti dei ragazzi non parlavano l'italiano. In questo i volontari della Caritas hanno svolto un lavoro fondamentale, persino compilando i moduli d'iscrizione per le famiglie, il tutto a costo zero per le scuole.

Ovviamente lo scoglio più grande da superare era costituito dal pregiudizio delle famiglie dei ragazzi catanesi. In realtà, dopo qualche giorno le difficoltà sono state superate dai bambini stessi, perché “i bambini sono bambini”, indipendentemente dalla nazionalità e dalle etnie, sono privi delle sovrastrutture degli adulti, per fortuna. I muri costruiti dai grandi sono stati abbattuti dai bambini. Il lavoro dei volontari ha poi permesso di far superare ai ragazzi rom il gap con gli altri alunni. Il giocare insieme, condividere le esperienze è stato il valore aggiunto del progetto.

Ma il bilancio del progetto non è del tutto positivo: a giugno i piccoli rom inseriti in classi con bambini italiani sono stati promossi e con buoni risultati, i più grandi, messi in classi serali e solo per loro, sono stati poco motivati. Ovviamente.

La scuola è di tutti coloro che vivono il territorio, e ciò che avviene a scuola non può essere separato da ciò che avviene nella società. L'esperienza del campo nomadi di Zia Lisa si è conclusa tragicamente a giugno con lo sgombero del campo stesso a seguito dei noti fatti di Roma e Napoli.

La Caritas, conclude Padre Valerio, aveva proposto per i rom un percorso di integrazione e solidarietà, certo non facile. Chi amministra la città di Catania, però, aveva soluzioni diverse.

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