Convegno nazionale "Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando?" - Seconda giornata
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13:00
Il convegno si conclude con l'intervento di Domenico Pantaleo, segretario generale FLC Cgil.
La FLC Cgil, esordisce Pantaleo, vuole essere parte di una rete che promuove l'interculturalità. Il tema del nostro convegno va in netta controtendenza rispetto ad un clima culturale di esclusione e di ricerca di nicchie identitarie.
Non è solo un fenomeno nazionale ma lo notiamo anche in Europa ed è frutto anche della crisi economica e sociale che viviamo.
Le vittime principali di questa crisi sono i precari e gli immigrati. A questo occorre aggiungere che le politiche del governo sono di stampo razzista e non bisogna avere paura di denunciarlo. Il "pacchetto sicurezza" ha questa impronta e induce comportamenti intollerabili per una società civile.
Tutto ciò ha un riflesso sull'istruzione e bisogna evitare che si sviluppi una contaminazione regressiva in un ambiente che fino ad oggi è stato in grado di dare risposte e pratiche positive di accoglienza e inclusione.
Le politiche del MIUR, anche rispetto al tema dell'intercultura, sono insufficienti e negative. Intercultura non può essere assimilazione. Sostenere, come fa la Gelmini, che le tradizioni culturali e religiose cattoliche sono la base dell'integrazione, significa negare l'interculturalità.
Non è intercultura ma emarginazione, prosegue Pantaleo, se nella secondaria si tende ad indirizzare gli immigrati nella formazione professionale e non è inclusione ma esclusione, la politica di tagli del tempo pieno e dei moduli nella primaria.
Proporre il tetto del 30% alla presenza di alunni immigrati nelle classi, senza specificare se si intendono alunni neo arrivati nel nostro paese o semplicemente alunni privi di cittadinanza, e senza dire come si fa, chi e dove si deve spostare da una determinata classe o scuola, è pura demagogia.
Pantaleo sottolinea che occorre battere il razzismo ed il diffondersi di una cultura incivile, sviluppando sienergie e alleanze tra scuola e territorio, con le famiglie, con le associazioni che operano nel sociale, facendo della scuola luogo di scambio e di relazioni interculturali. È, però, altrettanto necessario elevare la qualità della scuola, perché qualità vuol dire maggiore capacità inclusiva.
L'incremento della selezione che si è verificato è indice non di qualità, ma di impoverimento progressivo del sistema formativo di cui fanno le spese soprattutto gli immigrati e la popolazione del sud Italia.
La politica dei tagli di organici, di risorse, di tempo scuola, sottolinea Pantaleo, determinano abbassamento della qualità e della capacità di promozione e inclusione. La FLC reagisce a tutto ciò ed è anche per questo che è stato proclamato lo sciopero dell'11 dicembre.
Intercultura significa cambiare il modo di impostare i curricoli, di formare il personale; significa contaminazione dei saperi, significa ripensamento e innovazione delle metodologie didattiche.
L'autonomia scolastica, conclude Pantaleo, se dotata di maggiori risorse economiche e di personale, se potenziata nella sua esclusiva dimensione progettuale, potrà avere un ruolo importante nel favorire questi processi positivi.
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12:30
Teresa Sarli, Coordinamento nazionale Immigrati FLC Cgil - Friuli Venezia Giulia.
In attesa di pubblicare l' abstract, mettiamo a disposizione dei nostri lettori il testo dell'intervento in versione integrale.
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12:20
Margherita Marengo, Coordinamento nazionale Immigrati FLC Cgil - Piemonte.
Abstract
Quali parole usare per parlare d'intercultura?
Quando le parole che spesso si rincorrono e vengono usate con significati diametralmente opposti al loro contenuto semantico e legate a situazioni che comunicano l'esatto contrario di quanto detto.
Tutti a parlar di radici, a dire gli altri sono razzisti, noi no.
Sicuramente una delle parole più usate è "radici", radici cristiane, celtiche, italiane, europee, lombarde, piemontesi… ricordi comuni, tradizioni, memoria condivisa.
Forse sarebbe il caso di ricordare le parole di Gustavo Zagrebelsky, Lezione per la Biennale della Democrazia, Torino aprile 2009: "Le parole non devono essere ingannatrici, affinché il confronto delle posizioni sia onesto. Parole precise, specifiche, dirette; basso tenore emotivo, poche metafore; lasciar parlar le cose attraverso le parole, non far crescere parole con e su altre parole; no al profluvio che logora e confonde".
Alcuni problemi su cui, secondo me, è necessario riflettere
Anche in situazioni, come il Piemonte, che hanno esperienze ricche, lunghe e consolidate di progettazione sui tempi dell'intercultura, la progettazione non è diventata sistema. Manca l'intervento politico che renda consuetudine le buone pratiche. Queste restano così affidate spesso alla buona volontà del singolo, sia esso insegnante, istituzione scolastica o anche amministrazione pubblica. Qualsiasi cambiamento (ad esempio il pensionamento che avverrà nei prossimi anni di molti d'insegnanti che hanno gestito i progetti ) può azzerare anni di lavoro e di progettazione.
L'approccio ad una scuola interculturale richiede che gli insegnanti, tutti a partire dalla Scuola dell'Infanzia per arrivare all'Università, abbiano una formazione specifica ed in itinere.
Purtroppo anche in questo caso parliamo di accesso ai corsi in forma assolutamente volontaristica.
I numeri del Piemonte
Utilizzo alcuni dati quantitativi che emergono da una ricerca in atto per analizzare i dati relativi ai progetti che le scuole hanno presentato per accedere ai finanziamenti della Regione Piemonte e dell'Ufficio Scolastico Regionale nell'anno scolastico 2008/09 e per l'anno in corso.
Sono dati parziali perché riguardano solo le scuole che hanno accesso al finanziamento, quindi scuole che hanno una presenza di almeno il 5% di alunni stranieri.
C'è un progressivo aumento delle scuole che fanno richiesta per accedere al finanziamento, questo ci rende evidente il fatto che l'integrazione di alunni non italiani riguarda ormai la quasi totalità degli istituti piemontesi. Aumentano in modo significativo anche nelle scuole superiori.
Nell'anno scolastico 2007/2008, 458 scuole (67,4%) della Regione hanno presentato richiesta di finanziamento per "integrazione alunni stranieri", per il corrente anno (2008/2009) la richiesta è di 511 istituzioni scolastiche (75,25%), +8,8%.
Le scuole, per l'anno scolastico 2007/2008, dichiarano la presenza di 39.304alunni stranieri pari al 12, 64% della popolazione scolastica, per l'anno scolastico 2008/2009 la situazione è la seguente: 46.571 alunni stranieri (+ 6013) pari al 12,6%. Nel 2009/ 2010 dichiarano 49.866 studenti stranieri pari al 13,40 % (dati ancora ufficiosi).
La domanda per accedere ai fondi, quest'anno, richiedeva alle scuole di scorporare i dati degli allievi tra prima e seconda generazione.
Possiamo così sapere che nelle scuole piemontesi abbiamo in media il 53% di allievi stranieri di prima generazione. Sono il 20 % nella scuola dell'infanzia e 81% negli istituti superiori. Nella scuola primaria le seconde generazioni raggiungono il 49%, nella scuola media il 24 %.
I dati sulle prime e sulle seconde generazioni ci richiedono come scuole di intervenire in modi differenziati, non si può da una parte continuare a considerare tutti i ragazzi come se fossero una massa indifferenziata di non parlanti, d'altra parte non si può fare finta che, molto spesso, l'essere nati in Italia non risolva tutti i problemi di lingua e d'inserimento degli allievi.
Pensando ad un curricolo interculturale
Ripensando alla premessa credo che in questo momento storico/politico la dimensione interculturale che la scuola deve agire sia quella della costruzione di una cittadinanza comune. Che ci coinvolga tutti, insegnanti e alunni. Una cittadinanza che non sia costruita solo su radici o accorpamento di radici, parte fissa sotterranea dell'albero, ma che, come dice Magris, si allarghi in rami e foglie, che cambiano, si modificano continuamente. Che si protendono verso altri rami o mani per stringerle.
Questo non riguarda solo il lavoro che facciamo con i ragazzi ma in special modo il nostro vivere come insegnanti nella scuola, è la possibilità che abbiamo di immaginarci il futuro e di costruirlo con le nuove generazioni.
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12:10
Ci prepariamo ad ascoltare l'esperienza che ci arriva dal Molise, come prevede il programma, con l'intervento di Aida Trentalance del Coordinamento nazionale Immigrati FLC Cgil. Purtroppo Aida non ha potuto partecipare al convegno e il testo del suo intervento viene letto da Piergiuseppe Gentile della FLC Cgil di Torino.
In attesa di pubblicare l' abstract dell'intervento, mettiamo a disposizione dei nostri lettori il testo in versione integrale.
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11:55
Patrizia Epifani, Coordinamento nazionale Immigrati FLC Cgil - Umbria.
Abstract
La presenza di alunni di origine non italiana nella scuola umbra è in una costante di lungo periodo, tuttavia, a partire dall'anno scolastico 2003-2004 il fenomeno ha subito una repentina accelerazione. La consistente, rapidità ed eterogeneità dei flussi migratori hanno fatto emergere problematiche nuove e posto delle sfide impreviste alla scuola umbra.
La scuola umbra si trova sempre più immersa nell'oceano della globalizzazione planetaria e deve imparare a nuotare per sfidare la “Complessità” che i nuovi processi di migrazione ci presentano. I bambini migranti portano a scuola diverse culture, diversi costumi, diverse lingue, diverse religioni. Ciò è fonte di arricchimento, ma può essere, anche, fonte di disagio e persino divisione. La sfida dell'integrazione è reale affinché la convivenza sia dialogo e non solo convivenza passiva. Significa mutuo riconoscimento e sforzo di avvicinamento senza toccare nel vivo nessuna delle identità culturali che possono convivere nelle nostre società.
N.B. Sono inclusi gli alunni di cittadinanza non italiana frequentanti le scuole paritarie per l'a.s. 2008/201
La maggior parte degli alunni stranieri, frequentanti le scuole dell'Umbria nell'a.s. 2008/2009, proviene da paesi europei non appartenenti all'UE, ad eccezione della Romania. Il paese europeo da cui arriva in Italia il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana è l'Albania (3.550 alunni). La Romania è la seconda nazionalità presente (2.651 alunni) e il Marocco è la terza (2.090 alunni). Seguono l'Ecuador, Macedonia, Ucraina, Perù.
Organici
(Le cifre della scuola in Umbria per l'a.s. 2009/2010)
E' di 571 docenti e 221 unità di personale non docente il taglio degli organici nelle scuole dell'Umbria, così come previsto dai vari provvedimenti adottati dal Governo Berlusconi e dal ministro della Pubblica istruzione, Mariastella Gelmini. Ciò comporta un altrettanto drastico taglio del numero delle classi in tutte le scuole dell'obbligo della regione, mettendo così a rischio la qualità
dell'intero sistema scolastico umbro. La filosofia che si evince dall'applicazione della Riforma è: Risparmiare sempre e ad ogni costo.
Meno docenti, meno ore di scuola, meno insegnanti di sostegno, meno scuole nei paesi, meno personale nelle segreterie, meno indirizzi nelle scuole superiori, meno specializzazione per gli insegnanti delle elementari, meno classi di concorso nelle superiori … meno soldi per il funzionamento ordinario … meno qualità complessiva … meno diritti per tutti: sia per i ragazzi con cittadinanza italiana che per gli alunni e studenti stranieri.
Proposte per un curricolo
Le segnalazioni dei dirigenti scolastici
La scuola umbra sembra essere molto attenta alle dinamiche interculturali poiché un dirigente su cinque ha segnalato all'Ufficio Scolastico Regionale la realizzazione nella sua scuola di buone pratiche per l'integrazione degli alunni stranieri. Il picco delle segnalazioni si riscontra negli istituti comprensivi, mentre vi è un calo sensibile nelle scuole secondarie di primo grado. Le scuole paritarie hanno inviato una sola segnalazione.
Le buone pratiche sono riferite prevalentemente ad attività rivolte agli alunni, quali supporto linguistico e disciplinare (sia in orario scolastico che extra-scolastico), interventi di educazione interculturale, laboratori e sportelli di consulenza psico-pedagogica. Sono stati anche segnalati interessanti tentativi di coinvolgimento dei genitori sia attraverso l'offerta di opportunità di apprendimento della lingua italiana sia con il loro coinvolgimento nella vita della scuola, programmando occasioni per loro interventi nell'attività didattica di classe oppure con l'organizzazione di eventi ludico-didattici e formativi aperti a tutta la comunità scolastica e/o cittadina. Non sono mancati esempi di buone pratiche relative alla predisposizione della modulistica nelle varie lingue d'origine dei ragazzi. In alcune scuole si sono previsti interventi di formazione del personale docente in collaborazione con l'Università per Stranieri di Perugia.
POF e alunni stranieri
Se si passa all'analisi dei Piani dell'Offerta Formativa non sembra trovarsi la stessa attenzione alle problematiche relative all'integrazione. Tra i POF esaminati l'esplicitazione dell'assetto valoriale, che dovrebbe ispirare le opzioni pedagogiche didattiche e organizzative, non è molto frequente. Ancor meno frequente è il riferimento ai principi valoriali che dovrebbero ispirare le problematiche relative all'integrazione e alla costruzione di una società multiculturale. Solo una piccola minoranza di scuole indica tra i principi ispiratori almeno uno dei seguenti: interculturalità, accoglienza, integrazione, rispetto e valorizzazione della diversità culturale.
Aumentano invece le scuole che attivano percorsi di apprendimento della lingua italiana rivolto ai genitori.
Procedure per l'accoglienza
Sono molte la scuole umbre che hanno adottato Protocolli di accoglienza per facilitare l'ingresso dell'alunno straniero nelle classi e per aiutare le famiglie nella comprensione del sistema scolastico italiano. I Protocolli in genere prevedono una figura di contatto che cura i rapporti fra studente, famiglia e docenti. Molte scuole prevedono anche un docente con funzione strumentale in grado di attivare percorsi idonei ad ogni nuovo ingresso. L'inserimento nella classe di solito avviene direttamente solo alcune scuole predispongono un breve periodo di transizione in piccoli gruppi con un docente che si dedica esclusivamente all'apprendimento intensivo della lingua italiana. Molte Amministrazioni comunali intervengono i questa prima fase pagando mediatori linguistici e culturali.Il modello didattico prevalente è quello che gli esperti definiscono “sub-mersione”: l'italiano è l'esclusivo medium di comunicazione all'interno della scuola. Le lingue d'origine vengono bandite. Le informazioni sulle lingue parlate in casa e al momento dell'ingresso in Italia sono sommarie.
Aspetti didattici
Gli interventi educativi mirati sono finalizzati soprattutto a far acquisire al ragazzo sufficienti competenze linguistiche in italiano. Essi sono, in genere, finanziati con l'art. 9 del CCNL ("aree a rischio e a forte processo immigratorio") in qualche caso la scuola ricorre anche ad altre fonti. La centralità delle competenze linguistiche in italiano è riconosciuta da tutte le scuole e diverse sono le tipologie di intervento: supporto individuale o in piccoli gruppi al di fuori della classe, supporto extrascolastico (pomeriggio e/o in periodi di interruzione delle lezioni), tutoraggio in classe.
Proposte operative per l'elaborazione del Curricolo d'Istituto
L'elaborazione del curricolo d'istituto rappresenta il terreno su cui si misura concretamente la capacità progettuale di ogni singola istituzione scolastica autonoma. Il POF è “ il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche” e il curricolo d'istituto, che è una parte importante del POF, rappresenta la sintesi della progettualità formativa e didattica della singola scuola.
Le scuole dovrebbero essere in grado di selezionare, di ridefinire, di integrare, ridurre o ampliare le proposte aventi carattere nazionale con le scelte operate da ogni singola istituzione scolastica. Troppo spesso questa operazione avviene prevalentemente su iniziativa di piccoli gruppi di insegnanti. I curricoli che integrano percorsi interculturali prediligono nella scuola primaria e nella scuola d'infanzia : il mondo delle fiabe, le feste tradizionali, le religioni, i giochi, la scuola. Nella scuola secondaria la prospettiva interculturale trova spazio nella trattazione degli argomenti di alcune discipline, quali storia, geografia, inglese ma anche nell'elaborazione di specifici progetti didattici, su problematiche del tipo: “il Nord e il Sud del mondo”, “Città a confronto”, “La condizione femminile nei vari paesi”, “Commercio equo e solidale”.
In alcune scuole sono state predisposte biblioteche multiculturali, dove gli alunni possono trovare, oltre ai materiali bibliografici nelle lingue d'origine più frequenti, anche testi che introducono alla conoscenza e valorizzazione delle diverse culture e invitano a riflettere su argomenti quali il pregiudizio razziale e l'etnocentrismo.
Valutazioni finali
Le autonomie scolastiche hanno lavorato negli ultimi anni per accogliere, inserire, integrare alunni provenienti da diversi paesi; hanno stilato Protocolli d'accoglienza, Progetti di educazione alla pace e ai diritti; hanno sostenuto gli alunni neo- arrivati per favorire il loro inserimento nelle classi; hanno sviluppato sensibilità e apertura alle storie dei bambini e delle bambine; hanno promosso collaborazioni con le famiglie, le associazioni territoriali e gli Enti locali, ma ora tutto questo non è più possibile.
La mancanza delle sostituzioni, oltre a tutti i tagli operati dalla Gelmini, hanno gettato le scuole in un caos che non permette più un clima favorevole ad accogliere.
Spesso lo sdoppiamento delle classi con alunni, che viaggiano da una classe all'altra portandosi dietro la propria sedia, le aule sovraffollate, la riduzione dell'orario scolastico… non solo non permettono accoglienza, ma neanche integrazione e formazione.
Il P.O.F. non è rispettato, l'integrazione torna ad essere solo omologazione; incontro, conoscenza e valorizzazione delle differenze tornano ad essere utopie!
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11:35
La proiezione di alcuni video, tratti dal film documentario Il razzismo spiegato ai ragazzi viene presentata da Adil El Marouakhi, Centro interculturale Mondo Insieme di Reggio Emilia.
Abstract
Primavera senza razzismo è un progetto pedagogico educativo realizzato dal Centro Interculturale Mondinsieme in collaborazione con cinque scuole superiori di 2° grado per sensibilizzare gli studenti contro ogni forma discriminazione a partire dalla diversità culturale. Oggi, la diversità culturale è diventata uno dei fenomeni maggiori con il quale l'Italia si confronta. Un'Italia, a differenza di altri paesi europei, con un basso e irrilevante trascorso coloniale che la priva da ogni socializzazione anticipatoria con le culture dei paesi d'origine dei propri cittadini immigrati e la costringe in modo prioritario a costruire la propria consapevolezza della cosiddetta "multiculturale", attraverso il contatto e l'incontro con la diversità culturale urbanizzata ed eccessivamente mediatizzata. Una diversità che risulta nel discorso politico assai stigmatizzata perchè trae dal "diverso" e dallo "straniero" pretesto da una o più evidenti differenze, di colore di pelle, di lingua, di abitudini sociali e culturali per far scaturire dalla paura quel senso di insicurezza che associa come le dita di una mano l'immigrazione alla sicurezza. Nei confronti degli studenti e quindi delle future generazioni appare opportuno riflettere sulle situazioni e ripercorrere le vicende dei rapporti fra culture diverse, studiandone le faticose convivenze, al di là delle barriere poste dall'intolleranza ideologica, culturale e religiosa , per ricondurre la multicultura in una prospettiva educativa come opportunità di crescita per i giovani, stranieri e italiani in una visione unitaria che guardi al futuro. Rispetto a queste problematiche il ruolo della scuola è fondamentale. Lo è proprio in virtù della sua attitudine a verificare, attraverso le varie discipline presenti nei suoi piani di studio, così da poter approfondire in chiave educativa ed interculturale i temi, anche di attualità, facendoli oggetto di studio, di analisi, di confronto, di giudizio e di formazione personale. Il riconoscimento dei diritti umani e dei diritti di tutti alla diversità culturale e allo sviluppo personale sono nuovi campi di ricerca e di studio, ma anche nuovi valori, che la scuola deve proporre con più convinto impegno per consolidare le basi di una effettiva integrazione, che valorizzi la dignità e la ricchezza di ogni cultura. Con l'esperienza del "razzismo spiegato dai ragazzi" si è cercato di "inventare" una nuova grammatica del convivere sollecitando direttamente il protagonismo degli studenti aiutati dai loro insegnanti e da educatori esperti.
Hanno collaborato alla realizzazione il Liceo Aldo Moro con la prof. Simona Lazzaretti e gli studenti della 2L - l'Istituto d'Arte Chierici con le prof. Paola Montanari, Savina Lombardo e gli studenti della 2E - l'Istituto Filippo Re con le prof. Hanna Zawistowska e Federica Bagni e gli studenti della 4D - l'Istituto Ipsia Lombardini con la prof. Anna Esposito, il prof Claudio Davoli e gli studenti della 3° OMT - l'Istituto Scaruffi Levi Tricolore con la prof. Cristina Bonacini e un gruppo di studenti di diversi classi.
L'equipe del Centro Interculturale Mondinsieme che ha ideato, progettato e contribuito alla realizzazione è composta da Adil El Marouakhi, Marwa Mahmoud, Maria Grazia Simonini, Mahta Woldezghi e dagli educatori Aziz Sadid, Chiara Armenti e Damiano Razzoli.
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11:20
Pubblicheremo appena disponibile l' abstract dell'intervento " La scuola tra accoglienza e rifiuto" di Anna Piuzzi, rappresentante Associazione RUE Friuli Venezia Giulia. In attesa di pubblicarlo, mettiamo a disposizione dei nostri lettori il testo dell'intervento in versione integrale.
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11:00
Marco Ferretti, Istituto Pedagogico di Bolzano.
Inclusioni e centri linguistici. L'esperienza dell'Alto Adige.
Abstract
Da molti anni anche la scuola dell'Alto Adige ha fatto fronte all'impegnativo compito di inserire e di integrare nelle classi i numerosi alunni stranieri neo- arrivati, garantendo loro il diritto allo studio. Compito pedagogicamente non facile, ma che diventa ancor più problematico in una situazione in cui, spesso, le risorse professionali ed economiche sono inadeguate rispetto ai reali bisogni educativi.
Il modello di accoglienza e di integrazione dei migranti, adottato in Alto Adige, non è nato, come altri modelli ed altre esperienze nazionali, da sperimentazioni che dal basso hanno assunto le caratteristiche di un progetto di rete territoriale, ma è una scelta di politica scolastica adottata dalla Giunta provinciale di Bolzano con l'obiettivo di dare una risposta organica alle trasformazioni della scuola e della società attraverso l'attivazione di Centri linguistici, come progetto comune tra i gruppi italiano, tedesco e ladino, per la promozione dell'integrazione di alunni e alunne con background migratorio.
Se si affronta il tema dell'inserimento e si approfondiscono le problematiche legate alla integrazione scolastica dei minori stranieri, ciò che viene individuato come piano di intervento primario e come "problema" è, quasi esclusivamente, quello delle competenze linguistiche. L'universo dei migranti, estremamente eterogeneo, è composto da chi è nato qui ed ha seguito il percorso scolastico dei coetanei, ha frequentato la scuola dell'infanzia ed appreso la lingua italiana o la lingua tedesca attraverso la relazione con i pari e chi invece arriva direttamente da un paese straniero e possiede competenze linguistiche solo nelle lingue materne; da chi, nel paese d'origine o nel percorso migratorio, ha già competenze plurilingui e chi invece parla una sola lingua. I bisogni di apprendimento sono evidentemente molto diversificati, perciò è necessario creare le condizioni per una flessibilità organizzativa ed una progettualità di scuola e di rete di scuole che si ponga l'obiettivo di facilitare le relazioni e le comunicazioni, incentivare gli apprendimenti e garantire a tutti un percorso scolastico comune.
Gli apprendimenti linguistici di una seconda e di una terza lingua seguono, per tutti, le fasi indicate dalla ricerca teorica e dai modelli operativi della glottodidattica, ma ci vuole tempo e sono necessarie strategie organizzative e risorse specializzate per intervenire in modo mirato dentro e fuori la classe. E' indispensabile insegnare la lingua d'uso della scuola (in Alto Adige è indispensabile insegnare la lingua italiana e la lingua tedesca) per garantire pari opportunità di apprendimento, ma siccome gli apprendimenti linguistici avvengono contemporaneamente in vari contesti (attraverso la relazione con i pari e in modo progettuale in situazioni di laboratorio linguistico) si può e si deve rispondere al problema solo in modo complesso, attraverso dispositivi che rinforzino le azioni di accoglienza e di inserimento nelle classi e che prevedano interventi specifici di sostegno e di sviluppo linguistico al di fuori della classe di appartenenza.
Il modello inclusivo adottato dalla provincia di Bolzano può essere una risposta adeguata a questi bisogni perché prevede una situazione di apprendimento mista in cui, a partire da una rilevazione iniziale delle competenze, i Consigli di classe progettano un piano di apprendimento individualizzato nel quale, oltre alle attività comuni si aggiungono le attività di laboratorio linguistico curricolare.
A seconda delle competenze linguistiche pregresse e dei tempi di apprendimento, si attuano moduli di livello base, corrispondenti a 0-A1 del Quadro Comune Europeo per l'apprendimento delle lingue, livelli intermedi ed avanzati per la fase "ponte" nella quale si passa alla comprensione e alla produzione linguistica, e moduli del livello B1-B2 per la fase dell'autonomia in cui l'obiettivo è quello di raggiungere apprendimenti adeguati allo studio delle discipline.
I docenti utilizzati nei laboratori linguistici possiedono una formazione specifica nell'insegnamento dell'italiano e del tedesco come L2.
Questa strategia inclusiva e interlinguistica, che punta allo sviluppo del plurilinguismo, rappresenta una scelta valoriale e pedagogica, simile a tante altre esperienze educative nazionali e di alcuni ambiti europei, in cui si integrano contesti di apprendimento specifici, interventi di supporto aggiuntivi e aspetti comunicativi e relazionali resi possibili dall'appartenenza ad una classe, in un intreccio nel quale si interviene per il raggiungimento degli obiettivi linguistici per i neo arrivati, ma contemporaneamente si lavora per perseguire obiettivi di apprendimento delle competenze interculturali di tutti gli alunni.
Per approfondire o scaricare materiali gli indirizzi sono:
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10:15
Antonio Brusa, docente Università di Bari.
Il laboratorio sulle Crociate. Un banco di prova per l'insegnamento interculturale
Abstract
Il problema storico/didattico delle Crociate
Le crociate appartengono in modo esemplare a quella classe di avvenimenti, che a partire dalla ormai storica lezione di Eric Hobsbawm,siamo autorizzati a definire "inventati". Al tempo stesso, le Crociate sono un topos dell'insegnamento, non soltanto in Europa, e, negli ultimi decenni, sono diventati un tema rovente di uso pubblico della storia, di dimensioni internazionali. Nella tradizione insegnata, italiana ma in molti casi anche europea, le crociate costituiscono un passaggio obbligato, non appena ci si addentra nel racconto del primo decollo dell'Occidente europeo, dopo aver varcato la soglia dell'Anno Mille (altra studiatissima e topica "invenzione", passata dalla ricerca ai manuali di mezzo mondo, ma definitivamente smontata dalla storiografia recente). Nei manuali italiani le Crociate si presentano con un costrutto didattico, ben definito da oltre due secoli di vita scolastica. Ecco i fatti che non mancano quasi mai (e che vengono solitamente spiegati in classe): Urbano II e l'appello di Clermont Ferrand, la Crociata dei Pezzenti con Pietro l'Eremita, Goffredo di Buglione e gli altri feudatari, che assediano e conquistano Gerusalemme. Dopo la prima Crociata, le altre seguono a scelta del docente: la seconda – poco frequentata - la terza, un po' più fortunata, perché resa illustre dai tre sovrani più importanti dell'Europa del tempo (Riccardo Cuor di Leone, Filippo Augusto e Federico I Barbarossa), e, nell'ultimo decennio, carica dell'appeal delle vicende di Guido di Lusingano, il "cattivo" del film di Ridley Scott, The Kingdom of Heaven, al quale si contrappone il "buono" Salahed Din (inevitabile atout per le aperture interculturali). La quarta è soggetta da tempo ad un particolare trattamento: è la "falsa" Crociata, deviata dall'avidità dei veneziani, e terminata, per una strana serendipity, con la conquista di Costantinopoli e la fondazione dell'Impero Latino d'Oriente. Le Crociate successive hanno un successo trascurabile, al punto che anche un rapido giro su internet genera qualche sconcerto, a cominciare dal loro numero, sorprendentemente variabile a testimonianza di un'incertezza diffusa, nonostante i nomi regali che le illustrarono: Federico II, Carlo I d'Angiò e Luigi il Santo.
La tradizione didattica affronta anche problemi e discussioni importanti e degnissimi. Si ragiona dei motivi e soprattutto della natura del fenomeno. Furono un fatto economico, religioso, politico, culturale, demografico o commerciale? Si analizzano spesso le cause del "fallimento crociato"; e, a partire dall'insegnamento di Francesco Gabrieli, che ne fu l'inventore ante litteram, si è diffusa anche una storiografia spontanea di "sguardi incrociati": non mancano quasi mai, nella manualistica italiana delle medie e delle superiori, le fonti musulmane, e la possibilità di confrontare, in classe, la brutalità cristiana con la raffinata civiltà musulmana.
In conclusione, le Crociate sono un fenomeno complesso, ricco di storiografia e di didattica, che si è caricato, negli ultimi quindici anni, di una forte valenza interculturale, sia per la presenza di allievi musulmani, sia perché il rapporto con l'Islam è ormai percepito come un tema dominante della nostra vita. Per tutti questi motivi, le crociate costituiscono un caso esemplare di "didattica difficile".Esse ci propongono uno spinoso problema di revisione storiografica.
A partire, infatti, dalle ricerche ormai canoniche di Alphandérye Dupront sull'idea di Crociata, gli studi dell'ultimo ventennio hanno mostrato il carattere di "ricostruzione storiografica", operata nello stesso medioevo, spesso a ridosso di quegli eventi che, come abbiamo visto sopra, costituiscono il quadro storico/didattico delle crociate. E' un processo noto agli storici come "invenzione della tradizione", e il fatto che sia iniziato a b antiquo non toglie nulla al problema storico (che cosa allora è veramente avvenuto fra XI e XIII secolo?) e aggiunge una incombenza in più al lavoro didattico: il dilemma se insegnare "la ricostruzione tradizionale" oppure "la versione storiograficamente accreditata".
Nel caso particolare delle crociate, poi, si deve osservare che la filologia interferisce in profondità con la stessa questione interculturale. Un conto, infatti, è insegnare che le crociate furono una serie di spedizioni progettate e dirette alla liberazione del Santo Sepolcro (nozione tradizionale), un conto è raccontare che, nella sequenza infinita e spesso informe dei pellegrinaggi armati medievali, vennero selezionati e trasformati alcuni episodi, che col tempo portarono alla costituzione dell'idea stessa di crociata (nata, come è ormai assodato, a metà del XIII secolo, paradossalmente proprio al tempo delle ultime e fallimentari spedizioni). Fu un processo di continua rielaborazione, fatto di "aiuta memoria", prodotti nel corso del tempo, che terminò nel XIX secolo, quando venne consegnata,alle scuole e al mondo, un immagine ignota al secolo XI, quella del cavaliere bianco, con lo scudo attraversato dalla croce rossa, che combatte contro il musulmano armato di scimitarra (altra invenzione posteriore). Questa immagine era in sintonia perfetta con l'ideologia della civilizzazione coloniale, diffusa peraltro dalle stesse scuole, edificate dai francesi nei loro possedimenti nordafricani. In quelle scuole maghrebini, egiziani, siriani e arabi appresero che nel Medioevo erano esistite le Crociate, e, per reazione, elaborarono la risposta "anticrociata", rovesciando il mito occidentale.
Ed ecco dove la difficoltà didattica diventa problema irto di ostacoli di varia natura: insegnare il mito e poi decostruirlo? O insegnare come, secondo la storia- scienza sempre perfettibile – sono avvenuti i fatti, e spiegare, magari come si è costruito nel tempo il mito? La didattica ci obbliga a scontrarci, con questa domanda, non soltanto con strutture mentali e difficoltà cognitive, ma soprattutto con le fermissime convinzioni dei docenti, per ragioni diverse, condivise sia dal mondo cristiano/occidentale sia da quello musulmano/sudorientale. Se ce ne fosse bisogno, è un'ulteriore dimostrazione che l'intercultura apre conflitti aspri, sociali e storiografici, molto lontani dall'immagine di irenismo e di buoni sentimenti, con la quale si è diffusa nelle scuole italiane.
Non ultimi, vengono gli ostacoli di "tecnica didattica". Come presentare agli allievi un evento che al tempo stesso è un "non evento", senza soffocarli dentro una discussione storiografica, che con ogni probabilità non riuscirebbero a valutare? Come far capire loro l'importanza di studiare "una cosa che non è esistita", quando manca il tempo per studiare "le cose importanti e vere"? e come, al tempo stesso, distinguersi dalla disgustosa moda negazionista, falsamente decostruttrice di qualsiasi convinzione o immagine o personaggio che abbia goduto di una qualche notorietà (da Garibaldi fino alla Shoàh)?
Come si vede, i problemi sono tanti e di così vasta portata, che è difficile pensare che la proposta didattica che segue li possa risolvere tutti. Sicuramente è una risposta parziale, ma vorrebbe invitare il lettore/docente ad avere il coraggio di affrontare, in classe, i problemi di questa complessità, che mescolano storia e storiografia, fatti e interpretazioni, l'uso dei documenti e la conoscenza obiettiva di fatti del passato e che, infine, legano, in un abbraccio violento, il passato e il presente.
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09:45
Vai alla web cronaca della prima giornata
Proseguono, nella sede della Camera del Lavoro di Bologna, le attività del convegno nazionale Per un curriculum interculturale. Se non ora, quando? iniziato ieri. A coordinare lo svolgimento dei lavori è Salvatore Tripodi, centro nazionale FLC Cgil.
Anche oggi, pubblicheremo degli abstract delle relazioni e degli interventi che si susseguiranno nella giornata.
Iniziamo con l'introduzione di Ribka Sibhatu, scrittrice ed esperta problemi dell'immigrazione.
L'intercultura in cammino
Abstract
"La conoscenza del passato è il faro del futuro" (1)
Da un po' di tempo sono iniziati i festeggiamenti per i venti anni della caduta del muro di Berlino, ma dall'altra parte assistiamo alla costruzione dei nuovi muri come quelli del Mediterraneo che si chiudono per i migranti e si aprono per le armi, le materie prime come il coltan, petrolio e gas che percorre le stesse rotte degli immigrati. Aumenta la fame nel mondo, ma i presidenti dei paesi più ricchi erano assenti al vertice della FAO appena concluso.
L'Italia, dopo più di un secolo di storia di emigrazione, da più decenni è anche un paese di immigrazione. Il fenomeno dell'immigrazione sta ridisegnando la geografia umana. Lo squilibrio economico e demografico, i cambiamenti climatici, le guerre e le dittature sono le principali cause che hanno accentuato le migrazioni nel mondo. La nuova realtà mondiale richiede quindi una nuova politica globale.
Nonostante l'immigrazione fosse un fenomeno complesso e per adesso una risorsa per il paese, da quasi un decennio è diventata lo spot elettorale. Alcuni politici, pur di avere più voti, prendono scorciatoie pericolose, usano l'immigrazione in negativo. Frutto di questa cattiva politica, anche nel mondo della scuola, si intravedono segnali di disagio e di cattiva informazione.
La maggior parte dei media privilegiano la cronaca nera e si occupano poco del quotidiano dei migranti, dell'inserimento e dell'integrazione (2) dei futuri cittadini. Di recente ad una scuola elementare di Asolo, un'alunna, dopo aver sentito i miei racconti mi ha chiesto:
" Se l'Eritrea è come ci racconti allora perché sull'Africa la televisione parla solo di brutte cose".
Nelle scuole cominciano a considerarmi straniera e a chiedermi: "Ti senti di aver rubato il lavoro agli italiani? Con quale tipo di barcone sei venuta?". Per costruire le nuove identità che rendono armoniosa la convivenza dei nuovi e vecchi cittadini in Italia e nel mondo, bisogna partire dalla propria storia e dalla conoscenza del diverso. Tutti sappiamo che la diversità è una ricchezza se gestita bene. Un proverbio indiano dice: " Con i nostri occhi vediamo il mondo intero eccetto i nostri occhi stessi" così, l'altro dovrebbe essere lo specchio per ognuno di noi in modo che riusciamo a vedere meglio noi stessi e ad essere in armonia con ciò che ci circonda. È chiaro che bisogna lavorare sulla percezione sbagliata, ma ci sono anche aspetti positivi da cui partire e tessere la tela della conoscenza e della pace specchiandosi sugli occhi del diverso visto che non riusciamo a vedere i nostri occhi.
Note
1) Proverbio eritreo.
2) Integrazione non nel senso in cui un soggetto sociale forte ne assorbe un altro più debole, cioè l'assimilazione forzata di un gruppo etnico da parte di un altro, ma un processo di di adattamento reciproco tra elementi simbolici, materiali e sociali di un determinato sistema culturale.