Convegno nazionale "C'è ancora la dispersione scolastica?" - Prima giornata

  • 13.10

    Con la relazione di Del Fattore, si conclude la prima sessione dei lavori.

    Il previsto intervento di Kurosh Danesh sarà il primo dopo la pausa per il pranzo. Il buffet è stato allestito dagli studenti dell'IPSSAR "G. Casini" di La Spezia che hanno svolto anche il servizio di accoglienza e di accreditamento dei partecipanti al convegno.

  • 12.30

    Povertà, esclusione e infanzia

    In apertura del suo intervento Sandro Del Fattore, Dipartimento welfare e nuovi diritti CGIL, afferma che il fenomeno dell'esclusione e della povertà, è caratterizzato da un elevato livello di complessità.

    A tal proposito, l'ISTAT ha pubblicato dati importanti riferiti al 2009 sulla povertà assoluta e relativa. L'incidenza della povertà relativa in Italia è pari al 10,8%, mentre l'indice di povertà assoluta è pari al 4,7%. Fin da subito, però, Caritas Italiana e Fondazione Zancan hanno contestato l'interpretazione fornita dall'Istat su questi dati. Secondo la Caritas, sono ben ottocentomila le persone che sono cadute in una situazione di rischio di povertà e di esclusione. Si tratta di persone che non erano povere, ma che sono state costrette a cambiare tenore di vita, perché su di loro si sono abbattuti gli effetti della recente crisi economica, primo fra tutti la perdita di posti di lavoro e, conseguentemente, di fonti di reddito. Eppure queste famiglie non sono considerate povere dalle statistiche ufficiali, ma l'esperienza di tutti i giorni ci insegna che queste possono da un momento all'altro cadere nella povertà e tale fenomeno è diventato particolarmente evidente a partire dagli ultimi tre anni.

    Per evitare di penalizzare ulteriormente famiglie già pesantemente colpite dalla crisi, occorrerebbe rivedere il metodo di dichiarazione ISEE, sottolinea Del Fattore. Attualmente viene fatta sulla base del reddito dichiarato nell'anno precedente e non tiene conto dell'eventuale perdita del posto di lavoro di qualche componente della famiglia. Per ovviare a questo inconveniente, bisognerebbe fare la dichiarazione ISEE sulla base del reddito disponibile al momento.

    Fino a qualche tempo fa l'escluso e il povero erano identificati con il disoccupato. Oggi la situazione è mutata: è a rischio di povertà anche chi è dotato di un solo reddito. Tutto ciò accade perché si diffonde sempre più il fenomeno del “lavoro povero”, che interessa soprattutto donne, migranti, giovani, lavoratori over 45 con bassa specializzazione. Si amplia, in questo modo, la fascia della marginalità sociale e del rischio di esclusione. I dati ISTAT ci fanno notare come la situazione persista nel tempo e non migliori; da ciò possiamo dedurre che in Italia è molto facile entrare nella condizione di povertà (che oggi interessa almeno 13 milioni di persone), ma è molto difficile uscirne.

    Questa diffusa condizione di povertà ha un forte impatto sui minori. Le famiglie che sono esposte a un rischio maggiore di povertà sono solitamente famiglie con minori a carico. Oggigiorno in Italia i minori che vivono in una condizione di povertà relativa sono 1.800.000, il 69% dei quali vive nelle regioni meridionali e il 19% in quelle settentrionali.

    Secondo dati forniti dall'UE, in Italia il rischio-povertà (indicato dalla percentuale di popolazione che ha un reddito inferiore al 60% del reddito medio nazionale) è pari al 19% (contro una media UE del 17%). Questo dato sale al 25% se parliamo di minori (il 20% nelle UE): nell'UE a 27 stanno peggio di noi solo Bulgaria e Romania.

    La condizione dei minori è strettamente correlata alla condizione sociale delle famiglie di appartenenza. È ancora molto forte in Italia la correlazione tra reddito familiare e condizione futura dei figli. Negli USA la metà dei bambini nati da genitori con reddito basso, conserva da adulti un reddito altrettanto basso. Nel Regno Unito 4 bambini su 10 manterrà la stessa condizione di svantaggio della propria famiglia di origine. In Italia molto rigida è la mobilità sociale relativa al reddito: infatti la probabilità che un figlio di genitori laureati si laurei a sua volta è molto alta (pari al 56%), mentre è molto bassa la medesima percentuale se riferita ai figli di genitori che hanno al massimo solo la licenza elementare (in questo caso tale probabilità scende ad un misero 4,7%).

    Anche le scelte del tipo d'istruzione secondaria di II grado, effettuate ad un età troppo precoce alla fine della III media, sono fortemente condizionate dalla situazione economica della famiglia di origine.

    Che senso ha continuare a difendere a parole la famiglia, come ha fatto questo governo nella recente Conferenza sulla famiglia, se poi lo stesso governo, nella Manovra di finanza pubblica approvata nella scorsa estate, ha ridotto il finanziamento del Fondo previsto dalla legge 328 da un miliardo e mezzo (tale è l'ammontare del finanziamento per l'anno in corso) ad appena 352 milioni (meno di un terzo per l'anno venturo)? Come faranno adesso le Regioni ad assicurare la continuazione dell'erogazione di finanziamenti ritenuti essenziali per assicurare il minimo indispensabile nell'ambito delle politiche sociali e di assistenza?

    Quel che occorre davvero è l'adozione di un serio e organico Piano di lotta alla povertà e all'esclusione, che preveda almeno queste tre misure di improcrastinabile urgenza:

    • la diffusione capillare di “Punti di accesso” sul territorio, ai quale la gente possa rivolgersi liberamente per manifestare la propria condizione di disagio;
    • l'erogazione di un sostegno economico al reddito alle famiglie con figli a carico, riconosciuto sulla base di una dichiarazione ISEE, ricavata non più sul reddito dichiarato nell'anno precedente, ma sulla base del reddito disponibile al momento;
    • un'azione che leghi il sostegno economico alla famiglia, ad esempio al reinserimento nei percorsi di istruzione e formazione dei minori, che eventualmente in precedenza avevano abbandonato gli studi.

    I minori, però, non sono esposti solamente ad un impoverimento di tipo materiale: esso è, oggi più che mai, un impoverimento di tipo culturale.

    Un ultimo accenno sul lavoro minorile. Secondo Sandro Del Fattore, ha ancora senso oggi parlare di lavoro minorile: infatti, da una ricerca della CGIL che risale agli anni '90 è emerso che, in quegli anni, in Italia c'erano ancora trecentomila piccoli lavoratori.

    In alcuni casi si tratta di bambini costretti a lavorare tutto il giorno senza frequentare la scuola, ma, nella maggior parte dei casi, si tratta di bambini costretti ad andare a scuola al mattino e a lavorare al pomeriggio o nel fine-settimana. Il triste fenomeno del lavoro minorile è causato ancora nelle Regioni meridionali da situazioni di grave bisogno economico, mentre, in altre parti più ricche del Paese, esso è il frutto di modelli culturali sbagliati che propongono come una necessità persino ai ragazzi una vita autonoma a livello economico fin dall'adolescenza, svalutando di fatto l'importanza del percorso scolastico nella formazione della persona.

    Del Fattore si avvia a concludere. L'Italia, afferma, di questo passo, difficilmente riuscirà a raggiungere gli Obiettivi della Strategia di Lisbona, che si proponeva di fare dell'Europa “l'economia della conoscenza più competitiva del mondo”. Questi obiettivi saranno sempre più lontani, almeno fino a quando l'unico criterio di giudizio di ogni politica sarà il rispetto dei parametri del debito pubblico. In questo modo è veramente difficile investire nell'economia della conoscenza.

  • 12.00

    Immigrati e dispersione scolastica: problemi vecchi e nuovi

    Francesco Ciafaloni, Sociologo, riprendendo il concetto espresso in mattinata dal Presidente di Proteo Fare Sapere, concorda sul fatto che attualmente, nella società della conoscenza, sia in atto un evidente processo di gerarchizzazione. Infatti, le disuguaglianze sociali ed economiche sono in continua crescita. Egli però intende questa gerarchizzazione come il frutto di una società immobile, che perpetua inesorabilmente le proprie classi dominanti, che assomigliano sempre più a caste chiuse ad ogni possibilità di miglioramento per i gruppi sociali più svantaggiati.

    Gli stranieri di prima generazione, continua Ciafaloni, hanno un forte svantaggio dovuto principalmente alle difficoltà linguistiche. Le seconde generazioni, invece, hanno svantaggi che derivano principalmente dalla condizione sociale della famiglia di provenienza. A pesare in questo caso è l'instabilità economica della famiglia.

    La dispersione, che interessa, in particolar modo, gli studenti stranieri, non si manifesta necessariamente con l'abbandono della frequenza scolastica, ma, principalmente, con il loro indirizzamento verso gli Istituti Professionali e i Centri di formazione professionale, dove forte è il rischio che si creino dei veri e propri ghetti.

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  • 11.30

    La dispersione al tempo dei tagli della Gelmini

    È il momento della relazione di Diana Cesarin, Centro nazionale FLC CGIL.

    Quando parliamo di drop-outs, ci riferiamo a coloro che abbandonano prematuramente, che interrompono, che si sono ritirati, che non frequentano o frequentano saltuariamente la scuola.

    Per queste persone, così per le loro famiglie, l’istruzione non è considerata un valore, la scuola non è più vista come un fattore potente di emancipazione e di realizzazione personale. Spesso sono persone che vengono semplicemente lasciate a loro stesse e ai modelli culturali imperanti. Ma chi sono queste persone? Sono soprattutto maschi, spesso di origine straniera.
    Questi giovani presentano ovviamente difficoltà ed esigenze diverse anche in termini scolastici e di istruzione che si correlano a diverse probabilità di successo o insuccesso scolastico.

    È necessario partire da una visione multifattoriale delle cause della dispersione scolastica per cercare di prevenirla. L’insuccesso non può essere inteso come un singolo evento bensì come un processo che si struttura progressivamente nel tempo, attraverso  il sommarsi di diversi fenomeni che vanno letti come indicatori di rischio e quindi monitorati e tempestivamente gestiti.
    Prevenire o quantomeno ridurre la dispersione, richiede una grande attenzione per la scuola ordinaria che deve essere una scuola di grande grandissima qualità, con una grande cura per gli aspetti organizzativi, culturali, metodologici, relazionali, curriculari, una scuola capace di riflettere su se stessa e di migliorarsi. Ci vuole continuità educativa, costruzione di reti e di relazioni con il territorio. Ci vuole un grande riconoscimento e valorizzazione di tutte le professionalità che vi operano.

    Già, ma come la mettiamo coi tagli? Si chiede Cesarin.

    26.000 posti in meno per i docenti e oltre 15.000 posti in meno tra il personale ATA, per un totale di oltre 41.000 posti di lavoro che diminuiscono, producendo esubero per il personale a tempo indeterminato e licenziamenti per quello a tempo determinato.
    Un taglio che ha effetti pesanti anche sul personale educativo. Una perdita di posti che si va ad aggiungere a quella già realizzata lo scorso anno, di 57.000 posti complessivi in meno (-42.000 docenti e -15.000 ATA).
    Nel frattempo, di anno in anno diminuiscono le risorse finanziarie assegnate sia alle scuole che agli Enti Locali. Diventa perciò per i Comuni sempre più difficile garantire mense, trasporti e sostegno a progetti di ampliamento e arricchimento dell’offerta formativa.
    Gli elementi chiave della prevenzione della dispersione: l’autostima, la co-costruzione di rappresentazioni e significati condivisi, l’individualizzazione dei percorsi, la declinazione degli aspetti organizzativi della scuola sulla base dell’osservazione degli alunni e delle classi e delle indicazioni emergenti dalla ricerca psico-educativa, una forte consapevolezza della complessità della relazione insegnante/allievo, si possono coltivare se ci sono determinate condizioni di contesto.
    Ogni giorno di più, invece, l’esperienza scolastica, sia per i bambini e le bambine che per i maestri e le maestre consiste in soluzioni improvvisate ai problemi determinati dalla carenza di risorse, in un agitarsi frenetico.

    In una scuola siffatta, come si può pensare che i bambini e le bambine e poi i ragazzi e le ragazze possano appassionarsi al sapere? Come possono i più deboli sentirsi accolti ed entrare in un circolo virtuoso in cui processi di apprendimento e capacità relazionali evolvono insieme?
    Una scuola impoverita, richiusa in se stessa, umiliata come può garantire questo? Come può rispondere alle sfide educative e cognitive della società della globalizzazione? Semplicemente, non può conclude Cesarin.

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  • 11.00

    Minori, marginalità, giustizia sociale: fra prevenzione e sicurezza

    Maurizio Gentile, è coordinatore dell'osservatorio sulla dispersione dell'USR Sicilia.

    Da più di trent'anni si occupa di dispersione. Comincia il suo intervento citando Don Milani: la scuola ha un problema solo - diceva il maestro - i ragazzi che perde. Ancora oggi questo è il problema e Gentile, che lavora nel profondo sud, ce ne porta testimonianza attraverso le storie raccolte in Sicilia e raccontate qui a Lerici attraverso alcune slides.

    La dispersione scolastica è un fenomeno che si riscontra anche al nord ma nel meridione d'Italia si innesca più facilmente perchè qui incontra una situazione ambientale influente.

    Le storie di dispersione infatti, presentano tutte delle invarianti:una storia relazionale caratterizzata da abbandono o violenza, una famiglia problematica, una scuola in difficoltà con scarse risorse, proprio come quella di oggi, l'assenza di una rete di servizi. Ma aldilà di queste costanti, ci sono oggi cause più alte, c'è la nascita di un'adolescenza "nuova", postmoderna, con la quale fare i conti.

    Quello che l'istituzione scolastica accoglie, e' un adolescente più fragile, privo di punti di riferimento, a cui molto spesso gli adulti non sanno trasmettere limiti e valori, affidando questo ruolo alla scuola. Il docente allora si trova in prima linea ad affrontare una situazione molto complessa con l'aggravio oggi, di classi da 40 alunni, di maestri unici e di tante altre difficoltà.

    Allora, per prendersi in carico seriamente la questione della dispersione, la scuola deve essere capace di creare percorsi pedagogici personalizzati, predisporre un ambiente educativo favorevole all'apprendimento in modo che l'alunno riscontri un senso di ciò che apprende. Ma per affrontare questa sfida è necessario ancora una volta ribadire, che bisogna investire nell' unico, vero, grande patrimonio che la scuola possiede: la mente degli insegnanti.

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  • 10.30

    I saluti dei rappresentanti delle amministrazioni locali

    La dottoressa Maria Stefania Ariodante, Vice prefetto di La Spezia, si dice molto soddisfatta per essere stata invitata. Afferma che anche a La Spezia si sta lavorando ad un progetto sulla dispersione scolastica e dichiara la disponibilità ad una riflessione, anche insieme alla CGIL, sul tema al centro del convegno di oggi.

    Il Sindaco di Lerici Emanuele Fresio, ringrazia i promotori di aver organizzato un convegno che mette la scuola pubblica con le sue peculiarità al centro delle azioni tese a superare la dispersione scolastica. È la società oggi, afferma, che disperde, perché non è in grado di fronteggiare gli attacchi allo stato sociale. Infatti, le politiche economiche messe in atto dal Governo impediscono ai Comuni di fare investimenti sulla scuola e il patto di stabilità è una tagliola che coinvolgendo la scuola pubblica, contribuisce ad allargare la dispersione scolastica.

    L'integrazione, conclude, ha bisogno di buone pratiche e le buone pratiche hanno bisogno di investimenti.

    Federico Colombo, Assessore alle Politiche di bilancio, Edilizia scolastica e Valorizzazione del patrimonio della Provincia di La Spezia. La provincia ha dato al convegno il patrocinio, perché ritiene fondamentale il suo ruolo nella costruzione della “qualità “della scuola, attenzione che contribuisce a combattere la dispersione scolastica, con un occhio di riguardo ai contesti sociali ed abitativi in cui vivono i ragazzi che si allontanano dalla scuola.

    I tagli ai bilanci degli Enti Locali prodotti dal patto di stabilità impediscono interventi sull'edilizia scolastica e sulla sicurezza, che passa anche per la riduzione del numero degli alunni nelle classi.

    Per Paolo Manfredini, Assessore ai Servizi Educativi del Comune di La Spezia, la dispersione scolastica va intesa anche come dispersione di intelligenze, causata dai tagli alle risorse umane e materiali delle scuole. Ad esempio l'intervento pesante causato dai Regolamenti della Gelmini sull'organizzazione del lavoro nelle scuole, impedisce che tutti gli alunni siano messi nelle condizioni di raggiungere gli obiettivi dei Piani dell'Offerta Formativa.

    Di qui un nuovo tipo di dispersione dovuta al senso di inadeguatezza causato da una scuola che non ha più tempo per ascoltare i suoi alunni.

    La scuola che vogliamo: l'associazione Proteo Fare Sapere e la FLC CGIL accolgono i partecipanti

    La dispersione scolastica, esordisce Paolo Saracco, Proteo Fare Sapere nazionale, è un fenomeno così in espansione che è doveroso mettere in piedi un convegno che analizzando il fenomeno nei contesti attuali ne studi i sistemi per combatterla.

    La dispersione scolastica così come si configura oggi va inquadrata in un contesto storico, sociale ed economico diverso da quello della scuola di Barbiana, perché oggi è in atto un ridimensionamento della società di stampo classista a cui è funzionale una scuola che si colloca su dei sistemi che fanno capo alle origini sociali degli alunni.

    Adriano Bertolini, Segretario generale FLC CGIL Liguria. La scuola configurata dalle Riforme del Governo Berlusconi prevede la moltiplicazione dei saperi esecutivi e non di quelli critici, incentivando le disuguaglianze di partenza.

    I temi che si affrontano nel convegno possono delineare La scuola che vogliamo. La realizzazione della persona in tutte le sue accezioni, come obiettivo della scuola pubblica, attraverso le buone pratiche, è un mezzo per combattere la dispersione scolastica. Servono investimenti non tagli.

    La scuola, afferma Lara Ghiglione, Segretaria generale FLC CGIL La Spezia, vive un momento difficile in cui individuare le buone pratiche è un percorso in salita.

    La formazione del personale, sottolinea, è un investimento fondamentale per gestire le emergenze attuali, ma nello stesso tempo per ricostruire la buona scuola, necessaria per superare lo svantaggio che genera la dispersione scolastica.

  • 10.15

    La CGIL, la FLC e Proteo Fare Sapere hanno scelto il Comune di Lerici in provincia di La Spezia per svolgere un importante convegno nazionale che ha per titolo "C'è ancora la dispersione scolastica?".effetto_domino

    Il convegno si svolge in un contesto di crisi, di tagli generalizzati alle risorse e al personale che incidono in profondità e negativamente sulla qualità dell'istruzione.

    Peggio, come in un effetto domino, i tagli alla conoscenza interessano tutti noi, facendo vacillare il futuro stesso del Paese.

    Anche per questo il 17 novembre si terrà uno sciopero che interesserà tutti i settori della conoscenza con diverse modalità orarie e iniziative in molte città. 

    I lavori sono ospitati presso il Polo Formativo di Alta Qualità "Teresia", in località Bellavista e si chiuderanno con l'intervento del Segretario generale della FLC CGIL Domenico Pantaleo.

     

    Salvatore Tripodi, Centro nazionale FLC CGIL, saluta i presenti e dà inizio ai lavori ricordando che l'appuntamento di oggi e di domani segue altri convegni a carattere nazionale che si sono tenuti a Reggio Emilia, a Collegno (Torino), a Catania, a Roma e a Bologna.

    Vengono sintetizzate le finalità di questo appuntamento, nel quale saranno anche proposti i progetti, le esperienze e le testimonianze più significative presenti sul territorio nazionale, con la partecipazione di operatori impegnati nella lotta contro la dispersione e per una scuola migliore.

    Prima di iniziare i lavori, Tripodi rivolge un ringraziamento agli studenti dell'IPSSAR "G. Casini" di La Spezia, che hanno svolto il servizio di accoglienza e di accreditamento dei partecipanti al convegno e alla direzione della scuola che ha consentito lo svolgimento di questa attività.

    I documenti in cartellina consegnati ai partecipanti

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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