Convegno nazionale Formazione professionale
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09.45
Il Convegno nazionale Quale futuro per i sistemi regionali della formazione professionale. Esperienze a confronto e prospettive per il comparto che si è svolto a Roma il 12 dicembre 2012, presso il Centro Congressi Frentani, è stato fortemente voluto dal nostro sindacato.
Come ha spiegato Giovanni Lo Cicero, Centro nazionale FLC CGIL, nell'introdurre i lavori della mattina, con questo appuntamento vogliamo parlare di formazione professionale "dal punto di vista di chi fruisce dei servizi che i sistemi regionali offrono, da quello del lavoro o dalla prospettiva di chi vi opera. Ed oggi tenteremo di spostare su queste direzioni la nostra visuale".
Passando in rapida rassegna il contributo dato dalla FLC CGIL e le sue proposte per la valorizzazione di questo importante settore, Lo Cicero sottolinea che con il convegno "vogliamo discutere dei sistemi regionali di formazione professionale nel cambiamento delle politiche formative e per l'accesso al lavoro, per l'Istruzione e Formazione professionale, dell'Orientamento, dell'Apprendistato e delle politiche attive del lavoro". A questo, ha evidenziato Lo Cicero, si riconduce una precisa volontà nella scelta dei partecipanti al convegno.
Scarica la presentazione di Giovanni Lo Cicero
Prima di dare inizio alla discussione e di dare la parola a Luigi Rossi, Segretario nazionale FLC CGIL, per la sua relazione introduttiva, è stato proiettato un breve filmato, realizzato a cura di Stefano Cormino, e con il contributo di alcune scene tratte da un documentario di Luca Castelli e Sabina Kolici.
"Aggiornare ed arricchire l'elaborazione sull'intreccio funzionale e sulle prospettive dell'istruzione e formazione professionale nel nostro Paese". È con queste parole che Luigi Rossi, Segretario nazionale FLC CGIL, ha iniziato la sua relazione, spiegando le ragioni dell'iniziativa di oggi. È una necessità che nasce dalla difficile situazione che attraversa il settore, aggravata dalla crisi economica e che rischia di divenire irreversibile senza interventi strutturali.
Rossi ha sottolineato l'autoreferenzialità dell'offerta del sistema formativo, già denunciata nel Rapporto sul futuro della Formazione in Italia, incapace di rispondere ai bisogni delle persone alle esigenze delle imprese.
Questa denuncia è stata frettolosamente archiviata, e i lavoratori ne hanno fatto le spese: licenziamenti, aumento della precarietà, abuso delle partite iva, e compressione dei diritti contrattuali."Ora - ha ammonito Rossi - ci vuole un'assunzione generale di responsabilità che va al di là sei singoli interessi se vogliamo dare un futuro di qualità a questo comparto".
La FLC CGIL vuole fare la sua parte, sostenendo la domanda di un sistema d'istruzione e formazione che sia più flessibile e di alta qualità. Questi obiettivi richiedono degli interventi sull'intera filiera dell'Istruzione e Formazione professionale. Per Rossi "è evidente che con la nostra proposta di prolungamento dell'obbligo a 18 anni deve essere ridisegnata l'intera mappa dell'istruzione e formazione superiore". Con questo auspicio, il nostro sindacato intende aprire una discussione con il Ministero dell'Istruzione, il Ministero del Lavoro e le Regioni, e soprattutto con la Confindustria e con il mondo dell'impresa, per arrivare agli Stati generali della formazione professionale. Questo è necessario, ha concluso Rossi, per far diventare questi temi una priorità per i partiti che si apprestano ad affrontare la campagna elettorale e per il Paese.Scarica il testo integrale dell'intervento di Luigi Rossi
Anna Teselli, dell'IRES, illustra il programma sperimentale per valutare i percorsi triennali Un'analisi dei sistemi di formazione alla luce della valutazione degli esiti realizzata con il programma FORMA - commissionato e finanziato dal Ministero del Lavoro. Su 12.000 giovani qualificati presi a campione ne sono stati seguiti alcuni individuati attraverso le anagrafi, incrociando i dati a partire dal conseguimento della qualifica per i due anni successivi.
Chi sono i ragazzi che si avvicinano alla formazione professionale? Non è più un target di esclusi: l'80% non è mai stato bocciato e ha avuto un percorso regolare nella scuola media.
Più del 50% ha un contratto di lavoro ad un anno e mezzo dalla qualifica e il 15% punta a completare il ciclo di istruzione.
Da un punto di vista occupazionale un giovane su tre trova un lavoro coerente con il percorso formativo. Entro sei mesi dalla qualifica si inserisce nel mondo del lavoro. La formazione professionale è uno strumento di passaggio non sostitutivo.
Passando alla tipologia di contratto, sono risultati del tutto assenti i contratti a tempo indeterminato. Prevalgono invece l'apprendistato (70%, 3 anni) e il tempo determinato (durata, meno di 6 mesi).
Si può parlare quindi di formazione professionale come politica attiva? Si. Possedere una qualifica fa la differenza rispetto a chi possiede solo un diploma di scuola media.Scarica le slide di presentazione di Anna Teselli
Giovanni Lo Cicero passa la parola alla dott.ssa Paola Bottaro, direttore del Dipartimento III della Provincia di Roma, il cui contributo era previsto nella tavola rotonda della sessione pomeridiana dei nostri lavori, ma che è costretta ad anticiparlo per sopraggiunti impegni istituzionali. Alla Bottaro, che opera nel settore della formazione professionale da 39 anni, viene chiesto di parlarci della realtà molto articolata esistente nel Lazio, e nella Provincia di Roma, dove si denota l'intreccio e la presenza di un forte sistema di formazione professionale pubblica gestita direttamente dall'Ente Locale o attraverso agenzie strumentali, al quale però, si affianca un altrettanto importante sistema di CFP (Centri Formazione Professionale) privati accreditati.
Al polo pubblico ed al polo privato, spiega Bottaro, sono attualmente iscritti nei percorsi triennali circa 7.000 studenti. Il numero è in continua crescita: si tratta, evidentemente, di percorsi caratterizzati da un' offerta formativa di qualità. Nella provincia di Roma i percorsi triennali sono stati attivati sperimentalmente fin dal 2002. Aspetto qualificante è stato fin dall'inizio una forte collaborazione/sinergia con le istituzioni scolastiche. Non a caso attualmente il 30% degli studenti che conseguono la qualifica proseguono gli studi nel sistema di istruzione al fine di conseguire il diploma di maturità.
Forte è anche l'offerta formativa non collegata al diritto-dovere o all'obbligo di istruzione e finalizzata all'inserimento nel mondo del lavoro. Ben 12.000 soggetti hanno seguito questi percorsi e non poche aziende stanno dando un valido apporto alla loro realizzazione.
È cambiato nel tempo il profilo professionale del personale impegnato nei percorsi di formazione professionale: prima di trattava di persone che provenivano da determinate professioni e che insegnavano il loro mestiere senza specifiche competenze didattiche. Ora molti docenti hanno le medesime competenze dei docenti della secondaria di secondo grado.
Paola Bottaro segnala che tutto questo lavoro è realizzato nella cornice di una legge regionale del 1992 che è palesemente insufficiente rispetto alla odierna situazione.La tavola rotonda: I sistemi regionali di formazione professionale in transizione tra le modifiche normative e la governance regionale
Annunciata da Giovanni Lo Cicero, che le chiede di precisare quali sono le politiche del governo su istruzione e formazione professionale, interviene la Sottosegretaria Elena Ugolini.
La Ugolini rimarca l'interesse alto del MIUR per l'istruzione e la formazione professionale testimoniato dalla riconferma della dott. Nardiello, a lungo titolare ed esperta dell'argomento, alla segreteria tecnica, dall'approvazione delle linee guida sull'art. 52 nel Decreto Sviluppo, dall'avvio dei poli tecnico-professionali su scopi precisi e con condivisione di risorse, laboratori ecc., e col potenziamento degli ITS. Al centro dell'iniziativa ci sono l'esistenza di tante persone (operatori, imprenditori, artigiani e professionisti) disposte a mettere a disposizione le competenze acquisite per dare un futuro ai ragazzi e di tante realtà che lottano contro la dispersione scolastica, in particolare attraverso i percorsi triennali di IeFP, cresciuti dal 2010 ad oggi e che vedono la presenza di 280.000 allievi di cui 180.000 nei CFP, anche se la loro diffusione è a macchia di leopardo.
Cita la sua recente presenza ad una conferenza sull'argomento svoltasi nei giorni scorsi a Berlino ed in cui la Germania, forte del suo modello duale che le ha permesso di ridurre la disoccupazione dal 17% al 10% e interessata a contribuire nei confronti dei 6 paesi presenti, ha scelto proprio l'Italia come partner testimoniando così l'apprezzamento per la via intrapresa nel settore tecnico-professionale.
In sostanza la dott. Ugolini riconferma la validità della scelta del percorso scolastico a 14 anni anche se l'età può sembrare non matura e cita a riprova l'intenzione della Spagna di recedere dal percorso unitario fino ai 16 anni, che si è rivelato improduttivo. L'importante è garantire la scelta a tutti i percorsi che i ragazzi scelgono e non solo ad alcuni. Cita il caso del Piemonte dove la riuscita in matematica dei ragazzi della FP supera quella degli alunni della IP, valorizza la maggior coerenza tra formazione e scelta del lavoro tra gli studenti della FP e sostiene che occorre costruire il lavoro attraverso la qualità della formazione, cosa che potrà avvenire meglio con la messa a disposizione di tutti delle risorse concentrate nei poli tecnici. Ribadisce l'intenzione del governo di andare avanti su apprendimento permanente, ITS, Nuovo profilo dell'indirizzo turistico, CPIA e annuncia una conferenza di servizio sull'argomento per il 18 dicembre.
A un appunto polemico di Lo Cicero circa rischi di descolarizzazione risponde che la via italiana al modello duale prevede la parte formativa come trainante.Subito dopo interviene la dott.ssa Lucia Scarpiti, dirigente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. I temi su cui intervenire sarebbero tanti, inizia, ma lei ritiene necessario incentrare l'intervento su tre linee guida, linee che devono intrecciarsi per permettere un'innovazione dell'intero sistema. Innanzitutto la governance: è stato fatto in questi anni e nell'ultimo soprattutto un grande lavoro congiunto tra le regioni, si è lavorato insieme sulle modalità di aggiornamento e sui profili, un passaggio a suo avviso molto importante, soprattutto a livello di metodo, in cui è stato fatto un grande sforzo di adeguamento e congiunzione di idee da parte di tutti e sono state poste le basi per un nuovo metodo, un nuovo approccio che è proseguito nel tempo e che proseguirà.
Poi gli strumenti: l'approccio di aggancio delle aree economiche professionali si è evoluto in qualcosa che tiene insieme tutta la filiera professionale con le aree economiche professionali e le filiere produttive e ha creato delle mappe di correlazione che leggono sui territori la corrispondenza tra l'offerta formativa e il mercato del lavoro. Questi strumenti vanno poi messi a valore e utilizzati quindi a livello territoriale. È necessario certo creare un'architettura a livello centrale, ma per dare valore a questi strumenti è fondamentale utilizzarli a livello territoriale. Tra gli strumenti si sta, tra l'altro, approntando insieme all'ISFOL una banca dati, realizzata sulle quattro aree economiche più importanti per l'apprendistato, un'operazione che consentirà di creare profili formativi in base ai contratti, un'operazione di trasparenza che va fatta insieme.
Terzo nodo cruciale, le Analisi, tutte le analisi che sono state fatte, di cui si è discusso fino ad ora e di cui ha parlato da Ugolini, le analisi che dobbiamo continuare a fare sui territori.
Questi tre tasselli devono lavorare tra loro, devono essere integrati per costruire le basi per una nuova formazione professionale.Conclude la tavola rotonda la dott.ssa Stella Targetti, Vicepresidente Regione Toscana, Scuola, università e ricerca, organizzazione degli uffici, cui viene chiesto di parlare soprattutto di governance regionale, in rapporto tra le politiche formative e il lavoro. A parere della dott.ssa il discorso non può precludere dalla valutazione di un sistema definito a livello statale e siamo al punto in cui dobbiamo fare un salto di qualità come sistema ed essere pronti a mettere in discussione i principi che ci hanno guidati fino ad ora. C'è una distanza troppo grande, ad oggi, tra scuola e lavoro, una grossa fragilità del sistema formazione che si può risolvere solo se partiamo dalla consapevolezza che il sistema va rinnovato. È fondamentale pensare ad un'integrazione tra istruzione e formazione professionale nell'ambito del diritto/dovere: se si fallisce qui il processo di innovazione sarà sicuramente critico.
Il sistema può essere rinnovato solo se alla scuola vengono forniti gli strumenti per farlo, per guardare davvero al mondo del lavoro. Entrando nel merito, nel biennio deve esserci assolutamente un orientamento ma è necessaria una iniezione di alternanza scuola/lavoro, perché (come si è visto) tanto più il percorso triennale è una scelta tanto maggiore è la probabilità che i ragazzi proseguano gli studi. E in questo un tema cruciale è la riorganizzazione formativa delle nostre imprese: è fondamentale creare un ambiente favorevole nelle imprese per l'accoglienza dei ragazzi, per permettere loro di fare un'esperienza lavorativa protetta, nel rispetto delle loro necessità.
La governance regionale per funzionare ha bisogno di un forte sistema nazionale: è una precondizione per lavorare bene su tutta la formazione professionale e la nostra sfida non è più rimandabile.Le conclusioni della prima sessione dei lavori
Domenico Pantaleo, Segretario generale FLC CGIL, inizia le conclusioni dei lavori del mattino ringraziando tutti gli interlocutori che hanno partecipato al convegno.
La sua prima considerazione generale è sull'autoreferenzialità. In questo tipo di ragionamento non si deve fare a meno di considerare la situazione del mercato del lavoro nel nostro paese: 11% di disoccupazione, 36,5 tra i giovani ed in aumento. Una ripresa che non si intravede. La riforma del mercato del lavoro che non funziona. Un dato emblematico è l'apprendistato che doveva essere l'unica forma di ingresso al lavoro, mentre sono rimaste tutte le altre forme atipiche a scapito di questa modalità che garantiva anche la formazione. C'è anche un altro dato preoccupante, ha aggiunto Pantaleo, l'80% dei rapporti di lavoro non è più a tempo indeterminato. Questa situazione ha conseguenze fortemente negative sul sistema di istruzione e formazione. Ci sono crepe evidenti nel sistema produttivo che uscirà dalla crisi fortemente ridimensionato a scapito della piccola e piccolissima impresa che non è più in grado di competere nel mercato globale. Si può continuare a discutere di istruzione e formazione senza sapere cosa accade al sistema industriale? Si è chiesto Pantaleo.
C'è una crisi strutturale dei sistemi di istruzione e formazione che non reggono più rispetto ai bisogni del paese e dei giovani. La cause sono molteplici: sottoinvestimento, qualità non al passo con i tempi, mancato rapporto con il mondo del lavoro. Per la formazione professionale c'è anche un problema di frammentazione/regionalizzazione che rischia di rendere il sistema a più velocità e senza governo. Altro che dimensione europea!
In molte regioni salta o si ridimensiona il sistema. Le risorse calano o non sono più utilizzabili (vedi FSE). Ma c'è anche un altro problema, ha aggiunto Pantaleo, bisogna rompere il legame clientelare tra formazione professionale e politica.
È necessario contribuire a ricostruire un sistema con pari dignità tra tutti i vari percorsi. Non si può scindere il sapere dal saper fare. La dispersione non si combatte mandando i ragazzi alla formazione professionale. L'elevazione dell'obbligo scolastico a 18 anni per ampliare la formazione di base attraverso un biennio unitario che consenta scelte più meditate e risponda alle aspirazioni dei ragazzi, questa è la strada da percorrere.
La FLC CGIL è contro la formazione in azienda come puro addestramento e anche su questo è importante il ruolo della contrattazione.
La formazione professionale può svolgere un ruolo importante, ha aggiunto Pantaleo, nella riconversione professionale e nella formazione continua. I dati sulla cassa integrazione dicono che questo problema sta esplodendo, non si può solo pensare agli ammortizzatori sociali, ma occorre dare prospettive ai lavoratori espulsi che sono soprattutto i giovani con rapporti di lavoro atipici.
Questo convegno, ha sottolineato Pantaleo, ha la funzione di aprire una discussione e chiedere alla politica un impegno su questi temi visto che siamo a solo due mesi dalle elezioni.
Ormai nel sistema sta accadendo di tutto senza alcuna governance. Si rischia di perdere anche le esperienze positive. E in più c'è il problema del finanziamento del sistema: se si tratta di sussidiarietà allora vanno trovate forme di finanziamento certe.
L'esperienza della formazione triennale si è dimostrata importante, ma va valorizzata e messa a regime insieme all'intero sistema del secondo ciclo.
In conclusione, ma non certo per importanza, Pantaleo affronta il tema delle condizioni di lavoro degli operatori della formazione professionale. S è in presenza di gravi situazioni di cassa integrazione e licenziamenti e non ci sono quasi più risorse per la cassa integrazione in deroga. Non bastano gli ammortizzatori ci vuole l'incentivazione all'esodo, la riconversione e la mobilità. Anche la bilateralità può sostenere questi percorsi.
Per quanto riguarda gli enti, anche se non si può dare un giudizio univoco, risultano troppo autoreferenziali e non garantiscono il miglioramento dell'offerta formativa. Devono diventare parte del sistema complessivo.
Procedere quindi verso un disegno unitario del sistema… questo è l'obiettivo che si può dare a questa iniziativa, ha concluso Pantaleo, tra gli applausi.Il dibattito
La sessione pomeridiana dei lavori del convegno, condotta da Mara Sbragaglia, FLC CGIL Lazio, è stata aperta da un dibattito a cui hanno partecipato Claudio Arcari, Segretario regionale FLC CGIL, responsabile della Struttura di comparto della Formazione Professionale, Antonietta Trovò, RSU EnAIP Veneto, lavora presso il CFP di Conselve (PD), Valeria Podrini, progettista ed RSA di un ente di formazione di Rimini, Antonia Cascio, RSA Enfap Sicilia, Segreteria FLC CGIL Palermo, Mara Cecchetti, Responsabile del Comparto regionale FP del Piemonte. Teresa Loiacono, Segreteria regionale FLC CGIL Puglia, non potendo intervenire al convegno, ci ha fatto pervenire il testo del suo intervento.
Scarica i testi integrali degli interventi
Nel corso dei dibattito è intervenuto il dott. Ivanhoe Lo Bello, Vice Presidente di Confindustria per Education.
"Non ci siamo mai parlati, né ascoltati", ha detto Lo Bello. Esistono grosse distanze nella società tra scuola, formazione e imprese. Non esistono politiche sull'orientamento al lavoro e questo indebolisce il diritto al lavoro. Oggi molti giovani sono disorientati, il 70% di loro non conosce il mondo del lavoro e molti non hanno un'occupazione adeguata alla loro formazione e alle loro aspettative.
Negli altri paesi, ha sottolineato Lo Bello, ogni percorso formativo ha pari dignità: in Italia invece non è così e non mettiamo sullo stesso piano licei e istituti tecnici, ad esempio. Abbiamo una diseguaglianza sociale molto forte e una mobilità sociale molto bassa: siamo il paese più diseguale dopo gli Stati Uniti.
Dobbiamo lavorare per la costruzione di politiche formative che facciano diminuire la disuguaglianza e aumentare la mobilità. È fondamentale che la formazione abbia pari dignità: dobbiamo mettere insieme politecnici, università, imprese, vocazioni produttive locali. Dobbiamo aprire, ha poi concluso Lo Bello, un tavolo in cui collaborare per costruire una nuova formazione professionale.La tavola rotonda: I sistemi regionali di formazione professionale, esperienze a confronto
I lavori sono proseguiti con la seconda tavola rotonda della giornata, moderata da Mara Sbragaglia e alla quale hanno partecipato Santo Romano, Commissario straordinario per la formazione, l'istruzione ed il lavoro Regione Veneto e Ludovico Albert, esperto di formazione professionale. Qui di seguito una sintesi del loro contributo alla discussione.
La situazione della Formazione Professionale nelle Regioni d'Italia, ha spiegato Santo Romano, è molto diversificata ed a "macchia di leopardo": alcune ne fanno molta, altre poca ed in altre ancora è inesistente il sistema della formazione professionale; la Regione Veneto ha investito moltissimo, e con un mix di risorse che vede un 50% a carico del bilancio regionale, una piccola quota a carico dello stato (MLPS), e una quota più consistente sul Fondo sociale europeo.
Romano ritiene che una regia nazionale debba porre molta attenzione all'aspetto della legalità dei sistemi, e non solo al sud che è spesso oggetto delle cronache giornalistiche o multimediali.
Chiede di non enfatizzare troppo l'esperienza della Germania rispetto all'applicazione del modello di scuola lavoro, perché pensa che sia le imprese che la formazione, sono nel nostro Paese molto diversi da quelli tedeschi. Diversi sia per tessuto socio-economico, sia per tipologia d'impresa che per cultura.
Altro problema allo stato attuale è quello del superamento dei patti di stabilità. Ci sono circa 1,3 Mld di Euro bloccati nelle casse delle amministrazioni pubbliche: ritiene che le risorse dedicate ai sistemi d'Istruzione e Formazione Professionale dovrebbero essere escluse dal computo del patto di stabilità visto che viene finanziato con FSE (anche se, afferma, è una forzatura tutta Italiana in quanto il sistema, divenuto ordinamentale, dovrebbe essere finanziato da risorse nazionali come per l'Istruzione).
A suo parere manca una governance efficace per la Formazione Professionale, che sia adeguata alle esigenze dei cittadini, delle persone, e dei lavoratori e rivolta alle imprese ed agli operatori.
In Italia si dovrebbe continuare a realizzare formazione di base, ma andrebbe incrementata la formazione terziaria non accademica (alta formazione o formazione di livello superiore).
Per "l'apprendistato apprendistato di alta formazione e ricerca" vanno trovate strade che lo rendano maggiormente appetibile sia per le persone che per le imprese.
Romano riferisce anche dell'esperienza molto significativa della Regione Veneto quale capofila di 12 regioni per il Catalogo interregionale dell'Alta formazione, per il quale le dodici regioni partecipanti hanno agito, con risorse diverse, ma con una governance unica con risultati buoni. Tuttavia penserebbe più utile che l'Alta formazione fosse finanziata con i voucher, sotto forma di finanziamento di master o formazione specialistica ed individualizzata, magari con un raccordo con le imprese per effettuare tirocini formativi per l'inserimento lavorativo.
Più in generale sull'apprendistato, Romano vede più di un "problema" e lo ha anche riferito, a suo tempo, al Ministro Fornero: per esempio, nel 2012 in Veneto sulle circa 75.000 comunicazioni obbligatorie, solamente 200 risultano per assunzioni di apprendisti.
Ritiene fondamentale un raccordo tra le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali: sempre più stringente, ed è urgente che entrambi i soggetti partecipino ai tavoli programmatici e decisionali, con rappresentanti competenti, puntuali e propositivi per effettuare scelte consapevoli sul tema della formazione e del lavoro.Chiamato in causa da due interventi nel dibattito, riguardanti la Sicilia ed il Piemonte dove è stato, in ambedue alla direzione dei dipartimenti della formazione professionale, Ludovico Albert ha distinto l'entità di alcune crisi aziendali nelle due regioni che hanno portato prima alla dichiarazione dello stato di insolvenza e, successivamente, all'Amministrazione Straordinaria.
Nel primo caso, in Piemonte, la procedura di amministrazione straordinaria ha riguardato un numero relativamente basso di lavoratori; nel secondo caso, in Sicilia, invece, l'entità degli operatori coinvolti e le distorsioni emerse nell'uso delle risorse, fanno pensare ad una crisi inserita in una situazione di "patologia" di tutto il Sistema.
La difficoltà nel gestire i casi di amministrazione straordinaria risiedono anche nel confronto tra le diverse normative che mal si coniugano tra loro, la legge fallimentare da una parte e le regole del Fondo Sociale Europeo dall'altra.
Albert ha sottolineato il problema delle risorse destinate alla Formazione professionale soprattutto in quelle regioni (come la Sicilia) dove non c'è il cofinanziamento della regione se non in misura molto ridotta e che utilizzano quasi esclusivamente i fondi comunitari.
Ha posto poi l'accento sul prossimo futuro e sulle nuove norme che potrebbero essere introdotte sul FSE. Infatti in questi giorni si stanno definendo documenti importanti (Position Paper) nei quali si ipotizza un riproporzionamento molto diverso tra Stato e Regioni da quello attuale che èdel 5% allo Stato e 95% alle Regioni.
Albert ha suggerito di iniziare una riflessione sull'utilizzo delle risorse che, in ogni caso, rimarranno alle regioni affinché non risultino "troppo polverizzate". Ritiene che nella programmazione del prossimo sessennio si dovrebbe pensare al fatto che nelle regioni dove l'uso dei fondi strutturali ha funzionato poco o male, le risorse vadano allo stato perché ne venga effettuato un uso migliore. Pensa che potrebbero essere definiti, per esempio, dei "grossi contenitori" e andrebbe deciso quali parti dei sistemi attuali si tengono al loro interno, per esempio:- un primo contenitore per la formazione al lavoro ( sul modello delle direttive operanti in molte regioni per promuovere la formazione al lavoro);
- in aggiunta, un secondo contenitore per le attuali forme nella quali sono stati definiti come ordinamentali gli ex percorsi triennali per l'espletamento del diritto/dovere, e, in senso più generale, della filiera "tecnico professionale" (qualifiche terziarie non accademiche)che potrebbero essere finanziate da un PON nazionale;
- un terzo contenitore per il finanziamento dell'Apprendistato e della formazione continua;
- andrebbe posizionata anche la spesa per l'adeguamento dei Servizi per l'impiego e per le politiche attive del lavoro, in attuazione della Legge 92/12 per esempio riconoscendo premialità a Servizi per l'Impiego che funzionino davvero.
Albert ha concluso con una considerazione, che questi aspetti, che erano in fase di discussione piuttosto avanzata, sono stati bloccati dalla attuale crisi di governo, e, probabilmente, saranno rinviati, per la loro definizione che è tuttavia urgente, alla prossima legislatura.
Le conclusioni del convegno
"Il tema di cui si è discusso in questo convegno - ha esordito Serena Sorrentino, Segretaria nazionale CGIL - meriterebbe più spazio ma purtroppo il ministro Fornero ha convocato su temi altrettanto importanti - certificazione delle competenze ed ammortizzatori sociali - e non posso esimermi dal presenziare al confronto". La convince la proposta avanzata da Rossi, degli Stati generali della formazione professionale, che è una buona proposta e si inscrive nella fase di costruzione sia del Piano per il Lavoro sia del Piano per la Conoscenza che la CGIL sta elaborando.
Formazione e aggiornamento delle competenze sono fondamentali per almeno due aspetti importantissimi: l'esercizio dei diritti di cittadinanza in una democrazia matura da una parte passa attraverso l'innalzamento dei livelli d'istruzione e di conoscenza e, dall'altra, per mantenere vivo il diritto al lavoro, dalla capacità di inserimento e reinserimento lavorativo. Questo passa attraverso forme di aggiornamento e mantenimento delle competenze ma si estende anche a tutta la elaborazione di un sistema di ammortizzatori sociali.
Quale orientamento diamo alla formazione professionale in questo contesto è un ragionamento che la confederazione deve affrontare.
D'altra parte, le crisi che i sistemi si affrontano nei sistemi regionali di formazione professionale si trovano ad affrontare sono analoghe a tutte le crisi che si affrontano in tutti i settori che si occupano delle politiche pubbliche: che sono in crisi per ragioni finanziarie, organizzative e di governance. E per questo, per affrontarle bisogna avere la volontà di rimettere in discussione tutti questi aspetti.
Poi, c'è il tema della integrazione pubblico/privato: quale è il ruolo dell'impresa, anche solo per fare un esempio, quale è il contenuto che affidiamo alla definizione di "impresa formativa"?
E poi, che dialogo c'è tra sistema dell'istruzione e sistema della formazione professionale?
È giusta l'idea che l'obbligo vada innalzato fino ai diciotto anni, ma come si riorganizza l'intera filiera?
Esiste la necessità di arrivare presto a definire i livelli essenziali delle prestazioni per sapere a quali standard qualitativi riferirsi quando si ragiona sul rinvenimento e sulla individuazione delle risorse.
La formazione, e la formazione professionale ne è parte, è un fattore di sviluppo, e, quindi, investire due miliardi di euro sulla conoscenza avrebbe avuto certamente più effetti sulla produttività.
Riguardo alla programmazione europea c'è qualche considerazione da fare riguardo alle condizionalità.
Poi, riferendosi alla legge 92, anche lo strumento dell'apprendistato non appare congruo a dare le risposte attese, per la disomogeneità delle tre fattispecie previste. Di 2,5 milioni di comunicazioni di attivazione di rapporti di lavoro, solo 70.000 hanno riguardato contratti di apprendistato.
Questi elementi devono servire a ragionare insieme, e da questo l'urgenza di fare gli stati generali della formazione.
Basti pensare alle denunce delle autorità comunitarie relative alle regioni inadempienti su queste materie,in relazione all'uso delle risorse comunitarie.
La CGIL per natura è portata ad occuparsi dell'intreccio tra le politiche attive del lavoro e le politiche passive, che devono avere una governance pubblica.
In relazione a quanto ha affermato il Vicepresidente di Confindustria, Serena Sorrentino afferma che nel percorrere la strada della costituzione dei Poli tecnico professionali, c'è un problema che attiene sempre alla governance, ed al rapporto che devono avere Istruzione e Formazione professionale, servizi per le politiche pubbliche per l'occupazione e Formazione continua. Sicuramente i centri territoriali per l'occupazione debbano divenire sedi per esigere diritti,e che abbiano competenza anche in merito alla intermediazione ed all'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro.
Per citare una metafora che ha usato Albert, non ci si può più permettere di fare la politica dell'arlecchino, in un momento nel quale la caratteristica dominante è la diminuzione delle risorse, senza che intervenga una sostituzione da parte del privato.
In ultimo, non c'è stata da parte di chi ha governato la volontà di investire nell'idea di consentire l'esercizio del diritto alla formazione lungo tutto l'arco della vita (e il DDL di iniziativa popolare da noi presentato aveva proprio questo scopo), forse anche per un approccio errato delle stesse organizzazioni sindacali, che nel passato hanno visto la formazione professionale in un ruolo di accompagnamento o di sostituzione per le figure più fragili sotto il profilo degli apprendimenti.
La Sorrentino conclude il suo intervento convinta che il riassetto del sistema formativo nella sua accezione più completa è un problema di grande rilevanza non solo categoriale, ma per l'intera confederazione.