Convegno nazionale "Leadership partecipata: la dirigenza scolastica tra didattica ed organizzazione" - Seconda giornata

  • 09.00

    Il programma della seconda giornata del convegno nazionale dei dirigenti scolastici della FLC CGIL è proseguito con “Esperienze sul campo”, interventi di tre dirigenti scolastici che hanno presentato esperienze sulle tematiche del Convegno condotte in prima persona nelle loro scuole.

    Vai alla web-cronaca della prima giornata

    Terza sessione: “Esperienze sul campo”

    Ha iniziato Paolo Cortigiani dirigente scolastico della Liguria il cui contributo aveva come titolo “La scuola come mente collettiva: la ricerca organizzativa”.
    Ha esordito affermando che “l’ordine è una traccia del disordine”. Parlando di ricerca organizzativa ha evidenziato che, per la specificità che ha, le innovazioni pensate altrove non funzionano nella scuola, perché nella scuola il lavoro va calato nelle azioni. I legami deboli che caratterizzano l’organizzazione scolastica non sono un difetto: sono connaturati al lavoro della conoscenza ed alla conoscenza non si comanda.
    La partecipazione è l’azione chiave dell’organizzazione a rete, mentre il managerismo costituisce una risposta ammaliante ma sbagliata. Nel presentare l’esperienza in rete fatta nella sua scuola (a proposito come mai il MIUR non si interessa e non favorisce WIKISCHOOLS?) si è chiesto cosa succede al dirigente scolastico “irretito”: la risposta è stata che necessariamente deve cambiare la funzione di direzione ed il ruolo dirigente.

    Vai alla relazione e alle slide di Cortigiani

    È seguita l’esposizione di Giancarlo Cavinato già dirigente scolastico del Veneto e segretario nazionale dell’MCE sul tema “Scuola, partecipazione, cittadinanza”. Premesso che non può esserci innovazione senza ricerca-azione, ha parlato di didattica operativa, non trasmissiva, e della necessità di ampliare, attraverso la cooperazione, la percezione della comunità di base per sviluppare le competenze. La scuola deve essere palestra di democrazia; per questo occorre senso di responsabilità e cittadinanza e bisogno di rendicontare, di condividere le responsabilità. Ha parlato di conoscenza emotiva e di empatia come strumento per ricostruire tra adulti i nostri disagi da bambini. Scuola di qualità significa far funzionare cooperativamente la complessità scolastica, tessere una rete complicata di relazioni. Un dirigente scolastico deve essere un bravo “trovarobe”. È necessario coltivare l’arte dell’insegnare, stimolare il ruolo attivo dei genitori, coltivare la passione ed il desiderio. La scuola di qualità deve essere anche esteticamente bella: i Greci sceglievano il luogo più bello della città per costruirvi il teatro!
    La scuola di qualità la fanno i docenti (spesso non riescono ad occuparsi di didattica), che insieme agli alunni sono i motori della qualità. I dirigenti scolastici devono essere costruttori delle condizioni nelle quali tutte le componenti siano contenti di “esserci”, “esserci per”, “esserci con”.

    Vai alla relazione di Cavinato

    La terza relazione relativa alle esperienze sul campo l’ha presentata Patrizia Di Franco dirigente scolastica della Basilicata sul tema “ Leadership e organizzazione scolastica: la qualità delle relazioni”.
    Ha esordito paragonando il dirigente scolastico all’allenatore, al coach, sottolineando l’importanza del triangolo allenatore-giocatore-squadra. La qualità delle relazioni è fondamentale per un buon clima organizzativo e per vincere le resistenze al cambiamento.
    Ha quindi presentato nei dettagli l’esperienza realizzata nell’Istituto Comprensivo da lei diretto focalizzando la sua attenzione sui percorsi di costruzione di un clima di partecipazione attiva dei docenti.

    Vai alla relazione e alle slide di Di Franco

    Molto apprezzata anche la relazione di Luciano Benadusi professore dell’Università degli studi La Sapienza di Roma e direttore della rivista “La scuola democratica” sul tema “La governance della scuola”.
    La governance scolastica ha conosciuto negli ultimi 30 anni forti contributi di idee in tutta Europa. In Italia non si è realizzato bene il binomio autonomia-valutazione: siamo arrivati tardi sull’autonomia e sulla valutazione. Invece di supportare autonomia e valutazione, si è dato alla valutazione una impronta che schiaccia l’autonomia, un neoburocratismo che forza dall’alto l’autonomia decisionale delle scuole. L’incipit del processo di valutazione è stato caratterizzato da una valutazione contro l’autonomia, da sfiducia nella scuola, nei docenti e nei dirigenti, da un controllo dall’alto con incentivi e sanzioni. Si è indebolito il pensiero strategico, la riflessione sui fini dell’istruzione e sull’idea di scuola. In Italia si è avuta una limitata applicazione dell’autonomia: da una parte si è sviluppato il centralismo, dall’altro le scuole non hanno agito gli spazi di autonomia a loro disposizione. Non serve il controllo ma la valorizzazione dell’autonomia delle scuole; l’enfasi sulla competizione è snaturante, c’è bisogno di cooperazione. Bisogna restituire valenza al POF ed alla valutazione, conformare la valutazione secondo la visione della scuola, sviluppare la dimensione cooperativa, non quella di mercato; la valutazione non avrà bisogno così di tante ispezioni, dovrà puntare sul rapporto dialettico valutatore-valutato ed arrivare alla valutazione reciproca paritaria da parte delle scuole che si aiutano nell’autoanalisi.

    Vai alla relazione di Benadusi

    Dopo ulteriori interventi dei partecipanti al Convegno, Isabella Filippi ha voluto ribadire che in una istituzione complessa a legami deboli come la scuola non si può pretendere di tenere tutto sotto controllo; sta aumentando la complicatezza più che la complessità. Per evitare ciò, l’organizzazione diventa elemento fondamentale per realizzare la didattica, il lavoro collettivo di squadra, sotto la cabina di regia della dirigenza scolastica. 

    Conclusioni

    I lavori sono stati conclusi da Domenico Pantaleo Segretario generale della FLC CGIL che ha ripreso le analisi della relazione di Gianni Carlini e diversi passaggi degli interventi che si sono succeduti durante i due giorni del Convegno. Ha rappresentato da una parte le difficoltà del momento dei lavoratori della scuola e dall’altra le sfide che si prospettano per il sindacato in questa fase per qualificare la scuola pubblica statale superando i gravi problemi che si porta dietro. Ha evidenziato come la fase che si è chiusa è stata caratterizzata da disinvestimenti: la scuola è stata vista come costo e non come investimento. L’ideologia dell’impresa non va bene nelle scuole; non serve la competizione tra scuole, docenti, studenti. La scuola pubblica statale oggi ha una missione: contribuire a costruire un Paese più uguale, più libero, che consenta la realizzazione dei sogni alle nuove generazioni. Per questo è necessario un piano (non basta più la toppa) che garantisca certezze di risorse, procedure più snelle. Una scuola di qualità lo è a cominciare dall’accoglienza. Ha ricordato infine che oltre 8 milioni di lavoratori italiani sono senza Contratto e tra essi 3,5 milioni di lavoratori della scuola. Ha concluso sottolineando l’importanza del bilancio sociale per le scuole: consente di dare valore a ciò che si fa e rafforza il rapporto tra scuole, portatori di interesse e territorio.

    Sessione straordinaria

    I lavori del Convegno si sono conclusi con una sessione pomeridiana durante la quale Giovanni Carlini, Raffaele Ciuffreda, Roberta Fanfarillo ed Antonino Titone hanno incontrato i neo dirigenti scolastici e quelli che lo saranno a partire dal prossimo 1° settembre per fornire loro indicazioni,consigli e rispondere a domande e dubbi.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

LEGGI LA NOTIZIA