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Lunedì 17 febbraio 2014 si è aperto a Firenze il convegno nazionale annuale dei dirigenti scolastici della FLC CGIL organizzato in collaborazione con l’Associazione professionale Proteo Fare Sapere.
Quest’anno il tema è particolarmente stimolante: Liberare la dirigenza scolastica: valorizzare la specificità, togliere oneri impropri, impedire invadenze esterne un tema che soprattutto negli ultimi anni sta assumendo sempre più rilevanza, che sta sovraccaricando dirigenti scolastici e Scuole autonome di oneri che rendono difficoltosa la gestione e impediscono di realizzare i fini istituzionali affidati alle scuole.
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Prima sessione
I lavori della mattinata sono stati aperti da Antonino Titone, organizzatore del Convegno e membro della Struttura nazionale del comparto dei dirigenti scolastici della FLC CGIL, e presieduti da Carmelo Smeriglia, Presidente di Proteo Fare Sapere della Toscana.
Prima di dare inizio ai lavori, Titone ha voluto leggere un messaggio inviato da Riccardo Badino dalla Liguria : “Caro Gianni, come puoi immaginare in Liguria dobbiamo fronteggiare alluvioni ed effetti delle stesse che ovviamente non risparmiano le scuole, spesso esempi negativi di incuria e degrado del patrimonio pubblico. I dirigenti scolastici sanno dov’è il loro posto in questi frangenti: presso gli edifici scolastici, a fianco del personale, degli alunni, degli Enti locali. Per questo non potrò partecipare al nostro Convegno odierno nella bella Firenze. Auguro buon lavoro e ampio successo dell’iniziativa. Un caro saluto a te, ai compagni e a tutti gli intervenuti”. Il messaggio è stato accolto con un caloroso ed affettuoso applauso.
Titone è passato quindi ad illustrare le idee guida sulle quali è stata costruita la due giorni di Firenze: il “mantra” degli ultimi anni su proposte ed interventi riguardanti la scuola “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”; il neo centralismo da parte del MIUR; il rinvigorimento dell’amministrazione periferica (è ritornato in uso il termine “Provveditorato”); l’invasività del MEF con una serie infinita di controlli e monitoraggi preventivi e successivi; il sistema dei controlli non più di legittimità ma di merito; il taglio ai bilanci, il saccheggio del FIS, il continuo attacco all’autonomia delle scuole; la fitta rete di adempimenti costruita intorno ai dirigenti scolastici su questioni esterne alla loro missione con un apparato sanzionatorio come spauracchio: sicurezza, privacy, amministrazione digitale, decertificazione e dematerializzazione, anticorruzione, trasparenza, appalti, fatturazione elettronica... Per questo è necessario valorizzare la specificità della dirigenza e riprendere la lotta per il riconoscimento economico e l’equiparazione sia all’interno sia con le altre dirigenze pubbliche, nella convinzione che il riconoscimento della retribuzione deve derivare da quello che già oggi fanno i dirigenti scolastici, non dall’aggiunta di altre funzioni amministrative o da una nuova dirigenza amministrativa.
La relazione di apertura di Gianni Carlini, coordinatore nazionale dei dirigenti scolastici della FLC CGIL, ha prima di tutto richiamato il giudizio sull’iniziativa del Governo sulla scuola emerso nelle assemblee dei dirigenti delle scorse settimane, tenute unitariamente da tutte le organizzazioni sindacali rappresentative dell’Area V per discutere le iniziative di contrasto alla riduzione della retribuzione dei dirigenti scolastici. Nelle assemblee è emersa la perplessità dei dirigenti sulle proposte del documento del Governo e un forte sentimento di rabbia per come è affrontato il tema della condizione della dirigenza scolastica. Le assemblee, molto partecipate hanno contestato l’infondatezza dell’analisi dei problemi delle scuole e dei dirigenti e le conseguenti ipotesi di cambiamento; tanti sono stati i dirigenti che hanno considerato “incompetente” l’analisi e sbagliate le proposte. Il forte bisogno di cambiamento non trova risposte adeguate nella proposta del Governo e soprattutto è sbagliato intervenire sullo stato giuridico del personale mentre sarebbe invece necessario rinnovare il contratto. Rinnovare il contratto non è solo una priorità per ripristinare il potere d’acquisto dei salari colpiti dall’inflazione degli anni passati, ma è indispensabile per riscrivere, in modo condiviso fra le parti, le regole del lavoro, per adeguarle alle esigenze di innovazione e cambiamento e per ricostruire la motivazione e la partecipazione dei lavoratori.
La relazione ha richiamato le proposte dalla FLC: la priorità del rinnovo dei contratti bloccati dal 2010 e della difesa delle retribuzioni, l'elevamento dell'obbligo scolastico a 18 anni, la generalizzazione della scuola dell'infanzia, la promozione dell'apprendimento per tutto l'arco della vita, la necessità di un piano di investimenti pubblico per migliorare la qualità dell'offerta formativa, l’organico e i profili del personale ATA, il superamento del lavoro precario. Le risposte del Governo alle osservazioni e alle proposte del sindacato sono note e hanno portato ulteriori motivi allo sciopero generale del prossimo 5 dicembre.
La condizione dei dirigenti scolastici è pesante: in pochi anni il numero dei dirigenti si è ridotto del 25% mentre sono cresciute le dimensioni delle scuole; la maggior parte della categoria, molto rinnovata, non ha vissuto l’esperienza della gestione della scuola pre-autonomistica e deve affrontare condizioni di lavoro diventate più difficili; lo smantellamento dell’amministrazione scolastica territoriale ha fatto venir meno ogni funzione di supporto; l’estensione continua alla scuola di adempimenti formali e burocratici distoglie gravemente i dirigenti dalle loro funzioni; la condizione retributiva è fortemente penalizzante soprattutto per i nuovi assunti.
La relazione ha poi affrontato il tema del convegno spiegando perché è stato scelto il titolo “Liberare la dirigenza scolastica”, volutamente molto forte, per rappresentare la condizione di costrizione e di impedimento in cui si trovano oggi i dirigenti. Si chiede di essere liberati quando si sente di voler fare altro da quello che si è costretti a fare, quando la propria condizione viene vissuta come insopportabile e il futuro viene associato prima di tutto alla rimozione della condizione di disagio vissuta ogni giorno. Gli interventi dei dirigenti del pomeriggio faranno emergere la percezione della loro condizione lavorativa sia attraverso la narrazione soggettiva sia attraverso l’analisi di un questionario online compilato da alcune centinaia di dirigenti. La relazione ha poi affrontato i tre obiettivi da raggiungere per “liberare” la dirigenza: valorizzare la specificità della dirigenza scolastica, togliere oneri impropri, impedire le invadenze esterne. Per ognuno di essi la relazione ha presentato l’analisi dei problemi e le proposte della FLC che richiedono che siano rinnovati il contratto scuola e quello della dirigenza e che si modifichino le norme introdotte per innovare la pubblica amministrazione e che sono state causa di un aggravio del lavoro dei dirigenti e delle segreterie senza portare alcun beneficio alla qualità del servizio di istruzione.
In conclusione la relazione ha affrontato il tema del riconoscimento giuridico della dirigenza scolastica nella legge di riforma della pubblica amministrazione sottolineando come essa abbia come fine quello di subordinare tutta la dirigenza pubblica al potere esecutivo limitandone l’dipendenza e l’autonomia. Al disegno di legge la FLC CGIL, insieme alle altre organizzazione sindacali confederali, ha proposto emendamenti finalizzati a dare valore alla specificità della scuola all’interno della pubblica amministrazione e ad escluderla dalle norme che per essa non hanno alcuna utilità e costituiscono solo un aggravio burocratico e per ribadire l’inserimento della dirigenza scolastica fra le diverse dirigenze pubbliche.
Dopo i saluti istituzionali da parte di Alessandro Rapezzi Segretario generale della FLC CGIL della Toscana la mattinata è proceduta con la relazione di Roberta Fanfarillo dirigente scolastica del Lazio che ha esposto i risultati di una rilevazione on line dal titolo “ Una giornata particolare del dirigente scolastico: cronache di ordinaria emergenza”. L’ossimoro “ordinaria emergenza” nel lavoro quotidiano dei dirigenti scolastici vuole sottolineare che ormai l’emergenza è diventata la quotidiana normalità.
L'intervento ha illustrato gli esiti della rilevazione online effettuata su un campione di dirigenti scolastici per rilevare tutti gli elementi che maggiormente segnano l’appesantimento e il peggioramento della loro condizione lavorativa negli ultimi anni.
Il questionario è stato sottoposto a circa 4.000 dirigenti scolastici che ricevono il Notiziario del dirigente scolastico inviato settimanalmente dalla struttura di comparto nazionale dei dirigenti scolastici.
Hanno risposto 358 dirigenti scolastici che costituiscono il 4,8% dei circa 7.500 dirigenti scolastici oggi in servizio. Le risposte sono arrivate da tutte le regioni e da tutte le tipologie di scuola.
La rilevazione chiedeva di rendicontare una giornata di lavoro ma si allargava alla settimana precedente e ai primi due mesi dell’anno scolastico. Le domande alternavano richieste di informazioni oggettive sulla quantità di contatti, sul tempo e sugli impegni di lavoro a richieste attinenti percezioni soggettive rispetto alla fatica del lavoro e ai riflessi sulla vita personale.
I risultati hanno evidenziato un quadro complessivo che conferma le percezioni derivanti dal lavoro pluriennale di prossimità ai dirigenti scolastici svolto dalla struttura di comparto nazionale della dirigenza scolastica della FLC: una condizione lavorativa di grande difficoltà dei dirigenti scolastici, che non riescono più, nonostante l'impegno e il coinvolgimento con cui si dedicano al loro lavoro, a “staccare la spina” e a liberarsi dallo stress accumulato, fino al punto da non riuscire a recuperare completamente le energie spese.
Nell'intervento è stata ribadita la necessità di trovare dentro le rivendicazioni della dirigenza scolastica lo spazio necessario per liberare i dirigenti scolastici dalle conseguenze della condizione di insoddisfazione lavorativa e dello stress che inevitabilmente si ripercuotono nella qualità della loro prestazione lavorativa e nella vita familiare e privata.
L'intervento si è concluso con l'auspicio di restituire alla categoria dei dirigenti scolastici, quanto prima, la possibilità di occuparsi “a tempo pieno” dell’organizzazione del servizio di istruzione sulla base delle finalità della funzione dirigenziale delineate dall’art. 25 del DLgs 165 e dall’articolo 1 del CCNL dell’Area V della dirigenza scolastica e di liberarsi completamente di tutti quegli oneri impropri che mortificano il lavoro del dirigente scolastico, diminuiscono la sua capacità di risposta efficace ai problemi e quindi impoveriscono la qualità della sua prestazione lavorativa a scapito della qualità generale del servizio.
Vai alla relazione e alle slide di Roberta Fanfarillo
Dopo alcuni interventi da parte dei partecipanti al Convegno, la mattinata si è chiusa con l’intervento del Segretario generale della FLC CGIL Domenico Pantaleo che, a causa di impegni sopraggiunti relativi a confronti col Governo e la Funzione Pubblica sulla riforma della Pubblica Amministrazione e sul Contratto, ha dovuto anticipare il suo intervento previsto alla conclusione dei lavori del Convegno.
Il Segretario ha sottolineato come nel Paese si avverta forte la disperazione sociale; ha criticato l’idea del Governo di non voler dialogare con i corpi intermedi della società, con le Organizzazioni Sindacali, aumentando in tal modo il rischio di tensioni sociali e, tramite il Jobs Act, di affidarsi solo al mercato abbassando diritti e salari. La CGIL ha risposto con manifestazioni nazionali centrate su lavoro, diritti e difesa dello stato sociale. Ha ribadito che soprattutto bisogna investire in istruzione e ricerca, come hanno fatto e fanno gli altri Paesi. Descrive ciò che è avvenuto in questi anni nel sistema Istruzione: taglio di risorse economiche (8 miliardi di euro dal 2008) ed umane (135.000 docenti ed ata in meno), peggioramento delle condizioni di lavoro nella scuola, il tentativo di far passare l’idea che il Paese non poteva permettersi più la scuola di massa e che la scuola di massa non fosse compatibile con la scuola di qualità. Così il nostro sistema istruzione non risponde più alle necessità che l’economia e la società richiedono. Bisogna andare nella direzione indicata dalla nostra Costituzione, garantire a tutti un apprendimento di qualità, cambiare i paradigmi del sistema istruzione, sviluppare l’apprendimento per tutto l’arco della vita, portare l’elevazione dell’obbligo a 18 anni, coniugare ciò che si apprende fuori e nella scuola. Ha sottolineato che nel documento “La buona scuola” non si nota la volontà di un vero cambiamento, c’è anzi una evidente frattura tra la condizione reale della scuola italiana e l’idea di costruire un quadro idilliaco di dove si vuole andare. Ribadisce che è necessario rimettere al centro le questioni vere, tornare ad investire, prevedere formazione obbligatoria per tutti, migliorare la didattica, abbattere la dispersione scolastica. Nella legge di stabilità, con gli interventi sulle supplenze, sul personale ata, sui collaboratori del dirigente scolastico si riducono ancora le risorse e si rende più difficoltosa la gestione. Servono risorse vere, aggiuntive, mentre l’investimento in istruzione nel nostro Paese è dell’1,3% in meno (più di 17 miliardi in meno) rispetto agli altri Paesi europei. Precisa che non è vero poi che la media dei docenti italiani ritenuta insufficiente sia superiore a quella europea; i dati preoccupanti sono quelli relativi al tasso di dispersione, al basso numero di laureati, al numero sempre decrescente degli iscritti all’Università, al sistema lavoro che non assorbe nemmeno i laureati. A tutto questo “la buona scuola” non dà risposte adeguate. Non è più sopportabile il blocco al rinnovo dei Contratti di lavoro: la perdita salariale derivante dal blocco è in media di 5000 euro nella pubblica amministrazione, superiore per docenti e dirigenti scolastici. Il Contratto, oltre ad essere riconoscimento professionale di una categoria, regola varie questioni. Non si può parlare di riforma della Pubblica Amministrazione senza Contratto. Prevedere poi che vada abolito il riconoscimento dell’anzianità (cosa che viene riconosciuta in tutta Europa) e che un miglioramento retributivo vada al 66%, lasciando indietro il 34%, significa vedere la scuola come un’arena competitiva e non come luogo di cooperazione. Per quanto riguarda la dirigenza, nel primo incontro avuto alla Funzione Pubblica, la ministra aveva affermato che bisognava ripartire dalla dirigenza, ma così non sembra nei fatti. La dirigenza scolastica non ha la stessa funzione della dirigenza nella pubblica amministrazione; completamente fuori strada poi l’idea del DS manager. La dirigenza scolastica va rafforzata nel proprio ruolo e nella propria specificità insieme al rafforzamento dell’autonomia scolastica; negli ultimi anni invece non abbiamo visto che processi di centralizzazione. Emblematica in tal senso la vicenda degli appalti: si fa un accordo a livello centrale (“così si fa”) e si scarica sulle scuole un problema sociale. Le scuole rischiano di essere terminale dell’Amministrazione, schiacciate tra MIUR ed USR. Bisogna rafforzare l’Autonomia scolastica e dare centralità alla dirigenza scolastica, conservando però l’idea di comunità: l’idea de “la buona scuola” di rafforzare i poteri del dirigente scolastico per far funzionare meglio la scuola porta all’aumento dei conflitti. Non è più tollerabile la pluralità di interventi da parte di MIUR, MEF, Funzione Pubblica, RGS che scaricano processi amministrativi e burocratici su scuole e dirigenti scolastici. La FLC CGIL è per la specificità e la valorizzazione della dirigenza scolastica: equipararla alla dirigenza pubblica è uno svilimento della funzione della dirigenza scolastica; se il tema è quello economico, la differenza abissale nella retribuzione tra dirigenza pubblica e dirigenza scolastica, bisognerà riprendere con maggiore forza la lotta per la parte economica, che è anche lotta sociale, per la dignità della dirigenza scolastica in una grande operazione di rafforzamento dell’autonomia e contro il tentativo di sottomettere la dirigenza pubblica e scolastica al controllo politico. Ha fatto poi un riferimento alla valutazione del sistema istruzione: l’autonomia di competenze forte del DS non significa non essere controllato, valutato, ma la valutazione deve definire gli obiettivi e verificare se questi siano stati raggiunti per il miglioramento complessivo della scuola, non come previsto invece nel regolamento per la valutazione. Concludendo, ha affermato che liberare la dirigenza scolastica significa liberarla dalle catene che impediscono il funzionamento delle scuole.
Seconda sessione
I lavori del pomeriggio sono proseguiti con la relazione del Prof. Antonio Cocozza, Presidente del corso di laurea “Formazione e sviluppo delle risorse umane” dell’Università Roma Tre, dal titolo “Il nuovo ruolo del dirigente scolastico: tra autonomia e burocrazia”. Affrontando il tema del ruolo e delle competenze del dirigente scolastico, il professore ha affermato che non è più rinviabile la riforma degli Organi Collegiali, risalenti al 1974, se si vuole creare partecipazione consapevole da parte di docenti, ata e soprattutto di studenti e famiglie. Non si può continuare a reclutare il futuro personale dirigente scolastico senza tener conto delle competenze professionali e relazionali che deve possedere. Ha affermato poi che è necessario sviluppare politiche di formazione in servizio ed un valido sistema di valutazione. La scuola non è un ministero, non è un ospedale né una caserma: il sistema scuola ha una parte di burocrazia, che non è negativa; diventa negativa quando impedisce l’innovazione, quando appesantisce l’attività della scuola e del DS. Un’organizzazione diventa una istituzione quando incorpora valori condivisi. E’ necessario la riscrittura di un nuovo Testo Unico che armonizzi anche la legislazione degli Organi collegiali del 1974 e quella della dirigenza scolastica del 2000. Ha precisato che lo snodo è nel rapporto tra DS, Organi collegiali, RSU. L’organo collegiale dei docenti non esiste nelle altre organizzazioni, sia pubbliche sia private. Gli organi collegiali hanno competenze equiordinate rispetto al DS ; da ciò possono derivare potenziali conflittualità tra OO.CC. e DS e RSU che sono venuti dopo. Per questo è necessario che il DS sappia esercitare una leadership partecipativa , sappia fare sintesi con una logica di leader partecipativo. Il DS deve evitare il blocco della comunicazione (verso docenti, dsga, studenti, famiglie) ricordando che nella comunicazione la cosa più importante è “ascoltare” (non so ciò che ho detto fino a quando il mio interlocutore non ha risposto). Ha evidenziato che per una buona scuola sono importanti la qualità delle persone ed il grado di responsabilità dei soggetti; anche la qualità dei genitori, tra i primi a dover essere educati, che spesso sono assenti o invadenti e raramente adulti , maturi e responsabili. Ha posto quindi la domanda se il dirigente scolastico debba essere leader o manager rispondendo che il leader fa cose giuste, il manager le cose nel modo giusto: negli ultimi anni nel sistema scuola ci sono stati troppi manager e pochi leader. Ha raccomandato di evitare 3 rischi da leader: la fuga nella tecnologia come soluzione dei problemi, l’utopismo con proposte oltre il possibile, i comportamenti opportunistici. Per questo bisogna andare verso il leader educativo che sa impostare una nuova governance, rafforzare l’autonomia, migliorare il grado di responsabilità degli attori, far crescere le persone e l’organizzazione; un leader che abbia una visione strategica, capace di pre-vedere, e che, come il direttore d’orchestra sappia imparare dall’orchestra. Ha concluso raccomandando che un vero leader educativo non deve ritenere che il mondo è sulle sue spalle o nelle sue mani; l’efficienza di un leader si vede quando è presente, l’efficacia si vede quando è assente. Per questo va valutato ma sulla base dei risultati raggiunti, con un sistema di valutazione mirato.
Vai alle slide di Antonio Cocozza
È seguita la relazione di Antonio Valentino, Componente del Comitato Tecnico Scientifico di Proteo Fare Sapere, che ha centrato il suo intervento sul tema “Il dirigente scolastico nella Buona Scuola”. Premesso che “imparare a difendersi da se stessi” costituisce il migliore approccio psicologico al ruolo del dirigente scolastico e che nella relazione educativa e nel lavoro del DS è importante la consapevolezza del ruolo dei genitori e dei nonni, ha affermato che il documento “La buona scuola” non scalda i docenti (per usare un’espressione di Beppe Bagni) per l’assenza di una visione del “fare scuola”, per una leggerezza del documento sul piano operativo e per alcuni fattori quali la premialità al 66% dei docenti, mancanza di risorse per far emergere il merito, la genericità delle proposte, lo scetticismo per le riforme passate, il linguaggio costituito da slogan. Per quanto riguarda la figura del DS, ha sottolineato che, mentre nel documento si insiste sull’immagine del DS quale timoniere, quale promotore dello sviluppo del progetto formativo e della qualificazione dell’offerta formativa, risultano carenti gli aspetti riguardanti la complessità delle scuole, la leadership organizzativa, la leadership diffusa e partecipativa. Il documento prevede nuovi poteri per il DS: scegliere chi coordina le attività, disporre del 10% dl FIS per remunerare docenti ai fini del piano di miglioramento, reclutare docenti iscritti in un registro nazionale sentito gli OO.CC.; mancano però riferimenti su come individuare i coordinatori, sulle criticità de FIS e sul ruolo degli OO.CC. Nel documento manca la dimensione collettiva dell’insegnamento: non ci sono parole quali cooperazione, collaborazione, leadership condivisa. Ha concluso evidenziando che funzioni e compiti del DS in una dimensione collettiva del fare scuola dovrebbero essere: animare la comunità professionale; individuare e coinvolgere figure docenti di coordinamento; costruire ambienti e condizioni di lavoro efficaci ove il profilo del docente acquisti la sua natura collettiva e, in tale dimensione, produttiva.
Vai alla relazione e alle slide di Valentino
Si è passati alle testimonianze dai territori.
Ha cominciato Angela Pecetta, dirigente Scolastica della Toscana, che ha centrato la sua relazione sui problemi derivanti dal mancato completamento dell’iter normativo di molte leggi e sulle conseguenze che questo determina nella gestione delle scuole. Come primo esempio ha portato quello della dematerializzazione introdotta dalla legge 135/2012: le scuole, con notevoli sforzi economici, si sono dotate degli strumenti necessari ma, dopo più di due anni, aspettano ancora i regolamenti attuativi e le indicazioni chiare ed univoche che dovevano arrivare dal MIUR.
Altro caso di scarsa collaborazione del MIUR con le scuole autonome ed esempio di indicazioni tardive date alle scuole è quello relativo ai docenti che dovevano essere impegnati nell’insegnamento CLIL. Le indicazioni per l’anno scolastico 2014-2015 sono arrivate alle scuole il 25 luglio 2014, in un periodo in cui non sono presenti i docenti e non si possono predisporre progetti, scaricando così , ancora una volta, sui dirigenti il compito di individuare i docenti con le più elevate competenze sia linguistiche sia metodologiche da destinare alle prime esperienze di attivazione della DNL in lingua straniera.
Vai alla relazione di Angela Pecetta
Altro contributo dal territorio lo ha portato Roberto Proietto, dirigente scolastico della Lombardia, il quale, dopo aver ricordato che delle molestie burocratiche avevamo già parlato nel nostro Convegno nazionale del 2004, afferma che bisogna liberare la dirigenza da tutti quei vincoli che non le permettono di svolgere quel ruolo che era contenuto già nel profilo direttivo e che consiste nel “promuovere l’innovazione”. Il dirigente scolastico non riesce a svolgere il proprio ruolo non solo per i carichi amministrativi, ma soprattutto per una serie di limiti culturali. Ha affermato che il fuoco della battaglia è nella scelta Autonomia/Centralismo: emblematica in tal senso la Circolare sulla valutazione da parte del MIUR nella quale la dirigente ministeriale detta alle scuole come deve essere composto l’organo della valutazione che la scuola deve darsi. Ma forse anche da parte di alcuni dirigenti scolastici c’è nostalgia del centralismo che tolga loro le castagne dal fuoco. È necessario credere nell’autonomia, essere coraggiosi, viverla fino in fondo. Per Proietto non è da sottovalutare l’espressione “scegli la squadra con cui giocare”: tale affermazione sottolinea quanto sia importante (e le esperienze delle scuole sperimentali l’hanno dimostrato) la condivisione del progetto scuola. Ha concluso affermando che è necessario poi spostare l’ottica sui risultati, dei quali i DS sono i garanti e che in questo potrebbe essere occasione importante l’organico funzionale per realizzare una scuola diversa. A patto però che si superino anche le rigidità delle attuali classi di concorso e che si sposti l’attenzione dalle procedure ai risultati.
Ha concluso le testimonianze dal territorio Elena Tropea, dirigente scolastica del Lazio, che ha voluto portare la sua testimonianza dimostrando come, nel suo primo anno da dirigente scolastico, non solo un grande Comune come Roma scarica sulle scuole e sui dirigenti scolastici un’operazione complicata, delicata e difficile quale la gestione di un bando europeo per l’affidamento del servizio mensa ma crea anche una serie di complicazioni ed ulteriori incombenze alle scuole e ai dirigenti scolastici sulla procedura di gestione della mensa autogestita. Ancora un caso di difficile rapporto degli Enti Locali con le scuole, della mancanza di conoscenza , di cultura e di rispetto da parte di questi verso l’autonomia scolastica.
Dopo alcuni interventi da parte dei partecipanti al Convegno, ha ripreso la parola il Prof. Cocozza per dare risposte e precisazioni. Ha ribadito che bisogna liberare la scuola ed i DS dal peso della burocrazia e che vanno evitati alcuni rischi quali quello di pensare di attuare riforme senza progetto o di riformare per riformare, sapendo che le modifiche previste di fatto non si realizzeranno, giusto per metterci sopra il proprio bollino. Ci vogliono da 2 a 5 anni per applicare una riforma; il documento “La buona scuola” avrà bisogno di un centinaio di decreti attuativi. Ha affermato che l’Autonomia è la madre di tutte le riforme e la strada da seguire; con governi di centrodestra e centrosinistra si è accentuato invece il neocentralismo: governi nazionali, centrali, regionali e locali hanno continuato a ledere l’autonomia costituzionale delle istituzioni scolastiche. Il sistema centralistico, tolta la Francia, non funziona in nessun Paese. Il Professore ritiene un errore aver affidato alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione il reclutamento dei prossimi dirigenti scolastici: alla SNA il 90% è costituito da diritto amministrativo: c’è il rischio concreto di schiacciare ancora di più i dirigenti scolastici sulla funzione amministrativa. Ha evidenziato che l’Autonomia è una scelta culturale forte ed ha bisogno di un dirigente scolastico leader ed educatore, non manager, che abbia una visione fondata sui valori, che sappia pre-vedere i diversi scenari possibili che poi saranno realizzati dalle persone. Le organizzazioni burocratiche non si possono cambiare: sono miopi, non vedono i propri errori. Ha suggerito che è necessario che le scuole si organizzino in reti di scuole per condividere servizi e attività e per avere più forza nei rapporti con gli Enti locali: le norme ci sono, il DPR 275/99, basta metterle in atto. Serve una cultura progettuale e di contesto per guidare il cambiamento e non subirlo. Sulla valutazione ha puntualizzato che il sistema non si può autovalutare, serve un soggetto terzo. L’autovalutazione delle scuole può essere un primo passaggio; bisogna indicare però cosa valutare, come, perché e per chi, mentre la maggior parte del Regolamento sulla valutazione è dedicata alla valutazione delle procedure. Ha concluso affermando che l’incentivazione del singolo docente nella scuola non funziona; compito del DS è quello di portare ad unità elementi diversi: per questo è molto più difficile fare il dirigente scolastico che il dirigente d’azienda.
Stimolato dagli interventi che si sono succeduti in sala, ha ripreso la parola anche Gianni Carlini per alcune puntualizzazioni. Premesso che la forza della FLC CGIL sta nel fatto che rappresenta anche altri lavoratori , ha affermato che il Sindacato ha sempre creduto nell’Autonomia: lo testimoniano le posizioni assunte al riguardo, i documenti elaborati e pubblicati. Ha sottolineato come i dirigenti scolastici abbiano dimostrato di avere coraggio e di credere nell’autonomia; sono gli altri però, amministrazione centrale e periferica ed Enti locali, che continuano a scaricare sulle scuole oneri impropri: Consip, bandi per mensa, bandi per appalti, bandi per assistenza all’handicap…
Ha ribadito che per fare il mestiere di dirigente scolastico non è necessario cambiarne il profilo: l’articolo 25 del DLgs 165/01 è chiaro. Molto meno chiaro e peggiorativo è invece quanto contenuto nel documento “la buona scuola” a proposito dei dirigenti scolastici. Ha affermato di non condividere l’immagine del dirigente scolastico “timoniere”: il timoniere regge il timone, non governa la nave; sarà il potere politico a controllare e governare tutto? Per Carlini il dirigente scolastico, col profilo già declinato nell’art. 25, ha bisogno di strumenti e risorse, di organi collegiali riformati, di non essere continuamente sviato dal proprio lavoro (vedi il problema della gestione delle graduatorie di supplenza!). Ha concluso invitando tutti a lasciar fare al Sindacato il proprio mestiere perché lo fa bene : non è un caso che il segretario generale Pantaleo abbia affermato con forza che i dirigenti scolastici sono mal pagati e che va portata avanti la lotta per l’equiparazione retributiva interna ed esterna.