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Giovedì 22 ottobre 2015, nella suggestiva sede del Liceo Classico “Massimo D’Azeglio” di Torino, dove hanno studiato tanti personaggi illustri rappresentativi della cultura italiana del Novecento, si è aperto il convegno nazionale annuale dei dirigenti scolastici della FLC CGIL organizzato in collaborazione con l’Associazione professionale Proteo Fare Sapere.
Quest’anno il tema è particolarmente stimolante e di grande attualità: Quale Dirigente oggi per la scuola pubblica statale, un tema che soprattutto dopo l’entrata in vigore della legge 107/2015 ha visto sovraccaricare i dirigenti scolastici di nuovi poteri e nuove responsabilità che rendono più difficoltosa la gestione delle scuole autonome e sconvolgono l’equilibrio dei poteri esistente all’interno dell’Istituzione scolastica.
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Prima sessione
Dopo un saluto di benvenuto da parte di Emanuela Zoia, responsabile della struttura di comparto dei dirigenti scolastici del Piemonte, ha preso la parola Sergio Sorella direttore di Proteo nazionale. Dopo aver portato il saluto dell’Ufficio di presidenza dell’associazione professionale Proteo Fare Sapere, che ormai tradizionalmente affianca la FLC CGIL nell’organizzazione dei convegni annuali dei dirigenti scolastici, ha voluto richiamare il punto di vista dell’associazione sulla fase difficile e impegnativa per il sistema scolastico italiano e in particolare per i dirigenti scolastici alla luce delle novità introdotte o in via di introduzione dalla legge 107/2015. Ha affermato che, pur in presenza dei nuovi, inediti compiti previsti dalla legge 107, il dirigente scolastico non è e non può essere un manager, per la semplice ragione che la scuola non è una struttura aziendale; è la leadership educativa e culturale che deve caratterizzare la funzione del dirigente: una leadership democratica ed efficace, orientata a costruire comunità, capace di entrare in relazione con i professionisti che esercitano un’attività di alta qualità come l’insegnamento la cui libertà è riconosciuta dalla Carta costituzionale e il cui consenso è indispensabile per raggiungere gli obiettivi che ciascuna scuola si pone. Non è scimmiottando leader aziendali che questo potrà realizzarsi. Spetta al dirigente scolastico costruire una visione comune, valorizzando le competenze individuali, sollecitando motivazioni profonde, coinvolgendo le persone nel processo decisionale, sostenendole nella crescita professionale attraverso la cura della ricerca educativa. Compito del dirigente sarà quello di definire un orientamento condiviso, assegnando ruoli precisi, funzioni e responsabilità, cercando di andare oltre una dimensione puramente gerarchica. L’autonomia scolastica è quella che si affida a dirigenti capaci di assumersi responsabilità, di costruire e realizzare progetti, organizzare e stimolare docenti, ascoltare gli alunni, coinvolgere le famiglie, gestire risorse, interagire con soggetti esterni alla scuola.
È la volta di Antonino Titone, nella sua funzione di organizzatore del Convegno, che ne illustra le ragioni e i temi. C’è una strana idea di fondo nella legge 107: se si danno più poteri al dirigente scolastico, le cose a scuola funzionano meglio. Premesso che poteri e relative responsabilità del Dirigente scolastico sono chiaramente declinati nel decreto legislativo 59/98 (il primo decreto attuativo dell’articolo 21 della legge 59/97) e nell’articolo 25 del D.Lgs. 165/01, non modificato dalla legge 107, in una scuola autonoma, con altissimo numero di professionisti, in una comunità educante basata sulla cooperazione, il dirigente scolastico deve esercitare il suo ruolo attraverso la leadership diffusa, la distribuzione di responsabilità, dirigendo non comandando, coinvolgendo tutti nel processo che porta alle decisioni, facendo si che tutti siano contenti di partecipare al progetto della scuola. Non è pensabile il leader carismatico. L’azione del dirigente è basata sulla decisione motivata e motivante, in cui si cerca di perseguire unità di progetto e crescita professionale. Nei convegni annuali non si è soliti invitare chi ci dà ragione: si apprezzano punti di vista critici e diversi, che aiutano a chiarire meglio le varie questioni. Per questo ringrazia tutti i relatori che offriranno, ciascuno dal suo punto di vista, un valido contributo di idee al dibattito. La finalità è di offrire ipotesi di lavoro, di individuare quale sia oggi il modo giusto di operare affinché una leadership partecipata sia praticabile e praticata.
È il momento dei saluti istituzionali: dopo le parole di benvenuto di Chiara Alpestre, Dirigente del Liceo D’Azeglio, e il saluto di Massimo Pozzi della segreteria regionale del Piemonte della CGIL, prende la parola Rudi Aschiero, segretario generale della FLC CGIL del Piemonte, che ribadisce la centralità della figura del dirigente scolastico necessaria per garantire una scuola pubblica, libera, efficace, democratica e condivisa. Porta anche i saluti dell’assessore della regione Piemonte, non presente per sopraggiunti impegni istituzionali, ed informa che tutti gli addetti delle scuole piemontesi saranno in piazza sabato 24 ottobre con l’iniziativa “un’agorà per la scuola” per richiamare l’attenzione sui tanti aspetti negativi della legge 107.
La relazione di apertura di Gianni Carlini, coordinatore nazionale dei dirigenti scolastici della FLC CGIL, ha prima di tutto richiamato il giudizio negativo su come è delineata nella legge 107 la figura del dirigente scolastico: lontanissima dall’idea di dirigente scolastico delineata nei due ultimi Convegni nazionali di Bologna (febbraio 2014 “Leadership partecipata: la dirigenza scolastica tra didattica ed organizzazione”) e Firenze (novembre 2014 “Liberare la dirigenza scolastica: valorizzare la specificità, togliere oneri impropri, impedire invadenze esterne”). In quei convegni sono state elaborate proposte sulla figura del dirigente scolastico in coerenza con il profilo normativo e derivanti dal rapporto quotidiano con i dirigenti scolastici e col loro vissuto quotidiano. Da parte del Governo, nell’iter di approvazione della legge, è stata negata in modo autoritario la rappresentatività delle Organizzazioni Sindacali: avere escluso il confronto con chi vive e conosce i problemi reali della scuola ha prodotto errori. Pochissimo di quanto proposto e suggerito dalla FLC CGIL durante la discussione delle legge è stato recepito; il Governo ha preferito parlare agli elettori e non con il mondo della scuola. Escono peggiorati le condizioni dei dirigenti scolastici ed il funzionamento delle scuole. Le retribuzioni medie della categoria sono pesantemente ridotte e solo in parte compensate dalle risorse previste dalla legge 107; la riduzione colpisce particolarmente i nuovi dirigenti (4/5 dei dirigenti sono nuovi e non hanno né RIA né assegno ad personam). Dall’anno scolastico 2007-2008 i dirigenti scolastici sono diminuiti del 25%, hanno maggiori responsabilità, dirigono scuole molto più complesse e sono pagati di meno! Carlini ha voluto evidenziare la diversità dall’ANP che considera positivamente i riconoscimenti previsti dalla legge 107 per le maggiori responsabilità e la progressiva assimilazione delle scuole agli altri uffici pubblici. Nel documento “La buona scuola” del 3 settembre 2014 c’era il proposito di liberare dirigenti scolastici e scuole dalle molestie burocratiche, cancellando le 100 regole più burocratiche; la legge 107 non solo non toglie nessuna molestia ma ne aggiunge altre, come ad esempio i controlli sulle spese effettuate con la card per la formazione e l’aggiornamento. Del progetto di assistenza alle scuole non si sa nulla; tutto deve essere fatto “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ai problemi già esistenti si sono aggiunti quelli derivanti dai divieti imposti alle scuole dalla legge di stabilità 2015 ed il cattivo funzionamento del pagamento delle supplenze brevi. La legge 107 ha aggiunto anche lo snaturamento della funzione del dirigente scolastico prevedendo poteri sbagliati e controproducenti, attribuendogli, in maniera confusa e contradditoria, la maggiore responsabilità dei risultati, la funzione di assumere, valutare e premiare i docenti, e prevedendo tra gli indicatori della sua valutazione l’apprezzamento delle famiglie e della comunità professionale. La legge fa passi indietro sia nell’affermazione della funzione dirigenziale sia nell’autonomia scolastica; delinea un’idea autoritaria della dirigenza scolastica, avulsa dal rapporto con gli altri attori della scuola, che esclude chi progetta l’offerta formativa. Ne viene fuori una dirigenza scolastica meno libera e indipendente, assoggettata ai decisori politici e amministrativi, che deve rispondere all’amministrazione del modo di come ha scelto e premiato, e strettamente legata ai risultati degli alunni. La valutazione dei dirigenti, esclusa dalle materie contrattuali e rimessa all’apprezzamento della comunità professionale e sociale, non sarà fatta da soggetti autonomi, ma da soggetti scelti discrezionalmente dall’amministrazione e ad essa assoggettati; percepire la retribuzione di risultato (secondo il D.Lgs. 150/09 dovrebbe riguardare almeno il 30% della retribuzione) dipenderà da chi valuta e il dirigente potrà o non potrà percepirla. Ci vuole trasparenza ed equità nella valutazione; i soggetti che valuteranno devono essere scelti in modo trasparente. Ai dirigenti scolastici viene chiesta efficienza organizzativa ed efficacia didattica, ma sono due cose molto diverse: l’efficienza organizzativa è indispensabile in ogni sistema produttivo, non se ne può fare a meno, e il dirigente ne ha la maggiore responsabilità; l’efficacia didattica è l’obiettivo dell’esercizio della scuola autonoma in tutte le componenti, il dirigente può incidere attivando e migliorando i processi, soprattutto quelli che hanno ricaduta sulla formazione degli alunni. A questo scopo il dirigente ispira, motiva, indirizza, coordina, valorizza, promuove, sostiene, verifica, si relaziona; e lo fa con i tanti docenti che svolgono funzioni organizzative e didattiche non come comando ma come servizio. Il dirigente però non ha tempo per sostenere e correggere; bisogna liberarlo da compiti impropri (contenziosi, chiamate in giudizio, questioni amministrative, perfino certificazioni per prestiti al personale) rispetto alle finalità istituzionali della scuola. Sarebbe indispensabile una battaglia per mettere il dirigente nella condizione di assolvere al suo impegno sul piano educativo e per ridurre il suo ruolo sul piano amministrativo-gestionale. E invece si va nella direzione opposta: anche le reti, previste dalla legge 107, dovrebbero svolgere compiti dell’amministrazione. Il sistema premiale porta all’assoggettamento dei docenti e non contribuisce ad un clima positivo e collaborativo nelle scuole. Scegliere e premiare i docenti non migliora i processi. Il DS resta un educatore perché deve guidare una comunità educativa; ad una buona scuola serve un buon DS ma non basta. Il DS dovrà avere la pazienza del ragno, continuare a tessere e ritessere relazioni, tendere al consenso e alla partecipazione, essere il protagonista di un’organizzazione del lavoro che vada oltre il mero adempimento di compiti e che vada alla ricerca del miglioramento. In questa ottica la valutazione deve servire al miglioramento, essere un processo non un modello, deve includere i soggetti, essere coerente, chiarire le finalità. Il modello proposto dalla legge 107 non lo fa, va in una direzione opposta: per questo va cambiata. Tra l’altro va contro le disposizioni del D.Lgs 165/01 sulla retribuzione accessoria: ieri a Roma anche un dirigente del MIUR ha affermato che il bonus premiale, per la sua natura di retribuzione accessoria, va contrattato. Non è più rinviabile il rinnovo del CCNL, sia per le questioni retributive sia per regolare meglio il rapporto di lavoro e limitare comportamenti autoritari delle direzioni regionali. È necessario difendere le prerogative della contrattazione nazionale e regionale sugli incarichi dirigenziali, sulla valutazione della professionalità e sui criteri per la retribuzione di risultato.
La scuola ha bisogno di rinnovarsi continuamente ed i dirigenti scolastici sono i primi ad essere in campo per il miglioramento. L’impatto che sta avendo la legge 107 ha aperto una discussione alla quale occorre partecipare con attenzione al merito, ai fatti concreti e alle prospettive; i dirigenti scolastici della FLC CGIL vi parteciperanno con idee ed impegno.
Leggi la relazione introduttiva di Gianni Carlini
Dopo la relazione introduttiva di Gianni Carlini è intervenuto Fabrizio Manca Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte. Ha ringraziato per l’invito, ha portato il saluto del Ministro ed ha precisato che nel suo intervento avrebbe portato il punto di vista dell’Amministrazione. Ha affermato che i DS del Piemonte non hanno bisogno di essere diretti, ma solo supportati: l’USR deve e vuole essere solo una risorsa per le scuole, per aiutarle a svolgere al meglio le funzioni autonome. Ormai è finito l’iter della legge: è una legge dello Stato, è necessario riflettere sulla fase applicativa della riforma, condividerne l’attuazione; è il momento della condivisione, della cooperazione. L’amministrazione deve ascoltare le scuole, i DS per risolvere i nodi critici, sapendo che non esiste la legge perfetta e che nessuna riforma è in grado di produrre cambiamenti da sola. Quello che è scritto sulla carta non sempre funziona nella realtà. Bisogna attivare la nostra capacità di cogliere le opportunità che ci sono anche i questa riforma; e questo è responsabilità di tutti per misurarsi con le opportunità di cambiamento, per verificare che diventino concretezza di comportamenti e di obiettivi da raggiungere. La legge ha una struttura composita: alcuni istituti entrano in vigore subito, altri successivamente, altri ancora attraverso deleghe; bisogna accettare la sfida, creare fiducia nella possibilità di cambiamento. Il fine ultimo della legge dovrebbe essere quello di costruire possibilità di futuro per gli studenti, dando loro una preparazione più qualificata per scelte di studio e per lavoro: la più grande risorsa è il capitale umano. La riforma cerca di rafforzare l’autonomia scolastica, che in gran parte non è stata realizzata, anche come strumento di relazione col territorio, provando a fare sistema con soggetti pubblici e privati che investano risorse nel sistema formativo. L’amministrazione su questo può fare molto, smettendo di essere burocrati nei confronti dell’autonomia attraverso comportamenti di dirigismo e centralismo. L’alternanza scuola-lavoro offre una grande opportunità: è una sfida alle imprese a condividere il curriculum scolastico. C’è tanto lavoro che può essere fatto per scuole presenti in aree sfavorevoli e l’autonomia scolastica e la capacità di connettersi ai progetti presenti in quel territorio è un altro terreno sul quale il MIUR partecipa con una strategia nazionale. Se l’attuazione della riforma assume queste finalità le varie problematiche potranno essere affrontate con maggiore serenità, anche i temi più caldi come la valutazione. Essere valutati è giusto; il problema è chi valuta e come. In conclusione ha voluto affermare che i tavoli di trattativa con i sindacati sono un fondamentale momento di ascolto e condivisione: proprio per questo in Piemonte l’amministrazione scolastica ha discusso di organico potenziato con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali del comparto scuola e dell’area V della dirigenza scolastica per trovare soluzioni condivise e per evitare che calasse dall’alto quanto deciso dall’amministrazione.
La mattinata è proceduta con la relazione di Angelo Paletta professore di economia aziendale dell’Università di Bologna sul tema “La leadership per l’apprendimento: come si costruisce la comunità professionale”. Dopo aver ringraziato per l’invito, il professor Paletta esprime la sua considerazione che è difficile applicare una legge “sbagliata”; chiarisce che il suo intervento sarà di pragmatismo applicativo, esporrà infatti una sintesi derivante da una ricerca effettuata sul campo nella provincia autonoma di Trento. Tratta tre temi: 1) “la leadership del DS e la comunità professionale” : come i DS incidono e fanno la differenza; i DS, afferma, sono le figure più importanti come leva per il cambiamento. Ciò che fa la buona scuola è la capacità della comunità professionale di aprirsi all’esterno. 2) “leadership e accountability”: in che modo i DS rispondono alle richieste di accountability nella valutazione, nel miglioramento, nell’incentivazione, nella rendicontazione, nella performance. 3) “leadership del DS e leadership degli insegnanti” : la differenza la fa non solo la leadership del DS ma quella degli insegnanti, di tutta l’organizzazione scuola. Come incidono i DS sull’ambiente di apprendimento? Incentivando i gruppi, non gli individui. Il manager delineato dalla legge 107 è un manager fordista anni “20; ci sono diversi modelli di manager. Il DS non gestisce direttamente i risultati: tra lui e i risultati c’è un mondo organizzativo che va plasmato, guidato, formato; è all’interno di quel sistema organizzativo che il DS agisce. Ci sono 5 macro aree in cui può intervenire il DS: 1) l’orientamento strategico; 2) l’organizzazione della didattica; 3) lo sviluppo delle risorse umane; 4) la gestione delle relazioni esterne; 5) i processi di autovalutazione e miglioramento. Il DS deve essere un “giocoliere”. Deve tenere insieme moltissimi elementi, deve bilanciare aspetti tra di loro contrastanti. La complessità del ruolo del DS, differente da tutti gli altri dirigenti della pubblica amministrazione, deriva dall’essere gestore di uomini, di umanità, di relazioni umane: se si chiude, fa un cattivo lavoro. L’ufficio del DS è quello più accessibile, quello più disturbato; se non gestisce questo stress ha sbagliato lavoro! Ci sono due approcci alla leadership per l’apprendimento: c’è quella determinata dai “sistematizzatori”, dagli amministratori, con priorità definite centralmente, indicatori di performance facilmente misurabili, allineamento agli obiettivi, premi minacce….; c’è poi quella determinata dagli “umanizzatori” che ha modalità e principi molto diversi: miglioramento degli esiti formativi ma con punti di vista diversi, le singole unità scolastiche si pongono gli obiettivi legati al contesto, i risultati sono a lungo periodo. Gli umanizzatori non accettano valutazione standard, fanno leva sull’automotivazione dei singoli. Difficile il ruolo del DS al crocevia di posizioni contrapposte dei sistematizzatori e degli umanizzatori; la ricerca dice che le due visioni dovrebbero integrarsi. Le 21 pratiche di leadership che sono emerse dalla ricerca sui cinque processi dicono che i DS sono espressione della visione di leadership fatta di 21 pratiche con due componenti prevalenti: il management strategico e la gestione della performance. I DS sono classificabili in 4 profili: 1) “colonizzati”, molto attenti alla gestione della performance, con una visione molto parziale del ruolo, attenti solo ad apparire al proprio Direttore regionale; 2) “disconnessi” pensano che se il sistema chiede qualcosa va fatto, come struttura burocratica fine a se stessa, senza farlo interferire con i processi; 3) “avanguardisti” le punte di diamante, la maggior parte dei DS, con una visione del ruolo molto ampia, quelli che non si lasciano disconnettere né si fanno colonizzare ma sfruttano le opportunità; 4) “disorientati” pochi, alla ricerca di identità, bisognosi di essere supportati dal sistema e dai propri colleghi, nel sindacato e nelle associazioni, nei quali i confronto con i simili serve ad abbassare ansia e timore. La leadership è una qualità organizzativa: dal DS deve andare all’interno dell’organizzazione. I risultati migliori degli studenti si ottengono se accanto alla leadership del DS c’è la leadership degli insegnanti: per la crescita della comunità professionale è essenziale la distribuzione della leadership. Il DS che si chiude in se stesso in una comunità professionale non ha capito nulla del suo ruolo. La leadership distribuita produce effetti se ci sono le condizioni di contesto: in un contesto opposto la distribuzione della leadership produce risultati negativi. L’efficienza organizzativa ha senso se incide sull’efficacia didattica e viceversa. La leadership trasformazionale del DS, attenta a tante dimensioni, ha un duplice effetto: incide direttamente sul miglioramento e agisce indirettamente sulla leadership degli insegnanti, essenziale per la didattica. Il DS non deve avere la presunzione di entrare nei processi di apprendimento in maniera intensiva, fra l’altro non ne avrebbe il tempo; il DS con una visione unitaria della scuola (non solo didattica, non solo amministrazione) disegna per sé il ruolo di leadership ma fa un passo indietro rispetto agli insegnanti, i veri protagonisti del rapporto di insegnamento-apprendimento. Gli insegnanti si impegnano davvero nel miglioramento se il DS offre loro una chiara comprensione del contesto e dei cambiamenti in atto. Il DS deve essere sempre aperto al dialogo, al confronto: porta aperta, tutti possono entrare e disturbare; se non regge lo stress che ne deriva, deve cambiare mestiere.
Vai alle slide di Angelo Paletta
Dopo la relazione di Paletta c’è lo spazio per alcuni interventi. Maria Luisa Mattiuzzo DS del Liceo Darwin di Rivoli apprezza che la legge 107 abbia ridato ai DS la funzione di programmazione, insieme agli insegnati; lo stress più che dal lavoro deriva dallo stato degli edifici,, dalle pratiche amministrative, dalle molestie burocratiche, da personale spesso non formato adeguatamente. Le scuole e i DS sono troppo specifici per poter avere le stesse regole della pubblica amministrazione. Le competenze legali degli uffici degli USR dovrebbero essere a supporto delle scuole. Antonello Natalicchio DS di un Istituto alberghiero di Molfetta richiama sull’enorme fatica di dirigere un istituto con 2000 alunni e 85 classi : da anni non riesce a fruire delle ferie, perché prigioniero della scuola. La valutazione può essere un’opportunità: ma fatta da chi e come ? In ogni caso deve essere nel CCNL : ci sono due parti che si confrontano e le regole della valutazione sono trasparenti. Anche l’alternanza scuola-lavoro è un’opportunità ma per chi non la conosce : ci sono pochissime aziende in grado di praticarla; il loro contributo rispetto ai percorsi formativi è però del tutto assente. Velia Ceccarelli DS di un Istituto Comprensivo di Cerveteri definisce la legge 107 molto confusa: in essa si parla solo di procedure, non di contenuti né dell’idea di scuola; è stata approvata con una fretta assurda e ci costringe ad agire in mancanza di indicazioni chiare e di consapevolezza. Riprende la parola il Professor Paletta per brevi risposte: la scuola, con la legge 107, è caricata di un aspetto molto importante del Paese, deve educare le imprese a fare rete. Le imprese italiane non sono preparate (il 94% delle imprese ha meno di 10 dipendenti) e ai tanti compiti della scuola si aggiunge anche quello di far crescere il mondo delle imprese. A proposito di valutazione degli insegnati si chiede: “siamo sicuri che incentivare gli insegnanti è prenderli uno ad uno e valutarli? I risultati scolastici sono il frutto di co-produzione, di collaborazione.
I lavori della mattinata si concludono con l’intervento di Gianni Carlini: innanzitutto vuole esprimere apprezzamento al Direttore dell’USR Piemonte che ha contrattato l’organico potenziato con le Organizzazioni Sindacali del comparto scuola e dell’area V della dirigenza scolastica, non facendolo calare dall’alto. Afferma che sarebbe interessante sapere se i “colonizzati” guadagnano più o meno degli “avanguardisti” e se fosse possibile contrattualizzare questi modelli. Lo stress del DS deriva dai lavori impropri che si fanno a scuola e che dovrebbero essere fatti altrove, non dalle relazioni con docenti, alunni e famiglie. Tutti insieme questi lavori impropri diventano un peso insostenibile e si arriva a situazioni come quella del collega che da tre anni non riesce a fare le ferie.
Seconda sessione
I lavori del pomeriggio sono proseguiti con la relazione di Dino Cristanini consulente e formatore, già Direttore generale dell’Invalsi, sul tema “ La valutazione delle prestazioni professionali dei Dirigenti scolastici. Esperienze pregresse e prospettive attuali”. Quattro quinti dei DS sono cambiati rispetto al 2007; del nuovo sistema di valutazione dei DS, annunciato il 23 settembre scorso dal MIUR, non si sa ancora niente di preciso, sono filtrate solo alcune indiscrezioni. Per questo motivo il relatore preferisce fare un excursus sulle esperienze ed i tentativi del passato sulla valutazione dei DS. Prima c’erano i rapporti informativi. Per la prima volta nel CCNL scuola del quadriennio 1998-2001 l’articolo 20 parla di valutazione dei futuri DS e prevede che sarà un nucleo ad effettuarla. Nel Contratto Integrativo Nazionale del 31 agosto 1999 all’articolo 41 è prevista una valutazione dei DS in base al risultato dei processi attivati nell’ambito del POF. In attuazione di quell’articolo, la CM 312 del 1999 e la CM 18 del 2000 hanno previsto una autovalutazione di tutti i Presidi in servizio, compresi i Presidi incaricati, che poi veniva riscontrata dai nuclei: l’aspetto positivo fu che vennero valutati tutti, ma con scarsa attendibilità; furono “premiati” infatti quelli che sapevano presentarsi meglio o che da altri si facevano presentare.. Col 1° settembre 2000 inizia l’era della dirigenza scolastica: l’articolo 25 del D.Lgs. 165/01 al comma 1 fa riferimento al nucleo di valutazione, nel quale deve esserci anche un “esperto”. Si effettuano per tre anni le sperimentazioni SIVADIS (sistema di valutazione dei dirigenti scolastici) negli anni scolastici 2003-2004, 2004-2005, 2005-2006 ; l’ultimo modello SIVADIS 2005-2006 prevede una valutazione annuale ai fini della retribuzione di risultato ed una valutazione triennale, con la concorrenza dei valutatori, ai fini di conferimenti di futuri incarichi ; le procedure erano di tipo autovalutativo più visita del nucleo, con una procedura negoziata e partecipata. Non esiste una valutazione perfetta, ma una valutazione possibile e vale la pena di effettuarla anche se per pochi euro. Le critiche che vennero mosse all’Invalsi furono: obiettivi stabiliti dal singolo dirigente, non nell’ottica del sistema nazionale di valutazione; l’autovalutazione; non faceva emergere le situazioni problematiche; richiedeva finanziamenti per mandare in giro i nuclei. Più che parlare di valutazione dei DS si dovrebbe parlare di valutazione delle prestazioni professionali del DS. Il tema della valutazione viene ripreso con l’articolo 20 del CCNL dell’Area V della dirigenza scolastica dell’11 aprile 2006 : l’articolo sintetizza il lavoro di anni portato avanti dal MIUR con rappresentanti del sindacato e delle associazioni professionali; prevede un nucleo di valutazione formato da 1 dirigente tecnico, 1 dirigente amministrativo e 1 dirigente scolastico. L’articolo 20 ha riflessi sugli aspetti disciplinari: nell’articolo 30 di quel CCNL è previsto il recesso per esiti negativi della valutazione in base all’articolo 20. Vengono bloccate le sperimentazioni SIVADIS e si affida all’Invalsi lo studio di un modello per la valutazione dei DS. Nel 2008 l’Invalsi presenta il progetto al MIUR: negoziazione di obiettivi tra DS e Direttore regionale; valutazione in riferimento al miglioramento dei tassi di ripetenza e abbandono; altri obiettivi di tipo regionale; obiettivi di missione; obiettivi di leadership; team di valutazione aperto a componenti extrascolastiche; coinvolgimento dei DS in quiescenza; 4 livelli degli esiti di valutazione (eccellente; positivo; senza difficoltà, con sospensione temporanea della retribuzione di risultato; negativo, con le procedure previste dal CCNL. Arriva il D.Lgs. 150/09: l’articolo 3 prevede che ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare la performance a tutti i livelli; la legge 10/2011 individua le 3 gambe della valutazione: INDIRE, INVALSI, ISPETTORI. Con la legge 35/2012 cambia l’ordine delle tre gambe e viene dato all’Invalsi il coordinamento. Intanto nell’ultimo CCNL dell’Area V si torna a citare l’art. 20 sulla valutazione e si introduce la responsabilità disciplinare. Il progetto Invalsi per DS rimane in un cassetto. Decolla il progetto VALES: la CM del 16 febbraio 2012 di avvio del VALES prevede anche la valutazione dei DS ; la valutazione dei DS è collegata alla valutazione della scuola. La legge 135/2012 all’articolo 5 comma 11 richiama la valutazione della performance del DS sia in base ad obiettivi individuali sia in base a comportamenti organizzativi posti in essere. Prospettive attuali: il DPR 80/2013 sul Sistema Nazionale di Valutazione l’articolo3 prevede che l’Invalsi definisca gli indicatori per valutare i DS in attuazione del D.Lgs.150/09; l’articolo 6 prevede il RAV, il rapporto di autovalutazione: si lega l’autovalutazione della scuola alla valutazione del DS e i rapporti vanno comunicato al Direttore regionale per definire gli obiettivi per il singolo DS. Adesso il mosaico della valutazione è completo; DPR 80/2013, Direttiva 11 del 18 settembre 2014, legge 107 del 13 luglio 2015. La legge 107 al comma 93 aggiunge qualche coloritura in più: contributo del DS al miglioramento del successo formativo e scolastico degli studenti…. Si era partiti con la valutazione dei processi e si è arrivati alla valutazione dei risultati. Partendo dalla mappa del RAV le ipotesi di miglioramento si riferiscono a: ammissione alla classe successiva, fasce di voto agli esami, tassi di abbandono, esiti della prova standardizzata nazionale. La legge 107 richiama il nucleo di valutazione dell’articolo 25 del D. Lgs. 165/01 ma prevede che ci possa essere una articolazione diversa. È necessario che nel nucleo ci sia chi capisce il lavoro del DS. Nella circolare 7904 del 2 settembre scorso “Indicazioni per il piano di miglioramento” vengono declinate in 5 punti le azioni del DS; nel nuovo portale del MIUR sulla valutazione, cliccando su valutazione dei DS vengono fuori 4 dimensioni oggetto della valutazione del DS con una novità “ cura e sviluppo della propria professionalità”.. Le modalità di valutazione dei DS utilizzabili dovrebbero essere: autovalutazione; controllo diretto dei risultati da parte dell’amministrazione; questionari sul “soddisfazione” di docenti, studenti, genitori; visite sul campo. L’importante è fare le cose bene e fare le cose giuste.
Vai alle slide di Dino Cristanini
È seguita la relazione di Roberta Fanfarillo, Dirigente scolastica, sul tema “ Il lavoro dei Dirigenti scolastici tra vecchie e nuove responsabilità”. Nel suo intervento ha affrontato il tema dei nuovi adempimenti e delle nuove responsabilità che i dirigenti scolastici sono costretti quest’anno ad affrontare a causa dell’applicazione della legge 107, delle altre novità normative e delle disposizioni per la scuola contenute nelle misure della legge di stabilità 2015. Dal RAV alle linee di indirizzo per il POF triennale, al piano straordinario delle assunzioni, l’avvio dell’anno scolastico è stato complesso e difficile come sempre, mentre altre difficili scelte si profilano all’orizzonte: come affrontare la questione dell’attribuzione del bonus premiale ai docenti ; come far fronte al divieto di nomina del supplente per il primo giorno di assenza dei docenti e per i primi sette giorni di assenza dei collaboratori scolastici? I dirigenti, come sempre, navigano a vista, districandosi tra nuove norme e divieti, cambiamenti e ripensamenti dell’Amministrazione che rendono tutto incerto e provvisorio. Di fronte alle tante contraddizioni e incoerenze della legge, l’impressione dei più è che gli estensori non sappiano com’è fatta la scuola e non ne conoscano le regole, come se vivessero in un altro pianeta. Si è in attesa dell’organico potenziato, con docenti di cui forse non c’è bisogno o che magari declineranno l’invito mantenendo le loro supplenze. I collegi sono sul piede di guerra per il comitato di valutazione e per il bonus. È davvero il caso che sia il DS a valutare da solo i docenti della scuola? Come si fa a collegare i risultati di apprendimento di una classe con l’azione del singolo docente? In nessuna azienda è il dirigente da solo a decidere della valutazione dei propri dipendenti.
Vai alla relazione di Roberta Fanfarillo
Ha preso la parola Guglielmo Rispoli, Dirigente scolastico, per relazionare sul tema “ La leadership diffusa come risultato di una condivisione culturale, politica, sociale”. Ha esordito affermando che nella legge 107 il punto di maggiore debolezza è nella mancanza di una visione chiara che ha determinato una serie di errori progressivi: la legge ha messo dentro una serie di elementi di innovazione ma manca una visione di sistema. Così facendo stanno uccidendo motivazioni e passione nei DS. È pensabile che senza un’idea e una pedagogia ci sia una riforma della scuola? La scuola deve dare il massimo senza la presunzione di essere il tutto o il niente nell’esperienza dei ragazzi; i ragazzi sanno cosa devono fare, lasciamoli liberi, altro che dover programmare e decidere ogni aspetto della loro esistenza a scuola. La scuola italiana è già una buona scuola, nonostante la burocrazia quotidiana. Dobbiamo consentire ai ragazzi di poter fare quello che sentono di voler essere, imparare loro ad imparare, giocare ad imparare. Il percorso dei ragazzi richiede un educatore, qualcuno che riesca a far navigare un gruppo partendo dalla misura che i ragazzi hanno di sé e facendo seguire loro le inclinazioni, con passione e liberamente. La leadership dei DS è potente se ha una visione che orienta, soprattutto nel mare agitato. La leadership non nasce da un giorno all’altro; è, si fa, ha bisogno di soggetti umani liberi (si può insegnare la libertà se si è liberi). Chi ha una vision può fare il DS. Il DS esemplare è un motore potente del cambiamento, anche degli esiti degli alunni. Nella scuola ci vogliono più persone e meno impiegati : ricorda l’attore Herlitzka nel film “il rosso e il nero” quando scopre di avere ancora una passione e i ragazzi si fermano perché capiscono che sta uscendo la sua passione: non è la legge, un comma che può tenere in classe un milione di insegnanti. La scuola è un viaggio, ognuno è una risorsa; bisogna dare a ciascuno la possibilità di vivere le proprie emozioni, se no si perde l’occasione di vivere. I risultati si possono modificare, ma il DS lo fa con un processo; la leadership è figlia di processi ; i risultati si possono orientare se siamo la guida di quel viaggio.
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I lavori della prima giornata del Convegno sono stati conclusi dalla relazione di Antonio Valentino già Dirigente scolastico e componente del Comitato Tecnico Scientifico di Proteo sul tema “ Quale idea di scuola nella legge 107”. All’inizio del suo intervento esprime l’opinione che continuare a ripetere le cose che non vanno nella legge 107 non è di nessun aiuto concreto ai Dirigenti scolastici; meglio essere ottimisti, vedere il bicchiere mezzo pieno e richiamare le opportunità che la legge offre. Questo è più utile per gli insegnati e per i DS. Fatta questa premessa, precisa che il suo intervento sarà centrato su come è vista la scuola nei commi della legge che riguardano il DS, partendo dalla prima versione del DDL di marzo 2015, quella che ha fatto inorridire tutti. In quella versione del DS si diceva: “ è responsabile delle scelte didattiche e formative”, “ elabora il piano triennale dell’offerta formativa”, “assegna annualmente la somma al personale docente meritevole”, “valuta il personale docente”, “sceglie i docenti più adatti a soddisfare le esigenze della scuola”,.. Il DS era visto come uomo solo al comando, c’era un forte attacco alla partecipazione e agli organi collegiali. Dopo le proteste ed i dibattiti che ne seguirono, ci sono state significative modifiche: è scomparso il DS responsabile delle scelte didattiche; il PTOF è elaborato dal Collegio docenti e approvato dal Consiglio d’Istituto; la valutazione dei docenti avviene sulla base dei criteri del Comitato di valutazione;… Rimane l’obbrobrio della premialità. Sono da considerare buoni risultati della lotta e delle proteste. Nell’attacco alla legge 107 forse si guarda alla prima versione e non alla versione definitiva. Il punto critico non è tanto il potenziamento delle funzioni del DS, non in quello che è scritto, ma in quello che nella legge non c’è: manca una visione di scuola che dia a i giovani ed ai ragazzi quello che desiderano. C’è poi da chiarire cosa dietro il potenziamento delle funzioni del DS: c’è una visione negativa della collegialità, della partecipazione degli organismi democratici; c’è l’idea che questa scuola non funziona ed allora bisogna responsabilizzare maggiormente il DS. È sbagliato come sindacato aver sottovalutato i miglioramenti contenuti nella legge ed aver enfatizzato i punti negativi. Ci sono 2 assenze ingiustificabili nella legge:1) la scelta del potenziamento del ruolo del DS senza pensare al contesto in cui il DS agisce, al coinvolgimento dei docenti; 2) il bilanciamento dei poteri. Propone due linee di attuazione e ricerca: progetti di responsabilizzazione sul fronte docenti e forme di governance che favoriscano lo sviluppo di comunità professionali. Invita infine a non cadere nella trappola di prove muscolari nel contrasto alla legge e ad individuare invece strategie positive.
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La relazione di Valentino suscita alcuni interventi. Antonino Titone ci tiene ad affermare che non è la lettura della prima versione della legge a causare l’avversità ad essa, ma è il modo in cui la legge è stata approvata, in gran fretta, con un maxiemendamento composto da un unico articolo e 212 commi e con voto di fiducia che ha tolto qualsiasi possibilità di confronto parlamentare per poter migliorare il testo; è una legge del Governo, non del Parlamento. È bene poi che il Sindacato sottolinei tutti i punti critici e negativi; ad enfatizzare i contenuti della legge ci hanno pensato e ci pensano i membri del Governo e i mass media. Non si può dire” ormai c’è la legge, attuiamola e cogliamo le opportunità che offre; se una legge è sbagliata, va contrastata e ne vanno messe in risalto le criticità.
Gianni Carlini interviene per chiarire che nella legge 107 non ci sono assenze ingiustificate: si è scelto di investire in salario dei docenti, dei soli docenti, quasi 600 milioni di euro senza alcuna contrattazione e senza che quelle risorse fossero in qualche modo collegate all’organizzazione del lavoro. Il Direttivo della FLC CGIL già nel 2014 aveva scritto le linee guida per contrattare il cambiamento e la valorizzazione della funzione docente; si è scelto di ignorarle per cercare di tenere il tutto fuori dalla contrattazione. La legge 107 mette in difficoltà i DS che, applicando la legge così come è, si espongono a molti contenziosi. nazionale sentito gli OO.CC.; mancano però riferimenti su come individuare i coordinatori, sulle criticità de FIS e sul ruolo degli OO.CC. Nel documento manca la dimensione collettiva dell’insegnamento: non ci sono parole quali cooperazione, collaborazione, leadership condivisa. Ha concluso evidenziando che funzioni e compiti del DS in una dimensione collettiva del fare scuola dovrebbero essere: animare la comunità professionale; individuare e coinvolgere figure docenti di coordinamento; costruire ambienti e condizioni di lavoro efficaci ove il profilo del docente acquisti la sua natura collettiva e, in tale dimensione, produttiva.