Convegno nazionale “Quale Dirigente oggi per la scuola pubblica statale” - Seconda giornata
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09.00
Terza sessione
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Prima di dare la parola ai relatori della seconda giornata del Convegno, si è dato spazio ad alcuni interventi dei partecipanti che non era stato possibile, per questioni di tempo, effettuare il giorno precedente. Antonio Giacobbi, già DS e Presidente di Proteo Veneto, ha affermato che in gioco c’è la scuola come parte di un modello di società, che tende a sostituire i corpi intermedi con l’individualismo di massa. È vero che, come ha detto Valentino, la legge 107 non fornisce modelli per una nuova governance della scuola e non coinvolge i docenti. Anche per la formazione dei docenti sono state messe in gioco risorse importanti ma per un modello di formazione solitario. Perché non provare a far mettere in comune una parte dei soldi della formazione per gestirla insieme nelle scuole e fare formazione insieme ai colleghi? La scuola è da cambiare, ma non nella direzione che propone la legge 107; bisogna lavorare per andare oltre e cambiare questa legge, anche se ora sarà più dura. Pavanini, DS del Veneto, afferma che la legge 107, pur criticabile, muove risorse significative, introduce l’organico potenziato che diventerà organico funzionale; non condivide pertanto l’attacco frontale portato ad essa dal nostro sindacato. Bisogna valorizzare quello che c’è di buono. Aver introdotto la valutazione, anche se in modo sbagliato, è una cosa positiva per docenti e DS.
Comincia il programma previsto della seconda giornata del convegno nazionale dei dirigenti scolastici della FLC CGIL con una apprezzata relazione di Dario Missaglia, Sezione education della Fondazione Di Vittorio, sul tema “La democrazia partecipativa nella scuola dell’autonomia”. Esordisce affermando che con la legge 107 si è chiusa la fase caratterizzata da una incursione politica molto forte che ha messo in difficoltà per i toni e gli accenti: c’è stata la velocità di fare qualcosa. Ora si apre la fase della gestione della legge da parte del mondo della scuola. Oggi la scuola non è un luogo di democrazia partecipativa, rappresentativa, ma è luogo di individualismo. La stagione degli organi collegiali e della contrattazione d’istituto no è riuscita a vincere la battaglia contro l’individualismo. Paletta ha parlato dell’esperienza significativa nella provincia di Trento: lì però l’autonomia locale chiede alla scuola di raggiungere determinati risultati coerenti con le esigenze del territorio e fornisce alla scuola tutte le risorse e gli strumenti per realizzare l’obiettivo. Non è così il contesto della scuola italiana: non c’è quella sponda istituzionale, inoltre la legge 107realizza una operazione di centralismo spinto. La dichiarazione “più poteri ai Presidi” è invece una operazione che prevede più poteri per il MIUR, per l’amministrazione centrale e periferica. Il potere è spostato verso l’Amministrazione mentre il DS viene sottoposto di nuovo a un forte potere centrale e gerarchico. È scomparso lo scenario dell’autonomia del “97 che stava dentro lo scenario di cambiamento dello Stato, e che prevedeva una scuola capace di rispondere ai bisogni del territorio. La crisi dei modelli decentrati, della democrazia partecipativa e rappresentativa, non è solo italiana, riguarda tutta l’Europa. Senza rappresentanza crescono le tensioni e le differenze sociali; sono sempre più le condizioni familiari a determinare il successo formativo dei ragazzi. Non serve moltiplicare le riforme nella scuola (c’è una inflazione normativa), bisogna lavorare concretamente dentro la scuola: la democrazia partecipativa si fonda sulla collaborazione, valore fondamentale che non è la collegialità (forma giuridica),che consiste nello scambio in cui i partecipanti traggono vantaggi dallo stare insieme; la collaborazione nasce dalla capacità di ascolto. La crescita delle diseguaglianze fa saltare le aspettative comuni e ciascuno pensa a se stesso. Nella scuola purtroppo la collegialità non è riuscita a salvare questi valori (collaborazione, stare insieme, ascoltare); non ha senso la sacralità del collegio, dove spesso si realizza l’anonimato del si e del no perché nulla cambi, bisogna trasformarlo, andare oltre il collegio, lavorare per gruppi, per commissioni che non possono essere emanazioni del dirigente illuminato. La contrarietà ai poteri del DS nasce dall’esigenza che al centro nelle scuole ci devono stare le relazioni, la collaborazione. Il tema della leadership va distinta da quello del potere: ci può essere un leader senza poteri e poteri senza leader. Il potere del DS è una attribuzione derivante dall’aver vinto un concorso; la leadership viene riconosciuta dalla comunità di cui si fa parte. E quando non c’è leadership, si vede; se c’è solo potere, si segue per convenienza e quieto vivere, manca la relazione sociale. La legge 107 sembra privilegiare la strada del dirigente amministrativo, ma poi paradossalmente gli dà, in contrasto con la libertà d’insegnamento, poteri nella didattica! Servirebbero scuole di dimensioni più piccole e DS con leadership. Le scorciatoie alla democrazia portano al populismo e al presidenzialismo. In Italia queste scorciatoie sono alimentate dalla domanda di efficienza della pubblica amministrazione, dalla velocità, dal fare subito e presto. La burocrazia è una minaccia per la pratica democratica, esemplare la vicenda dei DS nella legge 107: si cerca il consenso, si afferma che ci sono nuovi poteri per i DS, con operazioni di marketing, ma il vero potere che avanza è quello amministrativo, sbagliato, controproducente, contradditorio. Viene previsto che i docenti, già assunti nel ruolo, vengano scelti dal DS; una delle cose che funzionava era la pulizia della nomina degli insegnati; il problema era se mai come mandare via gli incapaci. La premialità individuale rischia di essere l’ostacolo maggiore alla collaborazione interna come leva di crescita interna alla scuola e va combattuta. Oltre al rifiuto di fare i Contratti Collettivi Nazionali, il Governo porta avanti una crescente centralizzazione, la tendenza a rilegificare il rapporto di lavoro e a mettere ai margini il Sindacato. Bisogna ridare voce alla rappresentanza dei docenti nella scuola, riprendere una forte battaglia culturale e professionale, contro il sistema individualistico che si vuole imporre nelle scuole.
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I lavori proseguono con la relazione di Anna Armone, esperta di diritto amministrativo della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, sul tema “I poteri dirigenziali: coerenza o incoerenza con il sistema di regolazione dei pubblici poteri”. Inizia con una domanda-provocazione: che c’entra la scuola col D.Lgs. 165/01, con la pubblica amministrazione? L’organizzazione della scuola non c’entra nulla con l’organizzazione della pubblica amministrazione; la stessa dirigenza scolastica, se regolata dal testo unico del pubblico impiego, subisce una “diminutio”. Esce rinvigorito il sistema statalistico: con la riforma del titolo V dovevano scomparire anche gli Uffici Scolastici Regionali che invece hanno ripreso sempre maggiore forza. Invece di realizzare l’equilibrio tra potrei statali centrale e poteri statali territoriali,con la riforma costituzionale sparisce addirittura la legislazione concorrente. Ora la legge 107 introduce ulteriori sentieri prefissati per la programmazione e la definizione dell’offerta formativa. Assurda la valutazione dei DS: l’articolo 21 del D.Lgs. 165/01ha un sistema coerente per la dirigenza pubblica, ma come fa il nucleo a valuta anche la reputazione di cui gode il DS? La legge 107 incide sul sistema delle decisioni, ha cambiato l’equilibrio dei poteri previsti nel T.U. D.Lgs. 297/94, che prevedeva pariteticità generale tra tutti i soggetti e garantiva la libertà d’insegnamento. L’ultico comma dell’articolo 4 del D.Lgs. 165/01 tratta la distinzione dei poteri: indirizzo, controllo, gestione; e nella scuola? Sono cambiati gli equilibri decisionali esistenti fino a ieri e i rapporti tra DS, organi collegiali, docenti, ata. È assurdo affermare, come fa qualcuno, “ la legge è scritta male, ma ci affidiamo al buon senso dei dirigenti”. Nel circuito delle decisioni qual è lo spazio di valorizzazione del personale docente? Il rapporto DS/docenti dovrebbe essere costituito da una relazione interorganica. Nel rapporto DS/Collegio resta l’equiordinazione, ma, mancando la possibilità di potere gerarchico, che indirizzi può dare il DS al collegio? Cambia poi completamente l’equilibrio DS/Collegio col Pino Triennale dell’Offerta Formativa: come fa il collegio a deliberare quando contiene indirizzi di gestione e amministrazione del DS? Le competenze del collegio rimangono quelle del testo unico, legate alla didattica. Invece il DS diventa organo di indirizzo per le attività della scuola! Indirizzi vincolanti? Questo senza aver modificato né il Testo Unico né il profilo dirigenziale. Un processo decisionale inclusivo deve coinvolgere tutti i soggetti che hanno competenze: l’atto di indirizzo dirigenziale, non autoritario, dovrebbe essere il risultato finale di un processo di negoziazione col collegio. Come fa poi un Consiglio d’Istituto ad approvare un documento (il POF) senza averlo mai visto? Il DS dovrebbe coinvolgere fin dall’inizio il CdI (con le norme vigenti, il DS è tenuto a rendicontare periodicamente al CdI). La legge 107 prevede che il DS si possa formare lo staff per supporto organizzativo e “didattico”: come fa un DS a trasferire ad un docente un potere didattico che non ha? E che dire poi del potere valutativo del DS sui docenti? Innanzitutto la valutazione di una competenza tecnica va fatta da chi ha quella competenza: questa competenza non ce l’ha il DS, né i componenti del Comitato di valutazione. L’articolo 17 del D.Lgs. 165/01 declina i poteri dirigenziali della P.A.; nella scuola però ci sono gli organi collegiali e la libertà di insegnamento: interverranno su questo con il futuro testo unico previsto da una delle deleghe? È opportuno che il DS chieda al Collegio di individuare le figure di sostegno alla didattica: il DS può fare una determina per i docenti dello staff (entrare nello staff è una questione fiduciaria, non c’entra la premialità) e attribuire un incarico per funzioni didattiche sulla base delle scelte del Collegio. Il bonus premiale infine è una retribuzione accessoria: come tale, va contrattato! Dov’è scritto che la premialità deve essere individuale? Un procedimento potrebbe esser: il Collegio si dà criteri di trasparenza, indicatori di valutazione e li passa al Comitato di valutazione che fa il notaio e passa quei criteri al DS.
L’ultima relazione del Convegno è affidata a Mario Ricciardi, professore di relazioni industriali dell’Università di Bologna che tratta il tema “La legge di riforma e il ruolo del Dirigente scolastico”. Il DS delineato dalla legge 107 è una parodia del manager alla Marchionne; il vero spostamento dei poteri non è sul DS ma sul MIUR. È bene richiamare che, in contemporanea all’approvazione della legge 107 è stata approvata la legge delega di riforma della pubblica amministrazione. Nel comma 78, il primo che la legge 107 dedica alle competenze del DS, è sparito qualsiasi riferimento alla Costituzione. Ci sono almeno 8 nuove competenze previste dalla legge per i DS che si aggiungono a quelle preesistenti: nessun altro Dirigente della P.A. assomma tante prerogative! Non è stata rispettata la distinzione tra potere di indirizzo e potere di gestione: gli indirizzi spettano al Consiglio d’Istituto. Nella valutazione dei docenti, il DS svolge due ruoli: valuta ed attribuisce premi, diventando così autorità salariale; la somma del bonus premiale è retribuzione accessoria e come tale va contrattata. Fra le altre nuove prerogative, il DS individua fino al 10% di docenti cui attribuire funzioni di sostegno organizzativo e didattico (ma non ha poteri didattici), riduce il numero di alunni per classe (e i poteri del Consiglio d’Istituto nell’esprimere criteri per la formazione delle classi?), provvede alla sostituzione di docenti assenti con docenti dell’organico anche di ordine di scuola diverso. Sono prerogative che hanno ricadute nel lavoro delle persone. La scelta dei docenti non esiste in nessun altro Settore: nell’Università c’è un apposito organo collegiale. La valutazione dei docenti è un terreno scivoloso: richiede personale esperto, criteri precisi e condivisi. La valutazione dei DS dovrebbe essere fatta sugli obiettivi contenuti nell’atto di incarico dirigenziale, come previsto dal primo comma dell’articolo 25 del D.Lgs. 165/01; le norme introdotte dal D.Lgs. 150/09 non hanno stravolto quanto contenuto nell’articolo 20 del CCNL dell’Area della dirigenza scolastica. Dei criteri di valutazione contenuti nel comma 93 della legge si può tener presente solo la lettera a); le lettere b c d fanno riferimento all’apprezzamento dell’operato del DS. Rispetto ad una vasta serie di prerogative dirigenziali abbiamo invece una valutazione improvvisata ed affidata a “dirigenti tecnici” scelti discrezionalmente. Si è riformata la piramide che vede al vertice il MIUR e sotto i Presidi e in basso il personale.
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Alcuni interventi telegrafici: Lauri sottolinea come nella legge 107 manchino riferimenti al personale ATA, il cui lavoro è fondamentale nell’organizzazione della scuola, ed alla scuola dell’infanzia; Romano chiede conferma sul fatto che la legge 107 non ha abroga nessuna delle leggi precedenti; Cremonesi esprime l’opinione che la legge 107 è confusa perché è uno spezzatino con troppi autori diversi e senza coerenza. Le conclusioni del Convegno sono affidate a Domenico Pantaleo, Segretario generale della FLC CGIL. Dopo aver ringraziato gli ospiti relatori per l’apporto dato al dibattito sul tema del Convegno, si è chiesto quale idea di scuola viene fuori dalla legge 107: una scuola inclusiva? Che valorizza lavoro e professionalità? Che privilegia la scuola come comunità? Mette in relazione le persone?. La legge privilegia solo l’aspetto organizzativo, prevede poteri per pochi e mette in discussione la libertà d’insegnamento. Si muove su un terreno alternativo alla Costituzione rispetto alle finalità della scuola e propone un’operazione fondata sull’individualismo. Nella legge di stabilità 2016 non sono previste le ulteriori risorse per la scuola. Sulla scuola gravano invece sempre più carichi di lavoro: per ultimo vedi la rendicontazione dei 500 euro per la formazione. La legge 107 non risponde ai bisogni del Paese; c’è bisogno di cambiare, di lanciare la nostra idea di scuola. Il lavoro, fondamentale per il cambiamento, viene ritenuto puro fattore di costo: la legge di stabilità 2016 stanzia solo 300mln di euro per i rinnovi dei CCNL! E introduce ulteriori tagli al turn over di Università e Ricerca e il blocco della contrattazione accessoria. In compenso sono previsti tanti soldi alle imprese. Una vera possibilità di cambiamento della scuola si può realizzare con risorse. L’alternanza Scuola/Lavoro punta sul lavoro e quasi niente sulla formazione; bisogna tornare ad investire sulla didattica, sulla valorizzazione del lavoro di tutte le professioni che ci sono a scuola. Di fatto viene instaurata la gerarchia, il controllo politico sulla scuola pubblica. Non può più essere rimandato il rinnovo dei CCNL: in essi bisogna esplicitare il miglioramento delle condizioni di lavoro e la qualità del servizio, definire regole, valorizzare le professioni, organizzare e dare senso alla pubblica amministrazione e alla scuola. Nei CCNL bisogna attuare il cambiamento della scuola e definire la funzione dirigenziale. E per rinnovare i Contratti ci vogliono risorse. La FLC CGIL ha presentato la piattaforma per il rinnovo dei CCNL ed ha puntato sulla valorizzazione del personale e sulla rendicontazione. C’è l’idea che tutto sia regolato all’interno della legge e che non servano i Contratti. Adesso assistiamo alla contrapposizione di interessi: dei DS nei confronti dei docenti, dei; se si accentuano le frantumazioni, non si migliora la qualità. La nostra idea di dirigenza scolastica è radicalmente alternativa a quella dell’ANP, che ha accettato lo scambio più poteri al DS in cambio di una dirigenza del tipo amministrativo, che ha accettato la valutazione dei DS prevista dalla legge 107. Noi vogliamo che la valutazione sia dentro al Contratto, riteniamo che il dirigente svolga un ruolo fondamentale, che sia un leader educativo, non uno che vuole comandare, capace di valorizzare le competenze, non appendice dell’Amministrazione. Il ruolo va esercitato nel territorio, nelle interlocuzioni, nelle relazioni; non condividiamo il DS che diventa autorità salariale, il DS che sceglie i docenti dagli albi territoriali. La nostra idea di dirigenza è basata sull’idea di collegialità, sulla contrattazione, sul miglioramento qualitativo. Va mantenuta intatta l’idea di funzionamento degli organi collegiali, la distinzione delle funzioni, la distinzione dei ruoli: in caso contrario si crea un conflitto permanente. Il primo docente che sarà escluso dal bonus premiale farà giustamente ricorso! Le norme della pubblica amministrazione prevedono che se si fa un comitato di valutazione, fra i componenti ci siano le competenze per farne parte; nelle condizioni previste dalla legge 107 è giustificato sollevare dubbi sulla legittimità del Comitato di valutazione. Il Collegio deve dare indicazioni al riguardo, definire criteri qualitativi. Per la valutazione dei DS, che senso ha valutare la reputazione di cui gode il DS? Come verranno scelti i valutatori? Per questo la valutazione va trattata all’interno del sistema contrattuale. È necessario poi bandire subito il concorso per il reclutamento dei DS ed eliminare l’altissimo numero di reggenze oggi in vigore. Oggi vale la pena di portare avanti la battaglia per la scuola pubblica, democratica, partecipativa, e difendere i caratteri costituzionali della scuola pubblica attraverso il miglioramento delle condizioni di lavoro e il miglioramento delle retribuzioni, garantendo dignità e libertà alle persone.
Conclusioni
Infine Titone ha rivolto un sentito ringraziamento a tutti i partecipanti per l’interesse dimostrato nei due giorni e ai relatori per le loro esposizioni che hanno offerto ottimi contributi al tema oggetto del dibattito del convegno e spunti di riflessione da fare nei territori. Ancora una volta si può affermare che l’annuale convegno dei dirigenti scolastici ha centrato l’obiettivo, mettendo al centro del dibattito un tema particolarmente sentito da tutti e facendolo esaminare da esperti diversi e con punti di vista diversi. Le proposte, i consigli e anche le critiche che sono emersi durante il convegno saranno oggetto di riflessione per la struttura nazionale di comparto dei dirigenti scolastici e per tutto il sindacato. A tutti l’augurio di buon lavoro l’appuntamento per il prossimo Convegno