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Dipartimento per gli affari giuridici della Presidenza del Consiglio: l’autonomia differenziata contenuta nelle Intese regionali è inattuabile

In uno specifico Appunto il Dipartimento spiega nel dettaglio come gli schemi d’Intesa delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto siano in “dubbio di costituzionalità”. Uno scritto che fa a pezzi qualsiasi ipotesi di regionalizzazione del sistema d’Istruzione.

02/07/2019
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Un “Appunto” di dodici pagine del Dipartimento per gli Affari Giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, datato 19 giugno 2019, riguardante le Intese sull’autonomia differenziata delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto non lascia adito a dubbi: quelle Intese sono inattuabili sotto molti profili e sono addirittura in dubbio di costituzionalità.

Vediamo per sommi capi le stringenti argomentazioni del Dipartimento.

Una lettura non solo letterale. Il comma 3 dell’art 116 della Costituzione in base al quale le tre Regioni chiedono maggiore autonomia non va letto avendo “riguardo al solo tenore letterale”.  Al contrario “vanno dimostrati gli interessi peculiari da soddisfare per ogni singola regione e che tendenzialmente non sembrano poter concretamente coincidere con tutte le materie”. Ricordiamo a tale proposito che le Regioni Lombardia e Veneto chiedono maggiore autonomia in tutte e 23 le materie previste dalla Costituzione mentre la Regione Emilia Romagna la chiede per 16 materie. In ogni caso, dice il Dipartimento, non sono dimostrati gli interessi “peculiari” delle singole Regioni, e, poiché la richiesta si riferisce ad interessi generici, essa non ha fondamento costituzionale. Una tesi, quest’ultima - ci piace ricordarlo - da subito esplicitata dalla FLC CGIL.

Una lettura di carattere sistematico

Anche sulla base di una interpretazione di carattere sistematico nel contesto del Titolo V, l’applicazione del comma 3, continua il Dipartimento, “desta serie perplessità” perché non tiene conto delle altre norme costituzionali e “il conferimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in tutti o quasi gli ambiti materiali contemplati dall’art 116 terzo comma Cost. sia una soluzione applicativa suscettibile di determinare qualche dubbio di costituzionalità”. E seppure ci si vuole attenere alla lettera della Costituzione “una così ampia estensione dell’autonomia è suscettibile di determinare, di fatto, la creazione di nuove regioni a statuto speciale”.

Una lettura di carattere tecnico

Sul piano strettamente tecnico peraltro, nel caso delle competenze esclusive (l’istruzione è fra queste) “l’acquisizione della materia deve essere sottoposta a principi desumibili dalla legislazione statale.” E lo Stato rimane competente ad intervenire laddove “sia necessario provvedere alla fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni (lep), dettare norme in materia di ordinamento civile e di tutela della concorrenza. Inoltre, a difesa “dell’unità giuridica ed economica della Repubblica, lo Stato potrà inoltre intervenire, laddove necessario, ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione”

Salvaguardia e centralità del Parlamento nell’emendabilità del testo di legge  

L’affondo che viene fatto sulla parte procedimentale non lascia dubbi laddove si afferma che “appare necessario garantire il ruolo del Parlamento, assicurando nelle diverse fasi procedurali un adeguato coinvolgimento dell’organo parlamentare”, tramite una legge “rinforzata”, ma di natura ordinaria. Tale legge, dunque, dovrebbe essere emendabile nei contenuti, perché legata in modo ineluttabile alla libertà della funzione legislativa e al ruolo costituzionalmente assegnato alle Camere. “L’ approvazione parlamentare di una legge del tutto o in parte difforme dal testo di partenza (e che ne costituisce la base), dovrebbe implicare la necessità di una sorta di revisione o di adeguamento dell’intesa al fine di renderla integralmente conforme al contenuto della legge”. Di conseguenza dovrebbe ritornare in Parlamento per essere nuovamente votata. Ne consegue che il Parlamento non può essere tagliato fuori, come invece si prefigura nelle Intese. Infatti è “irragionevole” pretendere che la legge sia solo una formalità tanto più se si consideri “il ruolo centralissimo che la Costituzione assegna alle Camere”.  Pertanto l’emendabilità della proposta rientra nella “libertà” della funzione legislativa e nel ruolo centralissimo che la Costituzione assegna alle Camere.

Le materie oggetto di autonomia

L’ampiezza delle materie richieste finirebbe per superare il riparto delle competenze previsto dalla Costituzione “mediante la soppressione implicita della competenza concorrente”.

Alcune materie sono strutturalmente non devolbibili. L’istruzione alle Regioni indebolisce i diritti di cittadinanza e limita la libera circolazione dei cittadini

Alcune materie sono strutturalmente non devolbibili interamente alle Regioni. Si consideri ad esempio la materia relativa al coordinamento della finanza pubblica del sistema tributario, l’ambiente ovvero le grandi opere di trasporto e navigazione, così come la materia riguardante la produzione, distribuzione e trasporto nazionale dell’energia. ”, anche perché “l’affidamento ad alcune regioni di servizi a forte contenuto redistributivo (come l’istruzione e la sanità) potrebbe portare all’indebolimento dei diritti di cittadinanza”.

Senza considerare che l’impatto dei provvedimenti in questione su materie rientranti nella competenza esclusiva dello Stato potrebbero creare pesanti disparità di trattamento tra regioni fino a limitare “la libera circolazione delle persone e delle cose tra i territori regionali o limitazioni dell’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale”. Infatti nel caso dell’istruzione, come più volte denunciato dalla FLC Cgil, ci sarebbero pesanti e immediate conseguenze sulla mobilità e sul reclutamento del personale nel momento in cui queste partite assumerebbero un carattere regionale. 

Risorse finanziarie: un ingiustificato spostamento di risorse verso le regioni ad autonomia differenziata

Il Dipartimento, a proposito delle risorse, rileva una incomprensibile sanzione ai danni dello Stato laddove si prevede che, data la difficoltà di individuare i fabbisogni standard pur previsti per legge, “la spesa destinata alla Regione per l’esercizio di ulteriori forme e particolari condizioni di autonomia non possa essere inferiore al valore medio nazionale pro-capite della spesa statale per l’esercizio delle stesse”.

Un tale modo di procedere “implicherebbe un ingiustificato spostamento di risorse verso le Regioni ad autonomia differenziata con conseguente deprivazione delle altre (doverosamente postulandosi l’invarianza di spesa complessiva)”.

Conclusioni

Ci siamo limitati a riportare alcune cruciali affermazioni del Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio contenute in ampio e articolato documento che, per noi, fa semplicemente a pezzi il processo secessionistico avviato da alcune Regioni. Altre non meno importanti considerazioni mostrano il presappochismo e l’avventatezza delle bozze di Intesa: ci riferiamo, ad esempio, alla mancata definizione della durata delle Intese tanto da prefigurare una sorta di irreversibilità di quanto acquisito dalle Regioni (quello che noi chiamiamo secessione di fatto); o anche alla stessa composizione della cosiddetta commissione paritetica che vede lo stato sostanzialmente in posizione subalterna rispetto alle regioni.

Ma quel che emerge, in definitiva, è una solenne bocciatura delle bozze di Intesa che risultano inaccettabili e, per molti aspetti, addirittura anticostituzionali.

Il Presidente Conte, destinatario dell’Appunto, troverà da esso ragioni e conferme per dare seguito all’Intesa del 24 aprile 2019 con i Sindacati della Scuola e dell’Istruzione laddove si sottoscriveva l’impossibilità di una qualsivoglia possibile regionalizzazione del nostro sistema di istruzione. La scuola del Paese è tale se rimane: nazionale, unitaria e statale.

La FLC CGIL continuerà a tenere alta la guardia sentendosi pronta ad ogni iniziativa volta a scongiurare uno dei peggiori progetti che possano essere stati concepiti contro l’unità del Paese e della Repubblica.

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