Terminate le lezioni, per tanti studenti parte “l’Alternanza Scuola-Lavoro”
Il largo utilizzo dei percorsi estivi rappresenta emblematicamente il fallimento della legge 107/15 in tema di alternanza.
Entro il 10 giugno sono terminate in tutte le scuole del Paese le “lezioni”. Per tantissimi studenti delle classi terze e quarte della scuola secondaria di II grado iniziano le attività di alternanza che, in molti casi, rappresentano la parte più cospicua del percorso triennale reso curriculare dalla legge 107/15, che ne ha quantificato anche il monte ore minimo (400 ore per gli istituti tecnici e professionali e 200 ore per i licei).
Come è noto i percorsi in alternanza devono essere “coerenti con i risultati di apprendimento previsti dal profilo educativo dell’indirizzo di studi frequentato dallo studente prevedere” (nota 3355/17) e devono prevedere un continuum tra le attività scolastiche (lezioni, attività di laboratorio, ecc.) e quelle realizzate presso i soggetti ospitanti, che devono “alternarsi” nel tempo. Al tempo stesso “gli allievi che frequentano percorsi di alternanza scuola lavoro mantengono lo status di studenti. L’alternanza è una opportunità formativa e gli studenti non devono sostituire posizioni professionali”.
In estate questi punti di riferimento diventano sempre più labili. Il presidio dell’istituzione scolastica è più debole, il possibile utilizzo degli studenti in mere attività lavorative prive di qualsiasi intenzionalità educativa diventa sempre più probabile, il confine tra alternanza e lavoro nero sempre più vago. In una recente indagine dell’Unione degli Studenti, che ha visto coinvolti circa 15 mila studenti frequentanti percorsi in alternanza, risulta che il 57% ha portato avanti percorsi non inerenti al proprio percorso di studi e che il 40% ritiene che i propri diritti siano stati negati. Forse a partire dal prossimo anno scolastico entrerà in vigore la “Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza”, con ben due anni di ritardo. Nelle ultime versioni conosciute già emerge la spinta del Ministero del lavoro, che risulterà molto probabilmente vincente, a utilizzare dispositivi quali stage e tirocini secondo le definizioni mercato-lavoristiche e non secondo le modalità educative previste dalle vigenti Linee guida del triennio degli istituti tecnici e professionali.
Anche sul versante della formazione sulla sicurezza appare evidente lo scarto che c’è tra un’attività che se rivolta a studenti, deve avere un carattere fortemente educativo, e quella effettivamente erogata, che spesso ha le caratteristiche tipiche della formazione “continua” di un lavoratore. Emblematica questa lettera di qualche giorno fa, di una docente toscana, Antonietta Brillante: “Non entro nel merito dell’Alternanza scuola-lavoro, divenuta obbligatoria con la legge 107. Richiamo l’attenzione sul corso di formazione sulla sicurezza, obbligatorio per gli studenti: un corso di quattro ore, al quale, per ragioni di orario, ho assistito stamani per due ore. Scorrono le slide, insieme alle parole del relatore. Si sta parlando di infortuni; le slide sono corredate da una parola in lingua inglese: stupidity, tradotta con stupidita, così, senza accento. Si vedono muratori su ponteggi instabili; lavoratori protesi nel vuoto senza alcuna protezione; imbianchini intenti a dipingere su precari secchi impilati; scale appoggiate malamente l’una sopra l’altra. Immagini che suscitano ilarità, mentre il relatore spiega che gli infortuni sul lavoro sono imputabili ai comportamenti individuali e al mancato rispetto della normativa sulla sicurezza da parte dei lavoratori. Penso che d’ora in poi questi ragazzi e ragazze, se mai li raggiungerà la notizia di una delle tante tragedie sul lavoro nel nostro Paese, per il quale deteniamo un triste primato in Europa, penseranno che quei morti erano degli stupidi, che la responsabilità è esclusivamente loro. Poco prima dell’intervallo chiedo al relatore se la parte sui rischi infortunistici è stata esaurita. Alla risposta affermativa, intervengo: in Italia, obietto, muoiono in media tre persone al giorno sul lavoro. Quella parola, stupidity, è offensiva, perché i morti della Thyssenkrupp, i troppi morti sui cantieri non sono vittime della loro stupidità: le responsabilità sono da ricercare altrove. Niente da dire su prevenzione, ispezioni, controlli, lavoro nero, lavori precari? Il problema degli infortuni sul lavoro è più complesso di come è stato presentato. Il relatore risponde: questo corso è indirizzato a lavoratori - no, studenti, penso io, e pure della “buona scuola”; in questo contesto si parla solo delle responsabilità dei lavoratori, dei comportamenti individuali: “l’input delle slide è rivolto ai lavoratori”! Sarebbe interessante sapere che cosa ne pensa la ministra dell’Istruzione Fedeli.”
Appare sempre più urgente cancellare quelle norme sull’alternanza introdotte dalla legge 107/15 che ne stravolgono ruolo e finalità, a partire dalla precisa (e insensata) quantificazione del monte ore triennale. Ripetiamo anche noi: cosa ne pensa la Ministra dell’Istruzione?