Legge di stabilità 2012. Penalizzati ancora i settori della conoscenza
Migliaia di posti di lavoro Ata in meno nella scuola, blocco dell'anzianità nell'alta formazione, sotto tiro l’anno sabbatico dei docenti universitari e dei ricercatori. 170 milioni in meno ai settori pubblici, 20 milioni alle università private. Mentre la scuola paritaria ottiene il ripristino integrale dei fondi
La crisi non è uguale per tutti. Il pubblico paga e il privato lucra. Questo è il senso della legge di stabilità 2012 che ha ottenuto da pochi giorni il via libera del Consiglio dei Ministri. Perché diventi legge bisognerà aspettare almeno un mese. E cioè la conclusione dell’iter parlamentare e la successiva pubblicazione in G.U. Si tratta di un'ennesima pessima legge alla quale la FLC presenterà proposte emendative che invierà nei prossimi giorni ai gruppi parlamentari.
Ancora una volta scure sulla conoscenza
La copertura delle maggiori spese previste dalla legge di stabilità 2012 viene in larga misura assicurata dai tagli alla spesa pubblica che, ancora una volta, finisce sotto la scure del governo accecato da furia ideologica contro tutto ciò che è pubblico e per nulla preoccupato dalla necessità di fare il bene della collettività qualificando l’uso delle risorse disponibili.
Con feroce continuità il governo Berlusconi si accanisce contro i settori pubblici della conoscenza. Ma, nello stesso tempo concede l'aumento dei finanziamenti pubblici ai settori privati, per i quali la crisi non vale: si ripristinano, con un leggero incremento, i finanziamenti previsti per la scuola paritaria, 20 milioni per le università private. Continua, inoltre, la manomissione dei contratti nazionali di lavoro: docenti impiegati come tecnici, direttori amministrativi obbligati a prendere la reggenza di altri istituti, senza più rispetto di competenze e professionalità, taglio di 100 distacchi di dirigenti e docenti impegnati presso l’amministrazione scolastici in compiti connessi all’attuazione dell’autonomia scolastica.
Con un colpo solo si attaccano autonomia e contratto di lavoro.
Negli istituti di alta formazione (accademie e conservatori) si bloccano per tre anni gli scatti di anzianità di docenti e personale tecnico amministrativo; si cancellano i congedi dei docenti per attività di studio, ricerca e produzione artistica. L'anno sabbatico dei docenti viene cancellato con valenza retroattiva recando grave danno alla professionalità.
Nell’università si colpisce la professionalità dei docenti universitari ai quali viene dimezzata la possibilità di usufruire dell’anno sabbatico, limitando loro lo spazio e il tempo per la ricerca e lo studio.
Una legge opaca e farraginosa
È molto difficile quantificare l’esatto ammontare delle poche voci finanziate, dal momento che nel disegno di legge ci sono continui rinvii a successivi provvedimenti attuativi. È il caso, ad esempio, della costituzione “Fondo da ripartire per la valorizzazione dell’istruzione scolastica, universitaria e dell’alta formazione artistica, musicale e coreuitica” previsto dal comma 88. Una specie di “fondone” che dovrebbe finanziare le attività del settore formativo, sulla base di un successivo decreto interministeriale. Un modo di legiferare volutamente opaco e colpevolmente farraginoso.
Per Fondo di finanziamento delle Università sono stanziati 400 milioni nel 2012, una cifra irrisoria rispetto ai tagli subiti in questi anni, come irrisoria è la quota di 150 milioni per il diritto allo studio universitario.
Ancora una volta il Ministro Gelmini continua, con la disinvoltura che la contraddistingue, a fare il gioco delle tre carte sulla pelle degli studenti e dei cittadini, per tentare di nascondere il susseguirsi incessante di tagli e riduzioni all’offerta formativa pubblica.
Viene così proposta l'ennesima legge vessatoria sui diritti dei lavoratori e sui loro contratti che aumenta l'ingovernabilità dei sistemi pubblici.
Abbiamo di fronte un Governo che ha fatto dell'ingiustizia e della disuguaglianza la sua bandiera, anche se questa politica è nefasta per il Paese perché non porta sviluppo né crescita, né apre circoli virtuosi. Un Governo onesto dovrebbe agire sull'evasione fiscale arrivata - secondo gli ultimi dati dell'agenzia delle Entrate - 120 miliardi l'anno, oltre il 60% dell'intero gettito Irpef. Basterebbe poco per ridurre il debito pubblico, invece di tagliare ancora i bilanci di ministeri, enti locali e di servizi pubblici fondamentali. E si dovrebbe cominciare a far pagare chi ha di più, invece di tartassare lavoro e pensioni e lasciare intatti grandi patrimoni, grandi rendite e privilegi di ogni sorta.
Nei prossimi giorni pubblicheremo specifiche schede di approfondimento su università, scuola, Afam e ricerca.