Nuove Indicazioni curricolari nazionali:una scelta strategica per la scuola italiana, che non può passare nel silenzio. L'allarme da un documento di Massimo Baldacci e Antonio Brusa
Il testo, disponibile online, sottoscritto già da oltre 140 docenti universitari e ricercatori di istituzioni culturali
Pubblichiamo il documento redatto da Massimo Baldacci (presidente nazionale di Proteo) e Antonio Brusa (presidente della Società Italiana di Didattica della storia) sull’intervista rilasciata al Giornale (15 gennaio) dal ministro dell’istruzione e del merito on. Valditara sulle nuove Indicazioni curricolari nazionali.
Il documento è stato sottoscritto da oltre 140 docenti universitari e ricercatori di istituzioni culturali, prevalentemente storici, pedagogisti e filosofi, ma anche di altre discipline.
Invitiamo tutti i docenti delle scuole di ogni ordine e grado e dell’università, nonché tutti i cittadini, a leggerlo e far pervenire la propria adesione al link: https://forms.gle/hLjhanPgSghzRvru8
L’intervista del ministro Valditara sulle nuove Indicazioni curricolari nazionali
Il ministro dell’istruzione e del merito on. Valditara, il 15 gennaio, ha rilasciato al Giornale un’intervista in cui anticipa alcuni elementi delle nuove Indicazioni curricolari nazionali, formulate da una commissione presieduta da Loredana Perla (e di cui fa parte anche Ernesto Galli della Loggia, autore con lei del volume Insegnare l’Italia, 2023).
Ovviamente, le anticipazioni contenute in questa intervista non sono sufficienti per formulare un giudizio organico e circostanziato sulle nuove Indicazioni. Per questo sarà necessario attendere il documento elaborato dalla commissione. Tuttavia, il senso dell’intervista è quello di aprire la discussione e cercare di influenzarla ancor prima dell’uscita del documento. Infatti, il dibattito che si è acceso, sui social – specie fra insegnanti – e sui media fra storici, scrittori e giornalisti, si è rapidamente articolato in tante sottoquestioni, fra le quali primeggiano lo studio della Bibbia e del latino e la ricorrente nostalgia della buona scuola di una volta, rischiando di mettere in secondo piano quello che questa riforma propone come tema fondamentale. Tale tema è se un intero programma di studi possa essere finalizzato a uno scopo politico, quale quello della costruzione (o della salvaguardia) di un’identità collettiva, e se a questo debba essere subordinato l’apprendimento di discipline scientifiche, quali in particolare la storia e la geografia (ma non dimentichiamo la riduzione della letteratura a contenitore di valori identitari). A questo proposito, appare emblematico il passaggio dell’intervista circa l’insegnamento della storia: “L’idea è quella di sviluppare questa disciplina come una grande narrazione, senza caricarla di sovrastrutture ideologiche, privilegiando inoltre la storia d’Italia, dell’Europa, dell’Occidente”. Appare evidente la coerenza con l’idea di una scuola il cui primo compito è quello di formare un’identità collettiva, e in particolare un’identità nazionale italiana, che rappresenta il leitmotiv del libro di Galli della Loggia e Perla. Questa sembra la questione fondamentale che sta alla base di tutta l’operazione. Si tratterebbe, a dispetto delle parole del ministro, di una scelta ideologica, che andrebbe a scapito del profilo scientifico del curricolo, e quindi del suo autentico valore formativo.
Certamente, vogliamo sperare che queste perplessità siano dissipate dal documento elaborato dalla commissione, del quale una breve intervista non può dare un resoconto esauriente. Nel frattempo, sollecitiamo gli insegnanti, gli studiosi e le associazioni professionali a prendere consapevolezza della posta in gioco e a discuterla. È una scelta strategica per la scuola italiana, che non può passare nel silenzio della scuola e della politica.
Massimo Baldacci (presidente nazionale di Proteo) e Antonio Brusa (presidente della Società Italiana di Didattica della storia)