Assemblea delle donne FLC: conclusi i lavori
22 e 23 aprile 2013, due giornate intense di discussione aperta e partecipata in un’atmosfera serena e con il piacere di stare insieme. Tra lavori di gruppo, momenti assembleari, cultura e convivio.
I lavori della prima assemblea delle donne della FLC CGIL a Cortona "Le donne cambiano... la FLC, l'Europa, la contrattazione, il welfare" si sono svolti in un bel clima di “sorellanza”. Nelle due giornate di discussione molto intensa era fortissima la sensazione del piacere di stare insieme, di condividere esperienze, emozioni, analisi e idee. Si è lavorato nei gruppi e poi ci si è incontrate nell’assemblea sempre con la curiosità di sapere com’era andata, come stavano discutendo le altre... 140 donne di tutta Italia, molte, forse la maggior parte, si conoscevano, altre hanno imparato a conoscersi. È stato tutto facile, anche la visita la museo etrusco della cittadina ospite. Così i momenti conviviali, la cena collettiva alla fine della prima giornata e il veloce buffet del giorno conclusivo.
Tra i momenti in plenaria la visione del film Hysteria della registra americana Tanya Wexler e la video intervista di Joëlle Casa al giornalista Riccardo Iacona, autore del libro Se questi sono uomini. Sollecitato dalle domande di Casa, Iacona è stato impietoso nella sua denuncia. “L’Italia è un paese ostile alle donne” – ha detto – e riguardo al femminicidio ha spiegato che nella narrazione di questi fatti viene nascosta la parte più “politica” delle storie (la cronaca ama indulgere su altri particolari), la forza delle donne che vengono uccise perché si ribellano.
A ricordarci quanto sia fondamentale il coinvolgimento della scuola nel dibattito sulle pari opportunità ci pensa Irene Biemmi, ricercatrice dell’università di Firenze. La scuola italiana continua a essere il riflesso di una società sessista e, a sua volta, trasmette una visione tradizionale e stereotipata dei ruoli maschili e femminili. La scuola offre soltanto un’illusione di parità. Questa è la tesi che Irene Biemmi porta avanti e che illustra anche nel suo libro Educare alla parità (Edizioni Conoscenza, 2012).
Dagli anni ’70 in poi il tasso di scolarità femminile è costantemente aumentato e oggi supera quello maschile anche all’università. Nonostante i migliori risultati che ottengono negli studi, le giovani laureate subiscono in seguito una “segregazione occupazionale”: non solo una disparità nella divisione verticale del lavoro (ruoli di prestigio e di retribuzione tra uomini e donne) ma anche una divisione orizzontale del lavoro (divisione fra i sessi dei lavori che dà origine a occupazioni maschili e a occupazioni femminili. Queste ultime devono essere compatibili con il ruolo familiare della donna e prevedono meno impegno, meno tempo).
Ma perché i movimenti degli anni Settanta, quello giovanile e femminista, non sono riusciti a scalfire gli atteggiamenti e la mentalità delle insegnanti?
- Sulla famiglia non si può contare molto: le diseguaglianze iniziano da lì a incominciare dalle attese diverse sul futuro di figli e figlie.
- I libri di testo in uso nelle nostre scuole promuovono e diffondono un sapere sessista, intriso di stereotipi arcaici in cui compare una netta prevalenza di protagonisti maschili con la conseguente difficoltà per le bambine/ragazze di trovare dei modelli femminili cui ispirarsi e con i quali identificarsi. Occorre rivisitare i programmi scolastici, i libri di testo, le materie d’insegnamento; ma è fondamentale che i docenti siano dotati di strumenti critici volti a combattere gli stereotipi sessuali e a divulgare una nuova cultura più rispettosa dell’identità di genere dei soggetti in formazione.
Le insegnanti sono consapevoli del sessismo insito nel sapere trasmesso a scuola nelle varie discipline e che la scuola oggi sia solo un luogo in cui si riproducono le ineguaglianze presenti nella società, ma ritengono di non avere gli strumenti necessari per diffondere tra i giovani una cultura di genere.
C’è un pessimismo diffuso, manifestato soprattutto dai docenti della vecchia generazione, che deriva dalla percezione di un contrasto forte tra i valori che la scuola tenta di diffondere e quelli dominanti nella società e nei mass-media che mettono in discussione l’utilità stessa dell’istruzione. Da una ricerca della stessa Biemmi risulta che i docenti considerano il proprio lavoro come un mestiere decadente, caratterizzato da una perdita progressiva di riconoscimento e prestigio sociale. È in questo quadro di pessimismo diffuso che va letto e interpretato il giudizio espresso dagli intervistati circa l’incapacità della scuola di agire concretamente per promuovere le pari opportunità.
Per sbloccare questa situazione di stallo si rende necessario un cambiamento radicale nella mentalità degli insegnanti e delle insegnanti che devono tornare ad avere stima e orgoglio del proprio ruolo professionale.
Nella seconda giornata è intervenuto all’assemblea il segretario generale della FLC CGIL Domenico Pantaleo che ha detto con chiarezza che quanto discusso e deciso all’assemblea delle donne è parte dei progetti sindacali e delle scelte dei prossimi mesi. Pantaleo ha ricordato come la crisi abbia agito negativamente sulle donne, provocando una forte regressione culturale per annullare conquiste importanti. “Non c’è una democrazia paritaria”. Anzi, siamo di fronte a crisi di partecipazione che è uno strumento fondamentale per l’accesso al potere, oggi sempre più ristretto in mani di lobbies. Inoltre, l’affermarsi di una visione egoistica e individualistica ha messo in crisi valori di solidarietà e civiltà lasciando le donne sole e riproponendo loro ruoli antichi. La situazione del mercato del lavoro ha fatto il resto: il 50% delle lavoratrici sono precarie. Se il lavoro è merce – ha detto Pantaleo – c’è squilibrio di potere tra capitale e lavoro, c’è gerarchizzazione, e allora la donna non ha spazio. La diseguaglianza non è solo un fatto retributivo. Il restringimento del welfare state sta riproponendo una questione che sembrava ormai superata: la cittadinanza politica della donna. Anche questa recrudescenza della violenza è figlia dell’idea che a decidere sia sempre il più forte, nel lavoro e nella vita, ecco perché il femminicidio non è un fatto privato, ma una questione politica, civile e culturale. Parlando con soddisfazione delle lotte sindacali degli ultimi anni, delle vertenze importanti condotte dalla FLC, Pantaleo ha però rimarcato che ora le iniziative vanno declinate di più al femminile. Nella contrattazione vanno inserite pratiche inclusive, più attenzione ai tempi di vita e di lavoro. Nei luoghi di lavoro della conoscenza va costruita una nuova coscienza della differenza e del rispetto.
Serena Sorrentino, segretaria confederale della CGIL, ha voluto cogliere subito l’inganno che, talvolta, si nasconde dietro la retorica della parità. La ministra Fornero, che diceva di voler esercitare una politica non neutra, ha usato il concetto di parità (allineare l'età pensionabile delle donne a quella degli uomini) per la più iniqua delle riforme, annullando di fatto la parità e aumentando le diseguaglianze. Questo succede quando non si vogliono riconoscere le differenze. E soprattutto di fronte al deterioramento del sistema del welfare in nome dei principi della responsabilità individuale affermati nel Libro bianco dell’ex ministro Sacconi. Il risultato è che le donne lavorano un’ora e mezzo in più degli uomini e che la maternità che andrebbe tutelata “universalmente”, lo è invece in relazione al tipo di rapporto di lavoro. Se le donne vogliono essere soggetto del cambiamento – ha ribadito Sorrentino – non possono né devono assumere la neutralità della proposta politica. Quindi obiettivo delle donne della CGIL per il prossimo congresso non è solo la “democrazia paritaria”, ma sopratutto la valutazione di impatto di genere come pratica usuale. Si tratta cioè di rovesciare l’approccio verso le politiche economiche e sociali, come è stato fatto nel Piano per il Lavoro, dove si parla, ad esempio, di “cura” del territorio in funzione anticiclica e come altra gamba del welfare che crea occupazione, sostenibilità sociale e inclusività. È la women economics, moltiplicatore di ricchezza e benessere. Un pilastro di questo nuovo approccio è l’apprendimento e l’aumento dei livelli di istruzione che permettono, da una parte, la crescita individuale, dall’altra, una migliore qualità del sistema produttivo. Oggi c’è bisogno di più responsabilità sociale che significa costruire un welfare pubblico e universale. Forme integrative o aziendali di welfare non possono essere sostitutive. Tutto questo deve essere presente nella contrattazione territoriale. E poi vanno messi in discussione i modelli aziendali e non solo l’organizzazione del lavoro. Le differenze salariali non si risolvono con la contrattazione integrativa. Vanno cambiati paradigmi e parametri di riferimento e con essi l’idea stessa di cittadinanza se le donne vogliono cambiare la politica e, per quello che ci riguarda più da vicino, la CGIL. Sorrentino chiede sanzioni laddove la norma antidiscriminatoria non venga applicata. Una riforma organizzativa deve fondarsi sulla democrazia paritaria a tutti i livelli, nei rapporti tra generi e tra generazioni. Anche questo è un modo per risintonizzarsi con i rappresentati.
Resoconti dei gruppi di lavoro
-
Donne ed educazione: accesso al sapere e professione
-
Donne e sindacato: contrattazione e rappresentanza
-
Donne e welfare: precarietà, pensione, donne e salute