Il gioco del licenziamento
Un prossimo reality prodotto dalla Endemol ambientato in piccoli ambienti di lavoro. Come in un'arena i dipendenti si scanneranno tra loro. Chi sopravvive manterrà il posto.
Ci avevano detto che per ottenere un lavoro servivano dei titoli di studio o professionali, o delle competenze in questo e in quel campo, oppure delle abilità. Ci avevano detto che per svolgere con serietà il proprio lavoro, qualunque esso fosse, manuale o intellettuale, era importante continuare ad aggiornarsi, a formarsi. Ci avevano detto che in un ambiente di lavoro è importante la collaborazione tra colleghi, che l'attività raggiunge più efficacemente il proprio fine se ogni lavoratore è coinvolto in tutto il processo lavorativo e non solo sul suo pezzo. Ci avevano detto che il lavoro è anche un mezzo di riscatto e crescita sociale e che se i lavoratori sono uniti tra loro e consapevoli e colti tutto il contesto ne guadagna in civiltà ed efficienza. E anche il lavoro non sarà più sfruttato (non troppo), ci saranno regole chiare e trasparenti (ad esempio i contratti) sui diritti e i doveri, e il rispetto dei terzi, cioè i fruitori finali di quel lavoro.
Ci avevano detto... e ci sembrava ragionevole e giusto. Anche perché la civiltà del lavoro è frutto di lotte aspre, di sacrifici, di movimenti che hanno fatto la storia, la storia dell'emancipazione dell'uomo.
E invece sta per uscire un
format televisivo che sputa su tutto questo. Un nuovo
reality, stile "grande fratello" e simili, ambientato in una piccola azienda che si trova nella condizione di dover ridurre il personale. E invece di studiare un piano sociale, magari con i sindacati, e industriale, accende i riflettori sui propri ambienti di lavoro: osservati da dietro la macchina da presa da un "esperto" di queste cose, i dipendenti dovranno mostrare le loro doti a danno degli altri colleghi. Sarà una gara a lavorare meglio? Certo che no. Non farebbe
audience. E comunque non serve all'azienda. Sarà una gara a fare lo sgambetto al proprio compagno. Chi vincerà? Il più cinico, quello con più pelo sullo stomaco, non necessariamente il più bravo sul lavoro, ma di certo quello che all'occorrenza può essere utilizzato nelle operazioni più sporche.
Qui non è in gioco l'esibizionismo di un gruppo di nullafacenti che si chiudono in una casa sperando che qualche programma spazzatura li rilanci.
Qui è in gioco la vita vera, la dignità delle persone e la dignità del lavoro. I valori della vita. "Se vuoi riuscire nella vita, devi essere competitivo, cioè deve fregare gli altri", questo è il grande messaggio educativo. Vuoi un lavoro? Non perdere tempo a studiare, a imparare, a formarti, sii pettegolo, subalterno e subdolo.
È questa la modernità che ci piace?
Francamente siamo disgustati.
Roma, 10 aprile 2009