Infanzia e adolescenza: tra un Rapporto ed una Conferenza
L’aula Magna dell’Università “ La Sapienza” non era certo gremita il 13 novembre 2002, data in cui Eurispes e Telefono Azzurro, per conto del Governo, hanno presentato il terzo Rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza
L’aula Magna dell’Università “ La Sapienza” non era certo gremita il 13 novembre 2002, data in cui Eurispes e Telefono Azzurro, per conto del Governo, hanno presentato il terzo Rapporto sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza.
Governo e Parlamentari praticamente assenti. E già questo non è un bel segnale di attenzione nei confronti dell’infanzia.
Collodi, parco di Pinocchio, 18, 19, 20 novembre. Il programma dei lavori per la terza conferenza nazionale è ampio: partecipano politici, amministratori, giudici, medici, operatori che a diverso titolo si occupano di bambini e adolescenti. “Mettiamoci il naso” è il titolo dato alla conferenza, certamente in sintonia con l’illustre personaggio padrone di casa, ma…
Tutti gli intervenuti, direi proprio nessun escluso, hanno detto che sull’infanzia e l’adolescenza non si scherza e che servono investimenti garantiti!
Però- ha ricordato- il Sottosegretario Grazia Sestini, siamo in fase di pressanti tagli e la Finanziaria deve essere varata, dunque è necessario provvedere a tagliare ciò che non ha funzionato.
Daniela Lastri – Assessore al Comune di Firenze- intervenendo a nome dell’A.N.C.I. ha ricordato al Sottosegretario Sestini che dall’ approvazione della L.285 -recante norme di tutela per l’infanzia e l’adolescenza-, molto lavoro è stato fatto e che molto deve ancora avviarsi. Se la Finanziaria non prevederà fondi vincolati a sostegno di questi interventi ci sarà un arretramento.
C’è un obiettivo importante che non può essere dimenticato : entro il 2006 dovranno chiudere tutti gli Istituti che accolgono bambini abbandonati o senza genitori. Si prevede un programma a sostegno dell’affido , accompagnato dalla costituzione di case-famiglia. Tutto questo deve ancora essere quasi totalmente costruito.
Viene dunque il sospetto che a Collodi più di uno si senta autorizzato a dire le bugie!
Eppure quando si parla di bambini e ragazzi, dei loro disagi e difficoltà, ma anche della loro “normale”situazione che va comunque protetta, dovremmo essere tutti più sinceri, attenti, impegnati ad assumere tutte le necessarie responsabilità.
Quando ci si riferisce all’infanzia e all’adolescenza, d’obbligo è l’uso del verbo investire. Ho sentito, invece, parlare di risparmi, tagli. Si è detto che i servizi educativi costano. Non si è detto, invece, come il Governo pensa di attuare una verifica di ciò che è stato fatto, in modo da controllare la qualità degli interventi attuati e della ricaduta che c’è stata grazie agli investimenti previsti dalla L.285.
Anche per gli amministratori è necessaria una formazione finalizzata ad aiutarli a compiere scelte oculate. Soprattutto quando si parla di investire sull’infanzia che, è bene che lo ricordiamo sempre, non solo “non ha parola” per difendersi, ma neppure vota!
I tagli previsti dalla finanziaria mettono in seria difficoltà gli Enti locali nel garantire i servizi educativi che già sono funzionanti, difficile pensarne l’indispensabile potenziamento.
Eppure la fragilità dello sviluppo del bambino richiede un impegno attivo, un’attenzione non solo dichiarata, ma sempre più agita e condivisa, una forte capacità di ascolto e di osservazione, per poter interpretare gli aspetti più delicati per la crescita e il sano sviluppo cognitivo e affettivo.
L’influenza maggiore è certamente esercitata dalle persone che direttamente e costantemente si prendono cura del bambino e lo accompagnano nello sviluppo. I genitori costituiscono certamente una grande risorsa per il bambino, proteggendolo e rivendicando per lui i suoi diritti. Non sempre, però, i genitori sono in grado di rispondere ai bisogni di un bambino. Anzi, in molti casi possono essere all’origine del suo disagio.
Aumenta dunque l’esigenza di disporre di sensori sociali ed operatori psico-pedagogici avvertiti e sensibili non soltanto rispetto ai casi eclatanti di abuso e di disagio, ma anche verso le piccole difficoltà di oggi che nel giro di pochi anni rischiano di trasformarsi nei grandi disagi di domani (quel che accade con la tossicodipendenza è in tal senso emblematico).
Ancora di più, alcune carenze nelle competenze dei servizi e la difficoltà dei genitori( oggi si tende ancora a dire famiglia. Ma chi sono le famiglie di oggi?) nel sostenere l’infanzia emergono e si evidenziano in quelle circostanze in cui il bambino si trova in una particolare condizione di rischio. Peculiare a proposito è il mondo dell’infanzia immigrata, quell’infanzia indicata, all’interno della seconda generazione degli immigrati, con l’espressione “generazione del sacrificio”.
Sono bambini e ragazzi che ancora oggi, troppo spesso, per motivi diversi, trovano chiusa la porta dell’ascolto,dell’aiuto, del confronto, dello scambio, proprio a causa della difficoltà che il mondo degli adulti, sia quello della propria famiglia, sia quello della società, e in particolare dei servizi, ha di intervenire con un’azione di sostegno e di affiancamento del bambino nel percorso di crescita e di costruzione dell’identità.
Sempre più i comportamenti dei bambini sono assoggettati alla “pedagogia pervasiva” veicolata dalla pubblicità televisiva e non. E’ una pubblicità che invita ad omologarsi: non si tratta di una tendenza consapevole, e questo vale anche nel mondo dei grandi, quanto di una necessità che si autoimpone con la “quieta tranquillità delle cose comuni”. Ogni tentativo di marcare una differenza/diversità è solo riconducibile ad una ben definita appartenenza, tanto che tutti si riconoscono nelle stesse cose: abiti, snack, taglio e colore dei capelli…(dal 1° Rapporto sulla condizione dell’infanzia, 2000)
Merendine e pannolini, giocattoli e vestiti, videogiochi e zaini, scarpe e cibi supercontrollati e supervitaminizzati: nessuna delle cose che servono e di quelle che non servono (chi è più in grado di tracciare un confine tra bisogno e desiderio, tra essenziale e superfluo e persino tra utile e dannoso?) è trascurata e il grado di martellamento pubblicitario e di messaggi indirizzati all’acquisizione di uno status simbol è potente. Il fine è quello di creare competizione per “essere più”, non certamente quello di garantire diritti, compreso quello di essere aiutati a crescere con la giusta autostima, indispensabile al consolidamento di una chiara identità di sé.
Termino con l’invito ad una riflessione : l’anticipo scolastico sarà stato proposto per garantire a tutti i bambini il diritto ad una formazione di qualità, che sappia rispettare i loro ritmi di sviluppo, la lentezza richiesta per consolidare gli apprendimenti , o piuttosto costituisce, invece, il primo vero esame per separare precocemente i “bambini più” dai “bambini meno”?
La Cgil scuola teme sia vera la seconda ipotesi. Per questo ha avviato un percorso insieme alla Funzione pubblica ed alla Confederazione che prevede piattaforme rivendicative di diritti dell’infanzia ad avere servizi educativi e scuole per tutti e di qualità.
Per preservare i bambini dai rischi del precocismo è necessario rivendicare una scuola pubblica che sappia rispettare i tempi di apprendimento e che veicoli i valori della cooperazione, della socializzazione, della gioia della scoperta, e non quelli della competizione per “arrivar prima”. Sappiamo che una malsana competizione non solo non fa arrivare prima . Purtroppo in troppi casi ingenera dispersione. I bambini ed i ragazzi hanno diritto ad una scuola che prevenga il disagio e non ad una scuola che ne possa essere la causa.
Roma, 5 dicembre 2002