Investire, davvero, in ricerca è urgente
I mezzi di informazione hanno dato grande spazio alle dichiarazioni dei Ministri Siniscalco e Moratti e del Presidente di Confindustria, Montezemolo, nella Giornata della ricerca organizzata dalla Confindustria circa il fatto che a giorni sarà presentato al CIPE e al Consiglio dei Ministri il Piano Nazionale della Ricerca 2004-2006
I mezzi di informazione hanno dato grande spazio alle dichiarazioni dei Ministri Siniscalco e Moratti e del Presidente di Confindustria, Montezemolo, nella Giornata della ricerca organizzata dalla Confindustria circa il fatto che a giorni sarà presentato al CIPE e al Consiglio dei Ministri il Piano Nazionale della Ricerca 2004-2006.
Il commento del Segretario generale della Cgil è stato, al riguardo, molto preciso circa l' annuncio del ministro Siniscalco di un ddl sulla competitività:
''E' necessario rendere possibili fortissimi incentivi agli investimenti nella ricerca, nella tecnologia e soprattutto quelli che mettono insieme impresa, soprattutto privata, e università; investimenti che favoriscano il network, sennò si tratta solo di piccole operazioni''.
''In tutta Europa i Paesi stanno facendo operazioni di sostegno, basta pensare a quello che sta facendo la Francia in questa settimana, invece il Governo italiano non ha avuto sino a oggi nessuna idea; non e' togliendo dall' Irap le spese dei ricercatori che aiuti la ricerca, ci vorrebbero incentivi molto più mirati e alti”.
Epifani ha preso ad esempio ''la situazione del futuro di Finmeccanica, Alitalia, il settore farmaceutico: o si da' una svolta su questo terreno oppure noi andiamo indietro; quando noi cresciamo all'uno e gli altri a più del doppio, vuol dire che anche crescendo decliniamo''
Per quanto riguarda FLC Cgil Investire in ricerca e innovazione è una priorità del Paese.
Vorremmo davvero che questa divenisse la discriminante sulla quale misurare possibili convergenze e reali divergenze, in modo da rendere trasparente il processo decisionale e le scelte strategiche che il Paese si trova ad affrontare.
Proprio per questo motivo crediamo che non si possa fare di questa questione una coperta atta a mascherare qualunque politica, tramutando un’affermazione piena di significato in un tormentone vuoto e ripetitivo.
Ci sono non più di tre punti su cui consentire, o dissentire:
-
quante risorse si vogliono (o si possono) investire;
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con quali strumenti lo si vuole fare;
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quali obiettivi si intendono raggiungere.
Dalle risposte che si danno su queste tre questioni discendono poi per coerenza le scelte successive.
La
prima questione è apparentemente semplice, anche se le acrobazie algebriche del ministro Moratti tentano di complicarla: il nostro Paese spende in ricerca ed innovazione meno della metà di quanto dovrebbe, e di conseguenza abbiamo circa la metà dei ricercatori rispetto ai paesi con i quali ci confrontiamo.
Si può discutere sui centesimi di PIL investito – come ha puntigliosamente fatto il Ministro recentemente, non intendiamo seguirla su questo terreno anche se siamo convinti che abbia raccontato qualche piccola bugia – o assumere questo dato e ragionare su come tendenzialmente correggerlo, dato che nessun Governo può ragionevolmente ipotizzare di colmare un buco di queste proporzioni in pochi anni: i programmi di ricerca e gli investimenti in innovazione hanno ritorni sui tempi medio-lunghi e su quella scala di tempi vanno progettati e garantiti.
Prioritariamente rivendichiamo un piano pluriennale certo di investimenti incrementali, ai quali associare un programma di formazione e reclutamento di ricercatori nei diversi settori scientifici e tecnologici, pubblici e privati.
La
seconda questione è relativa agli strumenti e qui la discussione rischia di frastagliarsi immediatamente.
Noi crediamo sia possibile individuare una grande discriminante in grado di orientare le scelte politiche: assumere la valutazione della credibilità scientifica e della fattibilitàe sostenibilità economica e organizzativa come lo strumento a cui fare necessariamente riferimento nella validazione dei progetti, sia nella fase della loro predisposizione e approvazione, sia in itinere.
Si tratta di una discriminante secca, alla quale non si può chiedere di sottomettere una parte del sistema, riservando ad altre invece la richiesta di incentivi a pioggia o automatismi, come recentemente è stato fatto: noi siamo per ricondurre a questa discriminante la discussione altrimenti ideologica su quale debba essere la relazione tra il sistema pubblico di ricerca ed il sistema delle imprese, per quanto attiene allo sviluppo di programmi di ricerca e di innovazione
Rivendichiamo quindi la definizione di un sistema nazionale di valutazione, non pletorico né tantomeno burocratico, al quale sottomettere preventivamente ogni scelta che riguardi la destinazione di risorse pubbliche per progetti di ricerca e programmi di innovazione.
La
terza questione, relativa agli obiettivi, è contraddistinta da tanti che si esercitano nel fantasioso sforzo di scegliere a tavolino quali settori tecnologici siano più promettenti e quali invece da scartare.
Noi pensiamo che il principale problema da risolvere sia quello della bassa domanda di innovazione e di ricerca che proviene dai settori produttivi e dal complesso della società. Per questa ragione pensiamo che si debba primariamente investire sulla costruzione di un sistema relazionale articolato territorialmente che ne favorisca la crescita, basato su di una molteplicità di interventi: dalla nascita di distretti tecnologici alla revisione del sistema di incentivi per gli incubatori di impresa, dalla definizione di sedi di concertazione delle politiche della ricerca e dell’innovazione all’utilizzo della domanda proveniente dal sistema pubblico nei settori di interesse sociale, dalla sanità ai servizi sociali.
Un simile contesto, unito all’attivazione dell’Assembleanazionale della Scienza e della Tecnologia, come già previsto dal D.Lgs. 204/99, fornisce a nostro avviso il miglior strumento per consentire al Paese la definizione di obiettivi e programmi credibili e di qualità.
Ma i Ministri Moratti e Siniscalco non parlano di questo, si fermano a vaghe ed insufficienti rassicurazioni.
Ci auguriamo che Confindustria sappia tenere le distanze in coerenza con l’intesa sulla formazione sottoscritta con le Confederazioni CGIL, CISL e UIL.
Roma, 20 settembre 2004