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Lavoro minorile: la CGIL lancia l’allarme

La CGIL da sempre impegnata nella lotta allo sfruttamento minorile lancia un grido d’allarme: “In Italia si sta abbassando la guardia contro lo sfruttamento minorile e le politiche portate avanti da Maroni e dalla Moratti rischiano di alimentare nuove sacche di emarginazione e degrado”

05/05/2003
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Comunicato stampa

La CGIL da sempre impegnata nella lotta allo sfruttamento minorile lancia un grido d’allarme: “In Italia si sta abbassando la guardia contro lo sfruttamento minorile e le politiche portate avanti da Maroni e dalla Moratti rischiano di alimentare nuove sacche di emarginazione e degrado”.

Così ha dichiarato Giuseppe Casadio, segretario nazionale della CGIL, commentando le dichiarazioni del Sottosegretario Viespoli durante la presentazione dell’Osservatorio nazionale contro lo sfruttamento minorile inaugurato dalla Fondazione Banco di Napoli.

“Gli stessi dati Istat, che comunque non conteggiano i minori immigrati e i rom, ci dicono infatti che le situazioni più a rischio sono soprattutto due: i ragazzi e le ragazze facenti parte di famiglie sotto o ai limiti della soglia di povertà e i giovani che hanno tra i 13 e i 14 anni. Due fattispecie su cui incidono direttamente e indirettamente alcune scelte pessime fatte dal Governo”.

“Mi riferisco sul fronte della scuola e della lotta alla dispersione, in primo luogo alla legge delega Moratti che limita la permanenza nelle scuole ai 14 anni, facilitando così l’ingresso precoce dei ragazzi nel mondo del lavoro, in contraddizione con le stesse indicazioni dell’OCSE e dell’OIL. E più in generale mi riferisco alla politica di compressione del ruolo delle scuole dell’autonomia e ai tagli finanziari operati nei confronti degli enti locali da sempre impegnati nella lotta alla dispersione scolastica”.

“Sul fronte della politica sociale – continua Casadio – basta poi ricordare la manomissione operata dal Governo nei confronti della legge quadro sull’assistenza e alla cancellazione del reddito minimo di inserimento; un colpo mortale per molte famiglie meridionaliche rischierà di spingerle sempre più a dover confidare anche sui “lavoretti” e relativi redditi di molti ragazzi”.

“Altre sono le strade da seguire, con la collaborazione di tutti i soggetti sociali e istituzionali a livello nazionale e locale: una maggiore presenza sul territorio di forze ispettive e repressive, programmi mirati nelle zone e per le realtà sociali più a rischio, generalizzazione di strumenti come il reddito minimo, una politica che agevoli anche fiscalmente la stipula di accordi e codici di comportamento da parte delle imprese; accordi e agevolazioni che debbono valere per l’intera filiera produttiva, dall’impresa leader in giù, indipendentemente se queste operino tutte in Italia o anche all’estero.”

Roma, 5 maggio 2003