Liberiamo i diritti
Le proposte della CGIL contro il lavoro nero
I recenti dati statistici riferiti al 2004 parlano abbastanza chiaro: il 20% dei lavoratori occupati presta la propria opera in maniera non regolare. Sono circa 5 milioni e mezzo i lavoratori impiegati nel variegato mondo del lavoro sommerso.
Il sommerso tradizionalmente inteso si va destrutturando assumendo sempre più connotati diversi rispetto a quelli originari. Mentre calano le imprese sommerse, soprattutto nel centro nord, si estende la quota delle imprese regolari che utilizzano personale irregolare e senza contratto. Stiamo assistendo ad una vera e propria mutazione e/o evoluzione determinata, oltre che dalla terziarizzazione del sommerso e dalla crescita delle imprese irregolari di immigrati, da nuove fenomenologie generate da una difficile congiuntura.
Il nuovo sommerso tende a presentarsi sotto forma di evasione diffusa e di irregolarità di lavoro, con un forte aumento del lavoro nero “integrale” e una diminuzione del cosiddetto lavoro grigio.
I centri studi stimano che nel 2005 il lavoro nero e irregolare è destinato ad aumentare in maniera notevole, in valori percentuali e in termini assoluti, soprattutto tra le donne e gli immigrati e nel Mezzogiorno coinvolgendo addirittura interi sistemi imprenditoriali a cominciare da quelli più fragili e più esposti a fenomeni di “dumping”. I comparti più coinvolti sono l‘agricoltura, l’edilizia e i servizi.
Ci troviamo di fronte, quindi, ad una vera e propria emergenza che va affrontata e combattuta con nuovi e più incisivi interventi in quanto gli effetti investono direttamente sia i lavoratori e le loro condizioni di vita e di lavoro che la stessa collettività. A quest’ultima vengono sottratte in termini di risorse che vanno dal 16% del Pil , solo guardando il lavoro nero, al 26% del Pil se viene considerata l’intera area dell’economia irregolare. E’ pienamente condivisibile il recente giudizio del prof. Claudio Lucifora sul fenomeno: “L’economia sommersa…..costituisce una perdita di efficienza per il sistema economico che si trova ad operare in assenza di regole, in condizioni di scarsa tutela, soprattutto per i lavoratori, e di concorrenza sleale, fra le imprese. Tuttavia non si tratta solo di un problema di efficienza, in quanto le risorse finanziarie e umane che sfuggono alla misurazione e ai meccanismi di tutela sottraggono una fetta rilevante di benessere e ricchezza alla collettività la cui esatta quantificazione viene spesso ignorata sia dai responsabili della politica economica, sia dai cittadini stessi”
Ma i numeri sopra ricordati stanno a significare il totale fallimento di quel teorema, condiviso dallo stesso presidente del Consiglio, secondo il quale il sommerso viene visto come un’opportunità di crescita per il sistema economico italiano sovente afflitto da vincoli, leggi e regolamentazioni che ne soffocano la vitalità.
Sempre i numeri segnano l’evidente fallimento del un modello di sviluppo economico - teorizzato e praticato dal governo di centro destra - basato sulla compressione dei costi, dei diritti e delle tutele. Le stesse ricette dirette e indirette (legge 383, condoni, legge 30) messe in campo dal governo sono risultate del tutto inadeguate anzi hanno prodotto l’effetto contrario incoraggiando di fatto il lavoro irregolare e il lavoro nero e consegnando così il paese ad un inesorabile declino.
Contrastare l’economia sommersa è per la CGIL la premessa essenziale per aumentare il livello di democrazia e di cittadinanza, per qualificare il sistema produttivo, per rendere più giusto il sistema fiscale e di protezione sociale, più equilibrato e più trasparente il mercato del lavoro, per aumentare il senso civico dei cittadini, per combattere l’illegalità diffusa.
Nel convegno
“Liberiamo i diritti” tenuto a Bari il 24 giugno u.s. la CGIL ha presentato “un piano di legislatura” per combattere il lavoro nero. Nella piattaforma, illustrata dal segretario Fulvio Fammoni, viene individuato un “percorso” di riforme e interventi che si dipana in quattro livelli d’azione:
· passare dal concetto di emersione al concetto di accompagnamento verso il consolidamento e la qualificazione, selezionando i tessuti produttivi in grado di reggere “l’emersione” e accompagnando gli altri lavoratori ed imprese in nuovi settori e nuovi campi;
· un nuovo sistema di relazioni con le PP.AA. e tra le imprese in grado di permettere un circuito trasparente e legalitario nella dinamica degli appalti, delle forniture, del franchising e del distacco;
· una politica di presidio del territorio e di efficace repressione verso quei soggetti che, nonostante politiche attive e mirate, persistano nell’illegalità attraverso una profonda riforma dei servizi ispettivi e di superamento di molte norme contenute nel D.Lgs 124/04;
· una politica ad ampio raggio che qualifichi al meglio il sistema paese, in termini di capacità produttiva, conoscenza, ricerca, infrastrutture.
La CGIL ha sottoposto all’attenzione di chi si candida a governare e al mondo del lavoro un ventaglio di proposte e di idee, una parte delle quali già condivise da CISL e UIL, su cui lavorare con la consapevolezza che sul contrasto al lavoro nero si gioca tanta parte del futuro del nostro paese.
In occasione della conferenza di programma della FLC Cgil abbiamo avuto occasione di denunciare la presenza radicata del sommerso nelle sue varie articolazione, del lavoro irregolare e del lavoro precario nei comparti che organizziamo come sindacato con particolare riferimento all’istruzione e alla formazione gestita dai privati, catalogati dalle statistiche come servizi sociali. Si tratta di fenomeni in crescita che, in particolari aree di intervento, sta determinando veri e propri momenti di dumping contrattuale e che se non contrastati a dovere rischia di investire l’intera ossatura dell’intero sistema formativo.
La piattaforma della CGIL rappresenta l’asse di riferimento stategico su cui costruire, insieme alle altre organizzazioni sindacali di categoria, momenti di iniziativa sindacale che contrastino efficacemente l’espansione e la diffusione del lavoro nero e irregolare all’interno del sistema formativo complessivamente inteso.
Solo attraverso una battaglia contro il lavoro sommerso è possibile ricostruire la filiera del lavoro e ricondurla dentro un alveo consolidato di diritti e tutele anche in questo specifico settore.
Roma, 29 luglio 2005