Viene prima la costituzione o il decreto 59?
Sul rapporto fra le norme che attuano la Legge 53 e l’autonomia scolastica, in queste settimane, è capitato di sentire di tutto, e fa riflettere il pressappochismo con il quale Governo e Ministero maneggiano Costituzione e DPR 275/’99
Sul rapporto fra le norme che attuano la Legge 53 e l’autonomia scolastica, in queste settimane, è capitato di sentire di tutto, e fa riflettere il pressappochismo con il quale Governo e Ministero maneggiano Costituzione e DPR 275/’99.
Sta venendo al pettine, ora, una delle contraddizioni maggiori della Legge e del Decreto, cioè il loro esasperato centralismo. E’ capitato di sentire che l’autonomia serve per riempire i limiti del Decreto, come, ad esempio, coprire finanziariamente gli effetti della riduzione delle ore di inglese (ovvero, il modello “croce rossa”). Oppure che le 27 ore sono obbligatorie e non ci si può discostare (ovvero, la Costituzione è un optional), oppure che l’autonomia dà sì ampi margini ma solo per le materie opzionali (ovvero, la riserva indiana). Insomma molta confusione ed un ansia crescente condita spesso dalla domanda: ma si può…?
Andiamo allora con ordine.
Fino all’entrata a regime dell’autonomia (settembre 2000) o, meglio ancora, fino all’entrata in vigore della Costituzione l’Italia aveva di fatto un’unica grande scuola (il Ministero) articolata in oltre 10.000 sedi (le singole istituzioni). Una norma nazionale doveva essere applicata e basta, tutto era deciso dal Ministero e nulli erano i margini di manovra delle singole scuole.
Nel 2001 con la modifica dell’art.117 il principio dell’autonomia scolastica entra nella Costituzione.
Inoltre, con l’art.117, come bene evidenzia la stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 13 del 2004 con la quale dichiara incostituzionale una parte importante della Finanziaria per il 2002, le competenze dello Stato riguardano la definizione dei livelli essenziali di prestazione e le norme generali sull’istruzione.
Il Ministero nel Decreto 59 fa confusione perché, pur scrivendo che intende trattare dei livelli essenziali di prestazione, non fa altro che fare un bel Regolamento, come si usava negli anni ’70, e disciplinare anche ciò che compete ad altri.
Vizio pericoloso che la Corte Costituzionale ha già severamente giudicato. Ma l’allievo non desiste!
Da questa sintetica argomentazione deriva che, all’interno del
range fra orario minimo e orario massimo definito con il Decreto, le scuole autonome possono legittimamente scegliere il loro orario e l’offerta che intendono promuovere.
Pertanto, ad esempio, è pienamente legittimo confermare il POF già deliberato per l’anno in corso.
In altre parole, l’attuazione del Decreto non può che essere subordinata alla Costituzione italiana e al Regolamento sull'autonomia di cui al DPR n.275/'99.
Infatti, il riconoscimento dell'autonomia delle istituzioni scolastiche come principio costituzionale è finalizzato a valorizzare le energie interne alla scuola, in una prospettiva di responsabilizzazione della "
comunità" scolastica rispetto alla "
tradizionale dipendenza" dalla piramide burocratica.
La Costituzione configura quindi la scuola come sede tecnicamente qualificata, responsabile del servizio pubblico dell’istruzione, che deve interagire anche con gli altri soggetti istituzionali (locali, regionali e nazionali) ma che ha uno spazio decisionale preciso ed incomprimibile.
Ma l’autonomia riguarda anche l’organizzazione della didattica, ambito strettamente legato all’efficacia dell’offerta di istruzione.
Mi riferisco all’istituzione o meno di funzioni di tutor (prescindendo – in questo contesto - dal fatto che non si può procedere in questa direzione prima che la questione sia affrontata in una specifica contrattazione, come è ampiamente noto) rispetto alle quali l’autonomia organizzativa delle scuole, e quanto previsto dal profilo professionale dei docenti come disciplinato dal Contratto, offrono ampi margini per un’offerta agli studenti di gran lunga maggiore e più ricca di quella definita dal Decreto 59.
Un confronto preventivo (altro che i tardivi appelli del Ministro Moratti!) avrebbe evitato di dover precisare in sede interpretativa fatti che non attengono alla battaglia politica (che ha altre sedi ed altre forme) ma al rispetto della Costituzione e alla difesa della qualità dell’offerta formativa della scuola pubblica.
E su questi principi noi non siamo disponibili a transigere.
Articolo di Enrico Panini pubblicato sul quotidiano "Italia Oggi" del 30 marzo 2004
Roma, 30 marzo 2004