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Rapporto OCSE-PISA 2018: l’Italia peggiora ancora

Risultati deludenti nelle competenze di base, anche nei confronti con gli altri Paesi dell’OCSE. Sonora bocciatura per le politiche scolastiche italiane: serve un piano di investimenti nella Scuola come presidio della Costituzione.

03/12/2019
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I dati forniti dall’indagine OCSE-PISA (sul sito è possibile leggere tabelle e sintesi dei risultati), relativi alle competenze di base dei ragazzi di 15 anni, sono ancora una volta negativi per gli studenti italiani.

Sono stati coinvolti circa 600 mila studenti nel mondo (11.785 sono i ragazzi del campione italiano) individuati nei 79 Paesi dell’OCSE.

Se pure è vero che l'Italia è a livello di Svizzera, Lettonia, Ungheria, Lituania, Islanda e Israele, i risultati ottenuti sono al di sotto il livello medio OCSE per italiano e scienze, nella media per matematica. Le province cinesi di Beijing, Shanghai, Jiangsu, Zhejiang e Singapore ottengono un punteggio medio superiore a quello di tutti i paesi che hanno partecipato alla rilevazione.

Dall’analisi dei dati si ricavano diversi elementi di interesse, che confermano la fotografia estiva dell’Invalsi:

  • confermati purtroppo i divari fra Nord e Sud: in lettura Trento (496) e Bolzano (495) hanno ottenuto punteggi simili a quelli di Germania e Slovenia e superiori alla media nazionale; la Sardegna (462), per contro, ha ottenuto punteggi inferiori alla media nazionale e simili a quelli di Grecia e Turchia. In matematica, Trento (518) e Bolzano (528) hanno ottenuto punteggi vicino ai vertici assoluti, non è così invece nel resto dell’Italia, soprattutto in quella insulare dove si registrano i risultati più bassi; complessivamente, nella macroarea del Nord est si raggiunge il punteggio di 501, mentre in quella del Sud isole si arriva a 439: due estremi rispetto alla media nazionale di 476 e alla media Ocse di 487;

  • confermati purtroppo i divari fra studenti dei licei e quelli delle altre Istituzioni scolastiche, infatti, se tra i primi solo l’8% non raggiunge i livelli minimi, negli istituti professionali i risultati arrivano al 50%;

  •  tra i low performers si conferma la disomogeneità del dato territoriale: in matematica sono il 15% al nord e il 30% al sud;

  • solo circa il 5% dei 15enni della Penisola si colloca ai livelli più elevati di preparazione (livello 5 o 6) nel test di lettura, quasi la metà rispetto alla media Ocse (9%);

  •  le differenze di rendimento in relazione allo status socio-economico sono notevoli: gli studenti avvantaggiati hanno ottenuto risultati migliori rispetto agli studenti svantaggiati di 75 punti in lettura;

  • circa il 10% degli studenti avvantaggiati in Italia e il 2% degli studenti svantaggiati sono top performer in lettura contro le medie Ocse di 17% e 3%.

  • molti tra gli studenti italiani con risultati elevati hanno ambizioni inferiori a quanto ci si potrebbe aspettare, soprattutto tra i ragazzi svantaggiati. Due su cinque tra di loro non si aspettano di andare all'università, contro 1 su otto tra gli studenti socio-economicamente avvantaggiati con alto rendimento.

  • le ragazze hanno ottenuto risultati significativamente superiori ai ragazzi in lettura (30 punti in è più in media nell'Ocse), l'Italia ha registrato una riduzione del 'gap' a 25 punti, perché la performance dei ragazzi è rimasta stabile, mentre quella delle ragazze è diminuita nel periodo. Resta poi consistente il divario in matematica e in questo caso a vantaggio dei ragazzi: è di 16 punti, molto più ampio della media Ocse (5 punti). La parità di genere si raggiunge solo nelle scienze, ma a scorrere i punteggi è solo su livelli bassi.

Perché queste fotografie, che già da sole forniscono un’idea eloquente e desolante di come sia diversa l’esigibilità nel nostro Paese del diritto allo studio, abbiano un senso è urgente l’intervento della politica, a cui spetta la responsabilità della presa in carico dei dati per dare l’avvio ad azioni incisive di rivalutazione e rimotivazione del sistema scolastico italiano. Al contrario ci si domanda a cosa servano queste rilevazioni se la situazione in molti casi risulta assai peggiore dei rilevamenti precedenti, a testimonianza del fallimento di tutte le politiche scolastiche nell’ultimo ventennio: p.e. meno 11 punti rispetto al 2000 e meno 10 punti rispetto a dieci anni fa (2009) nelle competenze di lettura.

Pesa l’immobilismo politico e l’assenza di investimenti strutturali programmati nella Scuola, dalla valorizzazione del personale docente ed ATA alla formazione, alla realizzazione di spazi e laboratori.

Manca cioè da anni, e lo abbiamo denunciato anche in un recente passato, l’affermazione di un’idea di Scuola che riprenda la sua centralità nel tessuto sociale e culturale, come delineato dalla nostra Costituzione, che serva per eliminare le differenze e rafforzare la crescita dei cittadini.