27 gennaio, Giorno della Memoria. Shoah tra negazionismo e nuove ricerche
L'articolo di David Baldini pubblicato sulla rivista mensile della FLC CGIL.
La Shoah e il negazionismo. "Articolo 33" si occupa ogni anno del tema della memoria e del suo senso con contributi e approfondimenti originali. Proponiamo qui l'inizio dell'articolo di David Baldini che apre le pagine dedicate al 27 gennaio.
L'articolo si sofferma sull'annosa questione storia/memoria esaminando con una rapida ma approfondita rassegna le posizioni di storici e letterati.
Shoah tra negazionismo e nuove ricerche
"Nel dare alle stampe, nel 1987, il suo libro Les assassins de la mémoire, lo storico francese Pierre Vidal-Naquet osservava nella Prefazione: "Questo libretto è nato da una constatazione: da circa due anni l'impresa ‘revisionista' - intendo quella che nega le camere a gas hitleriane e lo sterminio dei malati di mente, degli ebrei e degli zingari, e di appartenenti a popoli considerati radicalmente inferiori, in particolare gli slavi - ha assunto un'ampiezza inquietante. Una setta, minuscola ma tenace, consacra tutti i suoi sforzi e usa ogni mezzo (volantini, storielle, fumetti, studi sedicenti scientifici e critici, riviste specializzate) al fine di distruggere, non la verità, che è indistruttibile, ma la presa di coscienza della verità".
Duole riconoscere che, nonostante i progressi registrati sulla conoscenza della Shoah - divenuti particolarmente significativi, per quantità e qualità, soprattutto negli ultimi cinque lustri -, la mala pianta del "revisionismo" di tipo "negazionista" non solo non è stata estirpata dal contesto internazionale, ma continua a vivere periodicamente di tanto inattese quanto effimere fioriture.
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Di qui la necessità che la vigilanza democratica sia oggi concentrata, in particolare, su quelle dinamiche riguardanti l'"uso pubblico" della storia, sui cui pericoli, circa un ventennio fa, ci aveva messo in guardia Jacques Le Goff, per il quale "impadronirsi della memoria e dell'oblio è una delle massime preoccupazioni delle classi, dei gruppi, degli individui che hanno dominato e dominano le società storiche. Gli oblii, i silenzi della storia, sono rivelatori di questi meccanismi della memoria collettiva".
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Se dunque ci si riconosce nella tesi secondo la quale il pericolo con il quale ci si deve oggi confrontare è innanzitutto rappresentato dalla "passività" - indefettibile generatrice di inerzia spirituale e di abitudini più o meno conformistiche -, allora non si può non riconoscere che il modo migliore per dare "senso" alla memoria - a cominciare dal giorno della sua celebrazione ufficiale, il 27 gennaio di ogni anno - sia quello, ad esempio, di tornare a riflettere con rinnovata lena sul tema cruciale della Shoah, attenti soprattutto ad evitare i rischi connessi al solo ritualismo, anticamera prima o poi di una prevedibile rimozione.
Tornare però a riflettere in forme sempre rinnovate sulla Shoah vuol dire anche, al tempo stesso, essere disposti a rimettere in discussione gli esiti stessi di talune ricerche, memori di quanto Vidal-Naquet ci ricordava, allorché, nella Prefazione alla sua già citata opera, così aveva osservato: "il modo di selezione della storia funziona diversamente dal modo di selezione della memoria e dell'oblio".
Ebbene, dal momento che storia e memoria sono state sempre in conflitto tra di loro, oggi ci sembra che la priorità sia costituita proprio da una loro possibile ricomposizione. Per tre motivi.
1. Colmare il vuoto che si va creando a seguito della scomparsa dei testimoni.
2. Conservare i documenti in nostro possesso e di tutelarli attraverso la ricerca di supporti materiali durevoli, adatti insomma a fissare e trasmettere, sui tempi lunghi, i contenuti relativi a quella come ad altre memorie.
3. Il terzo motivo infine interessa gli aspetti più direttamente connessi alla "pedagogia", o alle "pedagogie", della Shoah e al rapporto tra storia e memoria...