Adesso e domani, con i giovani per cambiare
La FLC CGIL prosegue il confronto con le nuove generazioni. Presentato il video della campagna "Il lavoro è discontinuo, la vita NO".
Adesso e domani. Lavoro, diritti, rappresentanza di una generazione. Giovani e sindacato è l'incontro organizzato dalla nostra organizzazione a Roma il 21 maggio 2013, un'altra tappa di un percorso iniziato a novembre.
Introduce i lavori Maurizio Lembo, segretario nazionale FLC, spiegando il senso di questa iniziativa e del progetto complessivo avviato nei mesi scorsi e culminato con il primo seminario di novembre 2012. In quella sede abbiamo presentato le ricerche condotte sul campo dai nostri compagni che hanno interloquito con studenti, giovani lavoratori, precari e non. Sono state poi avviate analoghe iniziative nei territori. Tutto questo "deve rappresentare un approccio nuovo e diverso al tema delle giovani generazioni e a loro rapporto con il sindacato", un approccio che deve focalizzare l'attenzione sui giovani come linfa da cui si può trarre il meglio per cambiare.
Cambiare a cominciare proprio dal modo di comunicare, come spiegano abilmente Anna Villari (Edizioni Conoscenza) e Carlo Ruggiero (Rassegna.it), nel presentare due prodotti realizzati dopo l'appuntamento di novembre: un numero di Articolo 33, che potete sfogliare sul web, e un percorso multimediale.
Uscire dalla crisi senza morire di pareggio di bilancio
È il tema della tavola rotonda della mattina, una discussione sulla crisi e il suo riflesso occupazionale e sociale, "che ci fa essere uno dei paesi con più diseguaglianze d'Europa", come spiega Mario Pianta, professore di politica economica all'Università di Urbino e fra i fondatori della campagna Sbilanciamoci. "Siamo di fronte al passaggio dalle serie B alla serie C, viviamo in una politica fatta di egoismi e privilegi, e a farne le spese più grandi è senza dubbio il lavoro. La conoscenza è l'unica possibilità per non declassare ancora. Se non investiremo in conoscenza non c'è alcuna speranza di frenare il degrado".
Un degrado che mette in crisi la figura e il lavoro del sindacato, i cui spazi e tempi vengono penalizzati minando la fiducia e la speranza nel suo ruolo: "il 70% dei cittadini italiani non si sente rappresentato da nessuno, - sostiene Mimmo Carrieri, professore di sociologia economica e del lavoro all'Università di Teramo - molti non credono che il sindacato possa servire, soprattutto se parliamo di lavoratori precari". Il mondo del precariato: la condizione quasi esistenziale del lavoratore di oggi, una realtà con cui il sindacato deve fare i conti, mutando probabilmente le sue tradizionali caratteristiche. "C'è una grossa difficoltà nel rappresentare i lavoratori atipici, ma la colpa non è solo dei sindacati. Spesso è la loro stessa instabilità che rende complicato per il sindacato raggiungerli e aiutarli."
"Un welfare universalistico e l'introduzione del reddito minimo potrebbero essere una soluzione - interviene Daniela Palma, ricercatrice ENEA - ma prima di tutto bisogna smettere di fare gli stessi errori e di precarizzare il mondo del lavoro, tendenza che va solo ad accentuare questo declino. Per invertire la rotta è obbligatorio un intervento pubblico di innovamento, perché è anche la mancanza di competitività del nostro paese che rischia di condannarci ad un declino inesorabile. Innovare non significa per forza introdurre tecnologie, ma cambiare prospettive e attuare politiche di riconversione verso settori che hanno delle opportunità che non vanno sprecate".
Conclude la sessione della mattina Serena Sorrentino, segretaria nazionale CGIL, che focalizza l'attenzione sulle funzioni principiali di un sindacato, che deve essere soggetto di rappresentanza, di tutela e di orientamento delle scelte politiche. "Non è un compito semplice nel momento che stiamo attraversando ma non per questo ci dobbiamo rassegnare. Si può immaginare un modello di sviluppo diverso per il nostro paese, che punti soprattutto all'innovazione, anche all'innovazione dei nostri stessi assetti contrattuali" ha affermato la Sorrentino. "Superiamo i nostri stessi limiti, mettiamo le basi per una contrattazione inclusiva che riconduca i lavoratori atipici nella contrattazione standard e allarghiamo la rappresentanza, soprattutto nei territori rilanciando il ruolo delle Camere del Lavoro. Guardando al titolo del seminario, sull'adesso abbiamo troppe certezze, sul domani abbiamo troppe incertezze. Cambiamo questo paradigma".
Ascolta l'intervento di Serena Sorrentino
Rappresentanza, diritti: il lavoro che cambia e il diritto alla cittadinanza
È questo il tema della seconda sessione, e alla ripresa dei lavori viene presentato il video realizzato nell'ambito della nostra campagna Il lavoro è discontinuo, la vita NO, per un welfare universale e inclusivo.
Welfare quindi e rappresentanza al centro di tutto il dibattito pomeridiano, a cominciare dall'intervento di Joëlle Casa, segretaria nazionale FLC, che racconta l'esperienza di Cortona, luogo della prima assemblea delle donne della FLC CGIL, in cui si è molto parlato di welfare e di mercato del lavoro, un mercato del lavoro che oggi penalizza molto le donne, soprattutto le donne giovani. "L'Italia si differenzia al ribasso anche in questo - ha sostenuto la segretaria - per essere uno stato in cui le donne vengono doppiamente esposte, a cui viene precluso sempre più spesso il diritto a diventare madri se lavorano, a coprire cariche dirigenziali se sono madri".
Un welfare inclusivo, per tutti e tutte, è una soluzione auspicabile ma "dobbiamo andare anche oltre l'inclusione, operare un vero ribaltamento di posizione, ripensare l'economia, il vivere sociale, valorizzare le differenze di genere e soprattutto non arrenderci di fronte a qualcosa che ci sembra impossibile".
Gli interventi di Claudia Pratelli del Centro Nazionale della FLC e di Emanuele Toscano, ricercatore alla Sapienza di Roma, restituiscono pienamente il senso dell'assenza di un sistema di protezione sociale e di diritti fondamentali, "come il diritto al conflitto" - spiega Toscano.
"Un lavoratore precario può spingersi fino ad un certo punto nel rivendicare i suoi diritti, ma non può superare quel certo limite, perché non è tutelato da nessuno. Non esiste per lui e per i tanti lavoratori atipici un soggetto collettivo che rappresenti la sua condizione lavorativa. Per questo, - dice - sono fiero che la FLC si sia fatta portavoce di questo tema, perché è assolutamente necessario pensare ad un sistema che tuteli quello che oggi sembra intutelabile".
Un sistema che deve pensare a chi ha più bisogno di tutele, a chi è più soggetto ai rischi dell'assenza di un lavoro e dell'impossibilità di accedere a molti servizi, a chi viene costantemente etichettato come precario.
"Il lavoro è discontinuo, la vita NO è una campagna che pone come tratto comune di riconoscimento non l'essere precario, un'etichetta troppo spesso squalificante e poco efficace se si vuole costruire una nuova rappresentanza, ma il desiderio di essere una persona intera, con una continuità di vita e di lavoro", spiega appunto Claudia Pratelli. "Il nostro welfare è pensato per i lavoratori standard, ma non sono più loro a fare maggioranza. Sono i lavoratori atipici, quelli che non riescono ad accedere a nessuna forma di assistenza, quelli a dover essere tutelati maggiormente. Occorrono a loro nuovi luoghi dove ritrovarsi, nuovi spazi e nuovi tempi dove poter trovare nuove rappresentanze".
I luoghi materiali in cui si possono costruire le nuove rappresentanze ci sono, come dimostrano alcune esperienze. Giusto Scozzaro, segretario generale della FLC Sicilia, racconta l'esperienza di un progetto formativo realizzato in Sicilia che ha avuto come risultato un aumento del numero degli under 35 dal 2% al 22% negli organi dirigenti, e Leonardo Croatto, della FLC di Firenze, racconta l'esperienza del PLAS, uno spazio indipendente ospitato dalla Camera del Lavoro di Firenze. Tutte esperienze di partecipazione attiva, di formazione e creazione di spazi aperti a tutti, senza nessuna esclusione.
I luoghi sono importanti, così come la partecipazione attiva, ma se di fronte ad un sistema che di fatto ha cambiato e trasformato i connotati del lavoro, "non è per primo il sindacato a cambiare, evolvendosi culturalmente e organizzativamente, aprendosi ai giovani e alle nuove forme di aggregazione, non si può cambiare davvero" ha affermato Domenico Pantaleo, nel suo intervento conclusivo. "Il lavoro del sindacato è inefficace se non cambiamo il contesto, se non siamo disposti a cambiare davvero l'organizzazione del lavoro, creando una rete di alleanze soprattutto sul territorio che riporti ad una congiunzione tra i cittadini e i luoghi di lavoro."
Ascolta l'intervento di Domenico Pantaleo
La giornata, che è stato solo un altro momento di un lavoro che continueremo nei prossimi mesi è stata molto seguita e partecipata sui social network (facebook e twitter) con tratti sia positivi che negativi. Molti i commenti di apprezzamento per l'intervento di Domenico Pantaleo, che considerano meritevole un po' di autocritica e ritengono necessario un maggiore interesse per tutti i lavoratori, soprattutto per i precari.