Cgil, Cisl, Uil: 26 marzo sciopero generale.Dall’assemblea dei delegati proposte e prospettive per costruire il futuro del Paese
Nella cornice del Palalottomatica di Roma, seimila delegati di CGIL, CISL e UIL hanno tenuto stamattina la loro assemblea per discutere ed approvare il documento unitario che è alla base dello sciopero generale del prossimo 26 marzo nel quale la scuola si fermerà per l’intera giornata
Costruiamo il futuro”
Nella cornice del Palalottomatica di Roma, seimila delegati di CGIL, CISL e UIL hanno tenuto stamattina la loro assemblea per discutere ed approvare il documento unitario che è alla base dello sciopero generale del prossimo 26 marzo nel quale la scuola si fermerà per l’intera giornata.
Al centro del palco un enorme pannello colorato con lo slogan dell’iniziativa “costruiamo il futuro”.
Uno slogan che esprime bene l’esigenza che viene da tutti i settori del Paese per rilanciare lo sviluppo generale compromesso dalle scelte del governo e per difendere il diritto al lavoro, alla salute, alla casa, all’istruzione e alla formazione.
Il futuro non si costruisce percorrendo le scelte e le proposte di riforma, come quelle sulle pensioni, sulla scuola, sull’università e la ricerca, di questo governo.
Un governo checontinua ad esserecieco di fronte al degrado verso il quale si sta avviando il Paese e sordo alle richieste del mondo del lavoroe della società civile per un vero e solidale rilancio dello sviluppo e dello stato sociale, è un governo che distrugge speranze e prospettive.
La scuola e la formazione nella piattaforma unitaria
Istruzione, formazione, innovazione sono le parole ricorrenti nel documento che Cgil, Cisl e Uil hanno presentato all’assemblea unitaria dei delegati. Un documento che boccia senza riserve la politica economica e sociale del Governo, ma offre una gamma di proposte e indica alcune strade maestre per avviare una rinascita del nostro Paese.
In tre anni di governo di centrodestra, infatti, si è determinato un declino del sistema paese nel suo insieme – peraltro rilevato anche da autorevoli organismi internazionali – che va dalla produzione industriale agli investimenti, dall’ambiente alla salute, dal lavoro all’istruzione. Se tra le cause del disastro economico vi è stata anche una situazione internazionale sfavorevole, la colpa maggiore è attribuibile all’assenza di una politica attiva a sostegno dei settori strategicamente forti nella competizione internazionale. Il Governo ha lavorato solo per tagliare e per rendere precario il lavoro. Ha lavorato a sostegno delle rendite, a difesa dei grandi patrimoni e delle posizioni di monopolio.
Tra i saldi più negativi ci sono senz’altro la scuola e il lavoro.
“Le scelte di politica scolastica del governo stanno penalizzando la scuola pubblica statale, con la riduzione delle risorse finanziarie e degli organici e la progressiva spinta verso il precariato di tutto il personale”. D’altronde la straordinaria mobilitazione di questi mesi e la diffusa opposizione alla legge Moratti lo dimostrano. I sindacati, le associazioni, le famiglie e gli studenti protestano perché questa “riforma” “destruttura gli attuali modelli di istruzione e formazione, a partire dal tempo pieno e le esperienze organizzative e pedagogiche...”. In una parola si sbarazza delle esperienze migliori e più riuscite e non riforma nulla laddove il nostro sistema scolastico e formativo avrebbe più bisogno.
Cgil, Cisl, Uil criticano inoltre i pericoli della devolution nella scuola, perché – per come è concepita – “determina una frammentazione nell’offerta formativa, diseguaglianza nei diritti, negazione di pari opportunità”. Nel documento di respingono inoltre i tentativi di colpire e limitare le libertà contrattuali nella scuola, imponendo per legge lo stato giuridico dei docenti (un bel ritorno al passato) e di abolire le RSU. Un tentativo, peraltro, esteso a gran parte del pubblico impiego e della dirigenza.
Sul lavoro: è stato pesantemente colpito il potere d’acquisto di stipendi e pensioni. Nel settore pubblico circa 280mila lavoratori aspettano il rinnovo del contratto (tra questi ci sono i medici e i dipendenti dell’università e della ricerca!), per cui non ci sono risorse sufficienti. Gli interventi sul mercato del lavoro sono stati finalizzati solo a rendere il lavoro più precario, meno tutelato (anche in termini di sicurezza). “Il lavoro è una risorsa che va valorizzata e che non può essere considerata alla stregua di un costo variabile per l’impresa (...) occorre puntare sulla qualità del lavoro, investendo per la crescita del capitale umano attraverso la formazione e l’apprendimento continuo, nella convinzione che un mercato del lavoro forte e tutelato è fattore di competitività e di sviluppo qualitativo”. Esattamente il contrario di quanto fa il governo anche nella scuola, laddove seleziona precocemente i ragazzi inviando i più deboli verso una formazione professionale debole non supportata da una base di conoscenze e saperi forti. Ignorando così apertamente le indicazioni del vertice di Lisbona che pure il Ministro Moratti dice di condividere. Si capisce, quindi, la ragione per la quale i temi della scuola e della formazione sono vissuti nel sindacato come grandi questioni di interesse generale e non solo di settore.
Il sindacato confederale lavora “per uno sviluppo di qualità, un fisco equo e ridistributivo, un welfare inclusivo e adeguato ai nuovi bisogni”. Il Governo e la sua maggioranza hanno proposto slogan vuoti come “meno stato e più mercato”, confondendo ad arte “statalismo” con il doveroso ruolo “di indirizzo” che lo Stato deve assumere, ad esempio aumentando “la spesa nazionale in innovazione e sviluppo (...) e rendere operativa una politica per la ricerca e l’innovazione”.
Il documento è molto critico verso i pesanti tagli alla spesa sociale e per gli investimenti che hanno penalizzato il Mezzogiorno (da 36.000 milioni di euro del 2001 a 31.000 del 2003), un’area ancora pervasa dalla criminalità e dove il denominatore comune è “la precarietà del lavoro e dell’impresa”, dove si sono annunciate grandi opere e non si è realizzato nulla. Ma anche la sanità, la famiglia (al centro di una fastidiosa offensiva demagogica), l’insieme delle politiche assistenziali hanno subito una battuta d’arresto. Un solo dato: “le risorse finanziarie a favore delle famiglie continuano ad essere del tutto marginali: meno dell’1% del Pil contro una media del 2,2% nei paesi dell’Unione europea”.
Un sistema fiscale equo, progressivo e redistributivo a sostegno di una politica dei redditi che favorisca i più deboli, a sostegno di un sistema di servizi e protezione sociale che questo governo vuole smantellare esponendo la maggior parte della popolazione ai ricatti delle compagnie assicurative. Politiche per uno sviluppo compatibile con l’ambiente, perché anche questo garantisce le generazioni future; politiche sulla casa, divenuta ormai un’emergenza nei grandi centri urbani.
Per garantire un futuro ai giovani non serve tagliare le pensioni dei vecchi o negare la pensione a chi vi sta per arrivare, ma promuovere
“un tasso di sviluppo adeguato e la crescita del lavoro di qualità”.
Su queste basi il 26 marzo CGIl - CISL - UIL proclamano 4 ore di sciopero generale.
Per la scuola, le cui tematiche entrano a pieno titolo tra gli obiettivi di tutto il mondo del lavoro, lo sciopero riguarderà l’intera giornata.
Roma, 10 marzo 2004