Metalmeccanici: Epifani, una grande manifestazione democratica. La mobilitazione prosegue
Dal palco di Piazza San Giovanni a Roma il Segretario Generale della FIOM CGIL, Maurizio Landini lancia un grido d'allarme: "L'Italia non può essere una Repubblica fondata sullo sfruttamento". Il 27 novembre tutta la Confederazione di nuovo in piazza.
da www.cgil.it
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Una piazza San Giovanni gremita all'inverosimile ha assistito alle conclusioni di una grande giornata. Hanno parlato prima il segretario generale della FIOM, Maurizio Landini, poi il segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani che ha detto che per lui si è trattato di un vero onore concludere con questo comizio la sua esperienza alla guida della confederazione. Una grande manifestazione democratica, quella di oggi, che ha smentito tutte le più funeste previsioni e le vere e proprie provocazioni da parte di ministri del governo.
Maurizio Landini è intervenuto sul palco di San Giovanni alle 17.52, dopo una lunga serie di interventi. Il segretario della FIOM ha detto subito che vedere questa grandissima piazza produce una grande felicità. "Una piazza che parla a tutto il paese. Una manifestazione che ha confermato che c'è bisogno di rimettere al centro i diritti e contrastare la politica del governo e della Confindustria".
"È vero che noi diciamo spesso dei no – ha ammesso Landini – ma noi diciamo no quando si vogliono cancellare i diritti e la dignità delle persone. In questo senso noi diremo sempre no. Ma vorrei anche ricordare che noi avanziamo proposte. Vogliamo ridiscutere cosa si produce, vogliamo beni comuni difesi, vogliamo estendere i diritti a chi non li ha. Ai giovani che hanno la prospettiva di essere precari a vita"
Rispondendo a Maroni, Landini ha detto che in questi giorni tanti hanno parlato. "Oggi i ministri si dovrebbero vergognare per quello che hanno detto. Hanno invocato il morto. Una irresponsabilità totale. Questa piazza dice: non solo è una manifestazione democratica e pacifica. Dice anche che chi lavora ha conquistato la democrazia di questo paese. I ministri possono dire oggi le loro castronerie perché siamo stati proprio noi a garantire il diritto al pensiero. Loro in realtà hanno paura della democrazia. Noi dobbiamo cambiare questo stato di cose".
L'attacco ai diritti viene da lontano. Già con il Libro bianco di Maroni – ha ricordato il leader della FIOM - si era disegnato il progetto. Ora stanno facendo quello che avevano annunciato. Le hanno detto di tutti i colori. Hanno perfino detto che noi difendiamo gli assenteisti. Ma noi non abbiamo mai difeso Brunetta. Ora il caso Fiat ha aperto gli occhi a tanti. Siamo di fronte a una teoria: per investire in Italia è necessario cancellare i diritti e i contratti. Invece dovremmo porci un altro problema. Perché la Fiat è messa peggio di altre marche? Perché in Germania gli stipendi sono più alti e si vendono più macchine? "La competizione non si fa tagliando i salari e i diritti. C'è un problema di qualità e di intervento pubblico. Se non c'è un intervento pubblico che orienti da questa crisi non si esce. È ora di smetterla. Noi abbiamo avanzato delle controproposte per Pomigliano in base al contratto. Non ci hanno mai risposto. Vogliono solo cancellare il diritto di contrattare la condizione di lavoro. Dire che vogliono far fuori la FIOM e la CGIL è sbagliato. No, il tentativo è quello di cancellare il contratto e cancellare il diritto delle persone che lavorano di essere persone libere. Tornare indietro di 100 anni. Imbarbarimento. Inaccettabile perché fa arretrare tutto il paese".
Il ricatto della Fiat dimostra che si vogliono cancellare i diritti. "Il rischio vero è che l'articolo 1 venga superato: una repubblica fondata sullo sfruttamento. Noi vogliamo fare accordi. E lo facciamo ogni giorno in migliaia di fabbriche. Riaprire quindi le trattative e far votare i lavoratori. Rilancio con forza le ragioni della manifestazione che ha messo insieme tante persone diverse. Al centro il lavoro che lega condizioni di vita così diverse. È un elemento che unifica. Dopo questa grande manifestazione, ha detto ancora Landini, è necessario non disperde questo grande patrimonio. Obiettivo è trasformare questa società ingiusta, a partire dalle fabbriche e dal lavoro. Una società senza corruzione e ladrocini. Vogliamo estendere i diritti, gli ammortizzatori sociali a tutti. Non togliere diritti per darli ai giovani. L'estensione dei diritti è proprio il terreno su cui vogliamo lavorare.
Sul contratto in dieci righe hanno scritto che si può derogare. Questo determina una competizione selvaggia. L'unico contratto è quello del 2008. L'unico legittimo. Anche in tribunale lo difenderemo. Ma dobbiamo dire di più. Quando ho lavorato in fabbrica, tutti avevano lo stesso contratto. Oggi siamo frantumati e divisi. Abbiamo bisogno è la riunificazione dei diritti. Pensiamo a qualcosa di nuovo. Non meno contratti, non contrattare nel territorio. Pensare al contratto dell'industria, del pubblico impiego, ovvero a come si riunificato i lavoratori.
Due sono gli elementi di fondo su cui puntare: la democrazia attaccata ad ogni livello (dalla stampa alle fabbriche). Ai lavoratori si impedisce di votare. Ci vuole una legge sulla democrazia. Ogni accordo deve essere approvato dalla maggioranza dei lavoratori. Un diritto dei lavoratori. L'unica condizione per ripristinare l'unità. È questa la prima cosa da fare.
"Oggi è successa una cosa straordinaria – ha concluso tra gli applausi Landini - c'è una novità. È successo che se non c'erano i lavoratori di Pomigliano che hanno votato no, se non c'erano i tre delegati di Melfi che si continuano a battere e non si fanno pagare senza lavorare, non sarebbe stata possibile neppure questa grande manifestazione. Lo dico sommessamente. Ed è per questo che noi abbiamo il dovere di continuare la battaglia. Dobbiamo – ha detto Landini tra gli applausi di tutta la piazza - arrivare allo sciopero generale di tutti i lavoratori.
Giorgio Cremaschi, che oggi ha coordinato i vari interventi sul palco, ha detto subito dopo Landini che la FIOM andrà avanti. Un milione di no all'accordo di Pomigliano. E con queste parole Cremaschi ha dato la parola al segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani, che ha cominciato a parlare alle 18.22.
"Care compagne, cari compagni…" Ma il suo discorso è stato accolto dagli applausi della piazza e da qualche fischio proveniente dalle prime fila. Il segretario generale non si è fatto però scoraggiare e non ha neppure voluto polemizzare. Io credo – ha ripreso Epifani -, come ha detto Maurizio, che questa grande piazza è insieme la piazza dei diritti e del lavoro. Ho sentito nelle settimane scorse che senza lavoro non ci sono i diritti. Che cosa vuol dire questa frase? Ho provato a rendermi conto che se si afferma che prima c'è il lavoro e poi i diritti, si cancellano i diritti anche perché il lavoro stesso è un diritto. Un lavoro senza diritti non è un lavoro. Perché allora da anni l'Onu parla di lavoro decente, dignitoso?. Che cosa vuol dire allora?. Lavorare attraverso i diritti. Il paese sta rotolando nelal direzione sbagliata. Un governo solo attento ai conti pubblici. Prima hanno negato la crisi. Ora lasciano a se stessi quelli che la crisi ha colpito. Perché ci si soprende. Perché abbiamo lottato allora in questi anni. Non si governa così la crisi. Usciremo tutti più deboli. Un paese che non cresce. E ci vorranno sette anni a tornare come eravamo. Decine e decine di fabbriche che chiudono. Anche Bankitalia il tasso di disoccupazione non è quello che dice il governo.
Poi Epifani ha voluto sottolineare la gravità del collegato lavoro. La Camera – ha detto il segretario generale della Cgil - non deve approvare il collegato sul lavoro. Si tratta di una rinuncia per sempre ai diritti, al diritto di ricorrere alla magistratura. Non ci dobbiamo stupire degli effetti della crisi. L'auto va male perché non si è investito. Non c'è stata nessuna innovazione e nessuna politica industriale. Tutti i settori sono in crisi profonda. 170 crisi per 200 mila lavoratori. Che cosa si sta facendo per tutte quelle aziende in crisi? Ci vuole una politica economica radicalmente diversa. Ci vuole un cambio di tasse. Farle pagare a chi non le paga. Non si possono tartassare sempre gli stessi. C'è chi non ha versato un euro. Scudo fiscale. Ma allora perché non si è fatto pagare il doppio?
Di fronte a questo. La prima cosa è chiedere di estendere gli ammortizzatori sociali da gennaio, ha detto Epifani ricordando la proposta presentata in questi giorni dalla CGIL. Poi il segretario ha voluto ripercorre le tappe della battaglia della CGIL. A giugno abbiamo scioperato contro le scelte del governo.
Anche noi con i sindacati europei siamo scesi in piazza per dire no alle politiche di austerità. Il segretario ha detto che in realtà la CGIL e la FIOM non sono affatto isolate. Non siamo isolati, né in Italia, né in Europa. Semmai è qualcun altro che deve interrogarsi. Scioperano tutti e da noi qualcuno non lo fa. Le imprese vogliono approfittare della crisi. Al modello contrattuale dicemmo no perché c'erano le deroghe e le sanzioni. Se posso derogare vuol dire che il contratto è cancellato e si crea una competizione insana. Così muore il contratto nazionale. Fa bene Maurizio a dire che la CGIL e la FIOM non vogliono lavorare. Ma quando mai? Di fronte all'occupazione. Abbiamo detto però che ci sono diritti che non sono disponibili. Sono dei lavoratori non dei sindacati. Diecimila Pomigliano. Diecimila accordi che abbiamo fatto salvato il lavoro. Quelli si, tanti e sempre di più
Per queste ragioni, la CGIL non lascerà sola la FIOM in queste battaglie. Sono battaglie nostre. Non abbiamo chinato la testa.
Dobbiamo batterci insieme per riconquistare il diritto al contratto, riconquistare un tavolo di trattativa. Non esiste in Europa la possibilità che il più grande sindacato non possa svolgere il suo ruolo. Ci vuole un progetto di paese diverso. Un paese più unito e coeso. Dove si smetta di far pagare la crisi ai più deboli. Far pagare soprattutto ai migranti. Vengono considerati come paria. Senza diritti.
In conclusione Epifani è andato a parlare dei temi caldi e ha risposto alla Fiom sullo sciopero generale. Proseguiremo la nostra iniziativa di lotta. Torneremo il 27 novembre con una grande manifestazione confederale. Tutte le categorie. Faremo valere le nostre richieste. A partire dal tema della democrazia. Non si può votare solo quando qualcuno sa che vince. La democrazia è regola. Si vota sempre quando c'è un accordo aziendale o un contratto. Non sono democratico solo se vinco. Continueremo anche con lo sciopero generale. Non ci si può accusare di non averli fatti. Un'arma che va usata con intelligenza. È un grande sacrificio. Portare tutto il mondo del lavoro dalla nostra parte.
Fatemi dire infine – ha detto Epifani - che è una grande soddisfazione concludere l'esperienza di segretario proprio con questa manifestazione. Una manifestazione – ha ribadito Epifani - grande , democratica, pacifica e non violenta. È tutto merito vostro. Non va bene che qualcuno fa il furbo. Se le cose vanno bene è merito suo, se andava male era colpa nostra. Le sedi sindacali appartengono a tutti coloro che credono in quegli ideali. Assieme abbiamo una grande responsabilità. Lo dobbiamo a tutti quelli che non si sono rassegnati. Saremo insieme. Per me è un grande onore chiedere qui. Resterò accanto a voi e alla CGIL. In questi anni, ha detto Epifani rivolto alla FIOM, abbiamo anche litigato. Abbiamo saputo far valere quello che unisce. La CGIL deve rimanere unita. È la nostra grande ricchezza.