Cambiamo il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici

Home » Attualità » Sindacato » Roma, Bruxelles, Madrid... le tante piazze dell'Europa del lavoro

Roma, Bruxelles, Madrid... le tante piazze dell'Europa del lavoro

I sindacati e i lavoratori si sono ritrovati in piazza il 29 settembre nella “giornata di mobilitazione europea" per dire no alla disoccupazione e ai tagli allo stato sociale e ai diritti.

30/09/2010
Decrease text size Increase  text size

Roma, Bruxelles, Madrid e tante altre città europee fino alla lontana Lituania hanno accolto, il 29 settembre , manifestanti che, rispondendo all'appello della Confederazione europea dei sindacati, la CES, hanno detto no alla disoccupazione e ai tagli allo stato sociale che, nel nostro continente, sono la faccia più feroce della crisi.

A Roma la giornata europea di mobilitazione si è svolta a piazza Farnese, dove insieme al segretario della Cgil, Epifani, e della Cgil di Roma e Lazio, Di Berardino, hanno parlato rappresentanti del DGB tedesco, della CGT francese e Comisiones Obreras spagnole. Il sindacato greco GSEE ha inviato un messaggio. In conclusione è stata data la parola a Giacomo Russo, precario della scuola.

Alla manifestazione di Bruxelles erano presenti Cisl e Uil. A Roma no. Eppure il richiamo all'unità sindacale per far fronte contro la crisi e trovare soluzioni comuni è stato ricorrente negli interventi che si sono succeduti dal palco di piazza Farnese.

L'inadeguatezza dell'Europa e delle sue istituzioni politiche di fronte alla crisi è stato il leit motiv di tutti gli interventi. Quella che è stata definita "la peggiore generazione di politici" dallo spagnolo Javier Doz si è preoccupata solo della stabilità monetaria ed è la prima responsabile della pessima gestione della crisi greca, la cui soluzione è stata messa nelle mani di coloro che l'hanno provocata.

La Commissione europea ha incoraggiato i governi a mettere in campo politiche restrittive che colpiscono il lavoro, le pensioni, i servizi pubblici e chiudono prospettive per i giovani. I sindacati chiedono invece più solidarietà. "L'Europa – ha detto Epifani – avrebbe potuto essere la prima in campo economico, invece è l'ultima, perché ha rinunciato a una politica di crescita". Non ha avuto il coraggio neppure di impegnarsi per tassare le transazioni finanziarie, per far pagare qualcosa ai ricchi.

"Il lavoro deve tornare al centro della politica", ha detto Di Berardino a cui hanno fatto eco tutti gli altri.

In Spagna i due maggiori sindacati hanno scioperato uniti contro il governo Zapatero che ha varato una legge che facilita i licenziamenti e indebolisce il contratto collettivo a favore del contratto di impresa, e una manovra economica che taglia gli stipendi pubblici, i servizi sociali e le pensioni.

In Francia la CGT è impegnata contro la legge che aumenta l'età pensionabile e contro l'impoverimento di lavoratori e pensionati, molti dei quali vivono con solo 600/700 euro al mese.

"La Germania in equilibrio precario" è il titolo della mobilitazione lanciata dal DGB. Ha spiegato Ingrid Sehrbrock che nel suo Paese le condizioni di vita e di lavoro sono peggiorate a causa dei tagli alla spesa pubblica e ai servizi sociali. Aumenta il precariato e molti di questi lavoratori non hanno neppure un salario minimo.

Giacomo Russo , precario della scuola, ha ricordato che con la metà del costo della corruzione (che ammonta a circa 60 miliardi) si potrebbe mettere la scuola in grado di funzionare bene. Invece il governo ha fatto solo tagli e li ha chiamati riforma. Nella scuola si è consumato il più grande licenziamento di massa della nostra storia: 132mila persone. Hanno ucciso la scuola elementare – ha detto – che aveva punte di eccellenza. Oggi oltre 2000 classi sono composte da più di 30 alunni. Investire nella scuola è investire in futuro, perché la scuola non serve solo a formare professioni, ma soprattutto bravi cittadini. E citando Paolo Borsellino ha detto che per sconfiggere la mafia serve un esercito di maestri. Ha concluso: "Ho un sogno, vivere in un paese normale".

E sullo stato della conoscenza è ritornato più volte Guglielmo Epifani nel suo intervento. L'Italia sta peggio degli altri Paesi – ha detto – perché, a differenza degli altri, non ha investito, ma ha tagliato in conoscenza. Siamo l'unico Paese che ha abbassato l'obbligo scolastico, permettendo che a 15 anni si possa andare a lavorare e formarsi sul lavoro. E invece bisognerebbe stare a scuola fino a 18 anni. Una strada vecchia che viene spacciata per modernità. Ha parlato del collegato sul lavoro in cui viene riproposta al lavoratore la "scelta" irreversibile se vuol ricorrere al giudice naturale o a un arbitro nelle controversie sul lavoro, esponendolo al più vile ricatto. Ha ricordato che sta per scadere la deroga della cassa integrazione e che da gennaio migliaia di lavoratori si troveranno senza reddito. Dei 100 mila lavoratori in mobilità, il governo ne salverà 10 mila, scatenando una guerra tra poveri, invece di trovare una manciata di euro per dare una risposta a tutti. Ha ribadito il no della Cgil al blocco della contrattazione nei settori pubblici, al licenziamento in massa dei precari, al rinvio delle elezioni per le RSU: i lavoratori hanno diritto di scegliersi i propri rappresentanti, è una questione di democrazia. Ha chiesto a gran voce una legge sulla rappresentanza sindacale che va certificata con il numero delle tessere e il numero di voti. E sulla democrazia sindacale e sul rapporto tra sindacati e lavoratori, Epifani ha dichiarato che la Cgil non esiterebbe a rispettare il voto dei lavoratori sugli accordi.

Di fronte alla gravità della crisi che investe tutta l'Europa, anche Epifani ha richiamato l'importanza dell'unità tra sindacati e, pensando a Cisl e Uil, ha detto che "siamo tutti sulla stessa barca". Infine, riferendosi all'iniziativa della CES, ha affermato l'importanza "di sentirsi parte di uno stesso destino in Italia e in Europa".